Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Ibn 'arabi e il Sufismo

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IBN ‘ARABI e IL SUFISMO
Ibn ‘arabî diede enorme peso alla sfera mistica, in contrasto con le posizioni razionalistiche maturate da Averroè (e destinate a non avere seguito nel mondo musulmano): nelle sue numerose opere - soprattutto in Le gemme della sapienza - egli insiste sull'unità dell'essere. Dio si moltiplica, attraverso i suoi attributi, nella creazione, ma il mondo sensibile è solamente un'ombra di esso. La natura è da bn Arabi definita come il "respiro del Misericordioso". L'uomo occupa una posizione centrale nel creato e i profeti sono espressioni della stessa realtà divina. Il fine dell'uomo consiste nell'unirsi misticamente a Dio nell'amore.
Toccò a Ibn ‘arabî allora formulare in modo esplicito ciò che era solo implicitamente contenuto negli insegnamenti dei primi maestri del sufismo e, attraverso lui, la dimensione esoterica dell'Islam fu, per la prima volta, espressa apertamente.
Il Logos di Ibn ‘arabî ha tre aspetti (o può essere considerato da tre punti di vista): l'aspetto metafisico, come Realtà delle Realtà;
l'aspetto mistico, come Realtà di Maometto;
l'aspetto di perfezione umana, come L'Uomo Perfetto.
Considerando il primo di questi aspetti, la Realtà delle Realtà (Haqiqatu'l Haqa'iq), Ibn ‘arabî afferma che questo è il Primo Intelletto, il Principio Immanente Razionale nell'Universo (idea Stoica), l' “Idea Delle Idee” (o Archetipo degli Archetipi, il grande teologo cristiano alessandrino Origine si riferisce al Logos allo stesso modo cioè come Idea Ideon).



E' il sapere divino, il contenuto e la sostanza della divinità. E' la prima manifestazione o epifania di Dio.
La Realtà di Maometto (al Haqiqatu'l Mohammadiyyah), il Logos non è l'attuale fisico o umano Maometto, ma la Realtà (haqiqa) dietro Maometto, il Principio Attivo di ogni rivelazione divina ed esoterica. Il Logos come Realtà di Maometto ha le caratteristiche di essere il rivelatore permanente di Dio.
Questa distinzione tra il Maometto umano e quello trascendente fu popolare nel sufismo e nel pensiero esoterico Ismaili. Anche nel primo cristianesimo, specie nel cristianesimo gnostico, si verificò questa separazione dell'umano dal divino principio della Rivelazione. L'ortodossismo e il fondamentalismo cristiano chiamarono questa idea "docetismo" e la considerarono eresia grave. Più recentemente, un'idea simile è apparsa tra i cristiani teosofisti come Rudolph Steiner e Alice Bailey. Nell'insegnamento di Ibn ‘arabî, ogni profeta è chiamato logos ma non il Logos, che, termine più ampio, si riferisce al principio spirituale o Realtà di Maometto.
Secondo il sufismo, il Pilastro si realizza nell'uomo perfetto, l'espressione umana individuale del Logos.
Ibn ‘arabî definisce ogni cosa "logos" - "Parola" di Dio- poichè ogni cosa partecipa del principio universale della ragione e della Vita.
Come il Pilastro della Creazione, il Qutb è comparabile all'asse del mondo dello Sciamanismo (che sopravvive nella mitologia scandinava come albero-del-mondo o e nella cosmografia Hindu e buddista come Monte Meru), il Tai Ch'i o "Grande Cardine" o "Grande Trave" della cosmologia cinese (neo-taoista e neo-confuciana).
Il Logos Divino perciò si manifesta come innumerevoli Avatars, Maestri Perfetti, Divine Presenze, e così via; sia in forma umana come un Avatar fisico e reale, sia in una forma non incarnata come cioè una Presenza che si muove in modo nascosto nel cuore spirituale (Qalb) di ogni essere individuale. Questo è un processo continuo, poiché è sempre una Divina Presenza nel mondo, anche se in alcuni periodi può essere più accessibile che in altri - perciò gli Ismaeliti parlano di Cicli dell'Epifania e Cicli del Nascondimento, e i Cabbalisti parlano di "Dio che svela il Suo Volto ma poi lo volge altrove".
Sura IV, V. 157/159
«E dissero: ‘Abbiamo ucciso il Messia Gesù figlio di Maria, il Messaggero di Allah!’. Invece non l’hanno né ucciso né crocefisso, ma così parve loro: Coloro che sono in discordia a questo proposito, restano nel dubbio: non hanno altra scienza e non seguono altro che la congettura. Per certo non lo hanno ucciso ma Allah lo ha elevato fino a Sé. Allah è eccelso, saggio. Non vi è alcuno della Gente della Scrittura che non crederà in lui prima di morire. Nel Giorno della Resurrezione testimonierà contro di loro’.»
Gabriele Mandel, Il sufismo vertice della piramide esoterica, SugarCo, Milano, 1977, pp. 57-61.
Leggiamo, su Ibn 'arabî, quanto afferma lo storico positivista Philip Hitti (1964):
« il XII secolo vide in Oriente l'inizio di una grande organizzazione della vita religiosa musulmana parallela allo sviluppo degli ordini monastici della cristianità medioevale, e Ibn 'arabî – che rappresentava la scuola illuministica (ishraqi) o pseudo-empedoclea, neoplatonica e panteista fondata da Ibn Masarra e Ben Gabiriol –, fu l'uomo che dette a questo movimento sufi la sua struttura filosofica speculativa [...] In giurisprudenza Ibn 'arabî appartenne nominalmente alla scuola zahirita (dell'interpretazione letterale) del suo compatriota Ibn Hazm; in questioni speculative egli passò per batinita (esoterico); nella teoria filosofica fu monista panteista, come dimostra la sua dottrina della wahdat al-wugiud (unità dell'esistenza).
Il tema centrale del suo pensiero afferma che le cose preesistono come idee (a'yan thabita) nella conoscenza di Dio, dalla quale vengono emanate e alla quale ritornano. Non esiste la creazione ex nihilo; il mondo è semplicemente l'aspetto esteriore di Dio, che ne è l'aspetto interiore.
Il vero mistico, secondo Ibn 'arabî, ha una sola guida, la luce interiore e troverà Dio in tutte le religioni.»
Lo Shaykh al Akbar Ibn ‘arabî aveva predetto la nascita dell'impero islamico della dinastia ottomana con secoli di anticipo.
Inoltre il Sultano Solimano il Magnifico diede ordine ai teologi di scrivere un' opera comprensibile al popolo in cui si difendeva lo statuto di sapiente e di santo dello Shaykh Ibn ‘arabî. Una fatwa (decreto giuridico islamico) fu emessa da Kemal Pashazade (insegnante di Solimano).
I destini spirituali della scuola akbariana e dell'Impero Ottomano sono intimamente legati: il più grande e longevo degli imperi islamici della storia era figlio spirituale del più grande maestro della gnosi e del sufismo islamico.
Ad Istanbul, capitale dell'ultimo califfato e in precedenza capitale dell'Impero Cristiano d'Oriente (Bisanzio) si trovano sia la bandiera sia la spada del Profeta Muhammad.
GILGAMESH: KHADIR o ELIA
Il Corano, Sura della Caverna (XVIII):
appare q ui la leggenda di Gilgamesh, il Romanzo d'Alessandro Magno diffusissimo in Oriente in innumerevoli versioni orali e scritte, un racconto rabbinico sulle prove imposte da Elia a rabbi Joshua ben Levi. È qui (versetto 65) che compare il popolarissimo quanto misterioso personaggio di Khadir o Khidr, comunque mai nominato nel Corano con questo nome, che tanta parte avrà nelle leggende, nella letteratura e nelle speculazioni mistiche dei popoli musulmani. È più che Profeta (è infatti guida di un Profeta, Mosè); è immortale, come Elia, Gesù e Idrîs.
Mosè credeva di possedere tutto lo scibile che un uomo può possedere.
Dio gli rivelò che uno dei suoi servi lo superava nell'ambito della Conoscenza. Il profeta Mosè volle conoscere questo felice privilegiato: si trattava del profeta AI-Khadir o Khider (il Verde), eternamente in viaggio, che si svela a volte a qualche raro eletto da Dio e la cui esistenza sembra di fuori dal tempo e dallo spazio.
Secondo la tradizione e l'esegesi, il personaggio incontrato da Mosè è presente, si può dire, in tutte le leggende orientali sotto altri nomi. Ad esempio nell'Epopea di Gilgamesh per i Persiani, nelle vesti del profeta Elia per gli Ebrei. Egli è giunto di là dai confini del sapere umano, per cui rimane in perpetuo sulla terra, percorrendola da un capo all'altro. Allorché incontra una persona che riconosce degna, la inizia alla Conoscenza, investendola così del potere di comunicare la Verità segreta agli altri. Nel mondo islamico il suo nome è al Khadir, o al Khidr, o Khider: il Verde.
L’AGARTTHA
da Il Re del mondo, René Guénon
In tutta la Bibbia manca la descrizione di Dio-Padre, l’Oggetto di speranze di tutti i credenti.
Nella Bhagavadgita è detto tutto di Lui e della Via che porta a Lui.
Il problema è che la Bhagavadgita è stata prima tradotta in russo dalle persone che non la capivano bene. Invece, una traduzione degna di fede poteva esser stata fatta soltanto da coloro che hanno realizzato in pratica tutti gli Insegnamenti di Krishna.
Durante tutta la storia dell’umanità sulla Terra, Dio ha insegnato alla gente la stessa cosa: come svilupparsi aspirando verso la Perfezione Divina, verso l’unione con Lui. Questi Insegnamenti Divini si chiamano Sanatana Dharma“ la Legge Primordiale”.
Dio lo insegnava ed insegna tramite gli Avatar e profeti. Però ogni volta col passare del tempo la gente dimentica l’essenziale degli Insegnamenti concreti che ha ricevuto, storpia qualcosa in essi, a volte fino a rovesciarne il significato.
Per questa ragione Dio è costretto ad incarnare ripetutamente le Particelle di Sé nei corpi degli uomini oppure dire tutto tramite i nuovi profeti, cercando di recuperare di nuovo alla vita la Sanatana Dharma.
Tutti i principi delle interazioni con altre persone ed esseri vivi possono essere espressi in un comandamento breve di Viasa: “Aiuta tutti (in tutte le cose belle), non offendere mai nessuno!”.
Per esempio, «nella novena di San Michele arcangelo e ai nove cori degli angeli», sollecitiamo l'intervento di nove tipi di angeli che sono: i serafini, i cherubini, i troni, le dominazioni, le potenze, le virtù, i principati, gli arcangeli e gli angeli.
E’ un terzo di questi angeli di Dio, di tutti i tipi, che fu precipitato sulla terra nel momento della sommossa degli angeli e che sono diventati gli dei di questo mondo delle civilizzazioni scorse. Non ci sono dunque divinità che si sono autocreate.
L'osservazione empirica degli dei di questo mondo e degli angeli della Bibbia, permette di classificarli in tre gruppi:
a) coloro che somigliano agli esseri umani (come gli Arcangeli);
b) coloro che somigliano agli animali ed agli uccelli (Apocalisse 4:7);
c) quelli che sono a metà tra gli esseri umani e gli animali (gli dei dell'Egitto e dell'India)
A) COLORO CHE SOMIGLIANO AGLI ESSERI UMANI
Il Signore Brahmâ, il creatore dell'universo, Dio dell'India
In India, si dice che tutto quello che esiste fu creato dal Signore Brahmâ. Questo Dio riceve molte adorazioni della parte degli Indù fin dall'antichità ai nostri giorni.
Ha quattro teste umane orientate verso i quattro punti cardinali.
Stranamente, la Bibbia testimonia che il trono del Dio degli eserciti si riposa su degli angeli che lo sostengono.
Angeli che portano il carro di Dio
Leggiamo questo nei Salmi 17:11 e 98:1:
«ecco: il Signore regna: tremino i popoli. Egli siede sui cherubini: la terra è scossa. Cavalcava un cherubino e volava; volava veloce sulle ali del vento...»
Isaia 37 :16
«Signore degli eserciti, Dio d'Israele, che siedi sopra i cherubini!»
Ezechiele 1: intorno agli anni 595 prima della nostra era, il Dio Eterno lo visitò allo scopo di affidargli una missione. Dio era seduto sul suo trono e questo trono si riposava su un carro splendido e straordinario; questo carro era portato da quattro angeli e ogni angelo aveva quattro teste, quattro braccia, quattro ali.
È la prima volta che la Bibbia tratta di tali creature.
La descrizione di questi angeli che portano il carro di Dio non è tanto diversa da quella del Signore Brahman dell'India, anche lui possiede quattro teste e quattro braccia.
Fa dunque parte degli angeli sfortunati portatori del trono del Padrone dell'universo che furono precipitati sulla terra dopo la sommossa.
Apocalisse 4:7 ss.: vediamo altri angeli dinanzi al trono di Dio che fanno costantemente elogio della sua santità. Questi angeli sono di tipo diverso. Non somigliano agli esseri umani ma sono piuttosto uccelli o animali. Sono molto potenti nel cielo, ma anche quelli precipitati in terra, a causa della posizione precedentemente occupata dinanzi al trono di Dio.
B) COLORO CHE SOMIGLIANO AGLI ANIMALI
Apocalisse 4:7 ss.: il vitello si trova dinanzi al trono di Dio sotto forma di angelo e lo si ritrova anche sulla terra come un divinità pagana.
Nell'Egitto faraonico, la mucca era un Dio onnipotente i cui idoli si trovavano ovunque.
Esodo 32: vediamo l'azione di questo Dio onnipotente nel momento della liberazione degli schiavi ebrei: dopo aver attraversato il mare a secco su intervento dell'Eterno, appena usciti dall'Egitto, si tagliarono un vitello d'oro, si prosternarono dinanzi a questo idolo e lo adorarono. Tutto questo sotto la guida del sacerdote Aaron.
C) COLORO CHE SOMIGLIANO AGLI UCCELLI
Socar
È il Dio Egiziano considerato come il sovrano della notte e della permanenza dei morti. È un'aquila e a volte viene rappresentato con l'aspetto di un essere umano che porta una testa d'aquila.
Apocalisse 6:7: l'aquila si ritrova dinanzi al trono di Dio e quest'angelo ha un potere sulla morte e la permanenza delle morti. La Bibbia dice che questo angelo ha il potere di far perire gli uomini con la guerra, la carestia, la malattia e le bestie selvatiche.
Superiorità dell'uomo in relazione agli angeli.
Genesi 9:2-3
Dopo il diluvio, Dio autorizzò gli uomini a disporre degli animali: ucciderli e mangiarne. Ma mai nessun animale fu autorizzato a disporre di un essere umano.
Ciò conferma la superiorità degli esseri umani sugli animali. Allo stesso modo, tutti gli angeli che somigliano agli animali o agli uccelli, tutti quelli tra di loro che portano teste di animali o di uccelli sono inferiori agli esseri umani anche se alcuni di loro si trovano dinanzi al trono di Dio.
E può essere una della ragioni per le quali la santa Bibbia rivela che gli esseri umani giudicheranno gli angeli di Dio (Prima Lettera ai Corinzi 6:3).

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