Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

La mistica occidentale

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La parola “mistica” nella sua origine non è da intendersi né come esoterismo né come rivelazione privata (e questo lo dicevaanche Borella), ma una scienza e un discorso su Dio riservati, per i quali sono importanti silenzio e quiete.
Essa è esperienza dell’Uno, accompagnata dalla rimozione della volontà personale che diventa volontà di Dio poiché l’esperienza spirituale è un’esperienza che si basa sul distacco dall’io a favore del legame amoroso con Dio.

La concezione secondo cui la mistica è un canale privilegiato con cui Dio comunica con l’uomo attraverso stati particolari è importante.
Paradossalmente, essa non è inscrivibile in nessuna religione, poiché per sua natura la religione è dogmatica, dottrinaria e intermediaria: l’esperienza mistica della rivelazione divina è invece diretta e comunicata da spirito a spirito, ed è primariamente anche conoscenza di sé.
La mistica si trova in tutte le religioni e il mistico non fa altro che riferire le sue esperienza attraverso le categorie della propria religione.

Ciò vale a maggior ragione anche per ebraismo e islamismo dove si crede nella profonda alterità di Dio: la Cabala intesa comeinterpretazione della Scrittura, ad esempio, si avvicina alla mistica moltomeno che il devozionismo pietista chassidico.
Molto più vicino al misticismo è il buddismo che con il tema del vuoto e della vacuità terrena, anche se non parla mai dell’esistenza o meno di Dio, si avvicina a quella ricerca mistica che tende a far svanire l’ego.
La “religione” mistica per eccellenza è invece l’induismo, che con le sue vie della conoscenza e della devozione, e soprattutto con il concetto di atman vanno al cuore dell’ “idea” mistica.

Le religioni, proprio perché dottrinarie, non hanno a che fare con il distacco: il vero cristiano è colui che segue Cristo dentro di sé e fuori dalla religione.
Non c’entra niente dunque né la psicologia né il sentimento; importante è invece l’umiltà, che è una dichiarazione implicita della propria bassezza di fronte all’Assoluto.
la mistica vera sa prendere il tutto e non solo la parte, apportando alla coscienza una visione tanto più completa quanto più questa è espansa, e non rimane ancorata a visioni parziali.


I misteri religiosi, così come quelli eleusini o orfici, non c’entrano con la mistica. Il mistero di per sé fa leva sulla rappresentazione e sul sentimento che essa suscita, e lo stato di unione presunto con Dio che esso suscita si basa sulla speranza, che è sempre confinata all’ordine psicologico dei fenomeni. Anche il dolore e la sofferenza che si tenta di far rivivere nella cerimonia religiosa tende a far leva su quello stesso sentimento.
Il mistero va in direzione opposta della mistica, laddove il primo rimane confinato nel campo del sentimento e dove l’uomo rimane in sostanza distinto da Dio; la seconda si eleva ad un cambiamento di stato che tende alla vera unione con Dio.

Simone Weil parla di conoscenza della forza intesa come necessità e come la forma di vita sia determinata anche dall’aspetto sociale e sia un aggregato di sorte e circostanze. Anche per questo il guerriero è quello che più potrebbe intendere di questa idea di forza, che rispecchia proprio il dominio della necessità degli accadimenti nella vita. Comprendere questo significa al tempo stesso distaccarsi da tali accadimenti per entrare in un ordine di pensiero più spirituale.
Questo mi fa pensare al martinista come monaco guerriero, ed in un certo senso al concetto di funzione regale evoliana.

Anche Eraclito parla di distacco come di liberazione dall’abitudine, dalla contingenza storica, dall’educazione; e anch’esso cità il conflitto come principio della realtà.
Della dicotomia degli opposti ne parla anche Platone, sino ad arrivare al concetto di Diade infinita.
E’ anche vero però che la non prevalenza di un elemento sull’altro, come nel simbolo del tao, fa sì che le due polarità possano equilibrarsi e in un certo senso ricavare un certo grado di “giustizia” da questo equilibrio.

Platone è il fondatore della mistica occidentale, attraverso l’idea della trascendenza di Dio, dell’immortalità dell’essere, del cammino per gradi dell’anima verso la bellezza superiore, del Logos inteso come Uno.
Il Bene è quella idea generale che permette di tenere legate insieme ordinatamente tutte le altre idee.

Di Aristotele è importante sottolineare la presenza di un intelletto umano, forgiato dai sensi e malleabile dalla materialità, e di un intelletto divino, non mescolato al corpo e che produce tutte le cose, che è sempre presente nell’uomo.

Non vi è un vero e proprio sconto tra mistica greca ed ebraismo biblico, ma solo una differenza formale, e può avere un significato l’accostamento tra il Bene platonico e il Dio dell’Antico Testamento.
La Cabala dopotutto è un prodotto successivo e (cabalapratica a parte) la cabala metafisica, influenzata da caldei e persiani, è anche frutto delle influenze platoniche e neoplatoniche.
Importante è anche l’opera di conciliazione di Filone tra concezioni ebraiche ed ellenistiche, ed effettivamente è lui che interpola il concetto di nous greco con quello di pneuma/spirito?

La rivoluzione di Gesù sta nel fatto che proclama la sua identità con Dio e attua in sostanza la presenza del regno di Dio qui e ora, all’interno dell’uomo; il Cristo rappresenta l’opera di trasformazione spirituale.

La libertà dello spirito è il fulcro del Vangelo di Giovanni, dove Dio non è più altro come per la Legge ebraica e lo spirito non è dunque soggetto ad essa, ma la luce è incarnata in Cristo. Si conosce quello che si genera nell’anima, e tale generazione avviene per mezzo dell’amore (il Vangelo dice: “chi non ama il prossimo, che vede, non può amare Dio, che non vede”). L’unità uomo-Dio nell’amore-spirito non è dunque appropriativa, e la genenerazione è sia esterna (nel cosmo, sino al mondo materiale) e interna all’uomo attraverso l’anima.

La generazione del concetto di Logos, trattata in particolare modo da Eckhart (che riprende tale concezione dagli studi che ne avevano fatto Ippolito Romano, Ambrogio, Agostino, Gregorio Magno e poi i mistici medievali), avviene nel cuore, che è il propulsore della vita dell'uomo.

I due filoni principali rappresentano quello della cosiddetta mistica tedesca che vedeva tale generazione nel cuore senza mediazione, e quello della Chiesa, in particolare d'Oriente, che vedeva lo sviluppo del Logos nel cuore della chiesa intesa come comunità ecclesiastica che fungeva da intermediaria fra quello e ogni singolo fedele (attraverso sacramenti e liturgie).

In Eckhart è presente l'idea della contrapposizione tra generazione fisica e spirituale, quest'ultima intesa come perfetto distacco e vuoto assoluto nell'anima che significa completa disponibilità alla vita divina e alla generazione e comprensione del Logos in sé. C’è una sorta di discesa (del Logos nel cuore) e risalita (dell'uomo trasformato spiritualmente verso Dio).
Da Origene la mistica è considerata come contemplazione intellettuale, percorrendo egli la via della gnosi, dove il Logos ha la funzione di maestro interiore che guida l'uomo, immagine del divino, alla riscoperta della sua natura.
Dionigi Aeropagita è fondamentale per il concetto di inconoscibilità positiva di Dio e l'ordinamento gerarchico degli esseri; egli struttura anche una sorta di gerarchia ecclesiastica dall'aspetto fortemente clericale. Egli tenta forse di mediare alcuni concetti platonici con le esigenze del mondo cristiano di allora (si veda la formazione delle gerarchie angeliche).

Con Agostino, formato attraverso neoplatonismo e scetticismo, non si può parlare di mistica vera e propria: al massimo lui parla di contemplazione e mai di unione con Dio.
Non riesce ad andare oltre la dualità poichè non abbandona mai nel suo pensiero l'idea dell'ego, dell'alterità di Dio e dà troppa importanza alla grazia in quanto "gestita" dalla intermediazione della Chiesa (dando anche eccessiva importanza a sacramenti e riti)

Il "luogo mistico" è per i mistici la trascendenza del Bene rispetto all'essere, e la conoscenza di Dio rispetto a ogni esperienza mistica, che per quanto vera e vicina a conoscere una parte della realtà, è sempre una e una sola esperienza determinata per l'essere che la prova.
Eraclito parlava di fuoco divino che è in tutte le cose e assume la loro forma, pur rimanendo se stesso nell'essenza; assume quindi le più diverse necessità senza identificarsi con esse.
In sostanza l'anima non si identifica con nessuna delle facoltà, ma adotta ogni volta, per esprimersi, l'una o l'altra con volontà sovrana. L'uomo non è quindi specificamente nessuna delle sue facoltà (che spesso entrano in conflitto), e questo è anche il motivo per cui si deve distaccare da tutto, e tale distacco si opera attraverso la conoscenza, e significa anche serena accettazione di ciò che accade intorno all'essere.

Il tema centrale è il significato di Spirito che accomuna umano e divino e attraverso cui si può iniziare a intravedere la Luce divina. Sul concetto di spirito, nous, logos e termini simili (e talvolta dal significato fuorviante) sono state scritte intere biblioteche, e la questione anche all'interno della dottrina trinitaria sia tutto fuorchè che univoca (si veda, ad esempio, la discussione sul filioque).
Le parole non possono spiegare esattamente le visioni di un mistico; inoltre, i concetti per il mistico sono l’ultima cosa di cui si preoccupa.

Lo scontro fra mistici e coloro che considerano taluni mistici come portatori di un pensiero panteistico, che vedrebbero Dio in tutte le cose in maniera diffusa senza differenziazione della sua natura, fa capire nella non buona fede dei secondi: i mistici, in genere, ben distinguono la natura divina da quella umana/terrena, su cui però si diffonde la volontà divina con la sua immanenza (come può attestare il pensiero di San Bernardo, Margherita Porete, Cusano, Bruno, Spinoza), pur riconoscendone la separazione delle essenze: vi è però una unione fra logos divino e logos umano.

Nella mistica del sentimento si configura una sorta di degenerazione della mistica stessa a causa di fraintendimenti del pensiero sull’amore e sulla carità, e poi di un progressivo divenire di figure che si basano solo sul sentimento tralasciando gli altri elementi importanti che hanno caretterizzato la mistica. L’ “iniziatore” di tale fraintendimento è stato San Bernardo, e ciò ha portato anche a dare rilievo a fenomeni soprannaturali, estatici, e cose di questo genere. Sembra anche che il francescanesimo abbia rafforzata  questo tipo di mistica, rendendo popolare il lato affettivo, divulgando il mistero della Passione e l’idea della povertà di Cristo, sino ad arrivare anche a tutto il repertorio delle penitenze e del visionarismo.
La via dell’amore è certo la via fondamentale, ma non è via sentimentale: lo dimostra Margherita Porete, per la quale amore e fede insieme fanno vivere la ragione, e distaccano da tutti i desideri e anche dalla volontà stessa, che è anch’essa egoistica; pensiero portato avanti, in età della controriforma, dai carmelitani.
In comune a tutti i mistici, quelli seri, c’è l’idea del distacco dalle cose del mondo e dai desideri: non il rifiuto, ma il distacco, con cui completare quella unione spirituale che la mistica persegue. E anche la santità, l’essere santo, può essere visto ancora come una esperienza dualistica, in quanto il santo è ancora altro da Dio.
In tale opera di unione i mistici superano per certi versi anche lo stesso cristianesimo (precursore è Gerson) e le sue rappresentazioni, uscendo molto spesso dai dettami formali della chiesa.
Eckhart dice che bisogna raggiungere la povertà, e questa non si ha sino a quando si ha ancora la volontà di soddisfare la volontà di Dio, che non è comunque da intendersi secondo la concezione e l’immaginazione della nostra mente.

Il protestantesimo, dal canto suo, non ha dato rilievo al misticismo, e con la controriforma (a partire da Ignazio di Loyola) si è assistito ad un fenomeno di forme mistiche sempre più vicine a e influenzate dalla gerarchia cattolica.

Sull'Illuminismo ci sarebbe da fare un discorso sotto due direzioni: da una parte dice che ha rafforzato l'esperienza dello spirito, dall'altra che dall'Illuminismo in poi è iniziata l'era dello psicologismo (a parte, forse, l'eccezione di grandi personaggi come Fichte, Hegel, Schopenauer e Nietzsche).

Se entrambe le direzioni sono corrette, bisogna specificare come l’Illuminismo abbia rafforzato l’esperienza dello spirito: tale rafforzamento è avvenuto il coloro che hanno visto nell'Illuminismo più un pericolo che un bene, pericolo perchè esso non è andato a vantaggio della ragione, ma di una semplice ratio scientifico-tecnologica che non ha tenuto più in considerazione lo spirito e la trascendenza.

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