La Sciabola di Sieyès, che trovate qui, insegna molto.
· Sieyes parte da un punto diverso da Smith: non si deve partire dalla natura e dalle sue forze spontanee, ma dalla complessità sociale, come insieme di attività e funzioni pubbliche, per affrontare la fase 1) metafisica, l’esame scientifico dei problemi 2) operativa, lo svolgimento dell’azione politica con uno Stato nazionale rappresentante delle forze veramente produttive del paese: è necessario riconoscere che a rivendicare il potere unitario della nazione lo hanno a) proprietari della terra (ruristes) b) produttori di materie prime e commercianti (urbistes) c) esponenti della cultura morale (humanistes)
· la scienza sociale non è infatti diversa dalla matematica sociale, e per questo può essere misurata in modo matematico
· società, economia e politica sono un tutt’uno, anche nel linguaggio: la razionalizzazione delle procedure, facilita l’armonia tra mondo privato della produzione e istituzioni politiche sovrane, per raggiungere una felicità pubblica che dipende dalla quantità di lavoro che ognuno fa applicando i suoi doveri (Lettres aux économistes sur leur système de politique et de morale, 1775)
· mentre disponeva il materiale ideologico rivoluzionario - quando il Terzo Stato rifiuterà la proposta aristocratica di adattare gli Stati Generali al modello bicamerale della monarchia costituzionale inglese elogiata da Montesquieu e Voltaire – Sieyes estrinseca l’ampia tematica sociale connessa alla divisione del lavoro e alle sue funzioni, che significa parlare di questioni di classe, ma intese – ovvio – in senso più ampio di Saint-Simon/Marx
· l’espressione “constitution libre” – usata dalla Societé de 1789 nell’atto di organizzare le celebrazioni del primo anniversario dell’Assemblea Nazionale – è ben presente nel duplice significato di sistema generale di legislazione/sistema di governo vero e proprio
· una situazione di vero e proprio caos avrebbe messo fine alla falsa rappresentanza del re ed arrivare a quella vera della Nazione basata sul principio elettorale libero del popolo: gli interessi contrastanti degli ordini che darebbe vita ad uno “stato di guerra nella legislatura” andava composto tramite una divisione del lavoro come articolazione funzionale della società anziché come opposizione; tutto questo con un governo rappresentativo che rappresentasse tale divisione grazie ad una base larga ed ad un vertice coeso (parlamento monocamerale) – come si ritrova nel Saggio sui privilegi 1788 (finito in estate, pubblicato anonimo in novembre)
· al lavoro dei coltivatori (prima), artigiani (seconda), ausiliari (terza), andava aggiunta una quarta classe, che traendo spunto dal lavoro degli humanistes (conservazione ordine fisico, morale, sociale) doveva affiancare il lavoro degli altri tre come coproduttrice e esperta in lavori politici e pubblici
· il suo era in pratica un discorso sulla specializzazione delle funzioni, senza riferimenti ad una massa popolare e indistinta; un gruppo sociale non più diviso fra il braccio-la mente, ma in sintesi, capace di trasformare la molteplicità del sociale in unità d’azione del corpo politico
· nonostante la sua visione più verticale che orizzontale e il suo disprezzo per la moltitudine, ci si doveva liberare dal sistema oppressivo delle classi oziose e guardare a queste classi produttive, superando degli Stati Generali , organismo celebrativo che serviva solo al sovrano per tastare il polso della situazioni o per fornirgli appoggi finanziari o militari
· la soluzione non era però l’equilibrio dei poteri o una repubblica astratta, ma un complesso sistema poliarchico, con il problema di convogliare gli interessi verso una volontà unitaria della Nazione: in Che cos’è il Terzo Stato, 1789 (finito a dicembre 1788 e pubblicato anonimo a gennaio) ci dice che l’obiettivo non deve essere solo l’interesse comune ma un sistema articolato non degenerabile, però, in appetiti particolaristici
· nonostante la proposta politica del Terzo Stato e l’ostilità del modello inglese, né riconosce il merito di averne realizzato una costituzione di averne applicato il principi di rappresentanza; però si trattava di chiarirne il funzionamento
· ogni pubblico funzionario che agisce in nome della nazione è un suo rappresentante, secondo il principio elettivo e contrapponendosi al sorteggio; la rivoluzione politica sarebbe stata fatta dagli elementi più attivi, una classe politica dotata di cultura scientifica e dottrinaria oltre al censo
· oltre ai due scritti sopra citati bisogna poi dire del Vues sur les moyens d’éxecution dont les Représentants de la France pourron disposer en 1789 (uscito anonimo dopo gennaio, ma il primo per composizione delle tre)
· i deputati andrebbero scelti solo tra coloro che hanno la capacità di diventare cittadini effettivi per cultura e moralità e per disponibilità di adempienza ad obblighi civili e militari, e non tra coloro che vogliono raggiungere questo traguardo sol per “utilité physique”; in effetti, di fronte al tema dell’ingresso delle masse, Sieyes dice che bisogna 1) sconfiggere l’ignoranza che alimenta a dismisura le passioni 2) guardando ad una libertà politica nono solo come a diritto formale o un’astratta bilancia dei poteri, ma come condizione positiva di permanente godimento delle possibilità [con una radicale trasformazione del principio di libertà del non arrecare danno agli altri]
· scartata a priori l’idea di uno Stato del tutto regolatore – sul modello di Sparta o delle comunità gesuitiche del Paraguay – il problema era di definire uno Stato che valorizzasse i produttori rispetto a quanti prosperavano godendo di diritti tanto esclusivi quanto razionalmente insostenibili (rappresentanza di 25 milioni contro 200.000); ad avvantaggiarsi sarebbero le virtù e i senso dell’onore a scapito delle apparenze e del sempre più dilagante disordine dei costumi, con prevalenza dell’interesse comune sullo spirito di casta e del lavoro borghese sull’ozio aristocratico della feudalità di campagna
· serve perciò un atto di volontà diretto a creare una nuova legislazione scritta, attraverso la rivoluzione fatta da rappresentanti della Nazione che agiscono per “procura” e con la “fiducia” del popolo; nelle Vues c’è una implicita definizione di “governo libero” inteso come doppia spinta verso la libertà che verrebbe a determinarsi dal basso – attraverso i diritti di natura – e dall’alto – attraverso una buona costituzione – (senza né una repubblica totale né monacale)
· gli uomini hanno il potere di accrescere la loro natura con il lavoro e lo scambio, nonché il diritto di proteggerla, attraverso un sistema costituzionale in cui il potere è affidato al Terzo Stato, e cercando di evitare il rischio di una tirannia borghese: per questo, l’esclusività del potere legittimo e legislativo deve essere in mano all’Assemblea Nazionale che non deve esercitare oppressioni sui conferitori
· l’edificazione di strutture politiche alternative passa per la volontà comune non da esercitare come dominio – e quindi nemmeno della borghesia -, ma al fine di assicurare ai consociati il massimo sviluppo della loro libera volontà
· la libertà fa convergere così tre principi 1) rappresentanza 2) maggioranza – che trasforma in senso giuridico-politico un fattore sociale 3) opposizione (contestazione del sistema); sebbene le Vues siano un testo trascurato dagli studiosi, suggerisce anche una via di fuga per le classi privilegiate: “ogni cittadino contratta l’impegno di riconoscersi al potere della maggioranza, anche quando la sua volontà particolare risulti diversa”
· partendo dalla realtà del lavoro, parla di assemblee primarie di distretto, un “appuntamento comuni” che esprime, nelle sedi più alte, anche una Dichiarazione dei diritti e una Costituzione; punti base: a) volontà comune espressa a maggioranza b) esercitare in modo libero la procura ricevuta c) il potere sovrano resta inalienabile d) limiti nella durata e) ogni deputato non rappresenta la circoscrizione di provenienza, bensì la totalità dell’associazione f) il numero degli elettori di una circoscrizione e quello dei deputati deve essere proporzionale
· i possibili rischi sono il pericolo corporativo e la tendenza alla burocratizzazione degli uffici, da evitare con l’organizzazione secondo precise regole elettive; “un insieme di uomini non può rinunciare alla facoltà di esprimere la sua volontà; il fine sarebbe la protezione, poiché nessun uomo può rendersi schiavo di un altro uomo. Un atto morale che distruggesse ogni principio morale, non potrebbe mai essere obbligatorio. Ciò che non si può volere per sé stessi, a maggior ragione non si può volere per gli altri. [….] essendo la volontà nazionale prodotto di tutte le volontà particolari, il potere legislativo appartiene alla Nazione. Al di sopra di esso esiste unicamente il diritto naturale”
· Sieyes non indicava la strada della sovversione popolare né la strada di un Uomo distante e risolutore; l’accostamento di governo “libero” e “rappresentativo” da modello montesquieuviano (dopo le basi lockaeane), ha la maturazione storica con Sieyes nella fase del passggio dagli Stati Generali ad una Assemblea Nazionale legittima (per preparare una Costituzione libera sono chiamati a raccolta 26 mln di Francesi)
· la libertà non è un potere da rivendicare ma concreto che deve essere accompagnato da protezione della sicurezza e della proprietà, sul quale ritorna nei sui Préliminaires de la Constitution, presentati in qualità di membro del secondo Comitato di Costituzione e in contrasto con i moderati “monarchiens”, insieme alla questione della lingua – il modo di esprimere e far circolare il pensiero – in un mondo che si appresta ad accogliere il dibattito democratico e l’influenza della pubblica opinione: accortamente organizzata, la classificazione delle parole può invece giovare alla sistemazione dei concetti affinché si rendano meno vaghi termini relativi
· un sistema congiunto libertà-protezione (in un contesto di rappresentanza) è in grado di evitare lo spirito di usurpazione di una casta che agisce come consorteria; pur non essendo molto diffusa la cultura dei lumi si verrebbe a creare il fenomeno montesquieu-rousseauviano di virtuoso circolo creativo tra repubbliche e grandi uomini
· non basta mettere tutti i consociati sotto lo stesso regime di universalità e imparzialità, ma va messo davanti al potere legislativo-esecutivo-giudiziario un potere straordinario costituente, tenendo conto – come fa nei Préliminaires – dei diritti “dell’uomo e del cittadino”
· anche se nei Préliminaires non compare la questione del sindacato di costituzionalità delle leggi, che invece compare nei testi dell’Anno III (1795) nei quali prende forma un’analisi critica del concetto di sovranità, come reazione agli eventi del Terrore
· Sieyes non accettava l’idea di THOURET, BARNAVE, DUPORT secondo cui per limitare il potere legislativo bastasse assegnarne una parte anche al monarca in virtù del fatto che anch’esso, al pari dell’assemblea legislativa, è un rappresentante della nazione: la volontà di un ufficiale ereditario non può mai essere considerata come volontà del popolo; perciò il diritto di limitare del parlamento poteva solo spettare ad un giurì costituzionale
· sembra che KANT lesse la seconda lettera di Sieyes a Paine per derivarne un concetto positivo di monarchia costituzionale rappresentativa
· MICHELET avrebbe descritto l’abate come un uomo più attento alla proprietà e al suo ruolo più ecclesiastico che alla difesa sincera della libertà
Fonti:
Le forme di governo, Nicola Matteucci
Alla ricerca del governo libero, Carlo Carini
Alla ricerca del governo libero, Carlo Carini
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