Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Libertà e diritti nello sviluppo storico del costituzionalismo, Paolo Ridola

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I diritti individuali e le origini del costituzionalismo moderno. Il processo di costituzionalizzazione dei diritti.


·        le guerre di religione del XVI sec., la libera interpretazione delle Scritture dopo la riforma protestante – fulcro della responsabilità individuale, dell’autodisciplina terrena, di un ordine confessionale non gerarchizzato – contribuirono a forgiare l’individualismo e il costituzionalismo moderno, particolarmente evidente nell’esperienza dei covenants e delle comunità religiose statunitensi (autonomia e eguaglianza dei membri); inoltri tale battgalie forgiarono furono anche battaglie di manifestazione del pensiero (es. contro la censura dei libri – Lettera sula tolleranza, Locke o l’Aeropagitica, Milton)
·        inoltre, le guerre di religione furono potente fattore di unificazione politica: diritto uniforme come regolazione del fattore religioso, già iniziato con l’affermazione sudditale del sovrano, e continuato con le rivoluzioni borghesi e dal pensiero illuminista (il sovrano deve pensare al bene dei sudditi); ordine politico funzionalizzato ai sottoposti del potere sovrano
·        borghesia e rivoluzione commeciale posero le basi indirettamente e velatamente per via della richiesta indiretta di libertà economica, con un’eguaglianza formale dei diritti in sintonia  con un’ottica concorrenziale [uguaglianza nel mercato = uguaglianza nelle possibilità di fare profitti] (dal punto di vista politico primato dell’assemblea rappresentativa e intervento statale solo in determinati settori – MILL)
·        i solchi teorici sono due: 1) contrattualismo: il patto sovrano/sottoposti è sostituito da un patto fra liberi individui (anche se con esiti etico-politici diversi: Hobbes, Locke, Ruosseau), anche se a valenza prescrittiva, aprioristica, astratta; coglieva nel segno la critica di Montesquieu al contrattualismo che non sapeva cogliere la complessità sociale
e 2) giusnaturalismo: l’universalità dei diritti deriva dal giusnaturalismo razionalista (BoR, DDUC 1789), esito di uno sviluppo graduale: carattere volontario della soggezione al potere (ALTHUSIUS), inviolbilità dei diritti naturali dell’uomo (GROZIO), uomo moralmente libero e portatore di una propria identità (PUFENDORF), libertà dell’uomo come fondamento del bene comune e scopo dello stato (THOMASIUS, WOLFF)
·        nei Due Trattati sul governo (1688-89), Locke parla di libertà e patrimonio come diritti fondamentali dell’individui, per i quali sono predisposti ad associarsi: il trust (mandato fiduciario) deve essere fondato, all’interno dei Comuni, con la limitazione e la separazione dei poteri; è proprio quella sua idea di property – formula riassuntiva di tutti i diritti e le facoltà attraverso cui il soggetto può disporre della propria forza lavoro e delle proprie capacità

·        il suo era perciò un mondo possessivo, che collegava i diritti al mondo esterno – e non più solo interiore – (MCPHERSON): anticipava quel nesso inscindibile fra libertà/proprietà su cui si sarebbe fondato lo stato liberale ottocentesco; individuo al centro e mondo esteno come oggetto di dominio: non è più l’individuo ad essere dominato (idea sviluppata anche nel pensiero kantiano)
·        il tutto si fondò sul modello romanistico del diritto di proprietà: assoggettamento dell’oggetto del dominio (ius utendi et butendi) e assolutezza del rapporto su di esso (ius excludendi alios); a) la proprietà è proiezione diretta dell’immagine dell’uomo b) centralità del diritto privato nella società borghese: terreno di sviluppo dei diritti per eccellenza e “contratto come forma paradigmatica di collaborazione intersoggettiva” (KANT)
·        è nel contratto perciò che confluiscono tutti gli elementi del vincolo possessivo: carattere volontario del vincolo + indipendenza dei contraenti + relazione di scambio; anche se successivamente il mero materialismo dell’individualismo possessivo viene attenuato, e comunque erano valori che sottolineavano l’indipendenza del soggetto dalla volontà altrui
·        i limiti e le angustie dell’impainto dei diritti delle democrazie pluralistiche però c’erano, soprattutto una concezione della società civile come luogo esclusivo di scambio fra soggetti proprietari [economizzazione della società]
·        la novità delle rivoluzioni borghesi rispetto al giusnaturalismo originario è la costituzionalizzazione dei diritti – limiti costituzionali del potere politico:
·        Uk = peculiarità: rispetto della tradizione e salvaguardia del particolarismo (SKINNER), che spiega il legame più marcato delle prime carte con quelle medievali: nell’Habeas Corpus Act 1679 la protezione della libertà veniva ancora collegata con garanzie processuali rispetto agli arresti arbitrari (non come nel Massachussets Body of Liberty, 1949, Usa), il BoR 1689 non conteneva diritti ma compentenze parlamentari e garanzie giudiziarie; per estensione dei diritti si intendevano modifiche profonde alla forma di governo, all’organizzazione dei poteri, all’affermazione del regime parlamentare
·        Usa = il richiamo delle carte al giusnaturalismo è più accentuato: Dichiarazione d’Indipendenza 1776 (“verità di per sé evidente è l’eguaglianza di fronte al Creatore e diritti inalienabili – vita, libertà, perseguimento della felciità -, salvaguradati da propri giusti poteri, affidati col consenso dei governati”); ma – JELLINEK – la formalità delle carte doveva per lo più garantire uno sbocco alle guerre di religione/libertà religiosa: le carte servivano ad organizzare la convivenza di una pluralità di componenti etniche e religiose; ed infatti il retaggio giusnaturalistico non è subito inserito nella Carta federale, ma si dovrà aspettare i 10 emendamenti 1791
·        Francia = sebbene alla tradizione del giusnaturalismo rinvia l’art. 2 DDUC 1789 (“il fine di tutta l’associazione politica sta nella conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo”), saranno le costituenti rivoluzionarie a plasmare i diritti nelle carte: progressivo allargamento rispetto ai diritti costituzionali giusnaturalistici (libertà, proprietà, sicurezza, resistenza all’oppressione) con una storicizzazione costituzionale che trascende il particolarismo per ricomporsi in una unità politica superiore (SIEYES, grazie anche al terzo stato) (funzionalizzazione dell’assetto costituzionale al crescente bisogno di libertà e non ingerenza della borghesia);
a)     si crea una sfera publico-borghese – HABERMAS – che inserisce nella Cost. 1791 i diritti di riunione-associazione-petizione che vanno oltre la Loi Chapelier, facendo argine allo stesso tempo ai club come luoghi di eversione sociale
b)     dall’orizzonte giusnatralista fuoriesce invece la Cost. 1793 – mai entrata in vigore – per via del forte connubio cittadinanza-uguaglianza e la sua inclinazione sociale (scelta di professione, diritto al riposo, all’assistenza e all’istruzione pubbliche, alla partecipazione politica
c)     volta borghese-moderata con la Cost. 1795, con spinta alla positivizzazione e legalizzazione  dei diritti secondo l’art. 1 DDUC 1789: “uomini che nascono e restano liberi e eguali nei diritti”, cioè con eguaglianza di fronte alla legge
(es. ricordiamo che è con la Cost. 1814 Luigi XVIII che non si parla più di diritti naturali ma di diritti “dei Francesi” iscritti in un territorio-nazione)

I diritti nello Stato liberale ottocentesco. Garantismo e statualismo. I diritti soggettivi pubblici

·        il riconoscimento dell’universalià dei diritti assume la forma di un comlesso di garanzie giuridiche delle libertà: nucleo di congegni giuridici e tecnici con cui viene assicurato l’esercizio dei diritti individuali, con l’ideale della libertà sia come perno dell’ordinamento, sia come suo fine ultimo (in contrasto con i prvilegi tradizionalistici e arbitrari, a pratire dal sovrano)
·        insomma, i diritti sono il fine ultimo della società politica (art. 2 DDUC 1789), mentre le libertà quello della società di individui, con obiettivi autoreferenziali ed una funzione sociale: legame stretto fra costituzionalismo e garantismo, topos fodamentale del liberalismo prima-metà-800 (CONSTANT, MILL), dove lo stato non è il fine che incarna valori giuridici metaindividuali ma la contrario un mezzo (per garantire spazi privati di libertà)
·        anche se va rilevato che in quel periodo storico le libertà per cui si chiedevano garanzie erano quelle di uno stato monoclasse borghese: che non è solo negativa-assenza di impedimento e costrizione, ma c’è una una sfera privata di godimento del benessere-felicità individuali-riparo da ingerenze esterne – intersecanti autonomia e autorealizzazione (Dela libertà degli antichi comparata alla libertà dei moderno, 1819) (contro i rischi del livellamento e del conformismo sociale, Mill – Sulla libertà 1859 e Cnsiderazioni sul governo rappresentativo 1865 – propone un autogoverno capace di migliorare gli individui e i propri affari)
·        non è vero poi che CONSTANT – a detta di HOLMES - non sia sensibile alle libertà politiche, come spiegano i suoi scritti sulle libertà di stampa e municipali; la libertà è un diritto individuale (aspetto individuale-soggettivo) mentre le sue garanzie sono un diritto sociale che si inscrive nella libertà politica (aspetto istituzionale), complementari in una prospettiva sistemica; l’organizzazione del governo è cosa secondaria rispetto alla sua limitazione
·        l’esperienza liberale nei diritti di individuali di libertà ha radici profonde nella tradizione giusnaturalistica di volontà ed autonomia inscritte nella libertà (KANT), ma si forza la lettura se la si considerasse come momento oppositivo individuo vs. Stato alla SCHMITT (o con illimitatezza della sfera individuale, poiché si guarderebbe al particolarismo individuale piuttosto che all’utilità sociale (ESPOSITO); sono infatti importanti anche gli elementi costitutivi dell’ordinamento costituzionale e della forma di stato, di fronte all’emergere di forze che mettevano a rischio l’ordine politico nazionale-borghese
·        è in questo ambito – dopo il biennio 1848-49 – che si colloca la rottura tra protezionismo borghese (con contenimento del dissenso) e costruzione di categorie giuridiche dello stato-nazione che vanno al di là del rafforzamento della borghesia, ma che si ricompongono nella borghesia stessa come unica forza non-antisistema
·        il fatto che nell’Europa continentale di fatto i diritti non si siano estesi in un’ottica pluralistica come nell’area anglosassone, ma siano rimasto ancorati alal sfera borghese, è dovuto al diritto positivo della borghesia attiva – e solo questa – riflessa nella forma costituzionale e in uno stato di legislazione
·        Italia = lo S.A. 1848 riprende il modello parlamentare francese, con una politica dei diritti oscillante fra un monismo parlamentare ed un dualismo legislativo-esecutivo/corona, a seconda delle aperture o delle chiusure della classe dirigente liberale: ma la sua elasticità riconosceva ampi potrei normativi all’esecutivo, minando le basi della costituzione politica rappresentativa; a partire da Crispi il modello di riferimento è invece il tedesco: più ideoneo a fronteggiare i movimenti socialisti-irridentisti-anarchici – evoluzione del c.p, del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza 1859-89 – sino alla deriva statualistico-autoritaria fascista che condanna l’ispirazione liberale dello S.A. e l’eguaglianza di fronte alla legge – leggi sulle associazioni 1925-26, c.p. 1930, T.U. di p.s. 1931, leggi razziali 1938
·        Il passaggio fondamentale è lo stato di diritto – Rechtsstaat – tedesco, con la sua dicotomia pro (FICHTE acerbo) e contro (tradizione organicistica con prevalenza della dimensione colletiva) rivoluzionari: un ordinamento politico-statale unitario che considerava l’individuo come parte del e subordinato al tutto (visione gestaltica); ciò lo si vede anche dalle costituzioni Restaurate di Baviera, Baden, Wurttemberg, Prussia, che tentano di fondare una statuliatà postrivoluzionaria (doveri dei sudditi verso lo stato, diriti come principi del monarca); ispirazione più liberale nel biennio 1848-49 con la Costituzione della Paulskirche di Francoforte con un catologo di “diritti fondamentali del popolo tedesco” aperto al costituzionalismo europeo e al concetto di cittadinanza
·        È con il a) processo di unificazione tedesco (1871) b) il FICHTE maturo – Kulturstaat: missione educitaiva e culturale dello stato – e c) l’idealismo tedesco (HEGEL, Lineamenti di filosofia del diritto, 1821) che capovolse il postulato gisnaturalista della pre-statualità dei diritti: assorbimento dell’individuo e della società civile (conflitti e particolarismi) nello Stato
·        Il nodo del rapporto singolo-sovranità durante e dopo il reich bismarckiano si estrinseca nella categoria dei diritti pubblici soggettivi, in cui confluiscono tutte le tensioni: liberalismo-tardoassolutismo e organicismo-statualismo, dove a prevalere sono quelle tardoassolutiste, con diritti visti come esclusivamente negativi (riflessi dello Stato), e dove i diritti soggettivi assumono la forma di articolazioni dell’ordinamento, anche se poi – in una prospettiva evolutiva – si sarebbero sforzati di autolimitare  la sfera statale (JELLINEK), recuperando una parte di individualismo [anche se rimane in dubbio se i moderni diritti individuali derivino dalla matrice contrattualista continentale extra-tedesca, o da quella prettamente tedesca]
·        le teorie dei diritti pubblici soggettivi hanno considerato la libertà individuale come complesso di garanzie, ma ciò integralmente assorbito nella dimensione statualistica (protezione dei cittadini dallo stato), nozione tecnicistica, non necessariamente neutra e separata per i diritti di libertà (con fiducia illimitata della legge e della rappresentanza parlamentare) (per questo l’ORLANDO, Teoria delle guarentigie della libertà, 1890 esclude come l’opinione pubblica possa dar vita a forme di resistenza collettiva)
·        già con JELLINEK vi sono le prime incertezze del nesso garanzie-egemonia borghese a favore del più evoluto garanzie-substrato comune della comunità, anche se più lunga sarà l’elaborazione di teorie pro-dibattito pubblico/opinione pubblica/forme sociali influenzanti, come si denota dli status jellinekiani del cittadino: a) passivus (subordinazione alla legge) b) negativus (libertà dallo stato) c) positivus (prestazioni ottenibili dallo stato) d) activus (libertà nello stato) [categorie importanti ancor oggi nella dottrina costituzionale]

Diritti e valori nelle costituzioni delle democrazie pluralistiche. Le garanzie dei diritti nello stato costituzionale. La riserva di legge e il principio di legalità

·        l’ampliamento del catalogo dei diritti si è avuto nel primo dopoguerra con l’allargamento del suffragio, la democratizzazione, lo sviluppo dei partiti di massa e del movimento sindacale e lo sviluppo di una legislazione sociale (ed economica) contro le disuguaglianze; le costituzioni non sono più chiamate a difendere l’universo compatto della società borghese, ma quelle di un tessuto pluralistico con diversi liveli di autorità che non costituiscono composizione dei conflitti; ma le regole del gioco non si fermano alla democrazia procedurale del principio di maggioranza, bensì all’interno di un continuum di convivenza organizzata-terreni comuni-autocomprensione sistemica in una unità colletiva  (LUHMANN), con funzione integrativa (SMEND)
·        così facendo i catologhi dei diritti costituzionali non sonomonodimensionali – unico principio guida – ma con direttrici di orientamento antagonistiche, con virtualità di equilibrio e contemeperamento, in ottica possibilistica [non modo sed etiam] e non autoescludentisi [aut aut] (HABERLE); spostamento d un porro unicum ad un piano valoristico-evolutivo
·        l’ampliamento embrionale dei diritti di libertà è riconducibile alla Costituzione di Weimar 1919 e il suo “catalogo” dei diritti fonadamentali dei tedeschi (per le persona, la vita collettiva, religiosa, educativa, economica) – laboratorio del costituzionalismo democratico a favore dei complessi equilibri pluralistici (sebbene criticata per la pretesa totalizzante con una volontà onnicomprensiva per tutta la società civile – SCHMITT – e sebbene i forti elementi di conflittualità)
·        in sostanza SCHMITT affermava che l’amplaimento dei diritti avrebbe indebolito la società per via di un depotenziamento delle garanzie a seguito di un inasprimento e complessizzazione del rapporto oppositivo individuo-Stato
·        le democrazie pluralistiche tendono al superamento della dicotomia libertà degli antichi-giocata nel pubblico e dei moderni-nel privato constantiana: non c’è separazione ma interiorizzazione in un’unica dimensione
·        le costituzioni si spostano da essere il fulcro del pricnipio di legalità al fulcro di garanzie dei diritti, dove viene a cadere lo stato di legislazione tardo-ottocentesco tanto che il legslatore è una unità problematica perché risulta un compromesso fra coalizioni-interessi diversi all’interno di policrazie dove l’elemento principale è il confronto; anche per questo MORTATI – contro uno stato di legislazione – voleva un nesso garanzie/rigidità costituzionale (non più equilibrio instabile di forze contrapposte ma auto-garanzia attraverso la sovranità popolare), ciogliendo il problema garanzia-diritti posti dal legislatore come una meta-garanzia rigida del pluralismo
·        ovviamente il passaggio da unos stato di legislazione ad uno costituzionale ha accentuato la dimensione sistemica, ad uno strato più alto del diritto, anche se non ha solo incluso i principi dello Stato di diritt, ma la trasformazione è stata più profonda (ZAGREBELSKI), ancorata al substrato sociale
·        il mutamento dell’impianto garantistico costituzionale viene risolto con ponderazione e bilanciamento fra i beni protetti dalla costituzione, cui provvedono le corti costituzionali, anche perché non è possibile individuare una gerarchia fra i valori; la penetrazionee forse la debolezza! - delle norme costituzionali può dipendere poi dall’incidenza/presenza – o meno – di norme ordinarie che ne specificano la portata e le sviluppino, e dall’importanza che si dà lle operazioni di bilanciamento della corte costituzionale
·        l’istituto della riserva di legge ha contribuito all’affermazione del principio della preferenza di legge, ma solo a prezzo di una radicale riformlazione del suo fondamento, come strumento per veicolare i fondamenti e i diritti costituzionali, garanztendo al tempo stesso la tutela delle minoranze e del contraddittorio
·        nelle costituzioni rigide, la riserva di legge comporta un vincolo alla funzione legislativa, ma la legge passa senz’altro da cornice esterna di sicurezza ad essere funzionalizzata all’interno
·        particolare importanza ce l’hanno anche le riserve di legge rinforzate, con cui la costituzione ha introdotto un limite al principio della maggioranza e alle dinamiche del processo politico della democrazia procedurale, rimarcando il carattere fondante dei diritti costituzionali, assicurando non scelte di valore ma la priorità dei diritti della persona secondo l’art. 2
·        ad ogni modo la riserva di legge dimostra come – nonostante l’ampliamento della sfera dell’Esecutivo – sia uno strumento di legalità non solo in senso formale ma anche sostanziale; e l’ordinamento italiano, garantista più di quello tedesco (con molte riserve di legge rinforzate), tutela ancor di più i valori costituzionali da complessi normativi ordinari
·        il principio di legalità sostanziale – prodotto a tutti i livelli, anche inferiori, dell’ordinamento – fa sì che la legge abbia un titotlo concreto per predeterminare i contenuti dei poteri pubblici quando vanno ad intaccare la sfera delle libertà
·        già Schmitt aveva rilevato come il passaggio dalla superiorità della legge alla superiorità della costituzione avrebbe comportato una radicale trasformazione dello “Stato di legislazione” che vi avrebbe comportato dei limiti ma anche un depotenziamento a livello applicativo (esecutivo) e interpretativo (giudiziario) vista la presenza di una fonte superiore; l’ordine giudiziario come “portatore e garante di pluralismo” che può comportare il rischio di una politicizzazione del giudice al di sopra della legge (e quindi del legislativo) in nome del pluralismo: al contrario del mondo Usa dove il precedente è vincolante e si va per affinamento dei canoni di arbitrarietà e irragionevolezza, in Europa, però, il non-smarrimento della specificità di giurisdizione è legato alla capacità della legge di veicolare sostanzialmente i valori costituzionali nell’ordinamento, così come è il controllo do costituzionalità di una legge a tenere lontana la tendenza eversiva di sottomissione del giudice alla legge

Le costituzioni europee del secondo dopoguerra. L’impianto dei diritti nella Costituzione italiana fra principio pluralista e principio di eguaglianza sociale. Il problema dell’effettivià dei diritti. I diritti costituzionali fra libertà ed eguaglianza.

·        le costituzioni che si sono ispirate alla democrazia pluralistica sono quella della Francia IV Rep. 1946, dell’Italia 1948, il Grundgesetz RFT 1949, e lo hanno fatto nel rifiuto del totalitarismo e riassorbendo la cultura politica antifascista europea (in sintonia col contesto storico);
a)     la GG si basa infatti sull’interpretazione del Tribunale costituzionale e ruota intorno ai concetti di Stato sociale e democrazia protetta (coesione parteienstaat-bundesstaat-sozialstaat)
b)     la Costituzione italiana sul compromesso della costituente (principio pluralista art. 2 e di eguaglianza sostanziale art. 3 comma 2 – non mero scambio tattico cattolici-sinistre, ma diffusione di chances possibiliste di libertà con il perno di entrambi - MORTATI)
·        le funzioni e i connotati del pluralismo tedesco/italiano sono diversi: in Germanai il pluralismo sociale è incanalato in un assetto politico-economico che riflette le ideoloie dominanti a costo di pesanti clausole d’esclusione; in Italia si guarda invece ad un ventaglio ampio di inclusioni, anche con alto livello di conflittualità (come lo è la conflittualità libertà-uguaglianza artt. 2/3 comma 2) (con ambizioso disegno di alargamento delle basi di partecipazione politica)
·        al di là delle differenze vi sono però esperienze costituzionali comuni post-2GM: intangibilità della dignità dell’uomo, effettività diritti costituzionali, rapporto libertà-uguaglianza, efficacia dei diritti costituzionali nei rapporti fra privati, emersione di un profilo organizzativo dei diritti
·        il principio della intangibilità della dignità dell’uomo è l’architrave come art. 1 GG 1949 (con evidente spiegazione storica), mentre non c’è in Italia laddove però la dottrina prevalente di pro-MORTATI riconosce nell’art. 2 un forte principio personalista [dibattito in prima sottocommissione di matrice personalistica cattolica-conflittuale e di trasformazione sociale comunista-garantista  livello di diritti liberale]
·        in questo quadro fu oggetto di contrasti la questione del rapporto ffra dimensione individuale-corporativa-formazioni sociali: si voleva dare infatti un segno di rottura sia con lo Stato liberale sia con quello fascista
a)     tramite una visione cattolica organicistico-sociale basata sulla famiglia e su aggregati di tipo comunitario e a livello statale sul principio di sussidarietà (DOSSETTI)
b)     di contro, le sinistre, che guardavano a quelle formazioni sociali che potevano lottare – sindacati e partiti – si battevavo per salvaguardare un’mmagine dell’uomo e una struttura economico-sociale concreta (LELIO BASSO)
·        il compromesso a seguito dell’o.d.g. di Dossetti del settembre 1946 fu quelo di distinguere le formazioni sociali da quelle individuali, e vedere l’autonomia delle prime in funzione dello sviluppo della personalità individuale; in base a questo emergono due cose fondamentali:
1) anteriorità-precedenza-preesistenza dei diritti rispetto allo Stato
2) dimesione sociale dei diritti e del loro sviluppo nella personalità individuale
·        peculiarità dello sviluppo della peronalità sociale di un uomo situato nella società: non c’è una polarità isolata dell’individuo, ma un sinallagma funzionale fra diritti e vincoli comunitari del cittadino (punto più alto della parabola dei diritti, sent. 75/1992 Corte Cost.)
·        sia nell’art. 1 GG 1949 sia nell’art. 2 Cost. Italia 1948 c’è un rinnovato interesse per il giusnaturalismo aiutato dal clima post-2Gm e dal filtro cattolico, laddove nella Cost. italiana la dignità sociale da art.3 comma 1 è incentrata sulle condizioni di vita, e pertanto non ha lo stesso spessore culturale della GG (immagine individuale); pertanto la connessione artt. 2-3 comma 2 collega la dimensione garantista con quella programmatica, la libertà individuale e i diritti sociali guardando ad una integrazione e ad una “costituzione politica globale” (HABERMAS)
·        per la effettività dei diritti costituzionali si deve guardare al contesto economico e alle legature sociali: con la rimozione delle disuguaglianze sociali e l’arginazione di poteri privati, con un punto di equilibrio fra libertà individuale ed integrazione sociale ed una libertà dal bisogno che ampli le chances individuli [concezione newdealistica di Roosvelt, così come espresso nel preambolo Cost. IV Rep. Francia, negli artt. 22 ss. DUDU 1948, e nel “Socialismo liberale” di ROSSELLI]
·        per l’effettiva dei diritti è importante il compito di regolazione dei pubblici poteri (per garantire parità all’accesso e spazi di libertà): individuando la Cost. italiani veri propri diritti sociali, mentre la GG no, pur tuttavia avendo dei diritti di prestazione corrispondenti ai compiti pubblici nonché la essendo la stessa struttura federale che “parla” di tale effettività secondo art. 72 GG 1949 (“i lander sono chiamati a concorrere per il raggiungimento della omogeneità delle condizioni di vita”)
·        la eliminazione delle disuguaglianze come da art. 3 comma 2 è il risvolto istituzionale della effettivtà dei diritti, per ciò che attiene al rapporto libertà/uguaglianza, con la correzione di una libertà negativa che avrebbe stabilizzato lo status quo dei diritti verso domande attive di libertà, chances di pluralismo identitario e possibilista nei diritti, quale fattore di trasformazione e mobilità sociale (con intreccio fra diversità e solidarietà)
·        anche se la distribuzione della giustizia e dei beni sociali principali, alla Rawls, possono apparire inadeguate pocihè non tengono conto delle relazioni asimmetriche del potere e della peculiarità delle diversità: infatti non si deve considerare solo il reddito ed il ruolo sociale e di potere sociale, ma anche il cambiamento di status sociale, arrivando all’accezione più ampia dell’overlapping consensus di Rawls con il principio di neutralità rispetto alla molteplicità delle concezioni del mondo, una rete neutrale pluralista con valori comunitari (anche costituzionali)
·        influenzante è stata la tradizione comunitarian Usa, ma anache la concezione di libertà umana intesa non solo come autoaffermazione individuale ma anche come ingresso responsabile nello spazio pubblico
·        efficacia dei diritti nei rapporti fra privati, tramite lettura combinata artt. 2-3 comma 2 che va oltre il mero diritto civile o il rapporto autorità-individuo, dilatando la difesa dei diritti ad aree esterne a quelle usuali del diritto pubblico [da una efficacia verticale si passa ad una efficacia orizzontale]; qui, la disciplina si attua per ambiti (lavoratori, famiglia, dati personali,…) facendo discendere obblighi di protezione da canoni intrepretativi e clausole generali del diritto privato
·        il problema è che tutta questa puntualizzazione sui diritti in costituzione rischia di fissare limiti (valicabili solo da autorit giudiziaria e amministrativa), lasciando poco spazio di conformazione al legislatore; inoltre tali “oblighi di protezione dei diritti” possono rimandare ad una sbagliata concezione statualistica dei diritti (solo in una struttura difensiva negativa)
·        il crescere del profilo organizzativo dei diritti ha fatto crescere anche i compiti/apparati/oneri pubblici, tanto che l’effettività dei diritti dipendono anche dal funzionamento del sistema giurisdizionale e processuale (per garantire libertà personale art. 13, il diritto al giudice naturale art. 25 comma 1,…) e della PA tutta: il costo dei diritti viene così giustificato dalla loro effettiva assicurazione positiva, però arrivati ad un certo punto bisogna tener conto di una proporzionalità e di una effettiva necessarietò
·        nella crescita dello “stato di prestazione”, la condizione dei diritti va incontro a situazioni di pericolo, ma anche ad inedite possibilità di sviluppo, con una situaazione di cooperazione e partnership tra pubblico e privato: composizione di conflitti attraverso il procedimento + valorizzazione dei processi di comunicazione pubblica (confronto fra diverse esperienze sociali)

Problemi di interpretazione dei diritti costituzionali. L’inviolabilità dei diritti.

·        nella molteplicità delle dimensioni dei diritti costituzionali delle democrazie pluralistiche il raggio d’azione si dilata veros una società aperta, dove comunque la componente difensiva da ingerenze esterne resta prioritaria, al fine di garanzie una autodeterminazione degli spazi di libertà (poliarchia dahliana, non più solo di matrice economica)
·        problema se i diritti degli aggregati/organizzazioni sociali possano offuscare quelli individuali, tramite una interpretazione in senso “istituzionale” dei diritti individuali: in realtà le “garanzie di istituto” studiate – come già detto – per ambiti, mettono sullo stesso piano – e quindi non in gerarchia – individui e società civile
·        SCHMITT rileva comunque il rischio che tali istituti di garanzia si configurino in una dimensione separata ed autonoma rispetto alle stesse libertà/diritti, e che coprano tutti gli ambiti di una società civile, non lasciando perciò nessun ambito sottratto dall’interferenza del sistema valoriale (sociale) dominante [in sostanza, si tenta di regolare tutto – in maniera troppo stringente? -, tanto che l’individuo cerca di recuparare ambiti residui al di fuori della società]
·        perciò una compelta deriva istituzionale delle garanzie di istituto è pericolosa (come dichiarato dalla sent. 1979 Trib. Costituzionale Germania sull’istituto di “cogestione”)
·        ad ogni modo, la portata dell’inviolabilità dei diritti art. 2  va estesa: non riguarda solo la laibertà individuale, ma tutti gli altri diritti che in definitiva vanno a formare la forma di stato (riunione, associazione, manifestazione del pensiero, pluralismo politico ed economico-sociale,…), tenendo conto però di una scala di valori e di una dimensione interpretativa secondo le opzioni ideologico-culturali (dimensione importante del giudice costituzionale e del collegamento di questo col legislatore)
·        quindi l’inviolabilità è sia garanzia di esistenza – artt. 2 e 13 -, sia una garanzia di contenuto, non sottoponibile a revisioneart. 138
·        i diritti come espressione di sistemi di valore si ricollega alla teoria dell’integrazione di Smend: processo di integrazione che dà vita ad una comunità di valori culturali; molto dibattuto dalla dottrina italiana è il numero dei diritti inviolabili e la flessibilità del loro catalogo: l’art. 2 è una formula riassuntiva o un mero preannuncio? [dicotomia serie chiusa-aperta e quindi al valore unico solo del giudice costituzionale o congiunto col legislatore] (problema ricollegato anche alla evoluzione teconologica-diritto alla privacy-tutela dei consumatori-bioetica)
·        il nuovo universalismo dei diritti alla fine non è più fondato solo sul giusnaturalismo, ma su un costituzionalismo cooperativo che travalica i confini nazionali: nascita di nuovi diritti [anche in una prospettiva “art. 2 aperto”], anche se soggetti al rischio di 1) antonomie con altre norme costituzionali 2) illimitata serie di obblighi dei consociati; per questo servono prudenti bilanciamenti normativi
·        la laicizzazione del diritto naturale, trasformatesi in diritto storico, favorirebbe questa apertura, anche per via del principio generale del libero sviluppo della personalità – accomunando artt. 2 Cost. Italia-2 comma 1 GG – arrivando ad una libertà come autorealizzazione e un riconoscimento globale del valore libertà
·        vista l’accresciuta funzione pubblica dei diritti negli ordinamenti democratici è importante anche la dimensione partecipativa (che va assolutamente oltre il diritto elettorale attivo e passivo): le libertà manifestazine del pensiero-riunione-associazione non formano solo opinione pubblica ma sono anche le pietre angolari di una partecipazione democratica (sent. 19/1962 Corte Cost.)
·        i diritti costituzionali, in quanto strumenti di garanzia delle libertà che formano la volontà del popolo, contribuiscono apoliticamente -  e quindi in una concezione borghese – alla edificazione dello Stato (SMEND); tanto che la sfera pubblica non coincide più con quella statuale perché il processo politico si svolge, in parte, nella società (moltiplicazione delle chances) con alla base non una verità, ma un compromesso tra le varie parti in gioco
·        se però si guarda solo ad un interesse pluralistico superioriore, l’elemento di libera scelta può passare in secondo piano ed essere relativizzato, col rischio di vedere la libertà come una funzione, e – quindi – come selezione delle funzioni che servono alla società; e il privilegio monopolistico riservato ai partiti dall’art. 21 GG è un chiaro esempio di questa sclerotizzazione, che in Italia si cerca di evitare ancorando l’art. 49  al fatto di essere una manifestazione della libertà d’associazione
·        una dimensione democratico-partecipativa con effettiva egugalianza delle chances deve avere argini al condizionamento finanziario del processo politico da parte del pluralismo e dei privati in accordo col modello dahliano liberalizzazione/pubblica contestazione e inclusività/partecipazione
·        l’autarchia individuale inscritta nella dimensione sociale e di prestazione muove da una concretizzazione delle libertà tramite un impegno dei pubblicvi poteri verso le istanze soggettive, ma giocoforza con la disponibilità di risorse pubbliche, con clausole di assicurazione per i servizi essenziali, e in richiamo al rapporto Stato-autonomie (federali o meno; es. art. 117 comma 2 lett. m  o art. 119 comma 5)
·        inoltre, c’è il delicato rapporto delle scelte discreazionali del legislatore, sdoprattutto in merito agli standardi di accesso alle prestazioni e ai soggetti che possono partecipare ai procedimenti
·        infatti, la multidimensionalità pone problemi di interpretazione dei diritti costituzionali, che comunque rifugge da approcci unilaterali

·        la tendenza attuale va verso un universalismo dei diritti, su base cooperativa ed interdipendente, in una dimensione pubblica allargata (regional-statal-internazionale), nell’ottica di un costituzionalismo multilevel e un’idea di cittadinanza in trasformazione [anche se non è chiaro se ciò voglia dire anche un irrigidimento delle identità collettive] e percorsa da un tensione omologativa (causa della secolarizzazione e della multiculturalità)-differenziativa (peculiarità ingroup)
·        la diversità viene assunta come la chiave di volta della risistemazione dei diritti nel costituzionalismo classico, poiché c’è un collegamento stretto diversità-sicurezza-solidarietà-eguaglianza (DENNINGER); problematica che si riconduce al desiderio di neutralità rispetto alle diverse concezioni del mondo (vedi la Carta dei Diritti Fondamentali UE) [esiste una cultura dei diritti secolarizzata ma anche dispersa nelle cleavages]: l’integrazione dei diriti smendiana si dipana ad oggi in più demoi e non più un unico demos (universalità dei diritti)
·        rischi crescenti di una “commercializzazione” dei diritti fondamentali nelle decisioni del mercato delle società globalizzate, sbiadendo anche la conflittualità sociale di classe e lo stesso pathos e valore del lavoro tipici del secondo dopoguerra (es. art. 1)
·        problema anche per il rapporto diritti-prestazione pubblica a causa della crisi fiscale di uno stato elefantiaco da cui i privati cercano di liberarsi - anche se ciò confligge col principio solidaristico art. 2 - in una società differenziata e pluralistica dove emerge l’idea di cittadinanza attiva e di società del rischio (individualizzazione delle forme di vita), che pone a carico degli individui un continuo processo di armonizzazione e di autorealizazione, nella tensione – però – di un quadro sociale di riferimento

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