Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

L'arte di ascoltare, Plutarco

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Il cambiamento è radicale, perché il ragazzo deve saper mettere a frutto l'improvvisa libertà di cui gode, non avendo più un maestro di scuola che lo controlla nello studio o un preciso programma da imparare: gli si dischiude un mondo completamente nuovo


Nella libertà inizia la vera maturità, ed ognuno inizia ad essere maestro di sè stesso. La vera sfida è iniziare a discernere, in quel "mondo completamente" nuovo, ciò che è Vero da ciò che non lo è. Non ci sono imposizioni.
In realtà però non c'è una vera libertà sino a quando non si Conosce, come dice Gurdjieff per bocca di Ouspenski, perchè siamo in questo mondo con delle Leggi e anche un uomo che pensa di agire in libertà, non sa che questa libertà è legata a ciò che accade nel mondo, e accade perchè accade.

L'insegnamento aveva però anche un altro aspetto fondamentale, che consisteva in quella che si potrebbe chiamare, in termini odierni, analisi e terapia di gruppo: il maestro sollevava una questione di ordine morale e invitava gli studenti ad esporre ad alta voce le loro riflessioni sull'argomento e a confessare le proprie eventuali debolezze

E' importante iniziare un percorso. Non importa da dove, ma quello che conta è il metodo: ogni argomento può essere  valido per iniziare. E' anche fondamentale riconoscere i presupposti da cui si parte: la limitatezza dell'essere umano, fatto di debolezze; un riconoscimento delle proprie debolezze è un buon punto di partenza per il loro superamento e trasformazione.

assumendosi con il suo intervento il ruolo di guida spirituale e terapeuta delle coscienze.  La conversazione poteva essere anche privata, al termine della seduta di gruppo: si instaurava cosi, tra discepolo e maestro, un legame profondo, di incondizionata stima, che sfociava talora in un'autentica dipendenza psicologica.

In realtà il lavoro del maestro termina dove inizia quello dell'allievo, che deve "partorire" (come più volte mi hai detto) da sè. Non credo invece che l'instaurarsi di una "dipendenza psicologica", per lo meno se non ben compresa, sia positiva.

Ogni forma di indifferenza o timidezza di fronte ai moniti e ai rimproveri deve essere bandita: bisogna lasciarsi curare dalle parole del maestro

Il maestro (nel testo si parla di maestro di filosofia, ovviamente "maestro" è anche quello spirituale, e anzi al tempo credo che tale nozione non fosse così separata come la si intende oggi...) è un curatore, che deve vergare intellettualmente lo studente per fargli percorrere un via che gli dia un giusto metodo.

 i giovani non devono essere riempiti di nozioni, ma accesi d'entusiasmo per la conoscenza, ponendo nella loro mente il seme che li stimoli a proseguire da soli lungo la strada della ricerca e della verità
La mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma piuttosto, come legna, di una scintilla che l'accenda e vi infonda l'impulso della ricerca e un amore ardente per la verità.

Ormai scontato ma importante. Il nozionismo scolastico e universitario è inutile per la vera ricerca, che deve essere sempre stimolata e non deve fermarsi mai: uno non deve cullarsi su quello che uno già sa o crede di sapere. Si può creare sempre una nuova scintilla che accenda un fuoco.

ora che hai indossato la toga virile e ti sei liberato da chi ti dava ordini

E' ovvio che con questa frase ci si riferisce anche ad una investitura iniziatica, l'aver indossato il mantello del martinista o dell'eremita. Il maestro scolastico che dà ordini non c'è più; c'è un maestro interiore che agisce per coscienza e che se rettamente guidato aiuta ad essere un tutt'uno con la nostra scintilla divina dentro di noi. Che non dà ordini.
L'ordine lo può dare la Legge di Natura, a cui non si può sfuggire credendo di essere "liberi", senza prima aver lavorato su se stessi.

sono portati a confondere con la libertà, fa si che le passioni, quasi fossero sciolte dai ceppi, diventino per loro padroni più duri dei maestri
depongono anche ogni senso di pudore e di rispetto, e sciolto l'abito che li teneva composti si riempiono subito di sregolatezza

Anche chi è iniziato, credendo di aver intrapreso un cammino di comprensione si sente legittimato a rompere delle regole che precedentemente si era dato. Le passioni non vanno rimosse ma domate e trasformate; bisogna tentare di non dargli troppo spazio. La purificazione in questo aiuta; e parlo anche per me ovviamente.
Non ci si deve mai dimenticare del rispetto, poichè alla base del rispetto c'è un coraggio che scalcia la paura. Le paure dentro di noi infatti indeboliscono il nostro Io e danno materia grossolana per rafforzare falsamente personalità ed Ego; e questo ne va a discapito del riconoscimento dell'altro come facente parte del nostro Tutto, con cui dobbiamo essere in armonia.

il passaggio dalla fanciullezza all'età adulta, per quelli che ragionano bene, non significa non aver più un'autorità cui sottostare, ma semplicemente cambiarla

La maturità nella vita, così come la maturità iniziatica di coloro che "ragionano bene", che sono indirizzati verso una giusta comprensione, non devono rifiutare l'autorità in senso anarchico, ma dare ad essa la giusta priorità non dimenticando un criterio gerarchico e di differenza di "funzioni" nella vita. Oltre a questo, l'autorità nostra principale deve iniziare ad essere quella del Tempio interiore.

2.         I cittadini naturalizzati che provengono da un altro paese e sono in tutto e per tutto stranieri assumono atteggiamenti critici e insofferenti nei riguardi di molte usanze locali, mentre chi vi viene dalla condizione di meteco' per il fatto di essere cresciuto in familiarità e dimestichezza con quelle leggi, ne accetta gli obblighi senza difficoltà e vi ottempera volentieri

La lettura più che duplice della frase fa sì che si parli non solo di adeguamento alle usanze locali e di rispetto delle leggi del paese in cui si è (sempre perchè alla base del rispetto vi è la non-paura); ma sta a significare anche che l'iniziato può avere dimestichezza con le Leggi, e dal momento che le conosce le accetta "volentieri".

tutto ciò che hai appreso e ascoltato da ragazzo, devi accostarti con animo ben disposto

L'animo dell'iniziando e dell'iniziato deve essere sempre per risposto, e non trincerarsi dietro falsa conoscenza, o peggio stereotipi, pregiudizi, o ergersi in torri d'avorio.

udito, che, a detta di Teofrasto, è collegato più di ogni altro alle passioni
Ma a ben guardare esso ha più legami con la ragione che con la passione

L'orecchio è la parte meccanicamente più complicata dell'essere umano. Ciò fa sì che ricevano stimoli tra i più differenti, che influenzano sia le passioni che la ragione. Tra gli esempi diversi: ascoltare musica punk, discorsi adulativi, o una donna che ansima a letto, non dà certo gli stessi stimoli di Beethoven o un discorso sull'arte di ascoltare.
Anche tramite l'orecchio bisogna saper discernere, e allontanare ciò che non ci permette (in determinati contesti) di elevarci. Senza contare che esso è strettamente legato alla parola.

nella parola sono insiti i danni e i vantaggi più grandi

L'uomo si distingue dagli altri esseri per la laringe e corde vocali sviluppate, e quindi la parola. Significa che ha un grande potere, sia in senso negativo (usata per disprezzare, offendere, affabulare, adulare, ecc.) o in senso positivo (ad es. la pronuncia, a determinati livelli di sviluppo spirituale, dei nomi divini).

E evidente che un giovane che fosse tenuto lontano da qualunque occasione di ascolto e non assaporasse nessuna parola, non solo rimarrebbe completamente sterile e non potrebbe germogliare verso la virtù, ma rischierebbe anche di essere traviato verso il vizio
«Lo stupido suole stupirsi a ogni parola»21.  Bisogna essere generosi nell'elogiare chi parla ma cauti nel prestare fede alle sue parole; si deve essere spettatori bendisposti e non prevenuti dello stile e della dizione di chi dibatte, ma critici attenti e severi

Saper ascoltare è importante tanto quanto saper parlare. Per questo bisogna ascoltar tutto, con umiltà, ma con giudizio critico, ed imparare a distinguere la vera Conoscenza da quella che non lo è.

Le pulsioni verso il piacere e le diffidenze verso la fatica sono sorgenti per cosi dire native
buoni ragionamenti bloccandone o deviandone il naturale fluire, non c'è belva che non possa apparire più mansueta di un uomo.

Viviamo nel mondo della grossolanità materiale: interpretiamo pulsioni e fatica in senso negativo. Fortuna che abbiamo l'impegno, che ci può aiutare in tante cose, soprattutto nel raddrizzare ciò che cresce storto, per indirizzarci verso il Desiderio e il sacrificio.

sbagliano, perché si esercitano nell'arte del dire prima di essersi impratichiti in quella di ascoltare
chi parla e a seguire attentamente, perché non le sfugga nessuna affermazione utile
I bravi allevatori rendono sensibile al morso la bocca dei cavalli: cosi i bravi educatori rendono sensibili alle parole le orecchie dei ragazzi, insegnando loro non a parlare molto, ma ad ascoltare molto
E la natura, si dice, ha dato a ciascuno di noi due orecchie ma una lingua sola, perché siamo tenuti ad ascoltare più che a parlare.

Nelle preghiere che recitavo c'era una parte relativa all'offerta al Padre, e in questa una frase che diceva: “grazie, o signore, per le mie orecchie e per la facoltà dell'udito! parla, o signore, che il tuo servo ti ascolta! rendimi un ascoltatore migliore: rapido ad ascoltare, lento all’ira e lento a parlare! rendimi più sensibile alla voce del tuo spirito che parla nel silenzio!”.
Per quanto tentiamo di migliorarci, non possiamo farlo se ci trinceriamo nel fortino delle nostre posizioni cristallizzate. Dobbiamo imparare ad ascoltare, a cogliere il muoversi di ogni piccola fogliolina.
L'attenzione e la meditazione sono migliori se siamo stati educati preventivamente ad un ascolto migliore; e orecchie (2) e lingua (1) sono già di per sè una trinità, e perciò complementari.
Non si può disquisire su ciò che prima non sia passato per le orecchie, fossero anche lo orecchie del cuore.

pazienta ed attende che chi sta dissertando sia arrivato alla conclusione; e non appena ha finito si guarda dall'investirlo subito di obiezioni, ma, come dice Eschine lascia passare un po' di tempo per consentire all'altro di apportare eventuali integrazioni o di rettificare e sopprimere qualche passaggio.  Chi si mette subito a controbattere finisce per non ascoltare e non essere ascoltato

Prevaricare sull'altro è sbagliato, come pure interromperlo. Non se ne coglierebbe il senso finale.
Cosi' come interrompere o recitare malamente una preghiera o un rituale: gli effetti ne sarebbero vanificati o ridotti.
Uno che non è in grado di ascoltare non è nemmeno in grado di parlare: anche se lo fosse direbbe fesserie non pertinenti, e quindi è come se non parlasse. Per questo rischierebbe di "non essere ascoltato"
Per questo è fondamentale "lasciare passare un pò di tempo": in una conferenza significherebbe dar tempo di raccogliere le idee e non sparare a casaccio, oltre che integrare ciò che si è detto; in una crescita spirituale significherebbe assimilare ed assorbire energie e dar loro lo spazio e il tempo di agire. Ciò anche per approfondire e avvicinarsi alla Conoscenza.

l'abitudine di ascoltare in modo controllato e rispettoso
discernere meglio e smascherare l'inutilità o falsità di un altro

E' inutile ascoltare con disprezzo e superiorità: cosciamente o inconsciamente uno rimarrebbe sulle proprie posizioni senza possibilità di crescita. L'ascoltare con rispetto, assimilare significa anche iniziare a discernere e separare Vero da non vero, il grosso dal fino.

5.            L'invidia poi, congiunta a malizia e livore, non va bene in nessun caso, e se la sua presenza ostacola ogni retto comportamento, diventa pessima assistente e consigliera di chi ascolta
Ma se negli altri casi l'invidia nasce da certe disposizioni rozze e malvagie, quella rivolta contro chi parla muove da inopportuno esibizionismo e mala ambizione

L'invidia crea una marea di problema: e fondamentalmente è non accettazione. Invidia per che cosa? Per le cose che uno dice, e che può dire per l'impegno che ha messo nello studio? O perchè ha intravisto la Conoscenza con duro lavoro? Non si può essere invidiosi, soprattutto a priori: il cammino deve essere iniziato con l'umiltà necessaria. Ed è fondamentale anche cambiare le posizioni che uno precedentemente aveva, correggere il tiro, riconoscere gli errori, approfondire. Perchè già così è qusi impossibile arrivare alla Conoscenza ultima, figuriamoci se partiamo con i pregiudizi degli invidiosi.

chi si sente mordere dalla ricchezza, la fama o la bellezza di un altro è solo invidioso in quanto lo tormenta la felicità altrui:

Ricchezza, fama e bellezza sono tentazioni, ed è facile cadervi preda. Se qualcun altro le possiede, subentra anche l'invidia, poichè si vede in quelle tentazioni - che l'altro possiede - la felicità dell'altro.
Ma non è detto che l'altro sia veramente felice, pur possedendo tutto l'oro di questo mondo. La felicità per un uomo normale è altamente soggettiva e relativa, e uno la attribuisce a cose differenti.
In realtà sarebbe buona cosa partire dall'assunto di essere felici della felicità altrui, poichè l'altro è il nostro specchio, un uomo come noi, con una scintilla divina all'interno, nel nostro stesso Universo.

E quanto ai discorsi, essa lascia cadere in oblio quelli già pronunciati, perché rammentarli è una sofferenza, e si agita e trema al pensiero che quelli successivi possano essere ancora migliori

Il ricordo di ciò a cui noi abbiamo dato un'attribuzione negativa ci fa male, mina il nostro ego. E' sempre così: le belle parole o sane critiche fanno sempre male, poichè ci mettono di fronte a un problema la cui soluzione presuppone un nostro cambiamento.
"Lasciar cadere i discorsi già pronunciati" può anche voler dire, se si pensa in positivo, abbandonare le false concezioni del mondo che ci siamo fatti giorni, mesi, anni addietro.

Accettare senza irritazione e con un sorriso una battuta priva d'insolenza, pronunciata per scherzo e con arguzia, non è comportamento ignobile o grossolano, ma al contrario liberale

Qui sta il segreto dell'accettazione secondo me: l'autoironia. Lo scioglimento dei nodi interni a noi, un solve mentale che permette di affrontare con distacco e da "giocoliere" qualsiasi forma in quanto tale (forma contrapposta alla sostanza).

6.         Perciò, stipulata una tregua tra voglia di ascoltare e tentazioni esibizionistiche, dobbiamo disporci all ascolto con animo disponibile e pacato, come fossimo invitati a un banchetto sacro o alle cerimonie preliminari di un sacrificio,

L'idea del banchetto sacro è fondamentale. L'animo deve essere pacato, di modo che l'energia fluisca nella maniera corretta; essere ricettivi ma senza altezzosità; comprendere ciò che si sta ascoltando, dicendo e facendo.

Non dobbiamo pensare che gli esiti felici dipendano dalla fortuna o che vengano da soli, ma che siano piuttosto frutto di applicazione, duro lavoro e studio

Duro lavoro e studio sono imprescindibili.

Senofonte dice che i bravi padroni di casa sanno trarre profitto dagli amici e dai nemici: cosi le persone sveglie e attente sanno trarre beneficio da chi parla non solo quando ha successo ma anche quando fallisce

E' la regola dell'esperienza. Se uno avesse sempre successo, al primo fallimento si "suiciderebbe". Il fallimento permette il miglioramento. Alla base di ciò credo stia anche la perfettibilità della ritualità, e del concorso alla grande opera.

Dobbiamo perciò trasferire il giudizio a chi parla a noi stessi,
Non c'è cosa al mondo più facile del criticare il prossimo,
Di fronte a chi sbaglia non dobbiamo esitare a ripetere in continuazione a noi stessi il detto di Platone: «Sono forse anch'io cosi?». 

Giudicare l'altro vuol dire non saper giudicare noi stessi per primi: dobbiamo imparare a saper scioglierci come neve al sole, e stendere il nostro Sè al sole per farlo seccare.
Un buon proposito: ogni cosa che vogliamo far notare a qualcun altro con la buona intenzione di migliorarlo, facciamola notare a noi stessi.
E in ogni caso senza superiorità.

Non è difficile muovere obiezioni al discorso pronunciato da altri anzi è quanto mai facile; ben più faticoso, invece, è contrapporne uno migliore
Se dunque nel dissertare sullo stesso argomento ci sembrerà di non essere 'molto superiori a chi ne ha trattato, deporremo gran parte del nostro disprezzo e ben presto, smascherati da simili confronti, svaniranno in noi presunzione ed orgoglio.

Sembra così facile parlare senza dire cavolate, ma non lo è. Me ne accorgo io stesso, dico tante di quelle cavolate spesso. Ma credo serva da lezione, e sia giusto per correggere il tiro.
Quello che va allontanato quando si parla è la presunzione e l'orgoglio.

Antitetico all'atteggiamento denigratorio è quello facilmente incline all'ammirazione, che denota indubbiamente una natura più cordiale e pacata, ma esige anch'esso non poca accortezza

L'adulazione, soprattutto se fatta pensando di far del bene, per quanto mascheri l'orgoglio è ancor più dannosa: si crede di elogiare una persona rispetto a sè stessi, senza sapere che lo si sta facendo magari con la speranza che qualcuno un giorno lo faccia anche a noi.
Io ho risolto così (in parte...) questo dilemma: l'ammirazione è possibile, ma è pericolosa. Lasciando da parte l'adulazione ad es. "per far carriera" che è totalmente negativa, una sana ammirazione può essere dimostrata più che con le parole con gesti, fatti, azioni concrete, della vita di tutti i giorni.
Nella preghiera uno non deve adulare Dio, ma dimostrargli con i fatti che è disposto a "ripulirsi" con sacrificio e abnegazione.

Anche nello stile c'è qualcosa di ingannevole
quando, fluendo seducente e copioso, investe i concetti in modo enfatico e ricercato.  Gran parte degli errori commessi da chi canta con l'accompagnamento dell'aulo sfugge a chi ascolta: cosi uno stile ridondante e pomposo abbacina l'ascoltatore e gli impedisce di intravedere i concetti
Perciò bisogna eliminare dallo stile ogni eccesso e vacuità, mirando esclusivamente al frutto

Cioè: guardare alla essenza più che alla forma.
Ho detto "essenza" e non "sostanza" perchè nell'essenza rientra, in quanto tradizionale, anche una giusta ritualità che è consustanziale all'essenza stessa; epperciò tale essenza porta al frutto.
La forma, in quanto tale, è vacua.

Ne consegue la necessità di esaminare e giudicare l'ascolto partendo da se stesso e dal proprio stato d'animo, valutando se qualche. passione sia divenuta più debole, qualche fastidio più leggero, se si siano rinsaldati in lui determinazione e volontà, se senta in cuor suo entusiasmo per la virtù e per il bene

"Conosci te stesso", con determinazione e volontà.

«Se un bagno o un discorso non purificano - dice Aristone - non hanno alcuna utilità"

La purificazione è fondamentale; ho detto più volte: sarebbe giusto attribuire ad ogni gesto quotidiano una valenza sacra.

se invece è chi parla a sollecitare l'uditorio a porre domande e quesiti, si dovrebbe sempre dare a vedere di sollevarne di utili e di necessari.

I dubbi sono alla base del'uomo, e ne spingono la ricerca, in tutti i campi.
In più la ripetizione delle domande è necessaria: sembra una banalità, ma secondo me una domanda posta una sola volta, non aiuta. Le stesse domande vanno poste sempre almeno due volte: la prima domanda tocca la forma della questione, la seconda entra direttamente nella coscienza. "Volete voi conoscere ed attendere?", "Volete veramente conoscere ed attendere?"

11. Quando si formula una domanda bisogna assolutamente rapportarsi all'esperienza e all'attitudine di chi parla, ponendogli quesiti sugli argomenti in cui «è più forte di se stesso»

Non solo conta come siamo noi, ma anche chi è il nostro interlocutore. Uno domanda e risponde in base al proprio livello di lettura di una questione: una domanda su un livello di lettura letterale può ricevere una risposta solo di quel livello, se chiedo su un livello di lettura spirituale riceverò una risposta su quel livello, se l'interlocutore lo ha raggiunto.

12.       Ci si deve inoltre guardare dal porre troppe domande e dall'intervenire in continuazione, perché anche questo atteggiamento denota, in certo qual modo, una volontà esibizionistica. 

L'esibizionismo è ovviamente da evitare.
Le domande sono necessarie, le troppe domande inutili, anche perchè disperdono le energie concentrate in una domanda: anche se tutte le domande fossero legittime, se poste tutte insieme non avremmo il tempo di assimilarle.

Dice Eraclito che «la propria ignoranza è meglio celarla» ma forse è meglio, invece, palesarla e curarla. 

E' una frase che mi ha messo molto in difficoltà. Cosa è meglio, essere colto e non palesarlo, o essere ignorante e non palesarlo? Oppure in entrambi i casi far vedere, con trasparenza, chi si è? Mah... secondo me dipende dalle situazioni, da chi si ha di fronte e dallo scopo che uno vuol raggiungere.
Per capire un allievo credo sia meglio non far vedere quello che si sa (ognuno dopotutto ha degli "assi nella manica"), e fingere di saper meno per lasciare aprire l'altro. Da intendere: non con ruffianerie, ma con la buona intenzione di migliorare l'altro.
Dal punto di vista personale preferisco in genere, con le persone della vita quotidiana, nascondere ciò che so, e rafforzare nell'altro l'idea della mia ignoranza. Non so se è giusto o meno, ma lo faccio per 3 motivi: non mettere l'altro in difficoltà perchè bisogna sempre capire lo stato d'animo altrui se uno usa troppo vigore nell'esprimere le proprie idee; per lasciare aprire l'interlocutore e considerare che lui può considerare ciò che io dico come un attacco (anche chi ti sta di fronte ha dei difetti, poi...); considerare che io sono il primo ad essere ignorante, e che ho ancora tanto da imparare.

Pesante e rozzo è l'ascoltatore che rimane freddo e impassibile di fronte a qualunque riflessione, e pieno di una presunzione incancrenita e di un'autoconsiderazione profondamente radicata, convinto com'è di saper esprimere qualcosa di meglio di quel che sente dire
Per le persone realmente e coerentemente buone la soddisfazione più alta consiste nel tributare il giusto riconoscimento a chi lo merita

La freddezza non è necessaria, quello che è necessario è il giusto distacco, equidistanza da ciò che è detto (e dalle cose del mondo). Solo così si può riconoscere il vero merito e portata di una persona.

Non è possibile che chi parla sia in assoluto talmente inetto ed impreciso da non offrire niente che possa essere apprezzato

Tutti in questo mondo hanno cose da insegnare, e spesso le persone che ci sembrano meno "colte", i tuoi contadini toscani, hanno molto da offrire. Siamo noi invece in errore, che spesso non sappiamo captare, ascoltare, capire i segnali, anche i più piccoli.
Un altro buon proposito: l'ascolto dei segni, anche dei più piccoli.

Per concludere, ecco alcune norme di comportamento, per cosi dire generali e comuni, da seguire sempre in ogni ascolto, anche in presenza di un'esposizione completamente fallita: stare seduti a busto eretto, senza pose rilassate o scomposte; lo sguardo dev'essere fisso su chi sta parlando, con un atteggiamento di viva attenzione; l'espressione del volto dev'essere neutra e non lasciar trasparire non solo arroganza o insofferenza ma persino altri pensieri e occupazioni.

La posizione del faraone.

15.       Nel manifestare il proprio assenso, poi, bisogna guardarsi dall'usare le prime parole che vengono in mente.

"Prima di parlare conta fino a 10", e tanto non basta. Se ognuno pensasse che ogni parola che pronuncia è sacra, quante non ne direbbe? E' un problema molto attuale, aggravato dalla differenza e stravolgimenti di significato dei vari linguaggi odierni.
Almeno, è un buon proposito, pensare bene a quello che si dice; e dire quello che si vuol dire non con l'assolutezza di un re, ma con l'umiltà di uno schiavo, poichè tutto può - e deve! - essere messo in discussione, fin tanto che non ci si imbatte nella Tradizione.

I temi trattati dalla filosofia possono forse presentare all'inizio qualche aspetto di difficile intelligibilità per gli inesperti e per i giovani, ma ciò non toglie che la responsabilità di ciò che in massima parte appare oscuro e incomprensibile ricada proprio su di loro, dato che, indipendentemente dall'avere temperamenti opposti, essi finiscono per commettere lo stesso errore.  Gli uni, infatti, per pudore e ritegno, esitano a porre domande a chi parla e ad assicurarsi del senso reale delle sue parole, e fanno cenni d'assenso dando ad intendere di averle assimilate bene; gli altri, al contrario, spinti da inopportuna ambizione e vano spirito di competizione verso i compagni, cercano di dimostrare la propria acutezza e capacità di apprendimento

Studio, impegno, studio, impegno, studio, impegno, sacrificio. Le cose incomprensibili a questo mondo sono un'infinità; e dare un senso a tutto - soprattutto nei termini della razionalità limitata umana - è impossibile. I piani di lettura di una frase banale sono sempre molteplici.
Ciò che appare oscuro - ad esempio un gesto rituale - impiegherà anni affinchè si mostri all'uomo nella sua luce. E per questo l'Uomo-Dio deve continuare la sua ricerca.

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