Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Gli ebrei a Shanghai

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«La frugalità nelle piccole cose della vita ti permette di essere audace nelle cose più grandi.»

I primi ebrei che giunsero a Shanghai furono i sefarditi Sassoon, Kadoorie e Hardoon, originari di Baghdad.

Arrivati in India sui cammelli, avevano fatto fortuna sotto la protezione dell’impero britannico, grazie al commercio dell’oppio, del cotone e del tè, ed erano ripartiti per Shanghai già carichi di ricchezze.

Da qui la frase che riassumeva la frase del loro successo: «arrivarono sui cammelli, partirono in Rolls Royce.»

Per difendersi dai suoi numerosi nemici, Silas Hardoon si era circondato di una rete di spie e aveva assunto guardie del corpo irlandesi per la sua protezione e quella della moglie.

Quest’ultima divenne una fervente buddista, incoraggiata alla fede da un monaco del monastero Wumu che sognava di rovesciare il trono dei Manciù.

Ai Li – “amata Li”, come la chiamava il marito – simpatizzò per la causa del monaco e nascose i suoi seguaci, ricercati dalla polizia imperiale, nella propria abitazione. Per contraccambiare tale favore il monaco le mise a disposizione la sua cultura e compose per lei dei poemi per decorare i padiglioni degli Hardoon Gardens.

Dopo la caduta dei Manciù nel 1911, Ai Li Hardoon diede asilo agli eunuchi, che cacciati dalla città proibita, erano rimasti senza tetto e lavoro.

Vado a Shanghai a comprarmi un cappello, Bamboo Hirst, 2008.

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