I primi ebrei che giunsero a Shanghai furono i sefarditi Sassoon, Kadoorie e Hardoon, originari di Baghdad.
Arrivati in India sui cammelli, avevano fatto fortuna sotto la protezione dell’impero britannico, grazie al commercio dell’oppio, del cotone e del tè, ed erano ripartiti per Shanghai già carichi di ricchezze.
Da qui la frase che riassumeva la frase del loro successo: «arrivarono sui cammelli, partirono in Rolls Royce.»
Per difendersi dai suoi numerosi nemici, Silas Hardoon si era circondato di una rete di spie e aveva assunto guardie del corpo irlandesi per la sua protezione e quella della moglie.
Quest’ultima divenne una fervente buddista, incoraggiata alla fede da un monaco del monastero Wumu che sognava di rovesciare il trono dei Manciù.
Ai Li – “amata Li”, come la chiamava il marito – simpatizzò per la causa del monaco e nascose i suoi seguaci, ricercati dalla polizia imperiale, nella propria abitazione. Per contraccambiare tale favore il monaco le mise a disposizione la sua cultura e compose per lei dei poemi per decorare i padiglioni degli Hardoon Gardens.
Dopo la caduta dei Manciù nel 1911, Ai Li Hardoon diede asilo agli eunuchi, che cacciati dalla città proibita, erano rimasti senza tetto e lavoro.
Vado a Shanghai a comprarmi un cappello, Bamboo Hirst, 2008.
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