Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

L’amicizia tra il popolo italiano e quello cinese vista secondo la tradizione accademica di una famiglia

Condividi

Una serie di colpi di fortuna non avviene molto spesso, ma e’ un vero piacere per me ricordare i giorni propizi dello scambio epistolare con uno studioso italiano a proposito di un importante reperto culturale, e il conseguente buon esito.
Il reperto in questione e’ un libro persiano degli inizi del secolo XVI, sulla Cina: il Khataynameh scritto da Syyed Ali Akbar Khytay nel 1516. L’originale e’ in Persiano, piu’ tardi tradotto in Turco. Il libro era famoso nel mondo islamico. Gli studiosi europei ne vennero a conoscenza solo nella seconda meta’ del secolo XIX e lo trovarono cosi’ raro ed interessante che poteva paragonarsi solo ai Viaggi di Marco Polo, e persino piu’ interessante.
Da decenni valenti orientalisti cercano di tradurlo in una lingua europea, ma finora nessuno ha ultimato l’opera. Finora, questa fonte fondamentale di conoscenza sulla Cina e’ in Persiano e Turco, il che impedisce ai profani di apprezzarne il contenuto.
Poiche’ sono un professore di Fisica Elettronica, cosa puo’ avere a che fare con me un’opera di storia? E cosa ha a che fare con studiosi italiani? Molto, si vedra’. E’ una lunga storia da raccontare, che risale almeno a mezzo secolo fa, e concerne la tradizione accademica della mia famiglia.
Il primo evento casuale e’ il fatto che io sia nato in una famiglia che conosceva bene Marco Polo e i suoi “Viaggi”. Mio padre ci raccontava episodi su Marco Polo a cena quando ero ragazzo, e tutti noi eravamo colpiti dall’arditezza di avventurieri come i Polo, o altri grandi esploratori e scopritori del passato, quale per esempio Cristoforo Colombo, per i loro successi. Era una sensazione latente per me, prestare attenzione a racconti storici. Mio padre mi influenzo’ ancor piu’ per la sua stessa esperienza di conversione alla Storia in seconda istanza.

Quando nacqui nel 1926, mio padre Chang Hsin-Lang aveva cambiato competamente la sua carriera, in quello stesso anno, da chimico a storico delle relazioni tra l’Oriente e l’Occidente, tale da acquistare una buona fama nel corso degli anni. Ebbe successo in un cambiamento cosi’ radicale e fondamentale, poiche’ aveva lavorato e studiato sistematicamente sull’argomento, durante il tempo lasciatogli libero dalla sua professione di chimico.
Il primo lavoro che egli fece fu una traduzione commentata de “I Viaggi di Marco Polo” di Henri Yule, tradotti da Cordier in 3 volumi. Cio’ suscito’ un vasto interesse agli inizi del 1910, quando era uno studente di Dottorato all’Universita’ di Berlino. Dopo il suo ritorno in Cina, gli ci vollero 12 anni per completare la traduzione e pubblicare l’”Introduzione” nel 1924, e il primo volume del testo nel 1929, ambedue con commenti supplementari. Questo era il primo lavoro accademico su” I Viaggi di Marco Polo” ad essere presentato in Cina. Purtroppo, il resto della traduzione non pote’ essere pubblicato a causa della mancanza di fondi a quel tempo.
Il secondo lavoro che egli fece fu una serie di libri: “Materiale Storico delle Relazioni tra la Cina e l’Occidente”, in 6 volumi, che abbracciavano un’area assai estesa tra il Medio Oriente, l’Europa, l’Africa e la Cina, e un periodo assai lungo, dalle leggende preistoriche alla Dinastia dei Ming. La serie fu pubblicata nel 1930 come prima pubblicazione dell’Universita’ Cattolica Fujen di Pechino, dove Chang fu impegnato dall’inizio, in qualita’ di Professore e Direttore del Dipartimento di Storia, sino alla sua morte nel 1951.
A fianco dei lavori summenzionati, Chang fece ulteriori ricerche su Marco Polo. Pubblico’ una monografia nel 1931, e preparo’ tempestivamente la traduzione cinese del Codice Italiano Z (l’ultimo trovato) dei Viaggi di Marco Polo edito dal prof. Luigi Pasquale Benedetto. Tale edizione era basata su un manoscritto trovato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, e tradotto in Inglese da Aldo Ricci nel 1931. La traduzione cinese di Chang comprende 4 libri editi nel 1934.
Chang preparo’ inoltre molti altri saggi e studi sugli antichi inviati romani o italiani, missionari e viaggiatori in differenti periodi di tempo. Presto’ speciale attenzione all’influenza che Marco Polo ebbe nei secoli successivi. Ad esempio, fu il primo Cinese a tradurre la corrispondenza scambiata tra Toscanelli e Colombo prima che quest’ultimo effettuasse il suo primo viaggio nel Nuovo Mondo, e pubblico’ tale materiale nel suo libro come prova dell’influenza di Marco Polo su Colombo. Chang presto’ inoltre interesse alle relazioni tra l’antica Italia e la Cina, tanto che il primo tomo del suo libro fu dedicato alla storia delle relazioni sino-europee che erano poi, nei fatti, relazioni sino-italiane o sino-romane.
Chang fu anche un dei co-editori di “Monumenta Serica”, un giornale sino-europeo pubblicato dapprima a Pechino nel 1935, e ancora esistente nel mondo oggi. Chang raggiunse il culmine delle sue attivita’ nel 1937, quando le sue attivita’ vennero bruscamente interrotte dalla guerra di invasione giapponese. L’ambiente accademico ne soffri’ terribilmente, i fondi per la letteratura furono sospesi, e persino le derrate alimentari per la vita quotidiana erano cosi’ scarse che Chang fu costretto a condurre uno stile di vita assai umile e semplice, tale da minare seriamente la sua salute. Ciononostante egli non cesso’ mai di ricercare nuovo materiale per arricchire il suo libro e perfezionare la sua cultura e conoscenza sull’argomento.
In quel periodo lascio’ un importante lavoro incompiuto, che avrebbe senz’altro completato se non ci fosse stata la guerra. Si trattava della traduzione cinese commentata del libro persiano sulla Cina di cui si parlava sopra: il “Khataynameh”. Tale lavoro era svolto in collaborazione epistolare con il famoso professore Paul Kahle dell’Universita’ di Bonn, il quale lo considerava alla stregua de “I Viaggi di Marco Polo” e lo voleva commentato da uno storico cinese per poi pubblicarlo in Tedesco o in Inglese. La loro collaborazione comincio’ nel 1934 e si interruppe nel 1938, quando il prof. Kahle si rifugio’ a Londra, e la Cina del Nord rimase isolata.
Dopo la seconda Guerra Mondiale, Chang sopravvisse in gravi condizioni di salute e pote’ a malapena proseguire le sue intense attivita’ di ricerca. Neppure Kahle riprese i suoi studi sull’argomento. Il loro progetto congiunto era vano, e scomparso dalla faccia della terra.
Passo’ quasi mezzo secolo, quando nel 1982 - giusto per caso - notai l’articolo “una breve introduzione al Kathaynameh” scritto da mio padre nel 1936, in un vecchio giornale cinese di geografia. In esso era chiaramente scritto che la collaborazione col prof. Kahle era in corso in quel momento. Chi avrebbe detto che quella sarebbe stata la sua prima e ultima pubblicazione sul loro argomento preferito!
Provando grande pena per questo insuccesso, decisi di verificare se ci fosse ancora, al mondo, qualche vestigia del loro lavoro. Controllai tutti gli indici delle biblioteche nazionali senza risultato. Un amico mi aiuto’ a controllare gli indici della Biblioteca del Congresso, negli Stati Uniti, e mi confermo’ che anche Kahle non aveva pubblicato nulla sul “Khataynameh”. Chiesi lumi agli amici e coetanei di mio padre (ben pochi erano ancora vivi) e anche in quel caso, nessuno ne sapeva nulla.
Finalmente, nel settembre 1982 mi feci coraggio e scrissi all’ “Orientalischer Seminar” dell’Universita’ di Bonn per chiedere informazioni sull’opera di Kahle. Ricevetti subito una risposta dal prof. Schützinger, uno studioso tedesco, col rammarico di non aver trovato alcun manoscritto del prof. Kahle (che aveva fondato il “Seminar”) ne’ presso tale istituzione, ne’ nella biblioteca dell’universita’. Pero’ mi prometteva di contattare la famiglia di Kahle per vedere se c’erano manoscritti lasciati in legato.
Dopo alcune settimane ricevetti una seconda lettera dal prof. Schützinger, con la notizia esaltante, avuta dal figlio del prof. Kahle, che tutti i libri e manoscritti del padre erano stati donati all’Istituto di Orientalistica” dell’Universita’ di Torino, ed affidati alle cure del prof. Michele Vallaro, incaricato di occuparsi del cosiddetto “Fondo Kahle” dell’Istituto. Dopo aver letto la lettera, la speranza si affaccio’ ai miei occhi e un forte desiderio di leggere i manoscritti proruppe dal mio cuore. Era una giornata luminosa di primavera quando - proprio nel momento in cui avevo deciso di raccogliere ancora coraggio e scrivere direttamente a Torino - ricevetti una lettera inaspettata dal prof. Vallaro in persona, datata 18 Aprile 1983, nella quale mi informava che, dopo aver saputo che uno studioso cinese era interessato ai manoscritti di Kahle, si era subito messo alla ricerca e li aveva trovati intatti, sparpagliati in differenti dossiers. Mi informo’ sul loro stato e quantita’, e mi offri’ di usarli a mio piacimento. Quando finii di leggere la lettera, non potetti impedirmi di esclamare, come un bambino, “Eureka!”.
Era un avvenimento storico, trarre dall’oblio questo tesoro nascosto, costituito da uno sforzo umano per la cultura. Mezzo secolo non e’ nulla per lo storico o per l’archeologo, ma per un individuo che prosegue una ricerca, 50 anni costituiscono un problema di vita o di morte, successo o sconfitta. Se questo tesoro non fosse stato scoperto in tal momento, magari ci sarebbero voluti altri 50 anni di attesa, perche’ si verificassero circostanze casuali e favorevoli. La cultura umana si eleva e crolla nel lungo corso della storia. Quante idee preziose e lavori non finiti svaniscono insieme all’esistenza dei grandi scienziati del mondo? Chi puo’ saperlo?
Fui molto commosso dalla personalita’ del prof. Vallaro, che non aveva mai avuto a che fare con me precedentemente, eppure aveva dimostrato un grande rispetto verso le reliquie culturali, specialmente quelle relative alla Cina. Pensai quindi che avrei potuto completare io stesso quel lavoro, nel mio tempo libero, malgrado la mia ignoranza sull’argomento. Cio’ facendo, avrei potuto alleviare una parte della mia pena e portare un piccolo contributo al nostro retaggio culturale. Cosicche’ mi presentai ed espressi le mie intenzioni al prof. Vallaro, con una breve introduzione sui contenuti del “Khataynameh” per quanto potessi conoscere, e sul merito di quest’opera antica, per la quale il prof. Kahle aveva si’ grande stima.
Pero’ potevo solo esprimere un’intenzione, dovendo aspettare di disporre di valuta estera per chiedere fotocopie del manoscritto. Non ne avevo assolutamente i mezzi a quel tempo. Dopo aver saputo il valore del materiale in questione, e che avrei io stesso condotto tutto il lavoro nelle mie umili condizioni, il prof. Vallaro mi comunico’, in una lettera del 14 luglio 1983, la sua idea entusiastica di offrirmi le fotocopie in regalo, in segno di amicizia tra il popolo italiano e quello cinese, e come contributo al lavoro di mio padre.
Dopo aver fatto attenti e dettagliati arrangiamenti, finalmente le fotocopie del manoscritto e molte comunicazioni epistolari tra mio padre e il prof. Kahle finalmente vennero tra le mie mani alla fine del 1983. C’erano voluti 15 mesi per avere il materiale sulla mia scrivania, a partire dalla mia prima lettera di ricerca.
Non e’ certo una tempistica rapida per l’era dei satelliti e del computer, ma era pressoche’ un miracolo per me, e - credo - anche per l’uomo comune del mondo. Come e’ possibile per due individui di differenti nazioni e regimi, e cosi’ distanti fra loro, senza essersi precedentemente conosciuti, raggiungere un tale livello di mutua comprensione solo attraverso lo scambio di qualche messaggio in nome della letteratura? Potrebbe essere accaduto altrove? Non sempre, credo, o almeno non nel mondo snob e in quello dei circoli meramente economici e del guadagno. Penso che cio’ possa essere spiegato solo dal sentimento storico di amicizia e rispetto dimostrato dagli Italiani per la Cina e la sua storia.
Il popolo italiano deve essersi abituato all’idea che la Cina e’ un Paese distante e misterioso, ma amico. Il prof. Vallaro mi scrisse in una delle sue prime lettere: “E’ una piacevole sensazione scoprire che si ha un amico cosi’ lontano come in Cina!” e concluse con “i migliori auguri per Lei e per il Suo Paese, cosi’ immenso sia in senso spaziale che cronologico”.
Dopo aver raccolto il materiale, mi misi immedatamente al lavoro, studiando e traducendo il testo, raccogliendo altri elementi importanti di letteratura, facendo annotazioni e commenti e finalmente completai il libro “Il Khataynameh e le Ricerche Internazionali sull’Argomento”. Il libro fu pubblicato nel 1987.
Durante il mio lavoro su questo libro, la buona fortuna mi ha sempre assistito. Il Dr. Joseph Needham e il prof. Ji Xian Lin hanno scritto le incoraggianti prefazioni. Il prof. Iraj Ashfar dell’Universita’ di Teheran mi ha spedito una copia del “Khataynameh” stampata in Persiano moderno; il prof. Haneda dell’Istituto di Lingue Straniere di Tokio mi ha offerto cortesemente materiale assai importante preparato da ricercatori giapponesi sul medesimo argomento. Praticamente tutti questi colleghi sono stati contattati tramite opportunita’ casuali. Penso sempre come ripagare il mio debito di gratitutudine verso questi amici che mi hanno dato grande incoraggiamento e anche aiuto concreto, specialmente il prof. Vallaro, verso cui mi sento profongamente in debito. Egli ha permesso che questo lavoro ritornasse alla vita. La sua generosita’ ha stimolato il mio impeto e la mia fiducia al lavoro, ed ha alleviato i miei sentimenti di rammarico riguardo a mio padre e al Prof. Kahle. Adesso sono felice e fiducioso di intraprendere un altro passo: preparare una versione inglese del libro, cosi’ da facilitare la sua lettura da parte degli amici in Occidente e in Giappone. Cio’ potra’ in qualche modo ripagare il mio debito di gratitudine verso i miei amici all’estero.
Un’altra opportunita’ fortuita si ripresento’ nel 1986, quando lavoravo come Direttore Nazionale di un progetto delle Nazioni Unite (PNUD) in Cina. Partecipai ad un ricevimento offerto dal rappresentante del PNUD congiuntamente con funzionari del Governo Cinese. In tale occasione incontrai Paolo Sabbatini, funzionario del progetto e mia controparte, che non avevo mai visto prima, e con cui ero stato solo in contatto telefonico. Ebbi una chiacchierata con lui e gli raccontai la mia storia , dopo aver scoperto che egli e’ Italiano. Secondo le mie aspettative, mostro’ subito grande interesse per la mia storia e mi incoraggio’ a dar seguito ad un ulteriore programma di introduzione in Cina di cultura italiana e di grandi figure storiche. Fui immediatamente d’accordo sulla sua proposta, anche perche’ avevo in mente di preparare un libro su Cristoforo Colombo e gli studi Colombiani nel XX secolo, se avessi trovato materiale sufficiente.
Non c’e’ ancora un libro su Colombo scritto originariamente da un Cinese, nella nostra immensa nazione. E’ mia volonta’ veder realizzato un libro in Cinese, scritto scientificamente, per i numerosi lettori cinesi, specialmente in occasione della commemorazione del grande benefattore italiano dell’umanita’ nel quinto centenario della grande scoperta. La mia iniziativa deriva dall’influenza familiare e il mio impeto sara’ basato sull’incoraggiamento e l’amicizia degli italiani che mi sono vicini.
Possa tale motivo produrre un’azione concreta, che si dimostri benefica nel promuovere l’amicizia tra Cinesi ed Italiani, il popolo che amo e rispetto (Vedi Nota).

Possa l’esistente amicizia italo-cinese accrescersi e perdurare per sempre.



(c) Dott. Paolo Sabbatini, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura – Shanghai;
(c) Prof. Zhang Zhi-Shan.

5 commenti:

  1. The second work he did was a series of books: “The Historical Materials on the Relations between China and the West” in six volumes, covering a wide area over the Middle East, Europe, Africa and India, and a long period from the time of pre-historical legends to the Ming Dinasty. This series of books was published in 1930 as the first publication of the Fujen Catholic University of Beijing where he was engaged from its founding, as Professor and Chairman of History Department until his death in 1951.

    Beside the above mentioned early works, Chang Hsing Lang has made further research on Marco Polo. He published a monograph in 1931, and worked out promptly the Chinese translation of the latest Italian Codex Z version of “Marco Polo’s Travels” edited by Prof. by Luigi Pasquale Benedetto. This edition was based on a manuscript found in the Ambrosian Library in Milano, and translated into English by Aldo Ricci in 1931. Chang’s Chinese translation comprises four books published in 1934.

    In addition to it, Chang Hsing Lang has made quite a number of studies related to ancient Roman or Italian envoys, missionaries and travelers in different periods. He paid special attention also to the influence of Marco Polo in later centuries. For instance, he was the first Chinese who translated the correspondence exchanged between Toscanelli and Columbus before the latter’s first voyage to the new world, and edited these materials into his book as a proof of Marco Polo’s influence on Columbus. H. L. Chang had also great interest in relations between ancient Italy and China, as the first volume of his book was dedicated to the history of Sino-European relations, which was mainly composed of Sino-Italian (Roman) relations.

    He was one of the co-editors of “Monumenta Serica”, a European Sinological Journal first published in Peking in 1935, and still active in the world now. He reached the climax of his activities in 1937, when his endeavors were suddenly stopped by the Japanese invasion war. During that time scholarly atmosphere was blown away and resources of literature were cut off; even provisions of daily life were so short that he had to lead a very simple and humble life weakening his health seriously. Yet he never ceased to search for new materials in order to enrich his book and perfect his knowledge.

    In that period, he gave up an important work unfinished, which he would surely have completed, if it were not due to the outbreak of the war. This was the Chinese translation and annotation of the above mentioned ancient Persian book about China: the “Khataynameh”. His work was in collaboration, through correspondence, with the famous Professor Paul Kahle of Bonn University, who took it as a second “Marco Polo’s Travels” and would like to have it first annotated by a Chinese historian, and then published in German or English version. Their collaboration started in 1934 and then stopped in 1938, when Prof. Kahle fled to London, and North China was isolated. Since then their work was left aside.

    After World war II, H. L. Chang survived with very poor health and could hardly continue extensive research work. Kahle did not restore his work either. Their joint effort was all in vain, and “vanished” from the world.

    RispondiElimina
  2. THE KHATAYNAMEH BY SYYED ALI AKBAR KHYTAY.

    Friendship between chinese and italian people seen from a family’s academic tradition.

    (c) Mr. Paolo Sabbatini, Director of Italian Cultural Institute – Shanghai;
    (c) Prof. Zhang Zhi-Shan.

    Coincidence of good lucks does not occur very often, but it is indeed a great pleasure for me to recall those lucky days corresponding with an Italian scholar about an important cultural relic, and ending with amazing result.

    The relic is a Persian book about China in the early XVI century: the Khataynameh by Syyed Ali Akbar Khytay in 1516, the original of which is in Persian, and later translated into Turkish. The book was famous in the Islamic world. European scholars came to know it only in the second half of the XIX century and found it so rare and intriguing that it could be comparable to Marco Polo’s “Travels” and even more interesting.
    Since many decades, profound orientalists tried to work it out into European languages, but none of them succeeded to complete their work. Up to now, this cardinal Islamic source about China still remains in Persian and Turkish versions, which hampers common readers to enjoy its interesting contents.

    Being myself a Physics-Electronics professor, what has this historical work to do with me? What has it to do with Italian scholars? Yes, it has much. It is a long story to tell, which goes back to half-a-century, and has to do with my family’s academic tradition.

    It was the first casual event that I was born in a family with much knowledge of Marco Polo and his “Travels”. My father used to tell stories about Marco Polo at the dinner table from my boyhood, and we admired the boldness of adventurers like Polos, as well as other great Italian explorers and discoverers of the old time, like Christopher Columbus, for their great deeds. This was a latent sensation that I paid attention to such historical records. My father did influence me more than that by his own experience of being a lately self-oriented historian.

    When I was born in 1926, my father Chang Hsin Lang changed his career completely in this very year, from a chemist to an historian of East-West relations and acquired quite a fame later. He succeeded in such a dramatic and curious change, because of his qualification of systematic studies and works on the subject, which he carried out in leisure hours of his profession as a chemist.

    The first work he did is an annotated translation of “Marco Polo’s Travels” by Henry Yule (translated by Cordier, in three volumes). It aroused his great interest in early 1910, when he was a post-graduate student at Berlin University. After his return to China, it took him 12 years to complete the translation and have the part “Introduction” published in 1924 and Vol.1 of the text in 1929, both with supplementary annotations. This was the first scholarly written “Marco Polo’s Travels” introduced into China. Unfortunately, the rest of the translated text was not published due to lack of funds at that time.

    RispondiElimina
  3. Nearly half a century elapsed, when in 1982 - just by a casual occasion - I noticed the article “A Brief Introduction on Khataynameh” written by my father in 1936, in an old Chinese geographic magazine. It was so clearly written that the collaboration with Prof. Kahle was just going on at that time. Who would have known that it was his first and also last paper about their favorite subject!

    Feeling so sad about their mishaps, I decided to find out whether there was still a vestige of their work left in the world. I retrieved all indices in domestic libraries, but no result. A friend of mine helped to check in the US Congress Library and confirmed that Kahle did not publish anything about “Khataynameh” either. Asking my father’s contemporaries (very few still alive) nobody knew anything about it.

    Finally, in Sept. 1982 I was bold enough to write to the “Orientalischer Seminar” of Bonn university asking for information on Kahle’s work. Soon, I got a reply from Mr. Schützinger, a German Professor, with his regret for having not found any manuscript left by Prof. Kahle (who had founded the Seminar) neither in the Seminar, nor in the University’s Library. But he promised me to contact Kahle’s family and see if there it was still any manuscript left in his legacy.

    After a few weeks, I received a second letter from Prof. Schützinger, with the exciting information he got from Prof. Kahle’s son, that all his father’s books and manuscripts were donated to the “Istituto di Orientalistica” of the University of Turin, Italy, and now under the care of Prof. Michele Vallaro, responsible of “The Kahle’s Library” of that University. After reading this letter, hopes appeared before my eyes and strong desire of reading them burst from my hearth. It was a bright Spring day, when - just at the moment I was thinking of making myself still bolder and write directly to Turin - I received an unexpected letter from Prof. Vallaro, dated Apr. 18th, 1983, informing me that after knowing that a Chinese was interested in Kahle’s manuscripts, he immediately searched and indeed found them intact in different dossiers. He told me about their status and quantities, and offered to me to use them as I would like. When I finished reading the letter, I could not help shouting out like a boy “Eureka!”.

    It was indeed an historical event, or a world record, to dig out this hidden treasure of human cultural effort. Half-a-century is not worth mentioning for an historian or archaeologist, but for an individual carrying out a research, 50-year is a problem of his life and death, success and failure. Had this treasure not been discovered now, it would take, perhaps, another half century to wait for casual opportunities. Human culture rises and falls in the long run of history. How many precious ideas and unfinished works vanished together with the passing away of great savants of the world? Who knows that?

    RispondiElimina
  4. Another casual opportunity came again in 1986, while I was working as the National Project Director of a UNDP Project in China. I attended once a reception held by the UNDP representative jointly with Chinese Government Officers. There I met Mr. Paolo Sabbatini, Project Officer and my counterpart, whom I had never seen before, except communicating through telephone calls. I had a little chat with him and told him about this story after I learnt that he is Italian. According to my expectations, he showed the great enthusiastic character of an Italian for culture spreading and exchange. He was greatly interested in my story and encouraged me to start further plan on introducing Italian culture and great personalities in the history. I was quite in accord with his proposal, because I also have been thinking of compiling a book on Christopher Columbus and Columbian studies in the XX Century, if I can collect enough materials.

    There is not yet a book on him, written originally by a Chinese author in our immense country. It is my wish to see such a book in Chinese, and scientifically written, for the vast Chinese readers, especially at the time of commemoration of the great Italian benefactor of mankind at the fifth centenary of his great deed. My initiative comes from my family influence and my impetus will be based on the encouragement and friendship from Italian friends. May this motive produce a realizable action which is something beneficial to promote the friendship between Chinese and Italians - the people I love and respect (see note).

    May the existing Sino-Italian friendship be ever increasing and ever lasting.

    RispondiElimina
  5. Being greatly moved by Prof. Vallaro who had nothing to do with me before, yet showed great responsibility towards cultural relics - especially those related to China - I thought that I might be able to carry on this unfinished work myself in my leisure time, in spite of my ignorance of this subject. By doing so, I could perhaps also relieve some of my sad feelings and make a little contribution for our cultural knowledge. So I introduced myself and explained my intention in a first letter to Prof. Vallaro, with a short introduction on the content of the “Khataynameh” as far as I could know, and the significance of this ancient work, of which Prof. Kahle had made a high evaluation.

    But I could only express this intention, and had to wait till I could get some foreign money to ask him for a xerox copy of the manuscript, as I had no means at all at that time. After knowing the value of the materials concerned and that I would do all this work privately under my humble condition, Prof. Vallaro offered, in his latter of July 14th, 1983, his enthusiastic idea of presenting the x-copies to me free of charge, as a sign of friendship between Italian and Chinese people, and also as a contribution to the work of my father.

    After making a careful and detailed arrangement, the x-copies of the manuscript as well as many pieces of correspondence between Prof. Kahle and my father came eventually to my hand by the end of 1983. It took all together 15 months from my first inquiring letter till having the material on my desk.

    It was not a quick tempo in the computer and satellite era, however it was like a miracle to me, and also to the world’s common people, I think. How it is possible for two individuals from different nations and systems, and so distant apart, without knowing each other before, to reach such a height of mutual understanding only by exchanging few messages in name of literature? Could this happen elsewhere? Not always, I believe, at least not in the world of snobbishness and economically considered circles. I think that this can explained only by the special feeling and traditional friendship and respect of the Italian people toward China and Chinese history.

    The Italian people must be used to think that China is a very distant, mysterious, yet friendly country. Prof. Vallaro wrote to me in one of his early letters: “It is a pleasant sensation to discover that one has a friend as far as China!” and he ended with “best wishes for you and your chronologically and spatially immense country”.

    After I got the materials, I set to work immediately, studying and translating the text, collecting other relevant literature, making annotations and finally compiled the book “Khataynameh and International Researches on it”. The book was published in 1987.

    During my work on this book, good luck was always with me. Dr. Joseph Needham and Prof. Ji Xian Lin wrote the encouraging Forewords. Prof. Iraj Afshar of Teheran University sent me a copy of “Khataynameh” printed in modern Persian; Prof. Haneda of Tokio Foreign Language Institute gracefully presented to me important material by Japanese researchers on the same subject. Nearly all of them have been reached by quite casual opportunities. I always think of how to pay my debt of gratitude to these friends who gave me so much encouragement and concrete help, especially Prof. Vallaro, to whom I am deeply indebted. He made this work revived. His generosity formed my impetus and confidence to work and relieved my regretful feelings about my father and Prof. Kahle. Now I am very delighted and full of confidence to go a step further: to work out an English version, in order to facilitate my friends in the west and in Japan, to read this book. This may also partly repay my gratitude to friends abroad.

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...