Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Il pensiero esoterico di Julius Evola e "Il cammino del cinabro"

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Il cammino del cinabro, il testo autobiografico di Julius Evola, qui.

- Evola dice di aver avuto nella sua vita due disposizioni: un impulso alla trascendenza fin da giovane, che si è concretizzato in un distacco dall'umano, e una disposizione da "guerriero" che lo ha portato progressivamente a guardare all'Individuo Assoluto;

- quindi la sua vita è consistita nel bilanciare queste due tendenze, riassumibili in "contemplazione" e "azione", e caratterizzata dal rifiuto dell'"ambiente moderno" (e anche del cattolicesimo);

- solo in seconda analisi riconosce alcuni tratti Tradizionali del cattolicesimo;

- di Nietzsche riprende i principi di una morale aristocratica e dei valori dell'essere, ma per niente la dottrina del superuomo;

- il suo attaccamento al futurismo e l'interventismo lo portarono "verso forme di coscienza in parte staccate dai sensi fisici", sino a "allucinazioni visionarie e fors'anche della pazzia", che gli fecero riscoprire un bisogno d'intensità e d'assoluto, con la massima intensità del vivere;

- "Spazzar via, ripulire. La purezza dell’individuo si afferma dopo uno stato di follia, di follia aggressiva e completa": era questo a cui aderì dapprima Evola, anche col dadaismo, che compara al metodo dell'assurdo di "scuole esoteriche estremo orientali" (Ch'an e Zen);

- viene influenzato dagli steineriani e dal tantrismo, parlando di uomo come "potenza" («II Tantra nella loro metafisica e nei loro metodi di autorealizzazione magica»), puntando sullo Hatha Yoga e sullo Shakti-tantra, metodo per "spezzare ogni vincolo e superare ogni opposizione". "La vergine, come volontà pura, sciolta, mediante speciali discipline, da tutto ciò che non è sé stessa, inviolabile e invulnerabile". È dal connubio simbolico dei due principi Shiva e Shakti che deriva, nel mito cosmogonico, l'universo, così il mistero della trasformazione dell'essere umano.

- fa un'affermazione, che secondo me è importante e che riporto: "il «non-agire» di Lao-tze si contrapponeva decisamente alla identificazione immanentistica del soggetto con l'atto, dell'atto col fatto [...] Il principio, in fondo aristocratico, del distacco e di una impassibilità qui stava invece in primo piano. Per imitazione del modello divino, il Perfetto, l'«uomo reale» o «uomo trascendente» taoista non identificandosi con l'esteriore, non intervenendo direttamente, non esteriorizzando il proprio Io con l'autoaffermazione, praticando invece la rinuncia attiva ad «essere» e ad «agire»";

- vede nel prerazionalismo kantiano un motivo che lo spinge a superare la filosofia a favore di un idealismo trascendentale, svincolato però dagli aspetti "sistematizzanti" umani, e di "un'azione interiore realizzatrice, intesa a "superare questo limite umano";

- capisce infatti che l' "Io sa solo mediamente"
("il mondo può essere solo il mio mondo"), cosa ben diversa da quello che lui chiama "Io trascendentale" (una sorta di Sè di Guenon - se non interpreto male - che è perciò ben diverso da quello degli idealisti), "puro immobile centro di luce";

- nell'atto libero vi è un intervallo tra possibile e reale, e il primo è superiore in quanto contenente più "possibilita'" rispetto al reale; l'atto passivo è invece cogente all'azione, qualcosa che non è me poichè determinato dall'esterno: l'attività cosmogonica della natura o è inconscia o è spontaneamente naturale, secondo Evola, e presupponente perciò il coesistere di finito e infinito (tematica esistenzialista);

- pertanto, poiche' "l'uomo non comincia nè finisce con l'uomo", "l'Io per possedersi deve, in un primo, ideale momento, essere, porsi semplicemente, cioè secondo immediatezza o spontaneità», nelle forme da me chiamate di « attività passiva »."; seguendo tal via può progressivamente superare il limite dell'essere e affaermarsi quale non-essere;

- per spiegare il non-potere dell'Io (necessità, privazione) in determinate situazioni il realista fa intervenire un essere reale: è da questo presupposto considerato errato che Evola critica l'idealismo e parla di Individuo Assoluto, che può essere auspicato tramite una "via dell'altro" pur considerando la nostra responsabilità nel mondo (la via gnostico manichea, la chiama Evola); infatti più sotto: "non esiste l'Io assoluto, ma la possibilità - contingente - dell'Io di rendersi assoluto";

- "fra persona e soggetto universale non vi è alterità ma progressività: la persona è il soggetto universale in potenza e il soggetto universale è la persona in atto";

- nell'analisi dell'Italia fascista sostiene: "Evidentemente il centro, passando per il ghibellinismo e per la romanità, si stava spostando già verso ciò che in seguito dovevo chiamare, in genere, lo Stato « tradizionale», riunente nel suo vertice sia il potere politico (l'imperium) che una effettiva autorità spirituale";

- attarverso il Gruppo di Ur, Evola rileva come l'Opera segua una scienza precisa, metodica, trasmessa da catene ininterrotte di una tradizione unica; e aggiunge che "procede sperimentalmente";

- il termine "magia" non ha un significato profano, ma si intende un sapere iniziatico che obbedisce ad un atteggiamento attivo e dominativo rispetto allo spirituale;

- di Guenon lo influenza l'affermazione del carattere non-umano della Conoscenza e quella della crisi dell'umanità, che gli fa, in buona parte, muovere un diverso atteggiamento, anche in merito alla sua teoria dell'Individuo Assoluto;

- delle due vie indicate da Guenon, come abbiamo già detto, Evola predilige quella regale (che lui chiama, virile, centrale, solare); rispetto a Guenon non predilige a priori nessuna delle due vie, essendo entrambi distanti dalla Tradizione primordiale, sebbene reputi la regale più adatta

- Evola compone “La tradizione ermetica” dopo lo studio del Reghini: è un testo che mi è stato consigliato, seppur mi hanno detto che, sebbene a firma Evola, sia frutto di un gruppo diverso di studiosi;

- Secondo l’interpretazione di Evola, l'opera al nero è la rottura della chiusura della comune individualità, quella al bianco l'esperienza "della luce" a carattere passivo, quella al rosso è la riaffermazione della qualità virile, del regime del fuoco;

- c'è una comprensione del pericolo spiritualistico, attribuito da Evola alla mancanza di veri principi, che genera aperture verso il basso e contatti con forze oscure;

- la sessualizzazione freudiana è una deviazione in quanto rileva solo una parte della potenza sessuale, e non tiene conto del corrispettivo superiore; inoltre, la psicanalisi è comune frutto di una speculazione umana;

- Evola rigetta l'antroposofia in quanto sentiero "da percorrere da solo" e quindi "senza difese";

- in “Maschera e Volto”, Evola si riavvicina al cattolicesimo in seguito alla interiorizzazione della distinzione fra esoterismo ed exoterismo di Guenon; afferma che dà più valore al cattolicesimo che non al cristianesimo delle origini; poi, in “Rivolta contro il mondo moderno”, vede nel cattolicesimo un fattore della disgregazione occidentale ("materializzazione e sconsacrazione del virile");
Evola vede aspetti diversi del cristianesimo, positivi e negativi, ma fondamentalmente lo giudica più negativamente di Guenon; entrambi parlano del cristianesimo in maniera molto superficiale;

- la fede e l'obbedienza vanno interpretate non nel senso sentimentalistico (passivo-femminile), ma virile, eroico e sacrificale;

- dopo il periodo con Certosini, Carmelitani e Benedettini, Evola pensa che non hanno conservato nulla delle origini, nemmeno per quanto riguarda l'"opera segreta individuale"; in realtà questo non è vero;

- "legge di regressione delle caste" evoliana: tramontati i sistemi poggianti sulla pura autorità spirituale, l'autorità passa all'aristocrazia guerriera, dove i sovrani non hanno che un'eco residuale; poi incombe il Terzo stato borghese (terza casta), infine i servi della quarta casta (lavoratori e proletari);

- non ritiene il mistero del Graal un mistero cristiano, ma reputa gli elementi cristiani solo accessori;

- il razzismo di Evola riconosce una razza del corpo, dell'anima e dello spirito (relazione coi valori supremi): la purezza razziale sono quando queste tre razze sono in armonia; ma ciò si verifica raramente, e in ogni caso il feticismo della razza fisica è da respingere;
"Lo stesso problema degli incroci doveva essere ridimensionato: l'incrocio ha effetti senz'altro negativi quando la razza interna è debole; se invece questa è abbastanza forte, la presenza di un elemento esterno introdotto dall'incrocio";

- inoltre riconosce nel razzismo la sua istanza antiegualitaristica e antirazionalistica differenziazione individuale e valorizzazioni delle qualità e disposizioni individuali innate);

- il concetto di razza interna conduceva a quello della razza come energia formatrice: è l'esempio del popolo ebraico, che nonostante le diversità iniziali, ed anzi proprio a partire da esse hanno superato l'aspetto fisico per unirsi in popolo a partire dal loro essere ebrei (e anche a prescindere dalle varie diaspore);

- il fondamento vero di ogni Stato sta nella trascendenza del principio della sovranità, dell'autorità e della legittimità, realizzandosi la manifestazione di un ordine superiore.
La società sarebbe la forma dello stato, e l'organicità dello Stato è parte del principio gerarchico e non-egualitaristico delle diverse individualità;
Tutto ciò non può essere realizzato da nessuna parte; solo il medioevo con la figura dell’imperatore ci si è avvicinato, e del resto questo era il sogno di Dante;
 
- la "vita" spengleriana delle civiltà (dalla loro nascita sino alla morte di una civiltà) può valere solo per la loro esteriorità, implicita nello stesso termine "civiltà", non per la tradizione;

- nel “Simposio”, Platone interpreta l'impulso dell'eros come reintegrazione e ricomposizione dell'androgino spezzato. "Ciò, al livello più alto, e secondo quel che si rivela ad uno sguardo capace di cogliere le essenze. Tutte le altre forme della sessualità vanno dedotte nei termini di una graduale involuzione o scala discendente", rileva Evola.
E vi rientra la degenerazione della concezione della sessualità, così come interpretata in epoca moderna;

- i miti per l'uomo della Tradizione sono potenze, entità, archetipi: su questo punto Evola riprende Guenon;

- il sesso, nelle sue possibilità trascendenti, è la più grande forza magica della natura.
Parlare di energia sessuale però non è esatto: l’energia vitale è una sola, e prende vari nomi a seconda dove la indirizziamo. Nell’uomo incompiuto essa è preponderante perché non riesce ad incalanarla in altre direzioni, ad esempio verso lo spirito.
In ogni caso Evola è certamente stato troppo influenzato dal tantrismo.

- Evola riconosce che "Ormai una « sacralizzazione » della vita esteriore e attiva può avvenire solamente in base a un libero, autentico orientamento interiore verso la trascendenza";

- il mito scientista deve essere superato a favore di contatti diretti con la natura (Guenon dice lo stesso);
ciò è vero ma il contatto con la natura deve poi essere interpretato: il problema maggiore è appunto l’interpretazione.

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