Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

In memoria di Vito Grasso: "L'arte di vivere"

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L'ingiustizia e buona parte del male nel mondo derivano dal non avere svolto sufficientemente il pensiero e diffuso la razionalità.
Un'etica universale ed applicabile nei rapporti umani, come nei rapporti sociali (Kant insegna), non può che derivare dalla ragione.
Dagli irrazionalisti derivano invece gli autos da fè, i pogrom, i lager, perchè "è il sonno della ragione che genera i mostri".

Esaltare la passione come categoria robusta e potente ed esaltare addirittura la gratuità del gesto porta a quelle concezioni attivistiche e volontaristiche della vita sulle quali si pongono i regimi totalitari. Può anche portare ad affermare che la guerra è bella e - supremo insulto ai morti - che la guerra è l'igiene del mondo.

Naturalmente se qualcuno per temperamento è portato alla fantasia o allo scatto di generosità non c’è nulla di male, purchè non se ne faccia una filosofia di vita che ci faccia ripiombare in quella che Croce definiva "la mala pianta dell'irrazionalismo".
Gli istinti possono scatenarsi ciecamente se non sono guidati da una disciplina. Questa deve essere la fede, piu' che la ragione; non una fede cieca, che conduce alle altre aberrazioni … una fede che e' la conquista di un animo temprato dall'umiltà di non considerare nulla come definitivo.
E' in sostanza la posizione di chi considera il dialogo con un Dio sconosciuto ma presente. Il punto d’arrivo è la maturità del dialogo. Durante il tragitto, l’uomo che cerca e che si rivolge a Lui non può che commuoversi: in verità, si è scossi dal tuono dell’immenso, non si riesce ad alzare la testa.

Si vede con una certa consapevolezza il suo sguardo indagatore, nella clemenza, e si percepisce che verrà chiesto che cosa si porta nella coscienza, una volta denudato delle spoglie terrene. Verrà chiesto se Lo si è amato e se Lo si è cercato. Gli si risponderà che Lo si è cercato per tutta la vita, tentando di amarlo anche nell’inspiegabilità degli avvenimenti.
Riflettendo su quanto detto a proposito dell’Etica universale, si può essere d’accordo sulla necessità di stabilire chiarezza sui confini etici che già esistono- quasi a livello di “legge della natura” e che nessuno rispetta. In fondo tutte le ricerche di corrispondenza tra l’Uomo e l’Universo non sono che tentativi di stabilire linee di condotta basate su linee di pensiero. Ovviamente in opposizione alle “leggi del mondo” che invece implicano sopraffazione, falsità, cattiveria, prevaricazione, prepotenza e i crimini che inevitabilmente ne derivano, se l’Uomo Mondano deve raggiungere i suoi fini.
A questo punto, sfugge dove collocare Dio.
Il Creatore dell’Universo ha indicato una Via Naturale in opposizione alla Via Mondana e ha dato il libero arbitrio di seguire l’una o l’altra.
A ciò si può obbiettare l’ovvia riflessione che il libero arbitrio non esiste quando si è vittima del crimine altrui. Fossero tutti uccelli rapaci, o ci si farebbe una guerra tra aquile o si morirebbe di fame. Purtroppo ci sono anche le colombe. Come la mettiamo? Dov’è il libero arbitrio della colomba preda del falco? Dov’è il libero arbitrio del lombrico preda della colomba?
Ci si dirà: parliamo in senso stretto di uomini e non di animali. Va bene. Ma anche fra di noi dobbiamo lottare per il nostro lombrico. Non occorre andare fino all’Olocausto. La vita quotidiana è fatta di orrori e di sopraffazioni…
Esiste una gradazione di crimine o il principio criminale nasce anche dal semplice disprezzo o dal semplice dispetto? Forse si’, se esiste l’Etica Universale, che deve essere qualitativa e non quantitativa.
Perché l’Olocausto è tale? Forse perché si parla di martirio e di sacrificio, in nome di Dio. Facile dire cio’ da parte del sopravvissuto. Dio vuole forse che i suoi figli paghino l’elezione col martirio?
La risposta consiste forse nel fatto che non è necessario insistere sulla centralità dell'etica nel nostro essere uomini. La speculazione pura, quella che in linguaggio idealistico si chiamava "filosofia teoretica", soddisfa solo la legittima curiosità intellettuale dell'uomo sulle cause prime e, nella misura in cui egli perviene o crede di pervenire ad un qualche risultato, soddisfa anche una, peraltro innocente, vanità.
L'etica invece significa il rapporto con l'altro che comporta gioia, più spesso sofferenza, responsabilità e che rende meritorio o non meritorio il vivere stesso di ciascuno di noi.
Al contrario Maimonide, nella Guida dei perplessi, dà all'etica un posto secondario rispetto alla conoscenza (peraltro in lui solamente negativa - ciò che non è - di Dio).
Trattando di etica forse non è appropriato riferirsi alle leggi della natura: il mondo animale ed i suoi rapporti ci insegnano che la legge di natura si fonda sul diritto del più forte, sulla difesa del territorio ed in alcune specie più evolute sull'istinto gregario. A questo punto cade il mito del buon selvaggio di rousseauiana memoria, traviato dalla civiltà, in quanto anche gli esempi di comunità primitive che conosciamo lo smentiscono.
L'etica deve essere fondata sulla ragione e in quanto tale universale perchè la ragione è di tutti gli uomini quale che sia la loro fede religiosa o la loro ideologia; un'etica, quindi, non condizionata da un sistema di premi e punizioni in quanto il venir meno della fede in questo sistema farebbe venir meno le ragioni stesse dell'etica.
Per il fedele il posto per Dio rimane ugualmente: può sempre credere che è Dio che ha dato all'uomo e solo all'uomo la ragione perchè egli possa dotarsi di un codice di comportamento universale.
Regole come "fai che la somma delle tue azioni possa fungere da legge universale" certamente non sono facili da applicare e certamente, come quando ci si stufa di dare l'elemosina a ogni angolo di strada, non sempre riusciamo ad applicarle. Ma quello che dev'essere chiaro è il quadro di riferimento e la norma etica diventa così un traguardo che ciascuno persegue nella misura in cui riesce ad impegnarvisi.
Nella tradizione giudaica, ad esempio, non c'è il prete che attraverso la confessione può perdonare per il male fatto agli altri. Nel giorno di Yom Kipur si può chiedere perdono a Dio per le offese recate a Lui e se il pentimento è sincero Egli perdona, ma per le offese arrecate al prossimo è il prossimo che deve perdonare, non può farlo Dio senza riprendersi la libertà che in qualche modo avrebbe dato all'uomo.
Se ci riferisce ai testi tradizionali, Dio non vuole che si paghi l'elezione con il martirio. C'è la promessa: "farò di voi un popolo di santi e di sacerdoti", ma c'è anche il rispetto per la centralità della vita. Quando Dio ferma la mano di Abramo, abolisce un mondo in cui gli altri culti consideravano normali i sacrifici umani. Sostituendo Isacco con un montone (dopo la distruzione del secondo Tempio non sarà più necessario nemmeno il sacrificio del montone) Dio conferma la sacralità dell'uomo.
Del resto l'etica ebraica si è sempre ispirata al rispetto anche del corpo inteso come creatura di Dio, è sempre stata contraria a forme di mortificazione della carne ed è stata definita da illustri maestri un'etica della gioia che è cosa, ovviamente, ben diversa da un'etica del piacere.
Teorizzare l’ “Arte di Vivere” è come la musica classica araba: non ha un principio e non ha una fine. Si può continuare a lungo ad approfondire, ma ad un certo punto bisogna fermarsi e vivere.
Dalla corrispondenza con Vito Grasso, 2004.

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