L’area assegnata agli inglesi di Shanghai, i primi attivati, era collocata di fronte al Fiume Huangpu, tra la città vecchia e il torrente Soochow.
I giapponesi, che erano arrivati nella seconda ondata, non raggiunsero mai lo stesso status dei primi abitanti, ma si dovettero adeguare al modello stabilito da chi li aveva preceduti.
I russi bianchi, privi di passaporto, non potevano beneficiare dell’extraterritorialità garantita agli altri: erano perciò soggetti alle leggi, ai tribunali e alle prigioni cinesi.
Sebbene la stragrande maggioranza della popolazione fosse cinese, i cinesi ebbero un primo seggio solo nel 1928. I loro rappresentanti non erano democraticamente eletti, ma venivano nominati dall’Associazione Cinese dei Contribuenti, l’organo che rappresentava gli interessi dei ricchi cinesi.
Gli occidentali erano orgogliosi delle Concessioni, dove vivevano in un dorato esilio e conducevano un’esistenza governata e protetta solo da loro stessi. Il loro numero raggiunse, nel 1930, le sessantamila unità e le nazioni presenti erano circa cinquanta.
Le popolazioni straniere di Shanghai, lungi dal fondersi in un gruppo omogeneo, rimasero stratificate in nazionalità. Non suggerivano affatto l’idea di comunità.
Vado a Shanghai a comprarmi un cappello, Bamboo Hirst, 2008.
Mi piacerebbe saper di più del periodo dal 1924 al 1934 e della Concessione Italiana, avevo uno zio che è stato lì fino al 34, ma non ho molte notizie a parte quelle delle pubblicazioni delle banche.
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