Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

I retroscena del sequestro Moro

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Prima di Moro, le Brigate Rosse volevano rapire Andreotti o Fanfani. Il primo aveva una scorta troppo forte, il secondo, dopo il compromesso storico di Moro tra DC e PCI era passato in secondo piano.

Dopo la strage di via Fani (dove è stato ucciso Moro il 16 marzo 1978) la polizia suona allo stabile di via Gradoli, covo delle BR, e se ne andò dopo non aver ottenuto risposta.

Questo è strano, perché Luciano Infelisi, il pubblico ministero scelto dal procuratore, aveva dato l’ordine di entrare con la forza negli appartamenti da cui non si aveva risposta. In realtà l’Ucigos, ufficio istituito da Cossiga a sorpresa prima del sequestro, ha gestito tutte le operazioni, e tenuto fuori la Digos.

L’Ucigos bloccò anche il pedinamento di Teodoro Spadaccini, un esponente delle BR noto e che frequentava spesso il covo.

Addirittura, le lettere di Moro non furono date in originale al procuratore della Repubblica, che ricevette solo delle copie da cui non poteva rilevare le impronte digitali; anche gli ordini di cattura contro i presunti responsabili del sequestro furono bloccati.

Il comunicato numero 7 era stato addirittura falsificato da un certo Chicchiarelli, un input del comitato di crisi del Ministero dell’Interno e dei servizi segreti.
Tale importantissimo comunicato doveva dare un preciso messaggio alle BR del tipo “sappiamo dove siete, possiamo liberare Moro e arrestarvi quando vogliamo. Non lo facciamo perché vogliamo che liquidiate l’ostaggio”. E questo è stato confermato anche da Steve Pieczenic, uno dei massimi esperti di terrorismo americani; e anche dal giornalista Corrado Guerzoni.

Moro era odiato dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica per lo stesso motivo: il compromesso storico. Berlinguer voleva sganciarsi dalla Russia e aprire alla DC, e Moro voleva aprire ai Berlinguer, ai comunisti del PCI.
Anche Gelli era un noto nemico del compromesso storico, tanto che dava ordini ai capi dei servizi segreti.
Andreotti e Cossiga erano d’accordo, erano entrambi filo-americani: perciò vollero l’immobilismo, spacciato per fermezza; volevano un rilascio “senza condizioni”, finta fermezza, imposta da Andreotti allo stesso Papa Montini.

Le Brigate Rosse non volevano uccidere Moro: non si è mai visto un carceriere che sapendo che l’ostaggio fosse dovuto morire, si mostra col volto coperto per tutto il tempo, per tutti i 55 giorni del sequestro.

Infine, l’idea del sequestro non è stata delle BR, ma congiuntamente della CIA (servizi segreti americani), KGB (russi), Mossad (israeliani), RAF (organizzazione di guerriglia urbana della sinistra radicale tedesca attiva dal 1970 al 1988).

Il coinvolgimento della RAF è stato confermato dal generale Markus Wolf, ex capo della STASI, la polizia della Germania dell’Est.
Il coinvolgimento del KGB è stato confermato dalle relazioni che aveva con l’Italia Fedor Sergeij Sokolov, ufficialmente venuto a Roma (nel 1977) come studente per seguire le lezioni della professoressa Morelli; in realtà non ne ha seguita nemmeno una, ed in compenso – come agente del KGB – faceva domande sulla scorta di Moro.

Fonti:
Imposimato F.-Provvisionato S., Doveva morire. Chi ha ucciso Aldo Moro. Il racconto di un giudice, Chiarelettere, febbraio 2008

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