Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

La fine del progresso

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L’entusiastica celebrazione del progresso evoluzionistico, espressa da John Dos Passos in Manhattan Transfer all’inizio del ‘900, interpreta icasticamente il clima di fervente sviluppo, attivo in ogni settore dell’attività umana, che proprio in quegli anni stimolava la crescita inarrestabile dell’economia e delle società occidentali.

La critica più profonda a Dos Passos viene però da Torstein Veblen, sociologo americano di origini norvegesi, che nel 1899 interpreta la proprietà privata come mezzo di distinzione e di prestigio sociale che vanno aggiunti alle qualità personali (non diversamente dal signore rinascimentale); con sostanziale pessimismo sugli esiti finali. Salvo chi si prodigava nella crescita reale della società, i tecnici per lui, con netta contrapposizione tra classe agiata e industriale.

Il bene economico, rapportato al suo valore, diviene un misuratore del gusto, direttamente correlato al potere d’acquisto.

Crollata la teoria vebleniana nel 1929 inizia il secolo dell’integrazione, che vede il prender piede di sistemi integrati, che raccolgono umanesimo-tecnicismo-scienza, passando dalla dissolvenza delle certezze universalistiche tramite Nietzsche e Heidegger, fino ad arrivare a Prigogine.

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