Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Habal Garmin e lo specchio di Dio nel doppio

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La giustizia vendicatrice è
lo scudo di tutti gli onesti

“Poi mi ributtavo sulla paglia, e trattenevo il fiato, fin che quasi mi scoppiava il petto – per evocare dinanzi a me l’immagine del mio doppio, da inviare a lei, e consolarla.”

La lotta per l’immortalità è la battaglia per lo scettro contro i suoni e i fantasmi che ci abitano; e l’attesa dell’ascesa al trono del proprio ‘io’ è l’attesa del Messia.
Lo spettrale Habal Garmin, che lei ha veduto, lo ‘spirito delle ossa’ della Cabala, quello era il re.
Quando sarà incoronato, si spezzerà in due la corda con cui lei attraverso i sensi e la voragine dell’intelletto si trova legato al mondo.

L’uomo è come un tubo di cristallo attraverso il quale corrano delle biglie variopinte. In quasi tutti non ne corre che una sola, nella vita. È la biglia rossa, ciò significa che l’uomo è ‘cattivo’. Se gialla, l’uomo è allora ‘buono’. Se ne transitano due consecutivamente – una rossa e una gialla, si ha allora un carattere ‘instabile’.
Noi ‘morsi del serpente’ facciamo nel corso di una vita quel che nell’intera razza appare durante una generazione: le biglie colorate s’incalzano nel tubo, e quando sono finite... ci ritroviamo profeti – siamo divenuti gli specchi di Dio.

Le candele s’erano consumate. Solo una mandava ancora la sua fiammella. La stanza s’era riempita di fumo. Come se una mano m’attirasse, mi voltai d’improvviso e:
La mia immagine stava sulla soglia. Il mio doppio.
In un mantello bianco. Una corona sulla testa.
Per un breve istante.
Quindi guizzarono le fiamme attraverso il legno della porta, e una calda nuvola di denso fumo soffocante invase la stanza.
Un incendio, un incendio nella casa! Al fuoco! Al fuoco!
[...]
Cerco d’afferrarmi alle sbarre. Perdo la presa della corda.
Per un attimo resto sospeso, a testa in giù, le gambe incrociate, tra cielo e terra.
La corda suona per lo strappo. Stridono tentendosi le sue fibre.
Precipito.
La mia coscienza si spegne.
Pur nella caduta cerco d’afferarmi al bordo della finestra, ma le mie mani scivolano.
Nessun appiglio:
La pietra è liscia.
Liscia come un pezzo di grasso.

Tutto ciò che ha vissuto quest’Athanasius Pernath, anch’io l’ho vissuto in sogno, nello spazio d’una notte l’ho veduto, sentito, provato come se fossi stato con lui.
Ma perchè non so che cosa ha scorto dietro l’inferriata nell’attimo che si ruppe la corda ed egli urlò:
“Hillel! Hillel!”?

Gustav Meyrink, Il golem, Bompiani, 2008.

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