Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Prodromi del viaggio... prima del viaggio

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Si inizierà a parlare di Cina, nel modo più semplice - ma anche più utile possibile. Ho organizzato questo viaggio per il mio forte interessente per l'Oriente, sulla spinta iniziale dei manga da ragazzino, e dei libri di Terzani da adolescente.
E' ovvio che è un mondo totamente differente dal nostro; la mia tesina triennale di Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Perugia è stata ambientata proprio nella Cina, quella del 1972, della diplomazia triangolare e del ping-pong, di Nixon, con i relativi problemi del Sud Est Asiatico (guerra in Vietnam in primis).


La mia prossima, la vera laurea, quella della Specialistica, riverterà sull'argomento Cina sempre dal punto di vista storico, ma ancorato all'attualità, con un Pellegrini docet, ed un confronto Italia-Cina negli ultimi 10 anni.
E la propulsione per il viaggio a Shanghai è stata anche questo. Oltre che l'avvicinamneto ad una lingua difficile, pentatonale a livello parlato, ideogrammatica (kanji) a livello scritto. A confronto il giapponese, di cui so qualche rudimento è facile nella pronuncia, con regole precise anche grammaticali (nello scritto appare più complesso per l'utilizzo di 3 alfabeti: il kanji importayo proprio dalla Cina, l'hiragana - l'alfabeto ideogrammatico cinese -, il katakana per la trascrizione delle sillabe di parole straniere).
Cina e Giappone sono due mondi diversissimi, se si vuole agli antipodi. E la differenza la fa 1,3 miliardi di persone.
Per ora mi attengo ai fatti, preannunciando solo una cosa: di primaria importanza è il guanxi, una sorta di regola non scritta di inclusione/esclusione dal gruppo (che sia familiare, lavorativo, amichevole) per mezzo dalle quale o si è o non si è. Per entrare nel guanxi di un cinese non è facile, bisogna dimostrare fedeltà al gruppo, predisposizione ai favori che vanno ad arricchire l'ingroup, e all'accettazione di tutti i membri del gruppo. Uscirne è immediato, se non si rispettano certe norme autoregolative non scritte, o alla minima prova di non fedeltà anche verso solo un elemento del gruppo per quanto grande o piccolo sia.
Ma una volta entrati, e si continua a dimostrare correttezza (non nell'accezione etica della parola, soprattutto per ciò che riguarda gli affari), si è in una botte di ferro. C'è un clima di scambio reciproco che fa sì che ci sia un arricchimento reciproco; in un gruppo di amici ci possono essere richieste strane, di traslochi, di passaggi, di bustoni di mano in mano, di aiuti nel lavoro, ma alla fin fine lo fai con piacere, sapendo che al minimo problema tuo tutto il gruppo (anche se solo di 2 elementi) è disposto a farsi in quattro per te, sotto ogni punto di vista e con umiltà.
I cinesi sono dei gran lavoratori: oltre che questo spirito di corpo, e un pò della loro altezzosità, considerano gli italiani sfaticati. E in parte a ragion veduta. La questione dei diritti sociali è per loro per certi versi marginale. A loro piace lavorare per fare i soldi, piace lavorare 10-12 ore al giorno senza problemi, con la famiglia che si dà mutuo appoggio; per loro un giorno di ferie o la chiusura a pranzo è tempo perso, perdita di danaro sonante sottratto alle loro casse. Non sopportano la burocrazia anche se loro ne hanno un'infinità.
C'è un divario inimmaginabile fra campagna e città. A livello di ricchezza è enorme (la Cina è comunque economica, uno stipendio medio si aggira sui 200-400 euro, il costo della vita basso, ad es. mezz'ora di taxi 10 yuan, circa 1 euro). La famiglia è sacra, ci si sposa relativamente presto, si sta insieme con una sola ragazza. Anche se nelle grandi città, anche per via della globalizzazione le cose stanno cambiando: le ragazze sono più emancipate seppur serissime dal punto di vista sessuale, vogliono lavorare, mentre la cucina e le faccende domestiche spettano all'uomo che è contento di compierle con dedizione per la propria donna (e di pagargli tranquillamente l'affitto.
Detto questo, la prima cosa da fare per andare in Cina, è il visto turistico (o di lavoro presentando la lettera dell'azienda che ti chiama, o di studio quella dell'università; o altri). Questo dura 3 mesi dalla data del rilascio, ma è valido per un soggiorno di massimo un mese. Se c'è necessità è rinnovabile in loco per altre 2 volte presso la stazione di polizia locale, dopodichè non lo si può più fare.
Per aggirare la situazione si può andare ad Hong Kong col solo passaporto e li farsi rilasciare un nuovo visto.
Vi sono tre posti in Italia dove si può richiedere il visto (presentando il modulo compilato, allegando una foto, il passaporto con 6 mesi di validità residui dalla data di entrata in Cina e 1 pagina libera, la prenotazione del biglietto aereo A/R):
Sezione Consolare presso Ambasciata
Via Bruxelles 56 - 00198 ROMA
Tel. 06.884.81.86Fax 0685352891
Aperto lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì dalle ore 09:30 alle ore 12:30 (feste escluse)


Consolato Generale a Milano
Via Brembo 3/A - 20139 MILANO
Tel. 025693869Fax 025694131
Aperto lunedì, mercoledì e giovedì dalle 9 alle 12.


Consolato Generale a Firenze
Via dei Della Robbia 39 - 50132 FIRENZE
Tel. 0555058188/0555520699Fax 0555520698
Aperto mercoledì e giovedì dalle 9 alle 12.
I tempi di rilascio sono circa di 4 giorni lavorativi (vi dirò più avanti se corretti) e la tariffa varia se richiesta ordinaria, urgente (2-3 gg.), extra-urgente (1 gg.) (anche su questo vi farò sapere nel prossimo post). I requisiti generali li trovate comunque qui.
Io ho optato per la terza, Firenze, la più vicina a Perugia ovviamente; treno non-tacito delle 6,09 e arrivo alle 8,30 circa (costo del biglietto 8,75 euro). Col tacito delle 6.20 si spendevano circa 13 euro.
Stazione di discesa Firenze Campo di Marte, più comoda, all'uscita a destra, poi subito a sinistra. Si cammina per circa 300 metri e via dei Della Robbia è una traversa a destra. Imboccata questa, bisogna camminare un pò per il civico 89, ma il consolato si vede per la calca dei cinesi fuori. E' aperto solo il mercoledì e il giovedì mattina (9-12): la calca c'è sempre. Che fanno? Niente. La maggior parte sta lì e non fa niente, gli piace spingere, accalcarsi. Di 200 persone solo una ventina devono fare effettivamente qualcosa: dalle 8.45 alle 9.30 è un tiraemolla dei Carabineiri ad aprirsi varchi tra la folla e al richiamo dell'ordine. La maggior parte parla un dialetto cinese incomprensibile persino ad Elena, la mia amica di Shanghai. Ho chiesto: "Perchè fate questo?". La risposta è stata: "Perchè ci divertiamo, giochiamo!". Ci sono 200 persone lì che spingono soltanto, solo per divertimento e per vedere la polizia che ogni tanto chiude la porta con minacce all'ordine. Per fortuna, la porta per i visti non è quella dei cinesi, a destra, ma quella a sinistra, vuota, si deve bussare, atmosfera tranquilla, velocità, cordialità e riviste gratis.
Devo tornarci mercoledì prossimo. Per il resto con Elena ho fatto un giro per Firenze, Ponte Vecchio, il Battistero, il Cinghiale portafortuna, il Mac della Stazione di Santa Maria Novella. Ad ogni modo uno sballo.

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