Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

La Qabbalah e la scala di Giacobbe

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Sola, a persistere, l’orribile sensazione di aver dentro uno scheletro di 
ghiaccio. Sedevo immobile, solo i miei occhi erravano all’intorno: la carta che per primo avevo visto – il Bagatto – giaceva ancora al centro della stanza nella striscia di luce.
Ero costretto a fissarla.
Sembrava, a quanto potevo distinguere a quella distanza, dipinta ad acquarello da un’inabile mano infantile, e rappresentava la lettera ebraica aleph: un uomo avvolto in una antica veste franca, la grigia barbetta a punta e il braccio sinistro sollevato, mentre l’altro accennava in basso.

“Ho sentito dire di un documento, dal quale sarebbe possibile apprendere la Cabala: il Sohar...”
“Sì, il Sohar – il libro dello Splendore.”

Ha mai concentrato così ardentemente tutti i suoi desideri su questa meta?”
“A esser sinceri, no”
“Allora non dovrebbe lamentarsene: chi non va verso lo spirito con ogni atomo del suoi corpo- come uno che stia per soffocare va verso l’aria – non potrà contemplare i segreti di Dio.”
‘Eppure ci dovrebbe essere un libro contenente tutte le chiavi degli enigmi dell’aldilà, e non soltanto alcune’, mi venne fatto di pensare, e intanto la mia mano giocava macchinalmente con il Bagatto che ancora avevo in tasca, ma prima che potessi tradurre in parole la domanda, Zwakh l’aveva già formulata.
Hillel sorrise di nuovo al modo di una sfinge.
“Ogni domanda che un uomo possa fare ha già la sua risposta nell’istante medesimo in cui l’abbia posta al suo spirito.”

Schemajah proseguì:
L’intera vita altro non è che una serie di domande divenute forme, che hanno in sè il germme della risposta – e di risposte gravide di domande. Chi vi vede qualcosa d’altro non è che un pazzo.”
Zwakh battè il pungo sul tavolo:
“Come no: domande che ogni volta hanno un suono diverso, e risposte che ognuno intende a suo modo.”
“Tutto dipende da questo. Guarire tutti gli uomini con un unico metodo è privilegio della medicina soltanto. Colui che domanda riceve la risposta di cui ha bisogno: se così non fosse, le creature non prenderebbero la via dei loro desideri. Probabilemente lei crede che le nostre scritture ebraiche siano scritte con le sole consonanti unicamente per arbitrio. Ciascuno ha invece il dovere di trovarsi da solo le vocali segrete che gli dischiudono il senso a lui e solo a lui destinato – se la parola vivente non deve irrigidirsi a dogma senza vita.”
Il burattinaio replicò con violenza:
“Queste son parole, rabbino, parole! Che mi possa chiamare Bagatto ultimo se ci capisco qualcosa.”

Il mondo c’è perchè il nostro pensiero lo pensi distrutto: soltanto allora comincia la vita.
Per quanto non riesca a raffigurarmi in quale stato avrò a svegliarmi.
Penso sempre che ciò sarà preceduto da miracoli.

Scosse la testa e disse con voce dura: “Le esperienze interiori non sono miracoli. Trovo abbastanza stupefacente che a quanto sembra ci siano uomini che non ne hanno mai nessuno. Io ne vivo, dall’infanzia, un giorno dopo l’altro, una notte dopo l’altra, ma questo non c’entra. Persino se qualcuno venisse e sotto i miei occhi restituisse la salute ai malati con la semplice imposizione delle mani, questo non lo potrei chiamare miracolo. Ciò a cui anelo da che sono in grado di pensare, accade solo quando è la materia inerte – la terra – a essere animata dallo spirito, e le leggi della natura sono violate. – Mi ha detto una volta mio padre che ci sono due aspetti della Cabala: uno magico e uno astratto, ma mai, in nessun caso, potrebbe avvenire l’inverso. L’aspetto magico è un dono, l’altro invece può essere acquisito, per quanto solo con l’ausilio di una guida.”

Supponga, per esempio, che da un anno io abbia ogni notte sempre lo stesso sogno, un sogno con sviluppi sempre diversi e nel quale qualcuno, diciamo un essere del mondo di là, mi mostra, in base alla mia immagine riflessa su uno specchio e alle sue successive variazioni, quanto lontana io sia dalla magica maturità di poter vivere un ‘miracolo’; ma anche in semplici questioni concettuali, di quelle che mi si presentano tutti i giorni, mi dia chiarimenti la cui bontà mi sia possibile verificare in ogni momento.
Un essere così, come comprenderà, sa darti l’equivalente di ogni felicità immaginabile sulla terra, per me è il ponte che mi congiunge con l’aldilà, è la scala di Giacobbe, su cui dalle tenebre del quotidiano io posso salire alla luce.

Gustav Meyrink, Il golem, Bompiani, 2008.

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