Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Il Golem

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Il Golem, la creatura costruita magicamente da un dotto cabalista usando il fango e una parola magica, ha diffusione in tutta l’area dell’ebraismo orientale.
La geneologia culturale del golem e’ infatti lunga e complessa.
La prima volta che incontriamo il golem e’ una mera parola, che si trova una sola volta in tutta la Sacra Scrittura, al verso 16 del salmo 138:
i Tuoi occhi videro il mio golem e nel Tuo libro erano scritti tutti i giorni a me destinati prima che ne esistesse uno”.
Il sostantivo golem richiama il verbo “avviluppare, piegare” o “cosa ravvolta in se’ stessa, ancora informe”, cioe’ “embrione”; San Girolamo non si spinge a identificare cosi’ recisamente l’oggetto su cui si erano posati ai primordi del tempo, nel mondo delle forme formanti, gli occhi di Dio, ma traduce il golem con l’Imperfetto, il non sviluppato, l‘esistenza che precede l’essenza, la confusione che implica l’ordine.
Nel secolo XIII i cabbalisti tedeschi parlano di due mistici, i quali crearono un uomo sulla cui fronte figurava la parola verita’ (emet) e che disse loro:

Dio solo creo’ Adamo, e quando volle che Adamo morisse, scancello’ l’alef, la prima lettera di emet e allora egli rimase met (morto). Ecco che cosa dovete fare con me, e non creare un altro uomo, se no il mondo soccombera’ all’idolatria...
Un divieto di proiettare, in stati di estasi, una sorta di angelo o sosia o doppio che potesse far scordare il fine ultimo: Dio. Comunque era nato il mito dell’uomo creato dall’uomo, l’homunculus; ma se si osasse passare dal simbolo mistico alla realta’ si ucciderebbe Dio, poiche’ la formula completa era Iahve’ Elohim Emet, “Dio Verita’”.
Senza l’alef iniziale si ha la sciocca formula del XX secolo “Dio e’ morto”: l’uomo, qualora voglia creare artificialmente la vita, uccide la presenza di Dio suscitando l’idolatria.
Nei rituali dei cabbalisti medievali si usava mimare la creazione, simboleggiarla, soffiando svariate qualita’ di terra sopra l’acqua d’una coppa, e recitando varianti del Nome di Dio (cioe’ toccando con la mente le varie modialita’ della manifestazione): al termine della prima parte del rito veniva “creato il golem”, ovvero si accedeva alle soglie del mondo informale, degli embrioni, delle virtualita’, ossia, per usare la terminologia scolastica, si giungeva alla congiunzione dell’intelletto attivo e dell’intelletto possibile.

Poi si compiva lo stesso rito all’inverso, riportando il golem al suo fango, cioe’, facendo calare nella manifestazione lo spirito, santificandola, oppure liberando lo spirito dai limiti della manifestazione.

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