Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

La versalità di "Destra o sinistra"

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Un giovane gambero pensò: “Perché nella mia famiglia tutti camminano all’indietro? Voglio imparare a camminare in avanti, come le rane, e mi caschi la coda se non ci riesco”.
Il giovane gambero, da “Favole al telefono” di Gianni Rodari

Destra o sinistra” è un romanzo semplice, ma al tempo stesso complesso. L’autore sa tirar fuori dal proprio e dall’altrui inconscio dei temi letterari di grande portata, per coloro che li sanno cogliere.
E come specifica, non parla di politica.

Innanzitutto i due protagonisti, Li e Zhang: in tutto il libro la vena poetica tira verso un dualismo che è proprio della natura umana, e che non riguarda solo i due personaggi principali, uomo e donna, ma anche il loro carattere oscillante tra la formalità (Zhang) e la semplicità (Li) e le loro passioni, il primo per la musica (Bach, e musica classica in genere) e la seconda per la lettura.
Questa divisione dualistica ci ricorda niente di meno che Platone, quando nel Fedone parla della dualità che è connaturata non solo nel mondo sensibile, ma anche in quello metafisico, nel mondo intelligibile. Non solo bianco e nero, piacere e dolore, uomo e donna, ma anche Limite e Illimite (Filebo), e Uno-Diade indefinita (dottrine non scritte).
Soggettivisticamente, si potrebbe dire che Zhang e Li, messi insieme, vadano a formare quella che è l’essenza dell’autore del libro, Francesco Varriale, poliedrico scrittore che (per lavoro) sa essere formale, ma al tempo stesso ama la semplicità; ascolta la musica, e gli piace leggere; contempla la bellezza della natura e va a teatro.

Ciascheduno di questi temi sono sentiti nel testo: e il punto di incontro fra Zhang e Li, infatti, è “My Way”, un classico della canzone e uno dei pezzi più reinterpretati nel mondo: scritta in francese da Claude François (“Comme d'habitude”), è stata tradotta in inglese da Paul Anka, incisa da Frank Sinatra nel 1968, e interpretata – fra gli altri – da Elvis Presley, Sid Vicious (ex Sex Pistols) , Patty Pravo, e perfino Bobby Solo.
Un altro topos letterario è l’orto botanico, simbolo della bellezza della natura, della sensibilità dei protagonisti (luogo, ove, per poco, non si incontravano), fin’anco metafisicamente dell’Eden paradisiaco, dove Uomo e Donna erano prima della Caduta.
Infine, un terzo trait d’union è quello teatrale, che coinvolge ambedue i protagonisti: Goffman reintepretava teatralmente la vita, dicendo che questa era un continuo sciogliersi e disciogliersi di “Maschere” e ruoli. Nelle vita reale, i due protagonisti decidono di incontrarsi proprio al Teatro Sperimentale di Shanghai, a vedere una commedia – appunto “sperimentale” (non in costume, interpretata da studenti) – di Shakespeare.

In verità, si denota come Francesco, l’autore, abbia vissuto Shanghai: i riferimenti cittadini sono precisi e puntuali, e la conoscenza della cultura cinese traspare. Si veda tra gli altri il riferimento a Sanmao (三毛) il personaggio dei fumetti (poi trasposto in serie televisive) creato da Zhang Leping nel 1935. Il nome significa “tre capelli” e rappresenta la peculiarità del personaggio, simbolo della malnutrizione e della povertà di quel periodo: gli anni ‘30 e’40 di Shanghai erano infatti gli anni della guerra, della colonizzazione e dell’inflazione.
Appare, velata, anche una critica al sistema educativo cinese (“Scuola del Popolo numero sette. Zhang sorrise. Non credeva che le scuole si chiamassero ancora con i numeri. E del Popolo poi. Ormai, del Popolo, non c’era rimasto molto in Cina.”, p. 141), anche se in definitiva la Cina piace.
E piace Shanghai, città risultato di un insieme di stili architettonici compositi e diversi. Piace un po’ meno, invece, la Shanghai “bene”, quella fatta di festini, finti VIP e autocelebrazioni: un capitolo da cui ne esce Zhang è la palissiano.
Se un appunto c’è da fare, sono invece i nomi trascritti in pinyin, la maggior parte dei quali errati, ma è comunque una questione molto superficiale.

Importante invece è la testimonianza che Francesco vuol dare: non solo Li e Zhang sono cinesi che hanno vissuto una cultura internazionale (la prima ha studiato a Upsala, il secondo ha viaggiato in Europa), ma entrambi assumono spesso atteggiamenti che poco si confanno ai cinesi standard. Essi, infatti, si scambiano abbracci, occhiate dirette e, talvolta, baci. Questo è bello: significa una compenetrazione di mentalità e sentire diversi tra i due popoli: quello italiano e quello italiano-europeo.

Non solo: le citazioni di elevato livello culturale sono anch’esse presenti in “Destra o sinistra”.

All’inizio abbiamo ricordato “Il giovane gambero” di Gianni Rodari (tratto da “Favole al telefono”), che è tutt’altro che da sottovalutare. Infatti il gambero che intende e vuole camminare in avanti non è solo un anticonformista, ma è anche la rappresentazione di colui che ha Desiderio e Volontà di migliorarsi, trasformarsi, scovare nuove vie di Conoscenza e acquisire una capacità di veduta a 360° che lo porti a rinnovarsi.

Si parla poi de “Il grande Gasby”, un romanzo crepuscolare dello scrittore statunitense Francis Scott Fitzgerald del 1925 che affronta il tema della decandenza personale e sociale, fatta di tragicità, alcolismo, vittimismo, sesso, contraddizioni. Il punto saliente del romanzo riguarda però la debolezza e la depravazione della natura umana, espressa attraverso un sentimento di solitudine che conferisce paura e morte all’intendere della vita, una vita fatta di insofferenza.
Questo romanzo è lo stesso che legge Tōru Watanabe, il protagonista e narratore di un altro romanzo: “Novergian Wood. “Norvegian Wood” è il libro-fulcro di tutta la storia scritta da Francesco Varriale.
In “Norvegian Wood” Watanabe è uno studente appassionato di letteratura americana, ed è creato dal giapponese Haruki Murakami nel 1987 (lo stesso Murakami dei bellissimi “La fine del mondo e il paese delle meraviglie”, e “L'uccello che girava le Viti del Mondo”) dopo averne contemplato la stesura in Grecia e in Sicilia.

Ecco, la Sicilia: di questa meravigliosa terra ne fa omaggio “Destra o sinistra” attraverso il viaggio tutto relax di Zhang, ma anche grazie alla superba (e colta) citazione di Li in merito a Leonte, Re di Sicilia, “cattivo” shakespeariano (si veda il “Racconto d’Inverno”, scritto da Shakespeare agli inizi del 1600).

Ma non è finita qui.
Vorrei far notare, da ultimo, quattro differenti tonalità che Francesco conferisce al libro.

La prima riguarda la dimensione onirica che caratterizza il romanzo, di una particolare capacità di Li, e di sogni che si intrecciano ma non concludono.
La seconda è all’insegna di come deve essere affrontata la vita: Li, la protagonista, ama prendere l’autobus e mai mettersi in prima fila. Così è da prendere la vita, essere umili e non superbi o comportarsi con alterigia, saper attendere, avanzare costantemente a piccoli passi, step by step, fermarsi alla ricerca di un miglioramento costante ma graduale, mai avventato.
La terza è ironica, ed è il riferimento a Mimosin.
L’ultima è una vena di mistero: perché il padre di Li e il dottore ex-fidanzato l’hanno abbandonata? Francesco non lo dice.

Finale a sorpresa, ovviamente.
Per chi volesse acquistare il testo di Francesco Varriale, date un’occhiata qui.

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Un giovane gambero pensò: “Perché nella mia famiglia tutti camminano all’indietro? Voglio imparare a camminare in avanti, come le rane, e mi caschi la coda se non ci riesco”.
Cominciò ad esercitarsi di nascosto, tra i sassi del ruscello natio, e i primi giorni l’impresa gli costava moltissima fatica. Urtava dappertutto, si ammaccava la corazza e si schiacciava una zampa con l’altra. Ma un po’ alla volta le cose andarono meglio, perché tutto si può imparare, se si vuole.
Quando fu ben sicuro di sé, si presentò alla sua famiglia e disse:
- State a vedere.
E fece una magnifica corsetta in avanti.
- Figlio mio, - scoppiò a piangere la madre,- ti ha dato di volta il cervello? Torna in te, cammina come tuo padre e tua madre ti hanno insegnato, cammina come i tuoi fratelli che ti vogliono tanto bene.
I suoi fratelli però non facevano che sghignazzare.
Il padre lo stette a guardare severamente per un pezzo, poi disse: - Basta così. Se vuoi restare con noi, cammina come gli altri gamberi. Se vuoi fare di testa tua, il ruscello è grande: vattene e non tornare più indietro.
Il bravo gamberetto voleva bene ai suoi, ma era troppo sicuro di essere nel giusto per avere dei dubbi: abbracciò la madre, salutò il padre e i fratelli e si avviò per il mondo.
Il suo passaggio destò subito la sorpresa di un crocchio di rane che da brave comari si erano radunate a far quattro chiacchiere intorno a una foglia di ninfea.
- Il mondo va a rovescio,- disse una rana, - guardate quel gambero e datemi torto, se potete.
- Non c’è più rispetto, - disse un’altra rana.
- Ohibò, ohibò, - disse una terza.
Ma il gamberetto proseguì diritto, è proprio il caso di dirlo, per la sua strada. A un certo punto si sentì chiamare da un vecchio gamberone dall’espressione malinconica che  se ne stava tutto solo accanto a un sasso.
- Buon giorno, - disse il giovane gambero.
Il vecchio lo osservò a lungo, poi disse:  - Cosa credi di fare? Anch’io, quando ero giovane, pensavo di insegnare ai gamberi a camminare in avanti. Ed ecco che cosa ci ho guadagnato: vivo tutto solo, e la gente si mozzerebbe la lingua piuttosto che rivolgermi la parola. Fin che sei in tempo, da’ retta a me: rassegnati a fare come gli altri e un giorno mi ringrazierai del consiglio.
Il giovane gambero non sapeva cosa rispondere e stette zitto. Ma dentro di sé pensava: “Ho ragione io”.
E salutato gentilmente il vecchio riprese fieramente il suo cammino.
Andrà lontano? Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perché sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno. Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: - Buon viaggio!

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