Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Ad un livello superiore della Cabala pratica: la metafisica della Cabala e le concezioni di Serouya

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Il sistema delle sephirot studiato da Kircher.
Il testo di Henri Serouya è esemplare nell'illustrare la metafisica della Cabala.

Serouya scrive il suo libro con l’intenzione di parlare della filosofia della Cabala.
Egli non vede di buon’occhio la Cabala pratica, e in particolar modo quella della scuola tedesca di Eleazar, Abulafia, Luria, che ha influenzato anche lo chassidismo polacco.
Pone anche delle riserve su Scholem, che dà eguale importanza alla Cabala pratica e a quella “speculativa”.
L’intento di Serouya è invece quello di mettere in primo piano il misticismo della cabala, non trascurando il fatto che anche nella scuola tedesca sono ravvisabili tratti di misticismo: parla delle idee sulla rivelazione divina e la riscoperta dell’anima di Abulafia; e dell’idea dello Zimzum, della dottrina dei vasi e della cosmogonia di Luria (che è paragonabile alla dottrina gnostica).

Per quanto riguarda il rapporto tra misticismo ed ebraismo, ritiene che l’ebreo in generale possa essere la persona più vicina ad un determinato tipo di misticismo perché tutto il suo essere, sin dall’anima dei suoi antenati, è abituato ad immergersi in studi e in una filosofia che un non-ebreo difficilmente assorbe.
La ricerca del mistico non è comunque immediata o accompagnata da visioni immediate, ma è una macerazione lunga e continua
Il lampo improvviso che dopo lungo tempo il mistico può percepire non gli fa conoscere Dio, che è inconoscibile, ma una parte della sua opera.

Il genio mistico, quello vero, è un riflesso tangibile della divinità e quindi non può suscitare il male, ma guarda all’amore e alla felicità del genere umano, senza dimenticarsi della vita pratica del mondo che non viene disprezzata, ma vissuta come prova necessaria.
Più la sofferenza è pura, più l’intelligenza che dona e provoca è pura”.

Il giudaismo è caratterizzato da una concezione altamente metafisica, che ruota intorno ad una fede incrollabile secondo cui tutto emana da Dio e tutto ritorna a Dio.
Ciò lo pone in diretto contatto con la gnosi e anche con lo gnosticismo: sia il giudaismo che lo gnosticismo, infatti, portano in sé elementi indiani, buddisti, persiani, caldei ed egiziani.
Le tendenze gnostiche, varie e composite, sono state alimentate da Filone (che però non era gnostico), e da personaggi come Simon Mago e Basilide.
Gli gnostici ponevano come creatore dell’Universo il Demiurgo e una parte del Silenzio era rivelata al mondo tramite le emanazioni eoniche; la gnosi ebraica, di contro, non ammette il Demiurgo e i due poteri relativi al bene e al male, che erano prettamente riconducibili al dualismo mazdeo.

Da chi e da che cosa è stata influenzata la Cabala?
Innanzitutto bisogna notare l’originalità della sua portata, in particolare lo slancio mistico dei suoi profeti, anche se non bisogna sottovalutare l’influenza di dottrine straniere, poiché gli autori ed intellettuali della civiltà orientali e del bacino del Mediterraneo erano tutti a stretto contatto fra di loro.
Nella sua analisi Serouya si basa principalmente sulle opere di Franck, senza però dimenticarsi di far notare che le relazioni sono sempre reciproche e mai unidirezionali: se infatti una influenza maggiore può essere stata quella caldea e quella persiana, gli ebrei (es. Daniele in Babilonia e Giuseppe in Egitto) hanno anch’essi influenzato caldei e persiani.
D’altro canto anche il culto di Zoroastro, quello che per Franck ha influenzato per la maggiore la nascita della Cabala, sembra che si rifaccia a tradizioni dell’India.
Il dualismo dello Zend Avesta, simboleggiato da Ormuzd e Arimane si ritroverà in maniera più astratta anche nella filosofia greca, ma anche l’ebraismo non lo rigetta sebbene non sia il nucleo della dottrina.
E’ forse questa, la più grande differenza: se nello zoroastrismo ruota tutto intorno alla concezione dualistica, nel monoteismo ebraico tutto parte e ritorna da Dio, quindi anche la concezione dualistica è in un certo qual modo secondaria.

L’influenza della religione di Zoroastro è data in termini pratici dalla cattività cui sono stati costretti gli israeliti, che erano a stretto contatto con i Caldei prima, e quando questi sono stati vinti dai Persiani di Ciro, con questi poi.
Degli elementi comuni tra lo zoroastrismo e la Cabala possono essere rintracciati nei seguenti elementi:
- l’En-Sof, Infinito cabalistico, al tempo eterno e allo spazio senza limiti zoroastriano (Zervane Akerine)
- il Verbo della Cabala, che è spirito e parola, è assimilabile alla parola eterna di Ormuzd (Honover) che ha creato il mondo, anch’essa spirito (Ormuzd stesso) e corpo (spirito divenuto visibile)
- l’ineffabile Volto di Dio e trono di luce si ritrova sia nello Zohar che nello Zend Avesta
- l’essenza divina di ogni essere dotato di intelligenza si ritrova sia lo Zohar che lo Zend Avesta. Nei piani invisibili tale essere è perfetto ma quando si mostra nella materia porta delle imperfezioni
- le tre potenze distinte dell’animo umano vi sono sia fra i cabalisti che nei persiani: 1) spirito, emanazione dell’essenza divina e non raggiungibile dalle impurità terrestri (per i Persiani, Akko) 2) principio libero e responsabile, che è sede del bene e del male
3) principio del movimento e della sensazione, dato dallo spirito vitale (per i Persiani, Djan, che conserva le forze del corpo e mantiene l’armonia).
Tra l’altro anche lo Zend Avesta parla di due principi d’azione opposti, come farà Platone, che trascinano verso l’alto o verso il basso.
- la distinzione tra tenebre e luce, che nei persiani è rappresentata da Sammaele.

Oltre a quella caldea e persiana vi sono altre influenze, anche se è molto probabile che i cabalisti in questi casi seguenti abbiano più dato che preso (visto che molti sono anche temporalmente posteriori), senza dimenticare che molto influenti sono state anche le dottrine orientali non solo per la Cabala ma anche per le altre tradizioni:

> Analogia vi è fra Platone e lo Zohar, in particolare in merito all’essenza divina del mondo intelligibile, in merito all’intermediazione dei numeri fra le idee e gli enti manifestati, della preesistenza dell’anima, che va “ricordata”.
> Affinità si ritrovano anche coi neoplatonici:
- per Plotino, come per i cabalisti, Dio è causa immanente e origine essenziale di tutti gli esseri e di tutte le cose, tutto parte da Lui e torna in Lui;
- per i platonici di Alessandria – e per la Cabala – Dio non può essere espresso che in forma trinitaria: Bene + Intelligenza (nous) + anima del mondo o Demiurgo.
Il Bene è il principio di ogni amore e oggetto del desiderio universale, plenitudine e potenza.
Con Plenitudine e Potenza Dio può manifestarsi fuori da sé; con l’Amore invece egli attira a sé tutto ciò che è.
L’Intelligenza costituisce l’essenza stessa dell’essere, e tutte le intelligenze di cui si compone l’universo non sono che lo sviluppo del pensiero assoluto attraverso una dialettica creatrice, che ha portato dunque alla generazione degli esseri e alla manifestazione degli attributi di Dio (fino alla molteplicità tendente all’inifinito del mondo della manifestazione).
> Filone, neoplatonico e fondatore della Scuola di Alessandria: per molti è l’inventore del misticismo ebraico; invece, bisogna considerare che nei suoi scritti vi sono opinioni disparate e non un vero e proprio sistema.
Dio è per Filone fuori dalla creazione e al di sopra di tutto, anche se la sua natura si manifesta in un’attività costante attraverso il Demiurgo. Dio non conosce riposo e la sua attività è infinita, e filone fa del Verbo divino una persona reale, un’ipostasi.
Con la bontà Dio ha creato tutto, con la potenza governa la creazione, e il Verbo, posto fra le due, le collega”.
La grazia è quel volto celeste che serve da mediatore fra Dio e l’anima
> il cristianesimo e l’islamismo sono posteriori alla nascita della Cabala, anche se vi sono molte somiglianze fra l’una (in particolare la trinità) e l’altra (Dio sostanza unica di tutte le cose che crea le essenze divine) religione.

Le opere fondamentali della cabala sono omogenee e totalmente assenti di un carattere religioso, e le opere medievali si ricollegano molto bene agli scritti più antichi, in special modo il Talmud.
Il Sefer Yetzirah, breve, corrisponde alla storia della Genesi ed è collocabile fra il VI-VII secolo, o nel IX secolo, comunque fra il Talmud (499) e prima dell’islam, scritto probabilmente in Palestina o in Siria, e il suo sistema si avvicina a quello dei grammatici indiani.
Il Sefer-ha-Zohar, opera molto lunga e completa e probabilmente redatta da più autori, è attribuita a ben Yochai (II secolo) o a Mosè di Leon (XIII secolo).
Serouya opta per l’attribuazione più antica (II secolo o ancora prima) poiché analizzandone la portata, essa sembra essere molto antica, e per vari altri motivi:
- la dubbia genuinità del pensiero di Mosè di Leon
- Franck nota l’uso del dialetto aramaico e l’uso di allusioni al cristianesimo o Aristotele
- sembra ispirarsi al dualismo sessuale tipico di Isaac il Cieco e di Abulafia.

Quindi se Cabala significa “ricevere per Tradizione”, per tradizione si deve intendere con tale parola quella metafisica, che ha origini antichissime (caldee e persiane).
D’altronde di tutto il sistema che si svilupperà dal XIII secolo, è una sorta di non-Cabala perché prescinde dalla metafisica e dal misticismo, e va a sconfinare nel dogmatismo ebraico, in elementi culturali e rituali, nell’antropomorfismo.
Elementi importanti, ma la Cabala vera, come era chiaro anche in Scholem, contrasta con tutte le speculazioni rabbiniche e la parte relativa alla legislazione e al formalismo talmudici.

I veri cabalisti si oppongono anche al razionalismo, rappresentato da Aristotele, e gli contrapponevano il platonismo e neoplatonismo.
Rigettando il razionalismo, i veri cabalisti ovviamente non rigettano un autore a prescindere e ad esempio accolgono alcune speculazioni di Maimonide. Infatti, ciò che si respinge non è la ragione, che ha una componente essenziale nella cabala, ma il razionalismo inteso come formalismo della stessa ragione.

Serouya fa notare come questa vicinanza al platonismo e al neoplatonismo fa sì che nel misticismo ebraico si convoglino elementi del misticismo cristiano.

E’ vero che una Cabala metafisica così intesa, non manca nemmeno nel XII secolo (Francia, ma anche Spagna), e forse l’esponente più importante è Isaac il Cieco, si contrappone a quella cabala pratica che è considerata più grossolana, la cui nascita risale al IV e V secolo, che è visto come un periodo di decadenza.
Il suo fine essenziale è quello di spiegare il problema della creazione di un mondo imperfetto limitato e finito posto in essere da una potenza perfetta e infinita.

Ritornando agli anni contemporanei a Cristo, il Talmud è influenzato dalla civiltà greca (in particolare Pitagora) e portato ad un certo razionalismo, senza sottovalutare la sua tendenza mistica, che probabilmente proviene direttamente dagli Esseni.
Gli Esseni rispettavano in maniera rigorosa la Legge e credevano nell’azione immediata di Dio su tutte le cose. Secondo loro la Provvidenza divina limitava il libero arbitrio, ed è anche per questo che avevano un certo disprezzo per il corpo. Non credevano nella resurrezione dei corpi.
Per inciso, molti parlano di derivazione del cristianesimo dagli Esseni per via dell’appartenza di Gesù ad essi, ma questo non sembra del tutto corretto per via della sua non continua pratica essena.

Il desiderio ardente di penetrare ciò che ci sovrasta traspare dunque anche nel Talmud.
Dio rimane comunque al di sopra di tutte le contigenze e l’uomo non è né ricompensato né punito da lui. Dio rimane comunque impenetrabile, e questo lo si capisce sia nella storia della Creazione che nella Merkabah.
Per legare l’infinito al finito si dissemina la strada di angeli che non sono semplici messaggeri ma hanno un carattere proprio; vi sono angeli del bene e del male, pur tuttavia ricordando i fondamenti del giudaismo secondo cui bene e male non esistono a priori, ma sono accessori, in qualche modo secondari, all’Uno. Nonostante questo, i giusti hanno un’azione potente sull’esito del combattimento fra bene e male: chi compie un atto morale può divenire un collaboratore di Dio nel Bene, ad esempio con la preghiera.

Per il periodo di decadenza, invece, c’è da considerare il misticismo dei Gheonim, che si trascina fino all’XI secolo, cioè praticamente fino ad Isaac il Cieco e la cabala metafisica.
La Cabala pratica ha origine in questo periodo ed è segnata da astinenze e mortificazioni, e alla contemplazione si affiancava una teurgia e una taumaturgia.
E’ caratterizzata da testi specifici, come lo Shiur Komà, il Libro di Enoch (apocalittico, con una spiccata angelologia), gli Hekhalot (che contengono gli inni e i canti per le varie fasi della contemplazione), L’alfabeto di Rabbi Akiba (che si concentra sulle lettere ebraiche).
Della Pirkè di Rabbi Eliezer, invece, noto che dice che l’universo non può reggersi senza il pentimento; invece nel Midrash Konen si dice che i contrari si divorerrebbero senza la Grazia.

In ogni caso, il testo più importante proveniente dal periodo gaonico è il Sefer Yetzirah (Libro della Creazione).
La sua ispirazione diretta sembra venire dalla Bibbia (Genesi e Giobbe) e non dalla filosofia greca; non c’è né il demiurgo né altre concezioni platoniche.
La concezione principale che veicola è che il mondo è creato da Dio dal nulla.
Non è espressa specificamente una teoria della creazione attraverso le sefiroth, cioè per emanazione, ma Dio discende a poco a poco nel mondo materiale attraverso dei cambiamenti; l’elemento che si pone alla base di tutti i cambiamenti è il soffio divino rappresentato dall’Aria, a partire dalla muta alef.
Gli opposti vengono equilibrati dalla lingua, dal Verbo.
La Creazione, comunque, è un fatto di pura spiritualità e non c’entra niente con l’antropomorfismo.

Nel Sefer Yetzirah non si tratta dell’anima, né dei doveri e della remunerazione dell’uomo, e anche qui bene e male sono principi relativi.

Dopo il periodo gaonico, furono influenti elementi che si ritrovano nei personaggi di Ibn Gabirol, Saadya, Jehuda Halevi e Ibn Ezra.

Il pensiero mistico di Ibn Gabirol è influenzato da idee alessandrine e platoniche.
Ha contribuito a formare la concezione di En-Sof ha distinto Dio in quanto essenza e in quanto creatore e motore agente.
La cosa che muove tutte le cose è la Volontà, che è la vera intermediaria fra Dio e la materia fattasi forma. Tutti gli esseri sono guidati e dipendono da essa; essa implica la parola e il movimento: la parola è infusa nella sostanza spirituale e implica la vita, il movimento è infuso nella sostanza corporea e dà l’azione e la passione.
La Volontà, comunque, è indefinibile e impenetrabile dall’intelligenza. Non possiamo conoscerla se non a tratti quando si è in collegamento con il divino. E’ come se fosse un attributo divino, un’unità che implica tutte le forme riunite, si comunica a tutte le cose e nessuna ne è priva.
Le sostanze superiori derivano dalla Volontà e non diminuiscono facendo nascere le inferiori perché un’emanazione avviene per forze derivate e non diminuendo l’essenza, come il calore del fuoco non diminuisce pur trasmettendolo nell’aria.
Via via che la materia è più sottile ha più conoscenza ed è più perfetta per via della luce che penetra in essa. Questo indica anche che la lontananza dalla fonte primordiale non è una differenza qualitativa, cioè la materia non è qualitativamente più scadente, ma è una differenza quantitativa cioè di maggiore distanza delle cose in basso rispetto alle cose in alto.
L’anima è in grado di conoscere le cose ed è a metà strada fra la sostanza dell’intelletto e l’essenza: si può dire che è spirito per il corpo e materia per la Volontà. L’anima si unisce al corpo per prendere conoscenza delle cose sensibili e grazie a queste risalire alle cose intelligibili.

Saadya proclama la necessità della ragione, che però trova un limite davanti alla rivelazione.
La ragione (neshamah, giudica e sa) è racchiusa nell’anima, insieme a concupiscienza (nefesh, alimentazione e rapporto sessuale) e collera (ruach, ira e punizione).
La resurrezione avverrà solo quando il numero delle anime destinate alla vita sarà esaurito.

Halevi è importante per l’apporto che dà in materia di fede, che considera superiore alla ragione (fino a criticare la filosofia greca).

Di Ibn Ezra sarà influente lo spirito matematico che proviene dagli insegnamenti di Pitagora, attraverso cui ha sviluppato il misticismo dei numeri e delle lettere.

Lo sviluppo di quella che Serouya considera la vera Cabala, quella metafisica, circolano intorno alle tre scuole di:
- Isaac il Cieco, la più importante e che comprende Azriel e Nachmanide
- Eleazar di Worms, con il suo misticismo delle lettere e dei numeri
- Abulafia che tende alla contemplazione pura
Abbiamo già detto che occorrerebbe propendere per la prima scuola piuttosto che per le seconde due.

Isaac il Cieco opera in Provenza e può essere considerato il continuatore della cabala gaonica; Egli sapeva distinguere le anime nuove da quelle vecchie. Azriel opera a Gerona ed è allievo di Isaac il Cieco; e sempre di Gerona è Nachmanide.
Azriel è un neoplatonico che considera Dio Niente del Niente e spinge molto sulla dottrina dell’emanazione attraverso le Sephiroth. L’atto della creazione attualizza l’esistenza potenziale il esistenza reale per gradi successivi; le sephiroth fanno parte sia del perfetto sia dell’imperfetto e il loro meccanismo di azione si basa sulla preghiera.
Il Sefer-ha Temunah le considera come forze inerenti a Dio stesso, anche se in eterna connessione con la Volontà comune dell’En-Sof.
Il Libro della disposizione divina insiste particolarmente su Malkuth, che è simbolo del principio sessuale e completamento di Kether, ha un’azione su tutte le altre sephiroth e tutta la creazione è inerente ad essa; tutti i desideri verso il bene e verso il male si ricollegano ad essa, di cui ne custodisce il principio. I 4 Elementi sono di sua competenza.
Nachmanide segue questa via, e gli conferisce un tono più legislativo basato sul distacco dai legami della natura anche attraverso le cerimonie, le leggi, i rituali. Al contrario di Azriel, però, crede che la creazione proviene dal nulla e che la materia è al servizio dell’anima, che è in grado di traformare il corpo in Tempio. Importante mi sembra essere anche la sua concezione mistica della sofferenza: la sofferenza è, per lui, sempre una sofferenza d’amore poiché Dio vede l’anima affondare nelle miserie del corpo e le invia i dolori. Soffrire è così una fortuna e significa felicità futura basata sull’Amore di Dio.

La scuola tedesca di Eleazar di Worms scaccia l’antropomorfismo e l’idolatria, ma non è molto coerente con se stessa per la moltiplicazione di elementi aggiuntivi: una più numeroso angelologia rispetto a quella gaonica e speculazioni aritmetiche, ignorando la metafisica e i discorsi legati a En-Sof e Sephiroth, e dando luogo al Libro del Sefer Raziel (sembra) dalle dubbie origini.

Abulafia, invece, riprende la cabala gaonica del periodo di decandenza per forzarla nella via della contemplazione pura (arrivando anche a credere di essere il Messia) indirizzandosi verso numeri, lettere e nomi divini, che considera però il fine della speculazione cabalistica e non solo un mezzo.
Per lui la Volontà non è un attributo divino come per Ibn Gabirol, ma la mediatrice fra Dio e le Sephiroth.

Per quanto riguarda lo Zohar, il compito di questo testo è di far vedere che la fonte di ogni verità è una.
Sebbene possa essere visto come un testo adattato al Pentateuco o al Talmud tutto, il legame vero di questo commentario è quello con la Cabala, nonostante sia frutto di testi eterogenei e talvolta non organici fra di loro.
Le allegorie in esso contenute sono però di ordine mistico, ed il suo obiettivo più profondo è di far afferrare all’iniziato quello che lega la forma all’idea.

La materia è definita nello Zohar come il risultato di un’estensione, dalla comparsa del primo punto luminoso fino allo sviluppo finale. Nell’En-Sof tutto è ripiegato su se stesso, e man mano che le cose si estendono diventano più corporee, meno luminose e più opache, arrivando prima al pensiero poi alla materia, che sono la completa conclusione di Dio e che pone pertanto un limite all’espansione stessa dell’Universo.
(Noto che Serouya cita molto spesso Spinoza, che vede di buon occhio, anche se individua tra il suo pensiero e le speculazioni cabalistiche sullo Zohar la differenza che per Spinoza l’estensione non è un mezzo della creazione ma un fine e il mondo della materia è indipendente dal resto. D’altro canto lo apprezza per aver capito che il ritorno alla sostanza primordiale passa proprio per la materia e che l’uomo è l’agente e mediatore di questo ritorno.)

Le gerarchie angeliche sono lette da Serouya in maniera funzionale e cioè adatte all’uomo: lo spirito umano non può conoscere le cose superiori nella sua interezza, ma solo una parte di essa e una determinato aspetto, o attributo, o immagine può essere un mezzo per scoprire questa parte.
Questo ha fatto sì che nell’antichità l’aspetto politeistico prevalesse, mentre le concezioni di panteismo e monoteismo sono successive a questo.

Con lo studio delle sephirot, a partire dal XIII secolo, lo studio delle gerarchie angeliche passa in secondo piano.
Ma le sephirot sono identiche a Dio o sono da esso distinte? E se sono distinte contengono in esse l’essenza divina o sono solo strumenti di azione? I vari cabalisti hanno opinioni diverse su questo, ma tutti concordino sul fatto che Dio sia completamente separato dall’Universo ma comunque in un rapporto costante con esso, poiché l’azione divina è sempre presente.

La scuola di Isaac il Cieco insegna che le sephirot costituiscono allo stesso tempo la potenza della perfezione e quella dell’imperfezione, cioè sono una mediazione tra l’Infinito e il finito, essendo il principio (a contenuto divino) di ciò che è limitato.
Il loro numero è di 10 perché coinvolgono una tripla potenza superiore, mediana e inferiore e un’altra tripla potenza che si estende in lunghezza, altezza e profondità e si estrinseca in 1 spazio.
Inizialmente le sephirot erano studiate nel numero di 3, Kether, Chokmah e Yesod (Volontà, Forma e Materia universale, così come l’unione sessuale è fondata sui tre termini maschio, femmina e tratto d’unione) e il resto sono state aggiunte da speculazioni successive.

Le Sephirot hanno in se la potenza illimitata di Dio, ma per essere percepite dallo spirito devono essere limitate. Inoltre, l’azione di Dio non può essere immediata e diretta, ma deve essere mediata altrimenti il perfetto sarebbe macchiato dal contatto con l’imperfetto.
L’anima umana subisce l’influenza di tutte le sephirot.
Serouya offre questo schema:

Kether
corona
forza divina
Se
Chokmah
saggezza
forza degli angeli
forza vitale
Binah
intelligenza
forza profetica
forza razionale
Chesed
bontà e misericodia
espansione della grazia tra le forze superiori
forza affettiva
Geburah
rigore e forza
espanzione del terrore e della forza
ANIMA
Tiferet
sole
riversamento della pietà sulle cose inferiori
sangue
Netzach
trionfo, equità
rafforzamento dell’anima
struttura
Hod
gloria
produzione della gradazione successiva
carne
Yesod
fondamento
emanazione di tutte le sephirot ad essa
nervi
Malkuth
regno
espansione di tutte le sephirot nel mondo inferiore
pelle
SEPHIRA
AZIONE GRADUALE
INFLUENZA SULL’ANIMA UMANA

Mi sembra anche che si spieghi in termini relativamente chiari quello che Platone indicava con la Necessità: sono le sephirot che corrispondono a questa Necessità, ovvero il rapporto di Dio con l’Universo mediato da “attori” che partecipino sia all’infinito sia al finito, all’assoluto e al relativo.
E la mediatrice per eccellenza è Kether che rispetto all’En Sof fa un passo verso il finito, e relativamente al Niente (Ayin) fa un passo verso l’essere, come il soffio dello Iod.
Nell’ordine metafisico la Scienza, Saggezza e Intelligenza sono unite ma un identiche: e l’intermediario di questa triade è Kether.
Nell’ordine morale, fra Grazia e Giustizia la mediatrice è Tiferet perché il mondo è un miscuglio dell’una e dell’altra: senza la grazia sarebbe perito per mancanza d’indulgenza e senza il rigore per troppo rilassamento. Se Geburah è la Legge, Chesed mette di suo la Grazia e il tutto si riequilibria nell’Amore della Bellezza, giusto mezzo fra i due. Essa non implica la proporzione, ma la misericordia.
Nel mondo naturale, Yesod è mediatrice fra Netzach e Hod, ed è “matrice del mondo” perché ha in sé tutte le altre sephirot: è madre e principio passivo che deve essere fecondata dal principio attivo di Malkuth.
“La forma sessuale è la forma primordiale della creazione”: tale principio vale per ogni cosa (tenebra fecondata dalla luce, Adamo ed Eva, emisferi del cervello,…) , così come per Chokmah e Binah, o fra il Re e la Regina (Malkuth). Dal Re e dalla Bellezza cosmica discende l’ordine dell’Universo e dalla Regina sale la Bellezza morale, cioè la Virtù. Il frutto di questa unione è l’anima.

Abbiamo già detto molte volte della contrapposizione apparente fra Spirito e Materia. Esse non sono due sostanze distinte ma due modi della stessa sotanza definite in base al loro allontanamento dal Centro.
La Materia è lo Spirito nelle sue manifestazioni visibili, ed anche suo limite, involucro e forma.

La combinazione del tetragramma (IHVH) con le 9 lettere indicanti il piccolo volto formano il nome ineffabile. Il nome dell'antico dei giorni, di 13 lettere, e invece nascosto a tutti.
Il nome Jehovah corrisponde al principio maschio e Adonai al principio femmina.
Quresta dottrina, cioè quella delle shemhamephorash (studio dei nomi divini di Dio) contiene delle considerazioni metafisiche che sono parte importante nella cabala.

L’immagine originale più vicina all'Antico degli antichi è l’immagine dell uomo.
L’Antico degli Antichi e il Piccolo Volto formano un tutto uno e sono simboleggiati dai piatti di una bilancia, in equilibrio fra clemenza e rigore. Nel nostro mondo sono le nostre opere a far equilibrare i due piatti, o a farli pendere da una parte all altra.

L’uomo è la colonna mediana che unisce cielo e terra, mondo superiore e inferiore, lo shin che completa il nome di Jehovah.
Anche nell’albero sephirotico la colonna mediana rappresenta l’unione della luce attiva del lato destro e la luce passiva lunare del lato sinistro, e questa unione forma un terzo essere.

L’instabilita delle cose è indispensabile al mondo così come il rigore e necessario per il castigo dei colpevoli. Dio ha separato la luce dalle tenebre per riunirle più tardi, ma senza di esse l’uomo non avrebbe potuto meritare o demeritare ("il santo opprime in questo mondo il giusto con sofferenze fisiche per renderlo degno del mondo futuro").
Immediatamente dopo la giustizia viene la carità.

Il merito e il demerito dell’uomo non toccano la terna superiore delle sephirot, che invece formano e costituiscono la necessità dell’uomo, e dal punto di vista materiale concedono il favore di avere figli, della longevità, di trovare i mezzi di sussistenza.
Ma l’amore perfetto si manifesta in ogni occasione e in qualsiasi circostanza, e per questo si dice che bisogna amare dio anche quando ci toglie la vita terrena.
"Nessun uomo ha il cuore umiliato come il povero. Gli altri uomini appaiono, presentandosi a dio, con il loro corpo e la loro anima, mentre il povero appare davanti a dio con la sola anima perché il corpo è spezzato".
L’uomo é un oggetto sacro e il fondamento della costituzione di tutti gli esseri, e considerato come totalità, personificando il meccanismo intero dell universo.
Ogni parte del corpo ha un valore simbolico e mistico: dalle 7 membra del corpo (la donna rappresenta uno di questi), con testa e genitali che sono i piu sacri; i polmoni sono l’immagine dell’acqua, i reni del fuoco perchè riscaldano il seme che scende dal cervello, dal fegato provengono tutte le malattie, il cuore è l’organo piu puro, la testa la volta celeste.
La semenza dovrà essere comunicata dal palazzo dell’alto al palazzo del basso (“il desiderio che il maschio prova per la femmina attira l’anima in basso, e il desiderio della femmina per il maschio crea il corpo”). Il frutto e perfetto solo dopo tre anni.
L’uomo dunque, non è solo il riassunto piu elevato della creazione, ma la sua quintessenza.

Dal punto di vista della creazione, dio colpisce l’Ayin, il vuoto assoluto, con il suono del verbo, che andava a costiuire il principio della materializzazione del vuoto fino a far scaturire il punto scintillante origine della luce.
Nel creato si parte dal punto supremo fino al più infimo grado della creazione, ed ogni grado inferiore riveste, come fosse una buccia, il grado superiore smorzando via via la luce suprema.
Così le tenebre rivestono la luce, come il corpo riveste l’anima.

Tutto quello che colpisce i sensi dell’uomo implica un significato simbolico, lo spirito deve manifestarsi in qualche modo.

Dal punto di vista spirituale, la cabala vuole contrastare le tendenze egoistiche e malsane dell uomo, e dirigerlo con rettitudine. Dunque il misticismo trascendentale e inseparabile dai fini etici.
Ma si tratta anche di fervore penitente, perché solo con il sacrificio e la volontà si può arrivare al pensiero supremo.
E’ importante nello studio della cabala il metodo della “kannavah”, cioè concentrazione profonda dello spirito, e intenzione orientata verso la suprema essenza, supportata da meditazione e preghiera.

Dal punto di vista del cabalismo moderno e delle sette mistiche, si può distinuere un misticismo puro e reale, da uno molto meno importante.

> Il pietismo di Safed, conseguenza delle persecuzioni spagnole, è spiritualismo serio, e dà origine a una certa sistematizzazione cabalistica, grazie a personalità come Caro, o come quelle che facevano parte del chassidismo di Bethel, come Hayon o Sharaabi.
La redenzione non puo venire dall’alto se prima non è avvenuta in basso.

> La cabala di Cordovero rimane invece legata alla tradizione spagnola ed e di tipo filosofico, non manca di immaginazione, ma sa frenarla e non sforare nella cabala prettamente pratica.
Alla cabala pratica tendeva molto di piu Luria, anch’esso spirito eccezionale e mistico, che ha contribuito molto a sviluppare il pensiero cabalistico. A parte la teoria dello zimzum, per lui nessuna anima e in grado di essere perfetta, e per questo possono esistere associazioni di anime omogenee che esercitano un’azione reciproca dell’una sull’altra.

> Di natura molto più bassa se non proprio erano Sabbatai Zevi e i sabbatiani, tra cui Cardoso, Mordekhai, Eibeschutz (che rigettavano anche il Talmud), e tutti quelli che si credevano dei messia come lo stesso Zevi, Abulafia o Cohen, alla stessa stregua tutta la linea polacca, compreso Frank e i frankisti.

> Di media levatura i chassidim come Eliezer, Besht, Zalman, e altri, anche se a volte hanno dato dei contributi importanti, e in genere sinceri.

La differenza di levatura tra i chassidim askenaziti dell’est (soprattutto Polonia) e i sefarditi dell’ovest (soprattutto Spagna) è riconducibile proprio al fatto che i primi si rifacevano principalmente alla cabala pratica e mettevano al centro delle loro speculazioni l’uomo, mentre la vita spirituale dei sefarditi era molto più pura e sincera, fondata sul senso di responsabilità individuale e non sulla sola estasi e illuminazione.

Il primo pensatore a introdurre la cabala nel pensiero cristiano é stato Pico della Mirandola, anche se si è ispirato più che altro alla cabala pratica, a sua volta spinto da Ficino, che cercò di coniugare tutte le scuole dell’epoca.
Per Pico la cabala conteneva tutte le dottrine del cristianesimo.

Reuchlin combina invece la filosofia cabalista con le idee di Pitagora.
Agrippa è per certi versi un credulone e tenta di fare della magia una scienza, ed essa si appoggia sulla natura e sulla rivelazione riservata agli eletti. Per lui più lo spirito del mondo è concentrato in un corpo, più questo e sottomesso all’anima e alla sua forza di volontà.
Per il filosofo tedesco Boehme dio è realta concreta e vivente, abisso senza principio e fine; la sofferenza e condizione di gioia; lo spirito è un mistero eterno. Dio e indipendente dalla natura, che non è manifestazione diretta di dio, ma della sua gloria.
Spinoza ha ricordato alcuni elementi cabalistici nelle sue opere, così come Leibniz. Però la cabala studiata da quest ultimo è molto corrotta.

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