L’ipotesi dei fratelli Garland, sviluppata meticolosamente, era che la luce solare avesse un potente effetto anti-cancro dovuto al suo ruolo nella produzione di vitamina D nella pelle esposta al sole. Quelli che vivono a latitudini settentrionali, teorizzarono, ricevono meno radiazione solare e producono meno vitamina, fatto che determina l’aumento del rischio di morire di cancro.
Cedric Garland, ora professore di medicina preventiva all’Università di California, San Diego, è talmente convinto di questo legame, che le ultime ricerche sono così convincenti che numerosi ricercatori medici credibili e difensori della sanità pubblica, molti dei quali in Canada, hanno cominciato ad assumere dosi ben superiori alle 200/ 600 unità internazionali – dose giornaliera raccomandata dal ministero della salute Canadese, a seconda dell’età con un limite superiore di 2.000 IU.
Uno studio del dottor Heaney ha collegato l’integrazione di vitamina D a una strabiliante riduzione del 60 per cento dell’incidenza di cancro in donne di mezza età e anziane. Cedric Garland sostiene che, più dell’inquinamento e di qualche altra causa, alla radice dell’epidemia di cancro del mondo Occidentale vi sia l’insufficienza dei livelli di vitamina D.
L’idea che la luce solare abbia effetti benefici sulla salute contrasta anche col consiglio di evitare l’esposizione al sole per ridurre il rischio di cancro alla pelle. Ciononostante, l’idea che l’insufficienza di vitamina D rivesta un ruolo nel cancro e altre malattie croniche degli adulti continua a guadagnare credito scientifico come teoria plausibile, fruttando nuovo rispetto per questa vitamina a lungo sottostimata.
E nella nostra epoca salutista, è stata messa in ombra da integratori quali la vitamina C e il beta carotene.
Ma da quando i fratelli Garland hanno fatto ripartire l’interesse sulla vitamina D con i loro dati sul cancro al colon, altri studi hanno mostrato che più di una dozzina di altri cancri, inclusi i grandi killers, seno e prostata, così come una schiera di altri malanni, sembrano sensibili a insufficienze di questa vitamina.
L’idea sottostante alla ricerca è semplice: gli Esseri Umani si sono evoluti in un ambiente di piena illuminazione solare, vicino all’equatore, e conservano tuttora innumerevoli processi biologici finemente calibrati agli alti livelli di vitamina D che avremmo se ancora adesso stessimo crogiolandoci al caldo sole tropicale per tutto l’anno.
Uno studio, pubblicato nella rivista Circulation, ha trovato che una situazione di bassa vitamina D portava un aumento del 62 per cento del rischio di infarto.
Un altro, pubblicato negli Archives of Internal Medicine, ha trovato che quelli che prendono integrazioni di vitamina D diminuivano del 7 per cento il rischio di mortalità.
Un terzo report, di scienziati presso lo statunitense National Cancer Institute, ha scoperto che, anche se la vitamina D non influenzava il rischio globale di morte per cancro, livelli relativamente alti nel sangue portavano il 72 per cento in meno di probabilità di morte per cancro colonrettale.
Altri studi hanno trovato che bassi livelli nel sangue sono un eccellente predittivo di chi svilupperà cancro e malattie cardiache e che le persone diagnosticate di cancro durante l’estate, ricca di vitamina D, hanno una prognosi migliore di quelli diagnosticati durante l’inverno.
La vitamina D si produce quando la pelle esposta reagisce fotochimicamente ai raggi di luce ultravioletta provenienti dal sole. Quasi tutta la vitamina D che circola nei nostri corpi è prodotta in questo modo. Una persona tipica di pelle bianca in abbigliamento da bagno al sole estivo di mezzogiorno in Canada produce circa 10.000 IU in un tempo da 15 a 20 minuti. Le persone non-bianche hanno bisogno di un tempo cinque volte maggiore per fare la stessa quantità, perché la melanina nella loro pelle agisce come schermo solare contro i raggi UVB.
Nella pelle, la sintesi della vitamina D accade solo quando l’indice UV ha valore tre o maggiore, all’incirca il periodo verso mezzogiorno da marzo a ottobre nelle parti meridionali del paese. Una regola spannometrica è che se la vostra ombra è più lunga di voi, allora la luce solare non è abbastanza intensa.
Alcuni dei pochissimi cibi che contengono vitamina D sono: olio di fegato di merluzzo (1.300 IU per cucchiaio); salmone naturale (1.000 IU per pozione); salmone in scatola (250 IU); sardine (600 IU); latte arricchito o succo d’arancia (100 IU); rosso d’uovo (25 IU); i funghi shiitake freschi e qualche carne biologica (tracce in entrambi). Molti multivitaminici contengono 400 IU. Pillole e pastiglie nelle confezioni di integratori di vitamina D contengono tipicamente fino a 1.000 IU.
L’intossicazione avviene dopo un’esposizione di lungo termine e a dosi massicce, che vanno da 50.000 IU a 150.000 IU al giorno. Effetti quali una demineralizzazione delle ossa possono accadere con dosi giornaliere croniche che eccedano le 10.000 IU. Non è stato riferito nessun malessere per dosi al di sotto delle 3.800 IU al giorno.
Uno studio in U.S.A. del 2007 ha trovato che il rischio complessivo di cancro in donne era sceso del 60 per cento quando assumevano 1.100 IU di vitamina D al giorno, più un’integrazione di calcio.Un altro studio ha stimato la dose per dimezzare il rischio di cancro al colon: 1.000 IU al giorno. La quantità stimata per dimezzare il rischio di cancro al seno: 4.000 IU al giorno.
Anche se c’è rischio di cancro alla pelle derivante da sovraesposizione alla luce ultravioletta, i ricercatori dicono che i benefici di una modica esposizione al sole per prevenire cancri seri, difficilmente curabili, sovrastano quel rischio. Inoltre, dicono, il cancro alla pelle è relativamente facile da trattare.
Uno studio Finlandese del 2001 ha trovato che i bambini che prendevano 2.000 IU al giorno avevano ridotto dell’80 per cento il rischio di diabete giovanile.
Sembra che la maggiore attività di influenza genetica della vitamina D consista nel mantenere in salute la vasta categoria di cellule note come epitelio, che delimita l’esterno dei nostri organi e la superficie delle strutture del nostro corpo. Anche se questi tessuti di rivestimento assommano a solo il 2 per cento del peso del nostro corpo, sono la fonte di circa l’85 per cento dei cancri, quelli noti come carcinomi.Tra questi c’è il cancro del colon, della prostata, del pancreas e dell’utero, assieme al tipo più comune di cancro al seno, carcinoma del dotto, che si sviluppa sul rivestimento del dotto lattifero. (L’altro grande gruppo di cancri, i sarcomi, compaiono nei muscoli e nei tessuti connettivi, e non esibiscono una forte associazione con l’insufficienza di vitamina D.)
"Sono convinto che il cancro sia prevalentemente una malattia dovuta a scarsità di vitamina D," afferma il dottor Garland.A livello genetico, una funzione importante della vitamina D, che potrebbe spiegare le sue proprietà anti-cancro, è che aiuta a regolare la produzione di E-caderina, una specie di colla biologica che tiene assieme le cellule. Quando si verifica una scarsità di questa colla, ciò fa perdere adesione reciproca alle cellule epiteliali, permettendo ad alcune di migrare dal tessuto nel quale dovrebbero restare confinate. Non più vincolate, queste cellule cominciano a moltiplicarsi a un tasso maggiore di quello solito e cominciano a formare le lesioni che infine portano ai cancri.
La vitamina D è implicata nel meccanismo che segnala alle cellule quando morire, aiutando pertanto a prevenire la proliferazione incontrollata e tenendo a freno la crescita di nuovi vasi sanguigni che nutrirebbero i tumori in accrescimento.
Essa potrebbe avere un ruolo anche in malattie non legate al cancro. Una delle principali funzioni delle cellule epiteliali è quella di fare da barriera contro i virus e i batteri che causano infezioni. Gli scienziati ipotizzano che quando una situazione di bassi livelli di vitamina D indebolisce le cellule epiteliali, la funzione di barriera venga compromessa, esponendo i tessuti all’attacco di agenti che producono malattie - nel diabete, per esempio, indebolendo le cellule dell’isolotto; nella sclerosi multipla, indebolendo le cellule gliali del sistema nervoso; e nella tubercolosi, riducendo la capacità del rivestimento del polmone di respingere i batteri.
Alcuni ricercatori medici hanno anche cominciato a sospettare un collegamento tra l’insufficienza di vitamina D e la schizofrenia, che si verifica il 10 per cento più spesso tra coloro nati in inverno e prima primavera, quando la vitamina D di origine solare è meno disponibile.
Cedric Garland, ora professore di medicina preventiva all’Università di California, San Diego, è talmente convinto di questo legame, che le ultime ricerche sono così convincenti che numerosi ricercatori medici credibili e difensori della sanità pubblica, molti dei quali in Canada, hanno cominciato ad assumere dosi ben superiori alle 200/ 600 unità internazionali – dose giornaliera raccomandata dal ministero della salute Canadese, a seconda dell’età con un limite superiore di 2.000 IU.
Uno studio del dottor Heaney ha collegato l’integrazione di vitamina D a una strabiliante riduzione del 60 per cento dell’incidenza di cancro in donne di mezza età e anziane. Cedric Garland sostiene che, più dell’inquinamento e di qualche altra causa, alla radice dell’epidemia di cancro del mondo Occidentale vi sia l’insufficienza dei livelli di vitamina D.
L’idea che la luce solare abbia effetti benefici sulla salute contrasta anche col consiglio di evitare l’esposizione al sole per ridurre il rischio di cancro alla pelle. Ciononostante, l’idea che l’insufficienza di vitamina D rivesta un ruolo nel cancro e altre malattie croniche degli adulti continua a guadagnare credito scientifico come teoria plausibile, fruttando nuovo rispetto per questa vitamina a lungo sottostimata.
E nella nostra epoca salutista, è stata messa in ombra da integratori quali la vitamina C e il beta carotene.
Ma da quando i fratelli Garland hanno fatto ripartire l’interesse sulla vitamina D con i loro dati sul cancro al colon, altri studi hanno mostrato che più di una dozzina di altri cancri, inclusi i grandi killers, seno e prostata, così come una schiera di altri malanni, sembrano sensibili a insufficienze di questa vitamina.
L’idea sottostante alla ricerca è semplice: gli Esseri Umani si sono evoluti in un ambiente di piena illuminazione solare, vicino all’equatore, e conservano tuttora innumerevoli processi biologici finemente calibrati agli alti livelli di vitamina D che avremmo se ancora adesso stessimo crogiolandoci al caldo sole tropicale per tutto l’anno.
Uno studio, pubblicato nella rivista Circulation, ha trovato che una situazione di bassa vitamina D portava un aumento del 62 per cento del rischio di infarto.
Un altro, pubblicato negli Archives of Internal Medicine, ha trovato che quelli che prendono integrazioni di vitamina D diminuivano del 7 per cento il rischio di mortalità.
Un terzo report, di scienziati presso lo statunitense National Cancer Institute, ha scoperto che, anche se la vitamina D non influenzava il rischio globale di morte per cancro, livelli relativamente alti nel sangue portavano il 72 per cento in meno di probabilità di morte per cancro colonrettale.
Altri studi hanno trovato che bassi livelli nel sangue sono un eccellente predittivo di chi svilupperà cancro e malattie cardiache e che le persone diagnosticate di cancro durante l’estate, ricca di vitamina D, hanno una prognosi migliore di quelli diagnosticati durante l’inverno.
La vitamina D si produce quando la pelle esposta reagisce fotochimicamente ai raggi di luce ultravioletta provenienti dal sole. Quasi tutta la vitamina D che circola nei nostri corpi è prodotta in questo modo. Una persona tipica di pelle bianca in abbigliamento da bagno al sole estivo di mezzogiorno in Canada produce circa 10.000 IU in un tempo da 15 a 20 minuti. Le persone non-bianche hanno bisogno di un tempo cinque volte maggiore per fare la stessa quantità, perché la melanina nella loro pelle agisce come schermo solare contro i raggi UVB.
Nella pelle, la sintesi della vitamina D accade solo quando l’indice UV ha valore tre o maggiore, all’incirca il periodo verso mezzogiorno da marzo a ottobre nelle parti meridionali del paese. Una regola spannometrica è che se la vostra ombra è più lunga di voi, allora la luce solare non è abbastanza intensa.
Alcuni dei pochissimi cibi che contengono vitamina D sono: olio di fegato di merluzzo (1.300 IU per cucchiaio); salmone naturale (1.000 IU per pozione); salmone in scatola (250 IU); sardine (600 IU); latte arricchito o succo d’arancia (100 IU); rosso d’uovo (25 IU); i funghi shiitake freschi e qualche carne biologica (tracce in entrambi). Molti multivitaminici contengono 400 IU. Pillole e pastiglie nelle confezioni di integratori di vitamina D contengono tipicamente fino a 1.000 IU.
L’intossicazione avviene dopo un’esposizione di lungo termine e a dosi massicce, che vanno da 50.000 IU a 150.000 IU al giorno. Effetti quali una demineralizzazione delle ossa possono accadere con dosi giornaliere croniche che eccedano le 10.000 IU. Non è stato riferito nessun malessere per dosi al di sotto delle 3.800 IU al giorno.
Uno studio in U.S.A. del 2007 ha trovato che il rischio complessivo di cancro in donne era sceso del 60 per cento quando assumevano 1.100 IU di vitamina D al giorno, più un’integrazione di calcio.Un altro studio ha stimato la dose per dimezzare il rischio di cancro al colon: 1.000 IU al giorno. La quantità stimata per dimezzare il rischio di cancro al seno: 4.000 IU al giorno.
Anche se c’è rischio di cancro alla pelle derivante da sovraesposizione alla luce ultravioletta, i ricercatori dicono che i benefici di una modica esposizione al sole per prevenire cancri seri, difficilmente curabili, sovrastano quel rischio. Inoltre, dicono, il cancro alla pelle è relativamente facile da trattare.
Uno studio Finlandese del 2001 ha trovato che i bambini che prendevano 2.000 IU al giorno avevano ridotto dell’80 per cento il rischio di diabete giovanile.
Sembra che la maggiore attività di influenza genetica della vitamina D consista nel mantenere in salute la vasta categoria di cellule note come epitelio, che delimita l’esterno dei nostri organi e la superficie delle strutture del nostro corpo. Anche se questi tessuti di rivestimento assommano a solo il 2 per cento del peso del nostro corpo, sono la fonte di circa l’85 per cento dei cancri, quelli noti come carcinomi.Tra questi c’è il cancro del colon, della prostata, del pancreas e dell’utero, assieme al tipo più comune di cancro al seno, carcinoma del dotto, che si sviluppa sul rivestimento del dotto lattifero. (L’altro grande gruppo di cancri, i sarcomi, compaiono nei muscoli e nei tessuti connettivi, e non esibiscono una forte associazione con l’insufficienza di vitamina D.)
"Sono convinto che il cancro sia prevalentemente una malattia dovuta a scarsità di vitamina D," afferma il dottor Garland.A livello genetico, una funzione importante della vitamina D, che potrebbe spiegare le sue proprietà anti-cancro, è che aiuta a regolare la produzione di E-caderina, una specie di colla biologica che tiene assieme le cellule. Quando si verifica una scarsità di questa colla, ciò fa perdere adesione reciproca alle cellule epiteliali, permettendo ad alcune di migrare dal tessuto nel quale dovrebbero restare confinate. Non più vincolate, queste cellule cominciano a moltiplicarsi a un tasso maggiore di quello solito e cominciano a formare le lesioni che infine portano ai cancri.
La vitamina D è implicata nel meccanismo che segnala alle cellule quando morire, aiutando pertanto a prevenire la proliferazione incontrollata e tenendo a freno la crescita di nuovi vasi sanguigni che nutrirebbero i tumori in accrescimento.
Essa potrebbe avere un ruolo anche in malattie non legate al cancro. Una delle principali funzioni delle cellule epiteliali è quella di fare da barriera contro i virus e i batteri che causano infezioni. Gli scienziati ipotizzano che quando una situazione di bassi livelli di vitamina D indebolisce le cellule epiteliali, la funzione di barriera venga compromessa, esponendo i tessuti all’attacco di agenti che producono malattie - nel diabete, per esempio, indebolendo le cellule dell’isolotto; nella sclerosi multipla, indebolendo le cellule gliali del sistema nervoso; e nella tubercolosi, riducendo la capacità del rivestimento del polmone di respingere i batteri.
Alcuni ricercatori medici hanno anche cominciato a sospettare un collegamento tra l’insufficienza di vitamina D e la schizofrenia, che si verifica il 10 per cento più spesso tra coloro nati in inverno e prima primavera, quando la vitamina D di origine solare è meno disponibile.
International Journal of Epidemiology, 1980
Dottor Heaney, American Journal of Clinical Nutrition, 2007, e altri
Dottor Heaney, American Journal of Clinical Nutrition, 2007, e altri
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