Per chi volesse approfondire, trova qui le opere del filosofo:
- Politica
- Retorica
Innanzitutto, ci sarebbe da dire che il neoplatonismo è una filosofia dell’uno e dell’unità,
mentre la scolastica aristotelico-tomista è un pensiero dualistico fatto di
contraddizione, la più grande e che non sa sciogliere, quella
naturale-soprannaturale (Cosa è naturale e soprannaturale?).
Detto questo la lezione dell'aristotelismo presuppone che non vi sia nulla nell’uomo che sfugga al condizionamento del
mondo circostante.
L’intelletto passivo raccoglie quello che la materia e i
sensi gli danno, l’intelletto attivo è simile alla luce e produce tutte le
cose, ed è intelletto divino.
Esiste una causa prima di tutte le cose; l’uomo dall’anima grande è un uomo del distacco; il pensiero dell’uomo deve essere puro e non rivolto a fini
utilitaristici.
Aristotele a 18 anni (366-65 a.C.) arriva ad Atene a completare la sua
formazione ed entra all'Accademia di Platone, ove rimane per 20 anni. Diventò
il personaggio più influente, perchè Platone era in Sicilia. Dopo la morte di
Platone lascia l'Accademia, poiché le convinzioni di Speusippo erano molto
lontane dalle sue.
Dal 343-42 a.C. inizia a formare Alessandro, figlio di
Filippo il Macedone, che dischiuse una idea nuova che nemmeno i filosofi greci
potevano comprendere dato il loro conservatorismo: oltre l'unificazione delle
città greche sotto l'impero macedone, intendeva anche ellenizzare i Barbari e
pacificarli con i greci.
Quando Alessandro il Macedone sale al trono, Aristotele torna
ad Atene per fondare negli stessi anni (335-4 a.C.) la sua Scuola, chiamata
Liceo, che viene lasciata, alla morte di Alessandro, alla direzione di
Teofrasto (323 a.C.): Aristotele viene esiliato per la reazione antimacedone
scoppiata dopo la dipartita di Alessandro.
Come meteco, Aristotele non poteva acquistare case e
terreni, ed è per questo che fondò la sua Scuola in un ginnasio pubblico. Il
Peripato aristotelico superò addirittura l'Accademia di Platone in grandezza e
vastità enciclopedica del sapere, ma anche Aristotele, come Platone, vide il
suo pensiero travisato e alterato dai suoi successori.
Teofrasto fu un formidabile ricercatore, ma i suoi interessi
furono principalmente scientifici e non apportò novità interessanti in
filosofia; dopo Teofrasto, Stratone si rifugiò nella fisica anche affermando
che la natura basta a se stessa, e dopo di lui gli scolarchi ripiegano sulle
scienze empiriche.
- Le opere di Aristotele non furono mai concepiti come
libri, ma erano il suo materiale didattico.
- Aristotele è un genuino discepolo di Platone, che cerca di
conservare le dottrine del maestro, ma anche di colmare le aporie da lui
lasciate, come avviene nella Metafisica, termine che non è stato coniato da
Aristotele, che lui chiamava invece Filosofia prima con lo scopo di indagare:
le cause e i principi primi (Platone), l'essere in quanto essere (Parmenide),
la sostanza (che cosa è e quali tipi ne esistano), Dio e la sostanza
soprasensibile. La ricerca di Dio è il momento essenziale e definitorio della
metafisica, e per questo fra tutte le scienze è la più divina.
- Nella conoscenza e nella contemplazione dei principi
supremi delle cose, l'uomo realizza perfettamente la sua natura e la sua
essenza.
- Della generazione e della corruzione in universale è causa
il sole, con i suoi avvicinamenti e allontanamenti con ritmo e a intervalli di
tempo costante.
- Discorso sull'Essere: in polemica con gli Eleati, non sostiene che l'essere è unico o univoco, ma che ha una molteplicità di significati, tutti con una precisa relazione con un identico principio o un'identica realtà.
Il centro unificatore dei vari significati dell'essere è la
sostanza, e le categorie rappresentano le supreme divisioni dell'essere.
Le categorie dell'essere sono indispensabili: è necessaria
la loro presenza indipendentemente dal tipo di categoria.
- Discorso sulla sostanza: essa può essere forma (intima
essenza delle cose, data dall'anima razionale), materia (aspetto sensibile,
dato dall'anima sensitiva), o un composto di entrambe (unione concreta di forma
e materia, chiamata sinolo).
La forma è in atto, unità per eccellenza, dà essere alla
materia ed è quindi ad essa superiore, e vi possono essere forme senza materia;
la materia non può esistere da sé, ed è solo in potenza; il sinolo è sostanza
vera e propria, quindi forma e materia nel sensibile.
- L'anima è entelechia, cioè realizzazione e perfezione del
corpo, mentre Dio è entelechia pura.
La sostanza può essere sensibile e corruttibile; o sensibile
e incorruttibile (formata di etere, come i pianeti); le sostanze immobili,
eterne e trascendenti (Dio, tempo e movimento).
- Dio è eterno: in quanto tale ha da sempre attratto come
oggetto d'amore l'universo, e il Principio da cui dipendono il cielo e la
natura è la Vita.
Dio è attività contemplativa di se stesso, che muove
direttamente il Primo Mobile, che a sua volta da movimento in maniera
gerarchica e via via dipendente alle altre sfere.
Dio, anche se Aristotele non dà una risposta chiara e
definita, non pensa l'uomo: l'esperienza dell'imperfetto rappresenterebbe una
diminutio per Dio.
Il Dio aristotelico è oggetto di amore ma non ama: l'amore
per i greci è sempre un amore acquisitivo, ricerca di cui si è mancanti, e Dio
non manca di nulla.
- La seconda scienza teoretica è la Fisica: ha per oggetto
la realtà sensibile, che è caratterizzata dal movimento. Non è una scienza
quantitativa ma qualitativa: se gli Eleati avevano negato divenire e movimento
perchè avrebbero implicato un non-essere, Aristotele giustifica l'essere senza
movimento non come non-essere puro, ma come non-essere-in-atto, ma solo in
potenza.
- Il mondo sensibile è tale poichè è stato iniziato da un
motore già in atto, che ha una sua causa finale, cioè una ragione del divenire.
Proprio per questo il divenire corrisponde alla pienezza dell'essere, proprio
perchè è la via che le cose percorrono per attuarsi.
C'è però un'aporia metafisica in questo, che Aristotele non
risolve: il mondo secondo il suo pensiero ragiona in modo meccanicistico e
pertanto non presupporrebbe un fine; dovrebbe, invece, come dice Platone,
ragionare attraverso una mente che ha come fine il bene e il meglio.
- Ciascun corpo è un limite che è dato dal contenente, e il
suo primo limite immobile è il luogo; il tempo può essere considerato una
particolare proprietà del movimento che sta fra il prima e il poi.
Dio e le intelligenze superiori in quanto immobili sono
fuori dallo spazio, e quindi anche dal tempo.
- Il movimento dei quattro elementi è rettilineo, dal basso
verso l'alto, mentre quello dell'etere è circolare.
- Gli esseri animati differiscono da quelli inanimati perchè
hanno un principio che dà loro vita che si chiama anima: è quel principio che
struttura e dà unità al corpo, una parte della quale è da questo separabile.
Come Platone, anche Aristotele individua una tripartizione
dell'anima, ma è totalmente diversa da quella di Platone poiché è semplicemente
funzionale: l'anima vegetativa presiede alle funzioni più elementari della vita
(generazione, nutrizione, crescita, riproduzione); l'anima sensibile presiede
alle sensazioni, alle passioni e al movimento, da cui derivano fantasia e
memoria; quella razionale presiede alla creazione del pensiero e alla volontà
di conoscenza. L'intelletto è capacità e potenza di conoscere le forme pure:
essa viene dal di fuori ed è divina, è situato nell'anima ed è incorruttibile.
L'intelletto è anche impassibile: esso permane oltre la
morte, e non contiene memori e amore, che deperiscono con la corruzione del
corpo.
- Aristotele non attribuisce molta importanza alla
Matematica, e sicuramente sminuisce l'importanza che Platone e i platonici agli
enti matematici, cioè entità individuali separate dai sensibili.
Egli parla comunque di astrazione come eliminazione degli
elementi non essenziali di un procedimento per giungere all'elemento di base; e
la matematica è comunque strettamente collegata alla bellezza.
- L'Etica è la prima "scienza pratica" che viene
dopo quelle "teoretiche" (metafisica, fisica, matematica). Il bene
supremo dell'uomo è la felicità: essa non è piacere, che rende schiavi, ma
nemmeno il Bene in sé di Platone. Per Aristotele deve essere un Bene immanente
realizzabile dall'uomo e per l'uomo, e non è univoco ma polivoco rispetto
all'opera che è peculiare per ogni singolo uomo.
- La peculiarità dell'uomo non è né il semplice vivere, né
il sentire, ma è l'attività dell'anima secondo ragione. In questo Aristotele
aderisce totalmente alla dottrina socratico-platonica secondo cui l'essenza
dell'uomo si situa nella parte razionale dell'anima.
- La cura dell'anima resta pertanto l'unica via che conduce
alla felicità, anche se ritiene che sia un bene per l'uomo essere dotato di
sufficienti beni esteriori e mezzi di fortuna.
La felicità consiste comunque in attività dell'anima secondo
virtù, ove entra l'attività della ragione e la dominazione degli impulsi
smodati (virtù etica).
- Le virtù etiche sono numerose e derivano in noi
dall'abitudine: si apprendono come qualsiasi arte, ed implicano la giusta
proporzione che è la via di mezzo fra due eccessi, il "giusto mezzo".
- La saggezza riguarda l'uomo e quanto di mutevole c'è in
lui: consiste nel saper correttamente dirigere la vita dell'uomo; la sapienza
guarda a ciò che è sopra l'uomo: è l'intuizione dei principi tramite
l'intelletto.
Nell'attività della contemplazione intellettiva l'uomo
raggiunge il vertice delle sue possibilità e attualizza quanto di più alto è in
lui.
- La struttura della società greca dava un rilievo
all'amicizia decisamente superiore a quello delle moderne società: per
Aristotele essa è strutturalmente legata alla virtù e alla felicità, e la vera
amicizia è il legame che l'uomo ha con l'uomo virtuoso a motivo della virtù
stessa.
- Per la filosofia Politica, Aristotele dice che il bene
dello Stato è più importante, più bello e più perfetto di quello
dell'individuo, e lo Stato dimostra che l'uomo non è capace a vivere isolato:
con esso, per effetto delle leggi e delle istituzioni politiche, l'uomo è
portato a uscire dal suo egoismo.
- Ciò è conforme, ancora una volta, alla società greca, dove
non esisteva una Chiesa e dove ad assurgere ai bisogni dell'uomo, anche
spirituali, vi era lo Stato, identificato con la polis.
- Dal punto di vista del governo dello Stato, sarebbe
auspicabile un monarca che fosse in grado di eccellere in tutti i campi del
sapere, o un gruppo di individui che eccellessero per virtù (oligarchia). Ma,
poichè Aristotele si rende conto delle intrinseche difficoltà che si sarebbero
potute verificare queste due condizioni, appoggia la politia come forma di
governo per la polis del suo tempo.
La politia è il governo di una moltitudine agiata (e non di
pochi, come in oligarchia) che quindi non è povera (come nella democrazia), e
valorizza il ceto medio, offrendo garanzie di governabilità migliori (importanza
del concetto di "medietà" in Aristotele).
- Aristotele vuole una città a misura d'uomo, che si prenda
cura dell'educazione, della morale, e della divisione funzionale delle varie
categorie sociali, poichè la felicità dello Stato dipende dalla sua virtù, cioè
dalla virtù insita in ciascun individuo.
- La Logica non trova posto fra le scienze di Aristotele:
essa non produce niente né esplica un'azione morale, ma riguarda solo la forma
del discorso.
Con essa, egli indicava la dottrina del sillogismo, di cui
pure Aristotele è stato il fondatore.
- Fintanto che noi giudichiamo e formuliamo proposizioni non
ragioniamo ancora. Il ragionamento si esplica solo quando stabiliamo dei nessi
fra proposizione e proposizione, e fra giudizio e giudizio, e il ragionamento
perfetto per eccellenza è proprio il sillogismo, che ne dimostra la coerenza.
- Nella dimostrazione del sillogismo le premesse devono
essere sempre vere: la verità è fondamentale in un processo discorsivo volto a
determinare la causa di un discorso.
Il sillogismo è un processo deduttivo in quanto si ricavano
verità particolari da verità generali.
La conoscenza scientifica e l'intuizione, cioè il coglimento
puro dei principi primi, sono sempre veri; ed anzi, dove la scienza si ferma,
l'intuizione no: sarà dunque essa anche principio della scienza stessa.
- Falsi sillogismi sono quelli fondati sull'opinione
(sillogismi eristici) o quelli fondati su premesse non vere o errate
(paralogismi).
- La Retorica, se autentica, non può fondarsi sul
sentimento, ma anch'essa si deve basare sul vero e sul giusto; e il retore deve
conoscere le cose di cui vuol convincere e l'anima degli ascoltatori.
- Essa si basa sui quei procedimenti con i quali gli uomini
muovono da opinioni e non da conoscenze scientifiche (a differenza della
dialettica, dove primeggiano queste ultime).
La retorica non insegna, e la premessa di un discorso
retorico sono dunque le convinzioni comunemente ammesse: il sillogismo retorico
(entimema) è pertanto basato su premesse probabili, e si avvale dell'esempio.
- I greci puntavano molto sul momento conoscitivo dell'Arte,
che è perciò inclusa nel quadro generale del sapere.
Le arti "belle" sono quelle che imitano la natura
stessa e non hanno solo una mera utilità pragmatica; fra queste Aristotele
considera la Poetica, ed in particolar modo la poesia tragica (a differenza di
Platone che aveva in parte biasimato l'arte).
- La mimesi artistica ricrea le cose secondo una nuova
dimensione, e fra le arti la poesia è quella che più di tutte tratta
dell'universale (a differenza della storia che tratta del particolare) e si
occupa di come le cose potrebbero o dovrebbero essere.
- Il bello sta nella grandezza e nella disposizione ordinata
delle parti: il bello è proporzione. L'arte non ci carica di emotività, come
dice Platone, ma ci libera in qualche modo di essa.
Per concludere, se Platone ha avuto maggiori influssi sulla
cultura in generale, Aristotele ha esercitato maggiori influssi specifici sui
filosofi.
Dopo la morte di Aristotele si abbandonano progressivamente
i capisaldi che facevano parte del pensiero di Aristotele:
- metafisica come teoria delle cause e dei principi primi;
- metafisica come ontologia: teoria dell'essere;
- metafisica come teoria della sostanza;
- metafisica come teoria di Dio e del divino.
Risulta perduta tutta la tematica del soprasensibile,
dell'essere e delle sue relazioni e di Dio: parlare, come hanno fatto i
successori di Aristotele, di anima immanente al mondo che ne spiega i movimenti
cosmici, inficia tutto il pensiero precedente. Non si parla più direttamente di
cause, e la natura resta slegata, nella sua formulazione, dal principio primo,
sino ad arrivare al vero e proprio immanentismo e materialismo di Stratone.
Si smarriscono tutti i concetti di forma e di sostanza
spirituale.
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