Gli Stati del XX secolo
· fili comuni fra le diverse forme di Stato che si concettualizzano in tempi storici diversi (del benessere, totalitario, fascista, confessionale): 1) ingresso nella scena con nuovi attori politici e diversificazione degli assetti, che moltiplicano le domande sociali (anche con l’ingresso del “quarto stato”) 2) rapporto tra i vari assetti formatici, e loro connessione con i principi democratici (Europa come punto di partenza e pietra di paragone), che acquisiscono una portata universale, pur tuttavia in modo tortuoso (in sede di legittimazione e nella prassi) che può portare ad infinite controversie e versioni (democrazia liberale basata sulla responsabilità del singolo vs. democrazia socialista basata sulla responsabilità del pubblico per i rapporti economici e privati); anche se oggi, dopo la caduta del modello sovietico di democrazia socialista, la visione è in parte cambiata
· si sono venuti affermando i requisiti minimi della democrazia: a) competizione di gruppi politici per il governo dello Stato b) rispetto delle minoranze (Mill) c) consenso per maggioranza d) rispetto delle procedure, delle regole del gioco, e dei diritti, garantiti da una autorità indipendente
· si tratta di principi di difficile affermazione nei paesi dove i cittadini erano prima sulbalterni, o dove c’è difficoltà ad estendere la democrazia, anche per via di forze che la contrastano: movimenti fondamentalisti dei paesi a tradizione islamica, divisioni etncihe e mancanza di identità nazionali nei paesi ex-socialisti
· divisioni delle esperienze in 4 gruppi: paesi a tradizione liberal democratica dinamici, che rispondono in chiave di continuità alle domande provenienti dal basso, dalla società di massa; paesi a tradizione socialista con arresto sulla dialettica (borghese-proletaria); paesi di nuova indipendenza con élite dirigenti nazionali e sottosviluppo, che prendon ad esempio modelli esterni; paesi con reazioni autoritarie di tipo fascista
Lo Stato sociale
· oltre alla rottura fascista, tra la transizione dallo stato liberale a quello sociale del benessere, escono anche delle continuità: 1) l’allargamento della base sociale 2) nuove istanze ed interessi 3) l’industrializzazione, portano ala nascita di partiti e sindacati di massa (organizzazioni stabilmente radicate nella società), prima fondate sul conflitto di classe, poi frammentate nel particolarimo delle vrie rappresentanze
· risoluzione in un ampliamento degli interventi e delle spese dello Stato, sino ad un autentico governo dell’economia (gestione del 30-50% del Pil): manovre macro e microeconomiche, nonché settoriali, con estensione dei programmi sociali (che può non significare direzione pubblica nei singoli settori)
· diversa capacità di integrazione del tessuto sociale: maggiore integrazione laddove la borghesia è riuscita ad assorbire i conflitti aristocrazia-proprietari-proletari, per guardare verso quella finalità di benessere pubblico; minore, ovviamente, laddove le organizzazioni operaie sono forti e pensano al rovesciamento del sistema (guardando non verso il garantismo o il moderatismo, anche partitico)
· non minore l’incidenza delle differenziazioni etniche e religiose: il multipartitismo sussiste dove forti sono le differenziazioni, per via della frammentazione; mentre un sistema più integrato sarà bipartitico (conservatori-liberali prima, conservatori-laburisti poi), anche se solo tendenzialmente e non assolutisticamente (presenza del terzo partito Uk, partito soialdemocratico vs. blocco di tre partiti conservatore Svezia)
· evoluzione della società con crescita di identità collettive: se mette a repentaglio la solidità dei partiti di massa (vedi diffusione poteriale associazionistica per mezzo della cittadinanza attiva), cambia anche la funzione di intermediazione individuo-autorità, con prevalenza degli aspetti particolaristici e parziali su un tutto che fa sintesi; i partiti – per autoconservazione – diventerebbero puri portavoce delle somme, svincolati così da una forma gestaltica, non sempre coerenti con sé stessi e con le istanze rappresentate
· ciò comporta una distinzione tra sistemi partitici con valore sempre più limitato: un sistema bipartitico – pur continuando ad esprimere un livello di aggregazione superiore ad un sistema multipartitico – ad esempio rischia di essere svuotato, come in Usa, dalla politica per issues
· inoltre, bisogna tenere in considerazione la complessità dei sistemi politici (e non solo parttitici!) contemporanei: sono più complicati dei sistemi liberali – che avevano eliminato le rappresentanze sociali organizzate – e dello stesso partitismo di massa della prima fase dello stato del benessere che si esauriva in sé stesso; moltpliczione dei soggetti-sedi-rpocedure di negoziazione politica
· per ciò che attiene alle forme di governo, sono quelle che più mantengono continuità con l’800 liberale, soprattutto quelle parlamentare-presidenziale, con quella presidenziale che evolve di più ma con meno aggiustamenti dell’altra, già in partenza più vitale e accogliente – senza monismo – uno stato pluriclasse; il parlamentarismo ottocentesco era invece più fragile ed angusto, alle prese col retaggio dualista della monarchia costituzionale (governi instabili e consenso delle maggioranze non solido)
· i correttivi che hanno permesso la sopravvivenza del parlamentarismo sono stati 1) istituzionali (rafforzamento stabilità governi/CdS) 2) politici (riorganizzazione della rappresentanza politica attorno ai partiti di massa); ciò, accompagnato da un atendenza inevitabile di spostamento del baricentro dal parlamento al governo, anche per via del’accrescimento dei compiti dello stato che – nella pratica – significvano del goveerno, come esercizio del potere
· nel caso tedesco = i correttivi vi sono prima di uno sviluppo del sistema partitico e di un borghesia liberale: la Costituzione di Weimar 1919 nasce ben congegnata dal punt di vista della stabilità istituzionale, ma pribva di basi solide per via del rapporto tra la nscente Spd e i ceti agrario-militari; la debolezza del circuito governo-parlamento ha dato risalto ai poteri di riserva del CdS (scioglimento camere, referendum sulle leggi approvate, scelta del cancelliere, poteri di emergenza), in particolari i suoi poteri di emergenza art. 48 [via dei “gabinetti presidenziali” che porta al potere Hitler]; è con i correttivi politici della RFT che si arriva all’attuale stabilizzaazione: CdS eletto dal parlamento e non dal popolo e senza poteri di emergenza, sfiducia costruttiva per il cancelliere, blindatura partitica, mix uninominale-proporzionale [ma di fatto proporzionale – SARTORI] con sbarramento al 5% [agevolazione del bi-tri-partitismo – o per lo meno bipolarismo - intorno a Spd e Cdu]
· caso inglese = il passaggio dai partiti parlamentari a quelli di massa, fa nascere un bipartitismo ed un esecutivo stabile
· nei sistemi multipartitici l’evoluzione è invece diversa: si tenta di rafforzare l’esucetivo, ma ciò è frenato dalla politica di coalizione (mediazione e frazionamento), che fa nascere una democrazia consociativa che per la stabilitò sacrifica l’innovazione o viceversa e spesso connotata da matrice ideologica [che prevde, in genere, i partito comunista all’opposizione]: benchè siano stabili le coalizioni, non lo sono i governi (crisi extra-parlamentari – senza sfiducia del parlamento); con un parlamento con forti poteri di interferenza e controllo (Italia 1948-93, Francia IV Rep. 1946-58)
· caso francese V Rep. = stabilità esecutivo tramite 1) poteri di normazione del gocverno e controllo sulla legiferazione parlamentare 2) bipolarizzione sistemica per mezzo del connubio elezione diretta CdS-maggioritario a due turni [a parte la parentesi proporzionale 1985-86] (le recenti modifiche di durata CdS da 7 a 5 anni e di posposizione delle elezioni parlmentari a quelle presidenziali non hanno alterato l’impianto)
· poiché i partiti stann diventando sempre più delle grandi coalizioni di interessi, offrono fondamento meno solido ai governi di gabinetto; diventa perciò determinante il consenso e le parti sociali estrensicate nelle rappresentanze sindacali [non a caso si sta parlando di stati neo-corporativi]; le forme di governo odierne non possono tendere al monismo perché devono incanalare una pluralità di interessi, esigenza non più sopperita dal partitismo di massa
· la forma presidenziale (dei regimi democratici!) ha meglio retto al cambiamento perché ricompone le fratture attraverso un Presidente-capo del Governo estraneo alla dinamica partitica parlamentare – purché sempre necessitante di una rete di consensi
· i paesi nati dalla democrazia liberale hanno espanso il principio del governo in base alla rappresentanza, ma in sostanza non in un governo efficace capace di accogliere le istanze di tutta la pluralità di interessi [problema attuale!]
Lo Stato sovietico e i suoi derivati
· ruolo dominante del partito unico e m.c.d. ideologico, ma con differenze consistenti tra il modello leninista anti-capitalista e quello socialista-borghese-militare anti-colonialista (dettami ideologici ed economici più ibridi)
· lo stato sovietico emerso come nemico storico del liberal-democratico, partiva dalla negzione della libertà del ceto proletario da parte di una sovrastruttura istituzionale e una struttura capitalistica, per affermare una lotta di classe basata sul dominio dei mezzi di produzione, attraverso una pianificazione economica, e la guida del partito
· ma la linea evolutiva è stata diversa da quella progettata, sino ad arrivare ad una concentrazione totalitaria, con tendenza a generare l’estinzione dello stato e l’autogestione della società, portanti sprechi, disuguaglianze, scarsità
· di fondo c’era un esasperato monismo-monoliticità su cui il sistema era costruito (rifiuto del balance of power, della libertà di dissenso, e del libero confronto di interessi): enorme apparato buroratico cn infinite sedi di uno stato interamente gestore economico (proprietà privata solo per casa-beni di consumo-mezzi per svolgere l’attività artigianale) con derivazione dal partito dei valori morali, con funzione educativa (URSS, Oriente, Est europeo: qui si è sovrapposto alle tradizioni democratiche, che poi hanno ripreso il sopravvento)
· varietà presenti: a) Jugoslavia, ma con economia solo in parte statizzata e per il resto organismi di lavoro associati, dove dirigenti e dipendenti decidevano sedtinazione del prodotto e le unità produttive e commerciali: dimostrava come il pur timido pluralismo era reso possibile dalla rigida tenuta unitaria del PC b) RPC: ultimamente il PC si è convinto della necessità di un’economia meno burocratica e più decentrata, tanto che la centralizzazione politica è stata usata per far nascere il prluralismo economico (ma non nel campo civile ed economico)
· la forma di governo dello Stato di tipo sovietico può sembrare di derivazione liberale (parlamento elettivo bicamerale in una struttura federale, rappresentante sia la nazione sia gli Stati membri; fiducia al governo; capo dello Stato a struttura collegiale che nomina il governo: Presidium del Soviet Supremo – parlamento -); in realtà però la presenza del partito – indirizzatore della società tutta e il Presidium stesso - faceva si che le elezioni fossero elezioni-ratifica (gli elettori per non votare i nominativi proposti dal partito potevano solo astenersi) e che, a prescindere dal Soviet Supremo, le decisioni del Comitato Centrale del partito fossero vincolanti, anche in sede giudiziale e per l’interpretazione delle leggi (funzionamento fortemente monista)
· due principi fondamentali 1) principio dell’unità del potere: ciascun organo è abilitato alla funzione legislativa ed amministrativa, con valore più forte – in caso di conflitto – dell’organo gerarchicmente superiore [talché i lPresidium può modificare leggi del Soviet Supremo] 2) principio del centralismo democratico: versione del principio gerarchico nei rapporti fra diversi livelli di governo, tanto che un Comune più che all’organo elettivo dello stesso dovesse affidarsi all’apparato di livello superiore [assetto prima ceduto in Polonia, Ungheria, cecoslovachia, Bulgarie e Romania, infine anche in URSS, che ha fatto detonare la debolezza economica e la voglia di riforme]
· il PC con Gorbaciov – che lo ha abbandonato – è collassato in sé stesso, facendo ì che nelle Repubbliche federate crescessero istanze di autnomia e orignaria sovranità dalle Repbbliche Batltiche all’URSS di Eltsin eletto dal popolo direttamente; Gorbaciov prevedette l’elezione diretta di lui stesso nel progetto di Costituzione ma la clausola non venne mai applicata)
· ora la Russia – CSI – è una comunità a carattere confederale: comuni diritti di libertà, spazio aereo/monetario/economico comune, controllo centralizzato delle armi nucleari, vigenza dei trattati ex-URSS, con estensione del Tr. Istitutivo CSI 1991 a 11 Stati
Gli altri Stati di nuova formazione: ad impronta democratica, socialista, autoritaria
· gli ultimi Stati entrati nella comunità internazionale e spesso sovrastati dalla presenza di potenze europee hanno in comune l’arretratezza e ristrette oligarchie di vertice (dalla dittatura militare alla monarchia teocratica)
· distinzione in quattro classi di Stato:
a) modello democratico sostanziale (India, Messico, Usa Latina): India – stato federale con parlamento eletto con maggioritario a un turno, pèluralismo degli stati membri ricondotto ad un monismo funzionale sul modello del governo di gabinetto inglese, monismo nel partito del Cogresso (aperto alal democrazia, spesso però con leggi di emergenza, in una società dove sussistevano privilegi/disuguaglianze/pregiuzi), oggi si regge un un governo di coalizione complesso (25% al Cogresso a al BJP, con forte potere negoziale dei partiti minori); Messico – stato federale a partito dominante da 80 anni (che guidò la rivolta contro Diaz nel 1810), connotati progressisti all’insegna della redistribuzione delle terre, stessi eccessi e difetti della democrazia indiana, deficit finanziario e sacrifici sociali dovuti alla ricchezza petrolifera; Usa Latina – disuguaglianzde senza fattori coesivi, regimi populisti a forte consenso ma con instabilità sociale e defict pubblico, semi-dittature populiste con personalizzazione del potere
b) modello democratico formale risolto in dittatura (spesso militare, coperta in presidenzialismo) (Africa): il prsidenzialismo non ha il supporto di un partito, fondato sulla forza e non su elezioni (Zimbabwe, Iraq fino al 2002, Sud Africa dell’apartheid prima di Mandela)
c) modello socialista (Cuba, Algeria, Libia, Egitto): Cuba comunista dopo caduta URSS senza più sostegno economico che sia avvia ll’economia di mercato pur con totalitarismo politico; Algeria, Libia, Egitto – élite non leniniste ma nazionaliste per plasmare la società divisa, senza gestione statale dell’economia ma accelerazione dello sviluppo: economia mista tra il modello sovietico e quello prussiano dell’800, con forme di autogestione e tratti totalitari (che possono attenuarsi, laddove, come in Algeria 1989-90, si cerchi di mettere fine al monismo con innovazioni e pluralismo, pur coni rischi del fondamentalismo vs. presenza militare – Cost. 1996 Algeria apre ad un pluralismo partitico non a base religiosa -) [problema, come in Usa Latina, di un presidenzialismo partecipe di ordinamenti totalitari]
d) Stato teocratico/monarchico/repubblicano (monarchia conservatrice e semi-feudale dell’Arabia Saudita, fanatismo del Consiglio delle autorità religiose in Iran)
Gli Stati fascisti
· spesso si parla di unfascismo non riconducibile ad un’unica forma di Stato, ma di qualsiasi movimento di destra che prende piede in condizioni di arretratezza: in realatà le vere forme di Stato fascoste sono ben delimitate (Italia 1925-43, Germania 1932-45, Spagna 1938-75, Portogallo di Salazar), con contesti socieconomici simili, crescita di un ceto operaio organizzato, prima industrializzazione, controparti sociali insufficientemente dotate di capacità integrative (debolezza e patteggiamento della brghesia nei confronti dei ceti preindustriali): ntegrazione coatta dei ceti industriali e operai [indispensabile; laddove non c’è Stata – ad es. colpo di Stato Cile 1973 – fa nascere dei dubbi sul ftto che lì ci sia stato del fascismo]
· repressione del dissendo e della libertà organizzativa, partito totalitario che fa propaganda di massa di valori indiscutibili senza informazioni alternative, organizzazione del tempo libero
· a differenza dello Stato sovietico c’è però lo sforzo di una integrazione sociale fra ceti medi ed operai, con la difesa però della borghesia dalle minacce operai che mettono in discussione la gerarchia borghese [non ha nulla a che vedere, perciò, con la cetomedizzazione operaia-piccolo borghese dello Stato operaio che per lo più si risolve in una con-fusione fra i due]; gli orientamenti e i fini sono dunque diversi: collabrazione tra classi, nazionalismo, rispetto delle gerarchie, della religione, dei valori familiari, talvolta della purezza razziale
· interventismo statale anche con finalità redistributive; assenz di relazioni sindacali che favorisce gli interessi privati più forti (affollamento della piccola borghesia), sindacato unico ad iscrizione obbligatoria ed istituo della corporazione (istituzione per la collaborazione fra classi)
· la forma di governo è ovviamente monista con prevalenza dell’esecutivo, parlamento con limitato potere legislativo con direttive del partito unico ed elezioni-ratifica, espressione delle categorie economiche organizzate (Camera fasci – partito – e coprporazioni – interessi economici – 1939)
· storicamente, capacità di tenuta del modello sovietico ma non di quello fascista: a differenza del sovietico subentra sempre (e con repressione) ad un sistema democratico, una sorta di passaggio insostenibile dal migliore al peggiore
Dal XX al XXI secolo
· articolazioni sociali fuoriuscite dal melting pot dei partiti ma anche alle circolazioni intra ed extra europee (e problema della diffusione della democrazia, ad es. in paesi fondamentalisti)
· espansione sovrastatale europea per affermazione della pace del secondodopoguerra che ha portato anche all’eliminazione delle barriere nazionali, pur le regole fondandosi ancora a livello dello stato di diritto: l’internazionalismo si è associato al costituzionalismo nei metodi, proclamando un parlamento eletto, una Commissione che si comporta sempre più come un governo responabile di fronte ad un parlamento, una CGCE giudice; un assetto istituzionale che supera la separazione diritto internazionale/interno, per diventare una rete istituzionale a più livelli
· ma non è detto che questo nuovo networking sia espressione di democrazia (a livello di rappresentatività e opinione pubblica), ma è comunque il cammino Onu-Fmi-Omc; espressione – secondo taluni – che sarà possibile solo quando altre aree regionali vi si siano adeguate (primi passi del Mercosur e dell’Asean)
· l’UE può aprire a forme di governo multilivello che correggano le insufficienze della dimensione statale, ma non può farlo nel campo delle diversità per problemi di integrazione interetnica e interreligiosa
· inoltre i nostri principi occidentali possono essere considerati “colonialisti” da altri paesi; ed inoltre uno schema che accredita tutte le diversità può paradossalmente accogliere – in nome di una “correttezza” politica – il germe dell’intolleranza [es. indivisualismo o socialismo?], che sono spesso, tra l’altro, incompatibili fra loro
· sedimento omogeneo culturale e religioso europeo vs. seme della diversità nordamericano (figlio dell’immigrazione): la formula migliore è quella indiana dove spazi identitari multietnici-religiosi sono assegnati a priori, ma non è una formula meccanicamente esportabile (modulata eguaglianza con cui hanno fronteggaito una società pluriclasse che è divenuta Stato pluriclasse) anche se caratterizzata da modernizzazione e promozione della democrazia [lezione nei confronti dell’estremismo islamico]
· le democrazie del nostro tempo non sono più solo statuali e, per questo, come per l’assetto pre-statuali, sono democrazie difficili (AMATO): il rinnovamento è necessario laddove la democrazia non è un assetto staticamente definito, bensì un possibile equilibrio.
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