L'estasi di Santa Teresa D'Avila, del Bernini. |
“Metafisica
del Sesso” di Julius Evola, qui si trova il testo.
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Il sesso non è una potenza oscura subpersonale e anzi va sacralizzato.
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Il sesso non è una potenza oscura subpersonale e anzi va sacralizzato.
Oggi il sesso è vissuto con una non naturalezza del
desiderio e con delle perversioni soprattutto perché mancano punti di
riferimento superiore. Si arriva all’orgasmo, che comunque è un momento di
crisi, di rottura senza sapere nemmeno perché e privandolo del suo spirito
originario.
Anche la repressione sessuale intesa come moralismo ha poco
senso come fine a se stessa: quello che ci vuole, come in tutte le cose, è equilibrio.
Per Evola questa repressione significa uno sconvogilmento
della virilità olimpica e della femminilità demetrica.
Un esempio su come intendere il sesso nel voyerismo comune
è la nudità anatomica che è contemplata, mentre nelle cerimonie iniziatiche
sovrasta su questa forma quella della nudità spirituale.
In ogni caso, Evola non fa una trattazione dal punto di
vista fisico, e nemmeno psichico (secondo il quale un uomo si può sentire donna
e viceversa), ma dal punto di vista metafisico.
Sesso significa “diviso”, quindi c’è qualcosa che va
riunito, e la sessuologia ha poco o nulla a che fare col sesso in senso
assoluto, tanto che determinati apetti dell’eros,
quello vero, sono divenuti latenti nell’uomo di oggi che intende il sesso come
esclusiva esperienza sessuale fisica.
La sessualità è solo una mera forma, ed incompleta, del
vero amore, ma già da questa si capisce che c’è qualcosa di più che la eleva
e la completa. E, per inciso, l’eccitazione erotica fisica di massa odierna
corrisponde ad un’eccitazioe psichica che credo si ricolleghi al permanente
stato di attaccamento al desiderio dell’uomo, che crea sempre più finti ed
inutili bisogni.
Ad influenzare la concezione erotica dell’uomo v’è anche
la teoria darwinistica, e il fatto che si veda il sesso come un prolungamento
degli istinti animali. Invece, dice Evola, è esattamente il contrario: è la
sessualità animale che è una regressione e decadimento dell’amore umano (un
esempio visibile è il calore animale che è periodico, a differenza dell’uomo
che può sempre desiderare e amare).
Nell’uomo, l’amore fisico è una parte (inferiore) dell’Amore
vero, ed è della stessa natura. Nel caso specifico è uno stato mentale e fisico
in cui tutto si abolisce e si infiamma.
In un certo senso la crisi dell’amplesso, epurata
dall’orgasmo sessuale, racchiude una dimensione trascendentale.
Questo amplesso può portare ad una “frattura” dell’essere
non in senso negativo né terreno o sensibile, bensì come riscoperta delle
profondità dell’essere (e “momento folgorativo dell’unità”).
In questo senso, l’amore affettivo e sociale non è una forma
ampliata dell’amore, ma è una forma attenuata e riflessa.
Evola dice anche che nell’uomo l’istinto alla riproduzione è
inesistente e che la conoscenza della natura procreativa l’uomo la acquisisce a
posteriori, ed è solo un possibile effetto del fuoco sessuale.
Questo sembra non collimare con Diotima
sul punto che vede il desiderio riproduttivo dell’uomo come desiderio di
immortalità; in realtà, il desiderio riproduttivo è desiderio d’immortalità, ed
è assolutamente secondario e senza fini trascendentali (come desiderio terreno
significa anche non accettazione e non preparazione alla morte) e quindi
relegato al piano materiale e non metafisico.
Su questo è chiaro: gli uomini quasi sacrificano se stessi
pur di generare, ma non generano che un altro uomo mortale.
Più importante è per Evola l’impulso di due persone di sesso
diverso all’unione; questa attrazione è inversamente proporzionale con
la potenza della moltiplicazione (esseri inferiori si riproducono molto più in
fretta e in quantità dell’uomo), tanto da far dire ad Evola che non c’è nessun
legame tra amore e procreazione.
Eros, però, non significa piacere né tantomeno orgasmo.
Esso è determinato dalla polarità dei sessi, ed è una questione di fluidi e
di magnetismo (“trovarsi da soli assieme, uomo e donna, anche se non intervengono
contatti è come se fossero avvenuti”).
Nelle forme sacralizzate dell’amore alle forme naturali fra
due sessi (non-contatto, contatto, penetrazione) se ne aggiungono altre.
Nell’uomo assoluto e nella donna assoluta vi sono
comunque già in esse delle parti di donna nel primo e di uomo nella seconda,
e la vera attrazione c’è quando queste sono complementari. D’altronde anche la
persona stessa è una maschera: fatta di una parte esteriore (maschio o femmina)
e di una interiore.
Se è vero che è l’uomo sociale che ha creato socialmente la
donna inferiore, ed è pertanto giusta una parità di diritti sociali, e dal
punto di vista metafisico i due sessi sono uguali, c’è però da considerare la
differenza di polarità, che permane tra uomo e donna (e anche se uno si
sente donna e una si sente uomo) e la qualità del fluido rispettivo non ne è
intaccata.
Evola spiega anche che la forza profonda dell’eros non
deve fissarsi (in
senso alchemico) nel piano intermedio delle forze psichiche, perché è
ancora un piano individuale, ma fissarsi nel terzo piano più profondo
dell’essere.
Sembra anche che il mito dell’androgino alluda al
raggiungimento dell’unità dalla dualità dei sessi, che non vuol dire sessi di
persone diverse, ma polarità femminile e maschile all’interno di una stessa
persona e una liberazione della sua anima.
Amare è desiderare la bellezza. Ma se si guarda alla scala
dell’amore e si ama una donna, significa comunque amare una piccola parte della
Bellezza pura.
Pur non essendo quello
amore puro, si riesce anche in questo caso ad amare una parte di eternità.
Poros è pienezza dell’essere e Penia privazione
dell’essere, mancanza. Evola dice materia, ma in sostanza anche la materia è
mancanza: mancanza di immortalità.
L’amore puro non può essere raggiunto attraverso un
desiderio non puro, perché un desiderio non puro è ancora mescolanza di
qualcosa: e la pienezza dell’amore non accetta mescolanza perché in questa
mescolanza v’è ancora privazione di qualcosa.
Secondo Evola, dunque, il desiderio di generazione in realtà
è brama di immortalità che conferisce solo nuova mortalità.
Il momento più delicato di incanalamento dell’energia
sessuale è quello della pubertà. Se questo non avviene nella corretta maniera
si arriva anche alla pazzia. In tale fase ci può essere anche un risveglio
parziale della kundalini, che in livelli normali si sviluppa in affettività a
livello psichico ma può anche portare ad un risveglio del sentimento religioso
a livello spirituale. Ed è anche per questo che varie civiltà hanno stabilito
differenti riti di iniziazione in questa parte della vita.
Il cuore è il centro
dell’essere umano ove si trasferisce la coscienza nello stato di sonno e dove
si manifesta l’eros con una specie di
trauma, ed è anche lì che va infranto il vincolo dell’Io individuale.
L’esperienza erotica
esalta la sede del cuore e crea uno spostamento del livello di coscienza
ordinaria durante lo stato di veglia (come se si sognasse allo stato lucido).
Tendenzialmente è uno
stato che si conquista maggiormente di notte.
L’amore è il desiderio e il possesso dell’essere amato,
cioè di qualcosa che non si ha dice Platone. L’essere amato allora deve essere
preso e fatto a sé, nel senso di consumato e interiorizzato.
Evola ha anche individuato dei punti in comune fra estasi
mistiche ed erotiche (in senso sessuale), ove le prime sono superiori alle
seconde. Sono ambedue manifestazioni dello stesso eros, cioè di un’unica energia (ed è in questo significato
che hanno senso le tentazioni degli asceti, o anche la tecnica della danza di
Gurdjeff). Il momento estatico è ad altissima concentrazione e nel climax ascendente
dell’estasi lo stato di coscienza è sempre più ridotto. Tutto avviene però
quando si è pienamente coscienti (e infatti nulla di ciò accade con il
passaggio dallo stato di veglia a quello di sonno).
Il giusto stato di equilibrio si raggiunge una condizione
intermedia fra lo spirtualizzarsi della materia e il corporizzarsi dello
spirito.
L’opera di catarsi dalla
individualizzazione viene fatta per mezzo delle Acque, che rappresentano la
sostanza indifferenziata di ogni vita, cioè prima della formazione della
individualità.
Alla concezione di De
Sade secondo cui vi sia un Dio che ha come
essenza il male, e che il negativo eccede sul positivo come dimostrano anche le
“distruzioni” che avvengono in natura, e così allora saranno il vizio, il
delitto e la trasgressione a prevalere e a costituire ordine, pongo solo due
antitesi: il fatto che la natura in senso fisico (e non metafisico) non
distrugge ma trasforma; e il fatto che il riconoscere il male e la
trasgressione come legge prevalente, allora si deve trasgredire anche lo stesso
male che è costituisce quell’ “ordine”, e quindi volgersi verso il bene.
Dico questo perché questa
“funzione distruttrice” (shivaista innanzitutto) sembra che abbia formato la
Via della Mano Sinistra, ed inoltre secondo Novalis è il male (peccato
d’orgoglio dell’uomo in primis) che ha creato anche il libero arbitrio.
Continua dicendo che, secondo
la tradizione indù, nella fase del pravrtti-marga (regno di Brahma e
Visnu) lo spirito si determina e finalizza dando vita alla forma, mentre nella
fase nirvrtti-marga (regno di Shiva) v’è un ritorno dal manifestato al
regno dello spirito. La prima fase corrisponde quindi all’aspetto creativo,
conservativo e positivo, cui corrisponde la fedeltà alla propria natura e la
Via della Mano Destra; la seconda fase corrisponde al distacco, alla
dissoluzione e alla Via della Mano Sinistra (tra cui, Evola cita un rituale del
tantrismo e lo Yoga della dissoluzione) e si utilizzano le forze della fase
positiva per renderle autodissolutive. E le due vie, secondo Evola, vanno
considerati come due diversi metodi per lo stesso scopo, da scegliere secondo
le inclinazioni della natura di ciascuno.
Evola cita anche Agostino e il pecca fortifer luterano,
secondo cui si prescrive di non resistere al peccato, ma anzi abbandonarvicisi
fino in fondo nella confessione della propria impotenza e sperare nella grazia
divina salvatrice.
Per la generazione il maschile è la potenza che determina
e la femmina è la causa materiale e strumentale dello sviluppo che una
volta fecondata può divenire tutto (Evola parla di ciò allo stesso modo di
Platone sul ricettacolo). Anche il principio sovranaturale è considerato
maschio e quello della natura e del divenire femmina, che sono anche Samkhya e
Prakti o la coppia Shiva-Shakti.
Nella fase metafisica la preminenza è del maschile,
mentre nella fase della manifestazione del femminile, ed è una fase che
dura fino ad un riequilibrio delle due forze (a questo punto la Shakti viene
dispersa nell’illimitato o riassorbita dal maschile) ed una superiore sintesi
dopo che si è posto un limite all’illimite.
Nella tradizione talvolta il femminile è associato a
qualcosa di demonico in quanto assorbe il principio della virilità
trascendente, elemento sovrannaturale maschile anteriore alla diade (“la donna
dà la vita ma tende a sbarrare anche ciò che sta al di là della vita”).
Il fallo è il simbolo della virilità trascendente, spesso
è stato associato anche al mistero della resurrezione. A dimostrazione di
questo fatto che rappresenti la virilità trascendente e non meramente fisica,
v’è la leggenda di Osiride che, dopo essere stato tagliato a pezzi e
ricomposto, manca proprio della parte fallica.
La donna è considerata impura. Anche questa
caratteristica non si riferisce ad una caratteristica fisica o morale ma ad una
qualità oggettiva della natura femminile, portatrice di una energia misteriosa
di per sé neutra. Questa energia è da considerarsi nella duplice concezione
della donna
-
demetrica-materna (l’energia vitale di un uomo che si
avvicina a una donna con mestruazioni scompare): la donna dona sia la vita
(fisica) che porta con sé anche il suo opposto, la morte (fisica). Ma di questa
energia femminile si può fare un uso positivo;
-
afroditica-amante: attraverso l’essere amante e
lasciando agire le forze, può avvicinarsi ad un ordine superiore. In questo
senso è anche Penia, cioè ha bisogno dell’altro e della forma, e anche di
assorbire l’energia del seme sottile controparte del seme materiale.
La donna metafisica appartiene alla natura cosmica e
rappresenta il principio
della Diade, l’uomo metafisico incarna il principio opposto di colui
che trascende la natura, va al di là di questa, ed è Uno.
Per Evola quindi i tipi maschili puri sono il guerriero e
l’asceta; quelli femminili la madre e l’amante.
La donna riflette il femminile cosmico ed è caratterizzata
da passività ricettiva: quindi assimilando direttamente, senza modificare, è
anche colei che conserva. Essendo connessa più dell’uomo alla terra, è anche
quella che risente di più dei ritmi periodici dell’universo.
Essa è passiva attivamente, cioè pur stando immobile attira
a sé con la sua energia e consuma l’energia maschile; l’uomo di contro è attivo
passivamente, cioè in è in moto ma si dirige con un moto d’attrazione verso la
donna.
Tanto che sul piano sottile è la donna ad essere attiva e
l’uomo passivo, e questo rapporto si inverte soltanto grazie all’eros sacralizzato.
A questo punto l’immobilità dell’uomo rappresenta tutta la
sua virilità metafisica, tanto da non essere più consumato dall’energia
femminile.
Da notare che stiamo parlando sempre di uomo e donna
metafisici: non è che l’uno è in funzione dell’altra o viceceversa, ma anzi
devono essere in equilibrio e complementari.
L’amore fisico tra uomo e donna, non è che una
rappresentazione di grado inferiore rispetto all’amore metafisico tra la parte
femminile e quella maschile che costituiscono un solo Essere.
L’uomo e la donna sono polarità diverse e quindi
complementari.
Evola però chiarisce anche l’amore parlando di amore
disinteressato: che deve andare al di là del semplice sentimento (per il
figlio, per l’amante, etc.) e dell’appropriazione egoistica dell’Io su un
soggetto. Il rapporto, in sostanza, deve essere sacralizzato.
Tutto il resto (passioni, matrimonio, divorzio,
emancipazione, libero amore, etc) sono problemi inesistenti.
Nell’ambito dell’eros
sacralizzato l’aspetto rituale ed evocatorio ha da sempre avuto una parte
fondamentale.
Si può trattare di una sacralizzazione dell’unione sessuale
o di distacco ascetico della forza sessuale dal piano della Diade e la sua
trasmutazione per realizzazioni sovrannaturali.
Ciascuna di queste applicazioni può dar luogo ad
applicazioni operative ed iniziatiche.
Nel mondo della Tradizione tale fatto permeava tutta la
società, e quindi anche la famiglia tradizionale, dove più che l’individualità
(poco marcata) contava la stirpe.
In questa famiglia tradizionale sacralizzata la donna era
la custode del fuoco della vita.
Lo stesso Saint-Martin
nel Ministero dell’Uomo-Spirito dice che il matrimonio è un mezzo per rendersi
simile a Dio (o per finire in completa rovina).
Anche per la Cabala
ogni matrimonio simboleggia la riproduzione dell’unione di Dio con la shekinah,
sposa del Re, che può anche essere rappresentata dalla Vergine cristiana.
Evola parlando del mito dell’androgine parla di Luca e
Matteo.
L’androgine è l’equilibrio delle due polarità maschile e
femminile in una stessa persona, e l’unione terrena fra uomo e donna (unione
sessuale e anche matrimonio) non è che una imitazione di tale unione
“primordiale”, sempre per il fatto che man
mano che si discende nella materia il mondo è sempre più molteplice e meno
perfetto, come si dice nel Timeo di Platone. Il sesso terreno ha un
potere, ma di grado inferiore al sesso metafisico dove ad incontrarsi sono le nudità
dell’essere e non del corpo.
L’Adamo primordiale, che dalla contemplazione di Dio è
voluto somigliare a Dio e conoscere la materia, disequilibrando così i suoi due
principi maschile e femminile (Eva), è diventato mortale.
Evola dunque giustamente avverte: non è dal desiderio di
Eva che bisogna essere attratti ma da quello per la Sofia.
Da qui mi sembra anche di capire che intedere il peccato
originale come desiderio della sessualità sia quantomeno limitativo, essendo
questo desiderio una delle conseguenze della Caduta ma non la sola.
La forza dell’eros
di per sé, dunque, non ha a che fare con la riproduzione, che è una conseguenza
dell’uomo divenuto mortale.
Anche la norma morale e il peccato di fornicazione perde
peso sotto quest’ottica, ed anzi l’amore di Dio è in tutto il mondo e in tutte
le azioni dell’uomo che sono comandate da Dio.
Nella via tradizionale, dice Evola, una delle cose
fondamentali è l’attualizzazione della presenza reale di una entità
sovrannaturale, ed è questa la funzione del sacerdote (Amerio
era molto chiaro). Per fare questo vi sono riti, sacrifici, e sacramenti e
talune civiltà usarono anche il sesso, con cui si ravvivava la presenza divina
alla stregua della partecipazione eucaristica.
Progressivamente l’eros sacrale fu sostituito con riti
simbolici e simulati, come quelli che avevano a che fare con la fertilità della
terra.
Ierogamie e sabba, però non hanno significato vero e
tradizionale: è sempre da tenere a mente che l’inferiore dipende dal superiore
e che “lavorare” nei piani intermedi è inutile oltre che dannoso.
Nelle parole seguenti v’è il nocciolo dello scritto di
Evola:
non bisogna uccidere o escludere la forza del sesso, che è
la radice stessa dell’individuo, ma rinunciare al suo uso e alla sua
dissipazione per scopi carnali (sesso, masturbazione e procreazione),
conservandone l’energia. Non si tratta di risparmiare semplicemente, però,
questa energia, ma di usare il seme (metafisico) di questa forza per
distaccarla dal piano duale e portarla ad un piano superiore.
Perché una trasformazione spirituale avvenga veramente è
necessario però che lo spirito di chi opera sia realmente tendente al
trascendente, con la totalità del proprio essere.
Gli stessi mistici e asceti dopo aver combattutto con la
carne e le sue tentazioni, non combattono più, ma di queste cose si
disinteressano distaccandosi.
A concludere, una piccola trattazione dell’impiego dell’energia
sessuale nelle varie tecniche:
- lo yoga, la tecnica cui Evola maggiormente si rifà,
specialmente parlando del tantrismo, è una dottrina segreta in cui vige
il principio della trasmissione diretta e ha processi ben controllati. Tiene
conto della qualificazione predominante dell’aspirante, se sattva o rajas,
e mira al risveglio della kundalini attraverso la riallocazione centrale
delle due correnti/polarità laterali di ida e pingala. Ci sono sia delle
tecniche a due vasi (con la donna; in questo caso la nudità rituale
della yogini ha valore mistico e un significato profondissimo) che a un
vaso (da soli); la trasformazione che ci si appresta a compiere è
paragonabile alla transustaziazione eucaristica. Avvertendo sulla
pericolosità di talune pratiche tantriche, Evola fa capire che non è
questione di ritenzione o meno del seme fisico (che potrebbe provocare più
danni che benefici), ma di utilizzare il fuoco erotico per trarre da quel seme
fisico la controparte e principio spirituale e farlo proprio (e far
proprio, in talune pratiche, anche lo stesso principio emesso dalla donna).
Inoltre, con pratiche prettamente sessuali, si può intravedere uno stato
superiore, ma la difficoltà sta nello stabilizzarlo;
- nel taosimo cinese si tratta di catturare e unire gli
stessi principi, che vengono chiamati yang (maschile, fisicamente sopra
il diaframma) e yin (femminile, sotto di esso). Le tecniche riguardano
la respirazione, che può impadronirsi del soffio vitale, e pratiche sessuali,
sempre coadiuvate dall’uso del respiro;
Solo un appunto su un punto importante: l’importanza cioè
di evocare e formare immagini ben nette e ferme con lo sguardo interno per
poter procedere spiritualmente in maniera retta.
Infine, due interpretazioni interessanti di Evola: una sul pudore,
secondo cui il pudore vero, tradizionale, è quello che si prova se si pensa
allo stato di Caduta dell’uomo e non quello, banale, che si intende oggi, che è
solo moralismo sociale. E sul matrimonio: il matrimonio più che essere
sacramento e essere visto come una funzione sociale, profanando così il sacro,
deve essere invece una condizione dello spirito da benedire.
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