La parola “mistica” nella sua origine non è da
intendersi né come esoterismo né come rivelazione privata (e questo lo dicevaanche Borella), ma una scienza e un discorso su Dio riservati, per i
quali sono importanti silenzio e quiete.
Essa è esperienza dell’Uno, accompagnata dalla
rimozione della volontà personale che diventa volontà di Dio poiché
l’esperienza spirituale è un’esperienza che si basa sul distacco dall’io a favore
del legame amoroso con Dio.
La concezione secondo cui la mistica è un canale
privilegiato con cui Dio comunica con l’uomo attraverso stati particolari è
importante.
Paradossalmente, essa non è inscrivibile in nessuna
religione, poiché per sua natura la religione è dogmatica, dottrinaria e
intermediaria: l’esperienza mistica della rivelazione divina è invece diretta
e comunicata da spirito a spirito, ed è primariamente anche conoscenza di
sé.
La mistica si trova in tutte le religioni e il mistico non
fa altro che riferire le sue esperienza attraverso le categorie della propria
religione.
Ciò vale a maggior ragione anche per ebraismo e islamismo
dove si crede nella profonda alterità di Dio: la Cabala intesa comeinterpretazione della Scrittura, ad esempio, si avvicina alla mistica moltomeno che il devozionismo pietista chassidico.
Molto più vicino al misticismo è il buddismo che con
il tema del vuoto e della vacuità terrena, anche se non parla mai
dell’esistenza o meno di Dio, si avvicina a quella ricerca mistica che tende a
far svanire l’ego.
La “religione” mistica per eccellenza è invece l’induismo, che con le sue vie della conoscenza e della devozione, e
soprattutto con il concetto di atman vanno al cuore dell’ “idea”
mistica.
Le religioni, proprio perché dottrinarie, non hanno a che
fare con il distacco: il vero cristiano è colui che segue Cristo dentro di
sé e fuori dalla religione.
Non c’entra niente dunque né la psicologia né il
sentimento; importante è invece l’umiltà, che è una dichiarazione implicita della propria bassezza di fronte all’Assoluto.
la mistica vera sa prendere il tutto e non solo la parte,
apportando alla coscienza una visione tanto più completa quanto più questa è
espansa, e non rimane ancorata a visioni parziali.
I misteri religiosi, così come quelli eleusini o orfici, non
c’entrano con la mistica. Il mistero di per sé fa leva sulla rappresentazione e
sul sentimento che essa suscita, e lo stato di unione presunto con Dio che esso
suscita si basa sulla speranza, che è sempre confinata all’ordine
psicologico dei fenomeni. Anche il dolore e la sofferenza che si tenta di far
rivivere nella cerimonia religiosa tende a far leva su quello stesso sentimento.
Il mistero va in direzione opposta della mistica, laddove il
primo rimane confinato nel campo del sentimento e dove l’uomo rimane in
sostanza distinto da Dio; la seconda si eleva ad un cambiamento di stato che
tende alla vera unione con Dio.
Simone Weil parla di conoscenza della forza intesa come
necessità e come la forma di vita sia determinata anche dall’aspetto sociale e
sia un aggregato di sorte e circostanze. Anche per questo il guerriero è
quello che più potrebbe intendere di questa idea di forza, che rispecchia
proprio il dominio della necessità degli accadimenti nella vita.
Comprendere questo significa al tempo stesso distaccarsi da tali accadimenti
per entrare in un ordine di pensiero più spirituale.
Questo mi fa pensare al martinista come monaco guerriero, ed
in un certo senso al concetto di funzione regale evoliana.
Anche Eraclito parla di distacco come di
liberazione dall’abitudine, dalla contingenza storica, dall’educazione; e anch’esso
cità il conflitto come principio della realtà.
Della dicotomia degli opposti ne parla anche Platone, sino ad arrivare al concetto di Diade infinita.
E’ anche vero però che la non prevalenza di un elemento
sull’altro, come nel simbolo del tao, fa sì che le due polarità possano
equilibrarsi e in un certo senso ricavare un certo grado di “giustizia” da
questo equilibrio.
Platone è il fondatore della mistica occidentale,
attraverso l’idea della trascendenza di Dio, dell’immortalità
dell’essere, del cammino per gradi dell’anima verso la bellezza superiore, del
Logos inteso come Uno.
Il Bene è quella idea generale che permette di tenere legate
insieme ordinatamente tutte le altre idee.
Di Aristotele è importante sottolineare la
presenza di un intelletto umano, forgiato dai sensi e malleabile dalla
materialità, e di un intelletto divino, non mescolato al corpo e che produce
tutte le cose, che è sempre presente nell’uomo.
Non vi è un vero e proprio sconto tra mistica greca ed
ebraismo biblico, ma solo una differenza formale, e può avere un significato
l’accostamento tra il Bene platonico e il Dio dell’Antico Testamento.
La Cabala dopotutto è un prodotto successivo e (cabalapratica a parte) la cabala metafisica, influenzata da caldei e
persiani, è anche frutto delle influenze platoniche e neoplatoniche.
Importante è anche l’opera di conciliazione di Filone
tra concezioni ebraiche ed ellenistiche, ed effettivamente è lui che interpola
il concetto di nous greco con quello di pneuma/spirito?
La rivoluzione di Gesù sta nel fatto che proclama la sua
identità con Dio e attua in sostanza la presenza del regno di Dio qui e ora,
all’interno dell’uomo; il Cristo rappresenta l’opera di trasformazione
spirituale.
La libertà dello spirito è il fulcro del Vangelo di
Giovanni, dove Dio non è più altro come per la Legge ebraica e lo spirito non è
dunque soggetto ad essa, ma la luce è incarnata in Cristo. Si conosce quello
che si genera nell’anima, e tale generazione avviene per mezzo
dell’amore (il Vangelo dice: “chi non ama il prossimo, che vede, non può amare
Dio, che non vede”). L’unità uomo-Dio nell’amore-spirito non è dunque
appropriativa, e la genenerazione è sia esterna (nel cosmo, sino al mondo
materiale) e interna all’uomo attraverso l’anima.
La generazione del concetto di Logos, trattata in
particolare modo da Eckhart (che riprende tale concezione dagli studi che ne
avevano fatto Ippolito Romano, Ambrogio, Agostino, Gregorio Magno e poi i
mistici medievali), avviene nel cuore, che è il propulsore della vita
dell'uomo.
I due filoni principali rappresentano quello della
cosiddetta mistica tedesca che vedeva tale generazione nel cuore senza
mediazione, e quello della Chiesa, in particolare d'Oriente, che vedeva lo
sviluppo del Logos nel cuore della chiesa intesa come comunità ecclesiastica
che fungeva da intermediaria fra quello e ogni singolo fedele (attraverso
sacramenti e liturgie).
In Eckhart è presente l'idea della contrapposizione tra
generazione fisica e spirituale, quest'ultima intesa come perfetto distacco e
vuoto assoluto nell'anima che significa completa disponibilità alla vita divina
e alla generazione e comprensione del Logos in sé. C’è una sorta di discesa
(del Logos nel cuore) e risalita (dell'uomo trasformato spiritualmente verso
Dio).
Da Origene la mistica è considerata come contemplazione
intellettuale, percorrendo egli la via della gnosi, dove il Logos ha la
funzione di maestro interiore che guida l'uomo, immagine del divino, alla
riscoperta della sua natura.
Dionigi Aeropagita è fondamentale per il concetto di inconoscibilità
positiva di Dio e l'ordinamento gerarchico degli esseri; egli struttura
anche una sorta di gerarchia ecclesiastica dall'aspetto fortemente clericale.
Egli tenta forse di mediare alcuni concetti platonici con le esigenze del mondo
cristiano di allora (si veda la formazione delle gerarchie angeliche).
Con Agostino, formato attraverso neoplatonismo e scetticismo,
non si può parlare di mistica vera e propria: al massimo lui parla di
contemplazione e mai di unione con Dio.
Non riesce ad andare oltre la dualità poichè non
abbandona mai nel suo pensiero l'idea dell'ego, dell'alterità di Dio e dà
troppa importanza alla grazia in quanto "gestita" dalla
intermediazione della Chiesa (dando anche eccessiva importanza a sacramenti e
riti)
Il "luogo mistico" è per i mistici la
trascendenza del Bene rispetto all'essere, e la conoscenza di Dio rispetto a
ogni esperienza mistica, che per quanto vera e vicina a conoscere una parte
della realtà, è sempre una e una sola esperienza determinata per l'essere che
la prova.
Eraclito parlava di fuoco divino che è in tutte le cose e
assume la loro forma, pur rimanendo se stesso nell'essenza; assume quindi le
più diverse necessità senza identificarsi con esse.
In sostanza l'anima non si identifica con nessuna delle
facoltà, ma adotta ogni volta, per esprimersi, l'una o l'altra con volontà
sovrana. L'uomo non è quindi specificamente nessuna delle sue facoltà (che spesso
entrano in conflitto), e questo è anche il motivo per cui si deve distaccare da
tutto, e tale distacco si opera attraverso la conoscenza, e significa anche
serena accettazione di ciò che accade intorno all'essere.
Il tema centrale è il significato di Spirito che accomuna
umano e divino e attraverso cui si può iniziare a intravedere la Luce divina.
Sul concetto di spirito, nous, logos e termini simili (e talvolta
dal significato fuorviante) sono state scritte intere biblioteche, e la
questione anche all'interno della dottrina trinitaria sia tutto fuorchè che
univoca (si veda, ad esempio, la discussione sul filioque).
Le parole non possono spiegare esattamente le visioni di un
mistico; inoltre, i concetti per il mistico sono l’ultima cosa di cui si
preoccupa.
Lo scontro fra mistici e coloro che considerano taluni
mistici come portatori di un pensiero panteistico, che vedrebbero Dio in
tutte le cose in maniera diffusa senza differenziazione della sua natura, fa
capire nella non buona fede dei secondi: i mistici, in genere, ben
distinguono la natura divina da quella umana/terrena, su cui però si diffonde
la volontà divina con la sua immanenza (come può attestare il pensiero di
San Bernardo, Margherita Porete, Cusano, Bruno, Spinoza), pur riconoscendone
la separazione delle essenze: vi è però una unione fra logos divino e
logos umano.
Nella mistica del sentimento si configura una sorta di
degenerazione della mistica stessa a causa di fraintendimenti del pensiero
sull’amore e sulla carità, e poi di un progressivo divenire di figure che
si basano solo sul sentimento tralasciando gli altri elementi importanti che
hanno caretterizzato la mistica. L’ “iniziatore” di tale fraintendimento è
stato San Bernardo, e ciò ha portato anche a dare rilievo a fenomeni
soprannaturali, estatici, e cose di questo genere. Sembra anche che il
francescanesimo abbia rafforzata questo
tipo di mistica, rendendo popolare il lato affettivo, divulgando il mistero
della Passione e l’idea della povertà di Cristo, sino ad arrivare anche a tutto
il repertorio delle penitenze e del visionarismo.
La via dell’amore è certo la via fondamentale, ma non è
via sentimentale: lo dimostra Margherita Porete, per la quale amore e
fede insieme fanno vivere la ragione, e distaccano da tutti i desideri e anche
dalla volontà stessa, che è anch’essa egoistica; pensiero portato avanti,
in età della controriforma, dai carmelitani.
In comune a tutti i mistici, quelli seri, c’è l’idea del
distacco dalle cose del mondo e dai desideri: non il rifiuto, ma il distacco,
con cui completare quella unione spirituale che la mistica persegue. E anche
la santità, l’essere santo, può essere visto ancora come una esperienza
dualistica, in quanto il santo è ancora altro da Dio.
In tale opera di unione i mistici superano per certi
versi anche lo stesso cristianesimo (precursore è Gerson) e le sue
rappresentazioni, uscendo molto spesso dai dettami formali della chiesa.
Eckhart dice che bisogna raggiungere la povertà, e questa
non si ha sino a quando si ha ancora la volontà di soddisfare la volontà di Dio,
che non è comunque da intendersi secondo la concezione e l’immaginazione della
nostra mente.
Il protestantesimo, dal canto suo, non ha dato rilievo al
misticismo, e con la controriforma (a partire da Ignazio di Loyola) si è
assistito ad un fenomeno di forme mistiche sempre più vicine a e influenzate
dalla gerarchia cattolica.
Sull'Illuminismo ci sarebbe da fare un discorso sotto due
direzioni: da una parte dice che ha rafforzato l'esperienza dello spirito,
dall'altra che dall'Illuminismo in poi è iniziata l'era dello psicologismo (a
parte, forse, l'eccezione di grandi personaggi come Fichte, Hegel, Schopenauer
e Nietzsche).
Se entrambe le direzioni sono corrette, bisogna specificare
come l’Illuminismo abbia rafforzato l’esperienza dello spirito: tale
rafforzamento è avvenuto il coloro che hanno visto nell'Illuminismo più un
pericolo che un bene, pericolo perchè esso non è andato a vantaggio della
ragione, ma di una semplice ratio scientifico-tecnologica che non ha
tenuto più in considerazione lo spirito e la trascendenza.
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