Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Diritto comunitario e scambi internazionali

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Micheletti Matteo, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: interpretazione per principi generali e pluralismo giuridico, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, anno XLII, n. 2, aprile-giugno 2003, Milano-Parma-Napoli, Editoriale Scientifica, pp. 298-301
[Il riconoscimento del pluralismo in essa contenuto è piuttosto modesto, l’impostazione del documento risulta poco più che ottocentesca, in quanto manca il riconoscimento generale dei gruppi sociali quale elemento di edificazione dell’ordinamento europeo; la libertà di associazione trova una disciplina stringata (art. 12) –  ed è insieme alla libertà di riunione -: è riconosciuta a tutti i livelli, ma è chiaro che l’interesse della norma è rivolto alla formazione di sindacati e partiti politici (lo stesso De Siervonota la mancata considerazione di ruoli specifici delle confessioni religiose); anche le formazioni sociali pubbliche difettano del riconoscimento di uno specifico ruolo, tanto che si pongono unicamente come limite alla vis expansiva della Carta: così è nel preambolo, ove si afferma che l’Unione contribuisce al mantenimento ed allo sviluppo dei valori comuni, «nel rispetto (…) dell’identità nazionale degli Stati membri e dell’ordinamento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale» [corsivi nostri]; l’unico reale ricnoscimento di una legittimazione dei soggetti infrastatuali, poi, sta nel richiamo al principio di sussidarietà, contenuto nel quinto paragrafo del preambolo e nell’art. 51 della Carta; m tale principio nell’esperienza sinora sviluppatasi, non è apparso in grado di assicurare un ruolo effettivo agli enti regionali e locali, in quanto arbitri delle citate formazioni comunitarie sono rimasto gli Stati nazionali. Infatti, la partecipazione dei rappresentanti delle entità infrastatuali, ai sensi dell’art. 203 CE, è rimessa alla volontà di questi ultimi, poiché il diritto istituzionale Uesi ispira al principio di «neuatralità». Non si sono messi in discussione i precedenti orinetamenti del diritto europeo, sicchè alle formazioni sociali, sia private che pubbliche, non viene affatto riconosciuto un ruolo attivo di csotruzione dell’ordinamento, tanto che il diritto di associazione e la sussidiaerietà sembrano configurarsi piuttosto come un limite alla «sovranità delle Istituzioni, in ottica non differente – in ultima analisi – da quella dei vecchi diritti pubblici subiettivi», dogmatica sviluppata da Laband e Jellinek, come pretesa della legalità dell’azione amministrativa e sottomissione dello Stato alle regole che esso stesso si è dato: anche la Carta si muove in questo senso perché le libertà si pongono come limite al potere delle Istituzioni (assimilate alla sovranità statale), mentre la dimensione sociale della persona umana non è affatto un building block. Ma la formazione dei gruppi sociali è espressione insopprimibile della dimensione sociale della persona umana: nelle odierne società complesse [DISCORSO SULLA COMPLESSITA’ SISTEMICA] in cui è sempre più difficile aggregare la totalità dei componenti intorno a grandi valori condivisi, il ruolo delle formazioni sociali non può essere ignorato, anzi deve assurgere ad elemento base delle nuove dottrine della democrazia. L’elaborazione scientifca ha messo in luce che la dimensione infrastatuale, legata alle collettività intermedie, e quindi la Carta, per Micheletti, pone dei gravi problemi in relazione al tipo di ordinamento europeo che si sta venendo ad edificare. Il mancato riconoscimento di un ruolo positivo di costruzione di tale ordinamento alle formazioni sociali (pubbliche e private) rischia infatti di ocndurre all’affermazione di un sistema che nasce gà «vecchio» - poiché risulta basato su di una concezione fondamentalmente ottocentesca delle esigenze della persona umana -, e che pertanto potrebbe rivelrasi incapace di far fronte alla necessità della società contemporanea.

Ferraro Angelo, Costituzione europea e diritti fondamentali dell’uomo, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, anno XLIII, n. 3, luglio-settembre 2004, Milano-Parma-Napoli, Editoriale Scientifica, pp. 446-447
Tra tutti i “parametri di riferimento” adoperati dalla Corte di giustizia nella sua attività di supplenza legislativa, la CEDU costituisce sicuramente la fonte extra-comunitaria “privilegiata”. Essa rappresenta del resto il primo tentativo politico-giuridico, realizzato nell’area continentale del secondo dopoguerra, di garantire, una tutela sovrannazionale delle più importanti prerogative legate alla persona umana. […]
Si ritiene impreciso, già in prima battuta, pensare alla Convenzione dei diritti dell’uomo come ad un atto del tutto estraneo alla struttura giuridica comunitaria e ricollegabile invece al diritto internazionale tout court. Una simile valutazione sminuirebbe anzitutto la portata e il valore dello stesso testo di Roma, costringendolo davvero ad essere considerato come un doppione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, avente come unica peculiarità quella di essere stato impiantato in un più ristretto contesto geografico e territoriale.

Ferraro Angelo, Costituzione europea e diritti fondamentali dell’uomo, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, anno XLIII, n. 3, luglio-settembre 2004, Milano-Parma-Napoli, Editoriale Scientifica, p. 456
D’altra parte il richiamo alla stessa toeria internazionalistica dei poteri impliciti (nonostante il contrario avviso dei giudici di Lussemburgo), permette di concludere che, se la tutela dei diritti dell’uomo è obiettivo insito ormai nel diritto comunitario, non può che riconoscersi implicitamente a tutti i soggetti di tale ordinamento il potere/dovere di fare quanto più è possibile (o perlomeno quanto è indispensabile) perché tale obiettivo sia realizzato.

Ferraro Angelo, Costituzione europea e diritti fondamentali dell’uomo, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, anno XLIII, n. 3, luglio-settembre 2004, Milano-Parma-Napoli, Editoriale Scientifica, pp. 472-473
La Carta [di Nizza] ha il merito di aver tentato di valorizzare al massimo non solo il summenzionato principio dell’indivisibilità, ma anche quello dell’universalità dei diritti fondamentali, conferendo i diritti in essa contemplati ad ogni individuo, a prescindere dalla sua cittadinanza o dal suo luogo di residenza. È questa forse la più importante peculiarità del testo di Nizza, che ha permesso a molti autori di definirlo un documento “antropocenttrico”. Un documento che riesce cioè a coniugare ed equilibrare in modo apprezzabile le due fondamentali modalità assiologiche dell’agre giuridicamente rilevante della persona umana: quella della libertà (ossia del diritto, in senso soggettivo, nella sua massima espressione e potenza) e quella della solidarietà (ossia del dovere in tutte le sue forme ed esperienze).

Vigliar Emilia, Il modello dell’Unione europea nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, anno XLIV, n. 1, gennaio-marzo 2005, Milano-Parma-Napoli, Editoriale Scientifica, pp. 158-159
Di particolare rilievo è la norma contenuta nell’articolo I.9 del titolo II […]: dopo aver chiarito che l’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali, tale articolo stabilisce un importante collegamento con la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dando le risposte agli interrogativi sul coordinamento tra i due sistemi di unione […]. Si specifica, infatti, che l’Unione aderisce alla Convenzione e che i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione […] e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali.
Certamente la seconda parte del Trattao pone una serie di problemi, per le innegabili sovrapposizioni tra due sfere normative (nazionale ed europea). Sui rapporti tra i due ordini costituzionali, la tesi piuttosto diffusa è quella che individua una costruzione costituzionale a più livelli, in cui resta formalmente in vita il livello degli Stati nazionali, ma ad esso si sovrappone un secondo livello, in cui si attua una reducio ad unum dei principi comuni agli Stati membri […]. Il livello nazionale e quello soprannazionale si influenzano e si integrano reciprocamente […]. Il costituzionalismo a più livelli è considerato anche un costituzionalismo integrato, nel senso che esso va visto in una concezione dinamica in cui si attua la cooperazione tra i vari livelli dei poteri sovrani. Seguendo tale tesi, non si richiede come necessaria l’esistenza di uno Stato federale, perché questo multilevel constitutionalism è inserito nell’ottica di un processo di costituzione. […]
[i sistemi costituzionali nazionali] verrebbero innegabilmente ridimensionati [rispetto alla CEDU] dal primo comma dell’art. II-111, che afferma il primato delle disposizioni della Carta nell’area del diritto comunitario, con l’implicito effetto di ridurre il minimo denominatore dei diritti fondamentali e di abbassarre il livello di tutela nazionale.

Rivosecchi Guido, La Carta dei diritti fondamentali, in Rassegna di diritto pubblico europeo, anno I, numero 1-2, gennaio-dicembre 2002, pp. 102-107
[Se la trasposizione dei diritti dalla Convenzione alla Carta appare tuttl’altro che priva di problemi perché – se è vero che nel processo di positivizzazione dei diritti fndamentali la CEDU è un omogeneo catalogo di diritti, costituzionalizzato all’art. 6 TUE e che fa sintesi delle diverse tradizioni costituzionali degli Stati membri – e pur tuttavia vero che la CEDU assicura una tutela meno incisiva agli analoghi diritti delle diverse costituzionali, per esempuio sul piano del godimento dei diritti e delle limitazioni (cui spesso supplisce la CGCE). In effetti anche De Siervo, osserva che per la libertà di riunione ed associazione prevista all’art. 12 paragrafo 1 della Carta di Nizza e all’art. 11 della CEDU, si contemplino solo “generiche informazioni”, che sarebbero insoddisfacenti. Eppure la carta di Nizza dovrebbe esprimere il superamento della CEDU, con contenuti più ricchi, visto che si propone come “documento di riferimento Costituzionale dell’Unione Europea”; invece, i continui richiami alla CEDU non fanno che incrementare l’impressione si una sorta di “soggezione” alla CEDU, finendo per indebolire l’impatto simbolico della Carta]

Caiola Antonio, Una sentenza controversa in tema di rapporti fra diritto interno ed ordinamento comunitario con riferimento ai diritti fondamentali, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, anno XXXI, n. 1-2, gennaio-giugno 1991, Milano-Parma-Napoli, Editoriale Scientifica, pp. 121-123
[a livello italiano, come risulta dal dispositivo della sentenza della Corte Costituzionale del 13 aprile 1989 n. 232 relativa al caso Fragd SpA c. Ministero delle Finanze, riferendosi alla legge 1203/1957 nella parte in cui ha dato esecuzione all’art. 177 del Trattato di Roma inerente al ricorso pregiudiziale, si denota come il giudizio della Corte rispecchi la volontà di aderire all’ordinamento giuridico comunitario in maniera completa, almeno fintantochè non siano compromessi i diritti ed i principii fondamentali espressi nella nostra Costituzione [in linea con la gerarchia delle fonti del diritto] (riferendosi, ivi, in particolare al diritto della tutela giurisdizionale; ma il giudizio è estendibile a tutti i principi fondamentali costituzionalmente garantiti). La stessa Corte Costituzionale configura i due sistemi come autonomi e distinti, ancorché coordinate, così come la Corte costituzionale germanica risolve il problema del coordinamento riconoscendo la Corte di Giustizia come giudice naturale in queste materie.]
È, del resto, ormai universalmente accettato che l’adesione completa all’ordinamento giuridico comunitario può comportare adattamenti non rapidi e spontanei; tuttavia il «sacrificio» rihiesto allìordinamento interno trova la sua giustificazione nella necessità storica dell’integrazione europea, pur sussistendo ancora errori e contraddizioni.

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