Ebbe luogo a circa fine ottobre 2011 un sondaggio del MIP – Politecnico di Milano sul tema dei cambiamenti in corso nelle politiche di marketing e comunicazione alla luce dei nuovi trend dei media digitali e della convergenza multimediale (personalmente sono stato invitato a perteciparvi in data 30 ottobre dal Prof. Giuliano Noci).
Come si legge nel sito internet della Business School del Politecnico di Milano, MIP è dal 1979 uno dei più prestigiosi enti di formazione manageriale per laureati di tutte le discipline, orientati verso il mondo delle imprese e della pubblica amministrazione.
Insieme al Dipartimento di Ingegneria Gestionale, fa parte della School of Management, che ha ricevuto, nel 2007, il prestigioso accreditamento EQUIS.
Entrata per la prima volta nella classifica del Financial Times delle migliori Business School d’Europa nel 2009, la School of Management viene confermata nel Ranking 2010 come unica scuola italiana presente, con tre master: Executive MBA; MBA Full Time; Master of Science in Ingegneria Gestionale.
Nel mese di Ottobre 2010, nel Ranking Executive MBA 2010, il Master EMBA entra per la prima volta tra i migliori 100 al mondo, unico programma italiano in classifica, al 94° posto.
Nel mese di Gennaio 2011, nel Global MBA Rankings 2011, il Master MBA Full Time entra per la prima volta nella ‘top 100 mondiale’ e risulta essere il numero 10 al mondo per “esperienza ed esposizione internazionale durante il programma”.
I risultati dell’indagine, chiuso mercoledì 2 novembre 2011, alle ore 12.00, sono stati presentati il 28 novembre durante il convegno “Il marketing si guarda allo specchio e si scopre strabico…”, tenutosi presso l’aula Carlo De Carli del Politecnico.
Il tema dei cambiamenti in corso nelle politiche di marketing e comunicazione è un tema oggi molto sentito, tanto che oltre al sondaggio (che ha coinvolto oltre 1.000 partecipanti appartenenti a tutta la filiera del Marketing e della Comunicazione italiana) e al convegno, è stato organizzato un evento ben preciso, dal titolo “La multicanalità genera sviluppo?”, previsto per il 15 dicembre 2011, alle ore 9,30 (sempre presso l'aula De Carli).
In tale contesto saranno presentati i risultati della Ricerca 2011 dell’Osservatorio Multicanalità. La partecipazione sarebbe gratuita per chi volesse partecipare, previa iscrizione.
Entriamo ora nel vivo della ricerca e vediamo come si è svolto il dibattitto e come sono stati illustrati i risultati.
Giuliano Noci è Vice Rettore del Campus Cinese del Politecnico; Vice Direttore del Diaprtimento di Management, Economics and Industrial Engineering; responsabile nell’ambito dell’Interazionalizzazione del MIP; membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Asia.
Il Prof. Noci è esperto di marketing, business and environment strategy, e-business, e-government, settori di compentenza per i quali ha all’attivo numerose pubblicazioni (Business Strategy and the Environment, International Journal of Operations and Production Management, International Journal of Production Research, Journal of Engineering Design & Automation, Journal of Organizational Change Management, Long Range Planning, Management Decision, Small Business Economics) e sui quali risulta competente commentatore per SkyTg24 e per la RAI.
Inoltre è componente dell’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV) del Ministero dell’Interno e del China Luxury Club coordinato da Harvard Business Review China e Forbes Life China.
L’intervento del Prof. Noci esordice con lo slogan: “humans are the killer app”
Per il Prof. Noci i social network sono la risposta nuova a un meccanismo sociale vecchio quanto il mondo, ed il canale mobile è la massima espressione dell’integrazione con gli altri poiché è portatore di un nuovo contesto dove giocano un ruolo primario le tre “c”: convergenza, connessione, co-creazione.
Il “che cosa comunicare” passa infatti in secondo piano rispetto al “come e dove comunicare”, inserendosi così un nuovo paradigma tra marketing strategico ed operativo, necessario a costruire una credibilità essenziale del marchio/prodotto, veicolando informazioni e servizi rilevanti (carpe diem comunicazionale) e abilitando interazioni utili.
In un simile scenario, creare uno spazio di interazione multicanale (modello “temporary ties”) significa anche valorizzare i “weak ties”, che contestualmente sono atte a diventare “strong ties”.
L’elemento centrale della progettazione viene ad essere il contesto di vita e non più l’eguaglianza soggetto = consumatore (per un contesto di mobilità urbana vale ad esempio il paradigma luoghi pubblici / tempo interstiziale-attesa / momenti di isolamento; per un contesto sofà tv si guarda ad un paradigma centrato su casa / tempo libero / intrattenimento).
Focalizzarsi sul contesto significa sviluppare un legame, una condivisione, e spingere all’acquisto
favorendo le interazioni tra pari (applicazioni sociali tradizionali e nuovi social network), con un’espansione dei canali di comunicazione con utenti e device che diventano poli-funzionali, ovverosia non canalizzati in un modello lineare basato solo sulla familiarità/fiducia/preferenza, ma centralizzati e focalizzati sul un legame duraturo che spinga alla condivisione e all’azione-acquisto.
Per questo è bene guardare:
- ai canali in un’ottica integrata
- alla qualità dell'interazione
- alla qualificazione del ricevente
- al potenziale “virale” dei veicolando.
In una parola, ha ben espresso il Prof. Noci: “evolution in thinking, followed by doing”.
Il risultato dell’indagine è stato estrapolato e presentato dal Prof. Andrea Boaretto, responsabile Marketing Projects della School of Management e Senior Consultant nell’abito delle interazioni multicanale, nonché responsabile dell’ “Osservatorio Multicanalità”, team leader dell’ “Osservatorio Mobile Marketing & Services", e responsabile del Laboratorio sulla Convergenza Multimediale (Con Me).
All’attivo ha pubblicazioni per IlSole24Ore (vedere anche www.marketingreloaded.com) e uno studio su “Open Marketing”.
Se, come si dice nell’indagine, si “è messa la lente sui programmi di marketing delle imprese italiane”, la ricerca ha coinvolto 1089 rispondenti, così suddivisi: un 36% di appartenenti alla filiera core di comunicazione e marketing (agenzie creative, di PR, di digital PR, media, editori, telco, SEO/SEM, concessionari pubblicitari, tecnology providers, web/digital agenciesi), un altro 36% di appartenenti ad aziende investitrice in adversing/marketing, il restante 28% di appartenenti a società di consulenza e ricerche di mercato.
Nella loro complessità, le aziende hanno evidenzato che è necessario un cambiamento di paradigma nel fare marketing; solo per alcuni infatti il nuvo approccio è passeggero.
La co-creazione deve intervenire in linea generale per loo sviluppo di un nuovo prodotto/servizio, senza tralasciare né l’aspetto advertising/marketing, né quello di assistenza e servizi post-vendita.
Essa, infatti, avrà impatti positivi percepiti su benefici intangibili, quali la customer satisfaction, la custmer loyalty, la reputazione dell’azienda, del marchio e/o del prodotto.
Ma quanto sono importanti i social network in questo nuovo processo di marketing?
Essi sono per gli intervistati principalmente una voce di ascolto in tempo reale del mercato e atti a creare una reputazione positiva attorno alla marca, con un aiuto anche per le campagne pubblicitarie (42%) e per l’acquisizione di nuovi (35%) o la fidelizzazione di vecchi (52%) clienti.
Se il Prof. Noci vedeva gli “humans” come killer applications, la ricerca sottolinea che i social network sono tutti percepiti come interessanti ed efficaci se usati in modo intelligente, sia che essi riguardino realtà aumentate, applicazioni brandizzate per smartphone e tablet, QR Code, couponing su gruppi di acquisto.
Particolare rilevanza (>68%) è stata data a Facebook e a social network geolocalizzati.
Un “fattore moda” è stato notato invece per QR Code e per le iniziative di couponing online (Groupon, Letsbonus, Groupalia).
Quale è la composizione del budget riservata al marketing nei prossimi 5 anni?
Partendo da status quo assunto di allocazione dei budget ai paid media, si è notato che gli scenari più probabili vedranno il coinvolgimento per l’80% del budget di owned e earned media, oppure uno scenario con eguale probabilità dove a dominare saranno ancora i paid media insieme agli owned media.
Per quanto riguarda i paid media, una generalizzazione può essere fatta denotando come decresceranno tutte le forme di media tradizionali (un po’ meno outdoor e radio) a vantaggio di un media mix che coinvolgerà tutti quelli mobile (focus su keyword advertising e app) e internet (focus su keyword advertising e social networks).
Impatto e barriere al cambiamento.
1) mancanza di risorse e competenze interne (>50%): dalla mancanza di budget a quella di personale, dalla valutazione dei risultati alla giustificazione del ritorno sull’investimento;
2) mancanza di competenze nella filiera (circa 30%): dalla polverizzazione dei fornitori alla mancanza di chiarezza delle proposte, dalla mancanza di un supporto strutturato a quella di competenze di creatività.
3) percezione di non importanza dei nuovi mezzi (circa 15%): dal loro costo non adeguato al non interesse strategico, da un problema di raggiungibilità dell’audience a quello della complessità del funzionamento.
Ma quali sono allora le competenze-chiave del marketing del futuro?
La ricerca dimostra chiaramente – e il Prof. Boaretto lo mette chiaramente in rilievo – che dal punto di vista della configurazione organizzativa è vista come necessaria la figura di un Direttore Marketing inserita nel Board dei Direttori aziendali, e come questo debba essere in grado di:
- ascoltare il mercato (26%) [utile ma scontato];
- saper reperire le competenze giuste al momento giusto all’interno del network d’impresa (21%);
- conoscere a fondo tutti i canali (20%);
- saper innovare (13%).
Ma allora perché questo mercato è definito “strabico”?
Lo si vede con la catarsi finale espressa nella ricerca: c’è una incertezza della filiera dovuta principalmente ai seguenti fattori:
1) molti attori “Marketing e comunicazione” sono troppo iperspecializzati, e quindi manca una visione complessiva (rilevante per il 47% del campione);
2) mancano modelli di business chiari (rilevante per il 32% del campione);
3) non esistono modelli ben definiti tra gli attori della filiera (rilevante per il 31% del campione);
4) lo stesso ruolo di un singolo attore molto spesso non è chiaro (rilevante per il 28% del campione).
C’è anche incertezza sullo sviluppo dei rapporti tra le imprese e coloro che si occupano di Marketing e Comunicazione, infatti le risposte date dal campione su tale quesito sono varie e polverizzate (statisticamente equamente distribuite): c’è chi crede che le imprese manteranno al proprio interno la loro core-strategy esternalizzando (ma mantenendo il coordinamento) sulle attività operative (47%); chi crede che le imprese si affidino solo a pochi partner privilegiati (38%); chi crede, invece, in una emersione e catalizzazione delle funzioni di comunicazione in attori specializzati (34%); infine, chi pensa alla impresa come internalizzante delle attività si marketing e comunicazione scalzando gli attori tradizionali (11%).
Infine, il Prof. Mario Abis, Professore di Ricerche Psico-Sociali IULM e Direttore Generale del MAKNO, ha presentato un interessante prospetto inerente al superamento di una società strumentale e lineare a vantaggio di una società fluida e multicanale.
Il superamento di un tecnicismo inteso come utilizzo strumentale della tecnologia avviene attraverso un processo che si basa sulla complessità , intesa come multi-composizione delle interazioni nella società fluida odierna, e basata sulla non-univocità delle interazioni.
Gli ambienti virtuali, simbolici e immagnativi assurgono la funzione di territori di sperimentazione, che sono anche dimensioni sensoriali e cognitive, sino ad acquisire lo status di frammenti di mondi vitali costituiti da identità multiple, esperienze distribuite, e sovrapposte.
Il paradigma si è rotto: non più si guarda a “chi è il consumatore”, ma a “quali e come sono i contesti in cui esso si muove”.
Degli esempi (e anche semplificazioni) sono le città che diventano grandi aree metropolitane, le nuove forme di famiglia con il relativo cambiamento dei ruoli, la sempre maggiore mobilità, il passaggio da consumi mediali lineari alla multicanalità, i nuovi modelli organizzativi del lavoro, il multiculturalismo diffuso.
Tutto ciò significa anche una sempre più realtà virtuale è interiorizzata.
Ergo, prevale la sovrapposizione tra gli ambienti, senza rigide distinzioni funzionali, caratterizzati da multifunzionalità e comportamenti diversificati; il tempo è diventato fluido (e diverse sono le attribuzioni di valore dategli); si denota una mutazione delle forme mediali e la fine della centralità televisiva; i contesti mediali si complicano.
Questa frammentazione è sintomo e conseguenza al tempo stesso della rottura di una unistrutturalità dove il consumo diventa distribuito, si generano canali di flusso, l’esperienza deve essere per forza specializzata e selezionata.
C’è il passaggio da un tempo oggettivo (contesti strutturati ed abitudini) a un tempo soggettivo (investimento qualitativo, valore attribuito soggetivamente).
Allo stesso tempo, v’è il passaggio da struttura classificatoria del consumatore a una struttura centralizzata sul consumatore che interagiisce fluidamente nei multi-contesti.
Il valore non è più legato al consumatore in quanto tale ma alla quantità e alla qualità del suo transito in diversi contesti.
E così, il punto di vendita stesso diventa un media.
Contatti:
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