Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Il pensiero filosofico politico di Voltaire

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· non discorreva su un’ideale forma di governo, ma come Montesquieu era attratto dalla forma inglese, descrittiva e prescrittiva allo stesso tempo
· lo studio della politica attraverso la storia e delle istituzioni attraverso le vicende di un popolo, possono dar vita ad una scienza politica: alla politica bisogna accostarsi con la stessa circospezione cui ci si avvicina alla comprensione della materia e dei misteri dell’universo, per averne una visione corretta

· dalle vicende umane deriva “l’idea generale delle nazioni che abitano e desolano la terra”, che bisogna studiare sulla base dei fatti secondo le fonti attendibili; la conoscenza delle cose politiche avanza per via sperimentale secondo approssimazioni successive grazie alla teoria matematica, anche se vi sono limiti che non possono essere superati - sfera dell’inconoscibile -, mentre le principali regole della morale obbediscono ad un codice comune della ragione (Newton insegna)
· predilezione per la scienza emerge in ogni opera: Lettres philosophiques 1734, Traité de Métaphysique 1734, Dictionaire philosophique 1764, Questions sur l’Encyclopedie 1770-72: la stessa religione non può che ispirarsi alla natura e a fonti attendibili; gli insegnamenti non sono quelli dell’abito sistematico di Cartesio, ma dei maestri inglesi come BACONE, LOCKE, NEWTON
· le questioni attinenti alla libertà e alla morale non sono metafisiche, bensì inscritte all’interno di una gran macchina governata da leggi fisiche; sebbene gli uomini nell’evoluzione siano configurati da un determinismo universale, per ciò che attiene alla libertà essa deve essere configurata nella loro capacità di scelta e decisione, che consente agli uomini di progredire e migliorare continuamente: non ci si può attestare su modi comuni di pensare; contro Hobbes, dice che la libertà è il potere di determinarsi da sé, ispirandosi alle tesi di SHAFTESBURY e CUMBERLAND (ripreso dal Clarke): siamo spinti a far prevalere il nostro sentimento di benevolenza e quindi di creare ordine intorno a noi attraverso opzioni razionali – creazioni di norme del giusto/ingiusto virtuoso/non virtuoso
· non esiste un codici di leggi innate, che venga dall’alto, ma semplicemente un istinto sociale che deriva dalla nostra natura: consapevoli dei propri limiti, gli uomini sono in condizione di edificare una società realisticamente libera, in cui gli obiettivi politici non entrino in contrasto con i dati offerti dall’esperienza; si determina spontaneamente un equilibrio tra interessi-comportamenti che dà luogo ad un qualcosa di libero molto lontano dallo stato leviatanico prigionisiaco: uno stato amministrato secondo ragione, in cui ogni potere – compresa la religione – è sottoposto alla legge
· l’uomo è portato al suo benessere, che è un male solo quando l’uomo opprime i suoi fratelli; ogni riflessione ha come punto di partenza e di arrivo la relatività delle conoscenze e delle pratiche del mondo, che induce a mettere il principio di tolleranza alla base di ogni sforzo civile
· sin dalle Lettres philosophiques 1734 – iniziate durante il soggiorno a Londra 1726-28 e per il loro contenuto contrario alla religione messe la rogo dal parlamento di Parigi il 10 giugno 1734 – si capisce questo: nel “paese delle sette” (Uk), ognuno può andare in cielo per la strada che più gli aggrada, ma tale libertà può sentirsi sicura solo all’interno di un sistema politico (come quello inglese) che favorisca l’impegno dei più e non l’interesse dei pochi- il vivere tra eguali democratico era sicuramente migliore dei vivere con privilegi aristocratico
· con esame concreto e imparziale della realtà sociale e politica, in Inghilterra il popolo emerge per virtù, benessere, potenza militare e prestigio culturale grazie a leggi che tendono a conformarsi alla legge naturale: le istituzioni interagiscono con la libertà naturale del cittadino, incrementando le sue potenzialità e diminuendo la dipendenza dalle istituzioni; tutto ciò per cinque motivi: 1) costituzione stabile 2) diritto penale con processi che si svolgono alla luce del sole 3) garanzia della proprietà come diritto civile 4) ruolo indiscusso del parlamento 5) indipendenza e imparzialità dei giudici e della PA (divieto di venalità degli uffici) – si può parlare con la penna – all’intera nazione
· in L’ABC 1768, porta a conclusione il discorso aperto con le Lettres philosophique 1734 descrivendo l’Uk a tutto tondo: A è un parlamentare inglese, B un democratico olandese, C un aristocratico; A afferma che affinché una società sia libera non basta che venga da tutti accettato il primato della legge (Montesquieu), ma che si verifiche la condizione in cui “ognuno sa quel che ha, quel che deve e quel che può”, dando il meglio di sé senza danneggiare il diritto di ognuno alla propria aut-affermazione, in modo da far crescere la società tutta
· c’è un rapporto organico tra la schiavitù di un popolo e l’origine del poter dispotico, come dimostra la vicenda di Giuseppe sotto i faraoni; la rivoluzione per la libertà è del tutto naturale, e paradossalmente di facile esecuzione, perché non fa che ripristinare la situazione originale nella vita d’un popolo
· valutando i pro e i contro di ogni situazione sa distinguere le tendenze fugaci da quelle strutturali, ed infatti nel Dictionnaire philosophique 1764 nell’ed. ginevrina 1769 alla voce “Etats, Gouvernements. Quel est le meilleur? » dice che non esistano forme di governo buone in assoluto, ma solo in relazione al punto di vista degli osservatori (senza dire dell’influenza delle religioni, clima, costumi); alla fin fine il governo migliore è quello in cui si obbedisce soltanto alle leggi eseguite da una buona ed imparziale amministrazione (si ha conferma anche negli scritti successivi)
· contro la dipendenza piuttosto che l’ineguaglianza – sebbene la visione democratica sia sempre migliore della aristocratica – bisogna lottare, sebbene l’uguaglianza assoluta sia una chimera per via di un’infinità di condizionamenti; sul terreno della concretezza più dura ci sono solo due vie di scampo a) la ragione, che avanza in modo inarrestabile b) la scienza, che trova sempre nuove spiegazioni e soluzioni
· il “governo libero” non bisogna immaginarlo come un perfetto regime monarchico o repubblicano, perfettamente egualitario, ma come un sistema in cui vi sia spazio per le differenze e il mutamento: il potere non può mettersi in contrasto con le aspirazioni di un popolo, o con i diritti di natura
· il Dictionnaire philosophique 1764 e le Questions sur l’Encyclopedie 1770-72 sono testi che vanno letti insieme: per la storia della libertà sono la piattaforma ideologica più avanzata edificata in Francia prima della rivoluzione, con metodo scientifico filologico senza posizioni preconcette
· gli intellettuali e gli scrittori politici devono insistere sulle virtù del realismo e dell’efficacia delle procedure cognitive basate sul rispetto dei testi
· è diffidente verso il governo misto che crea confusione negli stati democratici e abuso di potere in quelli monarchici, per questo si deve prevedere una bilancia dei poteri come nella forma inglese (il principe, onnipotente per fare il bene, ha le mani legate per fare il male); e non nel senso romano dove grandi-popolo erano sempre in contrasto, e dalle cui guerre civili uscì la schiavitù (potere in mano ad un tumultuoso elemento popolare)
· Voltaire non aveva simpatia per il whig, tanto da essere legato al tory LORD BOLINGBROKE – conosciuto in Francia nel 1722 e più volte richiamato nei suoi scritti: ma whigs e tories mostrano d’essere d’accordo sulla necessità di sottoporre il potere religioso alla legge; libertà che si manifesta appieno nella Borsa di Londra dove tutti – di qualsiasi fede – negoziano: l’accordo Comuni-Lords-Corona è poggiato sul predominio di una borghesia colta ed economicamente intraprendente e su imposte proporzionate al reddito decise dalla Camera bassa (è l’eguagliamento delle condizioni economiche che Tocqueville avrebbe posto al centro delle due indagini)
· del resto, nel Traité de Métaphisique 1734 – composto sotto l’influenza della marchesa di Chatelet, orientatrice degli studi filosofico-scientifici di Voltaire – è la varietà degli mbienti sociali a consigliare un metodo d’osservazione e giudizio relativistici
· nella Métaphisique de Newton 1740 (Amsterdam) afferma come essere liberi non è l’esercizio in discriminato del proprio arbitrio, ma il potere di fare ciò che si vuole lockeano (non impedimento e adeguamento): le leggi non devono essere impedimento ma deliberazione collettiva (distanza da Rousseau minima); è la stessa conoscenza storica a farci sapere dei progressi compiuti, e il metodo analitico e sperimentale (dei naturalisti), che fa accostare i politologi all’argomento in modo diverso
· è nei Pensées sur le gouvernement 1752 (poi ampliate nelle Pensée sur l’administration publique 1756, Ginevra) che cita Uk, Olanda, Svizzera, Amburgo, Venezia e Genova come liberi, mentre la dicotomia libertà/schiavitù richiamava la cultura politica del mondo romano; il dispotismo non è ragionevole né tanto meno conforme alla natura degli uomini: il vero collante della società è il formarsi di un equilibrio fra le volontà
· in polemica col Contratto Sociale di Rousseau, ha composto le Idées républicaines par un membre du corps 1765: se l’autogoverno è il miglior modo per scongiurare il dispotismo, è però il governo civile cui bisogna guardare e il più adatto, che rappresenta la volontà di tutti: si distingue per la sua tolleranza e il rifiuto di ogni dogma e discriminazione
· per organizzare in forma stabile la libertà dei governi occorrevano tre cose: 1) lo spirito di tolleranza religiosa, che dà ad ognuno il diritto di partecipare alla discussione pubblica e di contribuire al progresso economico del paese (es. Borsa di Londra) 2) un sistema rappresentativo, come garantismo politico 3) la cognizione della scienza, che deve essere estesa alla maggioranza del popolo, e ciò a prescindere dalla estensione territoriale (in polemica con Rousseau)
· chiara la preferenza per un sistema politico inglese con dialettica dei partiti, anche se quello in cui la eguaglianza naturale sarebbe più esplicata sia il governo repubblicano – da preferire a tutti gli altri – ma “non ci sono mai stati governi perfetti; occorre perciò abbassare le pretese
· con la rappresentanza si deve prevedere un allargamento progressivo della componente attiva della popolazione, poiché un paese governato in comune è più ricco e popolato
· non esistono sistemi politici statici ma tutto nel cosmo è in movimento: lo stesso principio di tolleranza si fonda sulla constatazione chele situazioni possono continuamente mutare
· ne Le Philosophe Ignorant 1766 nota come scienza e politica risultino chiaramente integrate grazie alla visione complessiva basata sull’esperienza, molla insostituibile di ogni sforzo umano; gli ultimi scritti di Voltaire sono infatti dominati dall’assunto che non si può fare a meno della cognizione scientifica del mondo
· assodato che tolleranza religiosa e libertà favoriscono il progresso economico, sociale e politico della nazione (quanto più le sette sono numerose tanto meno ognuna di esse è pericolosa), il pensiero si dirige sul primato della legge; la tesi di un Voltaire fautore di un dispotismo illuminato appare alquanto forzata
· nelle società avanzate i bisogni e i modi per soddisfarli non implicano il ricorso a mezzi coercitivi o fughe populiste, tanto che il sistema migliore non è più da rinvenire nelle tipologie classiche degli antichi – superate ed insufficienti – ma all’interno della questione più generale su come si possa dirigere la politica verso obiettivi compatibili con la legge del progresso: il complesso sistema di dati rendono il discorso più complesso ed articolato della disputa monarchia-repubblica, poiché governare gli uomini è molto complicato perciò servono nuove categorie concettuali
· l’Inghilterra presenta uno sviluppo storico particolare e non può essere paragonata alla Francia, e le situazioni non vano generalizzate; l’attitudine degli inglesi è la costanza, con un delicato sistema di equilibrio di interessi che se non ben congegnato può portare ad abusi “spaventosi”, tanto che deve essere ancorato ad una costituzione (altrimenti si va incontro a rivoluzioni); la tipicità inglese è difficile farla attecchire altrove, sebbene nella Svezia dei successori di Carlo X si sia tentato – senza successo – di limitare in senso oligarchico il potere del re col Riksdag, una camera di rappresentanti di nobiltà-clero-borghesia-contadini [il tema dell’esportabilità del modello inglese sarebbe comunque rimasto al centro del dibattito europeo sino ai giorni nostri]
· uno Stato ben amministrato e rispettoso della libertà è quello dove la nazione non viene tassata senza essere consultata, dove le risorse pubbliche non vengono dissipate ma impiegate ad alimentare le manifatture, e dove la dinamica economica associata alla politica consente agli uomini – necessariamente riuniti in società – di procurarsi il benessere e mettersi al sicuro dal male: la politica messa in rapporto con lo sviluppo degli interessi e dei bisogni, con la distribuzione della ricchezza e la scarsità delle risorse, è un’arte che implica una situazione di comando e di obbedienza (di padroni e servitori, dominatori e dominati), ma la forma di governo serve a stabilire dei limiti a questa situazione entro una sfera di compensazione delle forze dove nessuno può arricchirsi oltre misuramomento di svolta del discorso politico di Voltaire, dalla vecchia concezione della politica come affare di Stato, di cancellerie di aristocrazie, in una nuova concezione in cui è la società a dettare le regole principali: non più insostenibili spiegazioni metafisiche o di spirito di conquista [filone che si sposta – con lui – dal discorso sulla forma di governo montesquieuviano-rousseauviano ad un discorso sulla società voltairiano]


Fonti:
Le forme di governo, Nicola Matteucci
Alla ricerca del governo libero, Carlo Carini

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