Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Un pensiero sullo yoga

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Lo yoga è una via che permette di congiungere tutte le dimensioni dell’uomo, attraverso i vari piani, sino alla pura consapevolezza dell’essere, attraverso una rottura egoica. L’articolo insiste sulla rottura egoica.

Nella  sua  interpretazione  più  spirituale,  lo  yoga  delle  origini  può  essere  considerato  come un’interiorizzazione del rito sacro di ascesa dal molteplice all’Uno”: non solo è un’affermazione parallela e che ricorda la via cardiaca di Saint-Martin, ma esclude/sottomette tutti quegli effetti secondari che un’ascesa pura può creare e che distolgono dall’obiettivo fondamentale di chi ascende.

Il Bakhti Yoga (amore incodizionato e preghera) ricorda la via mistica; il Jhana Yoga è la via intellettuale; il Karma Yoga la via dell’azione; l’Hatha Yoga si focalizza sul respiro; il Raja Yoga sulla coscienza e sulla mente. Ma al di là delle distinzioni, credo che tutti confluiscano ed abbiano ad oggetto il Raja Yoga, la conoscenza di sè.


Se si deve guardare all’arresto ordinario della mente (e delle personalità egoica), ciò significa seguire il proprio dharma.

Con gli esercizi si può passare progressivamente da una meditazione sull’oggetto, a una meditazione sul soggetto, che è la riscoperta del Sè, dell’Essere che non è più appropriativo e che mette in contatto con gli altri Esseri puri senza la mediazione del soggetto e dei suoi pensieri.

Tutto ciò che si tratta di “esercizio fisico” è un mero palliativo al vero rilassamento e meditazione. Sembra una frase ovvia, ma la difficoltà sta nel controllare gli asana, cioè le “posizioni” yoga, affinchè si mantengano e si controllino al di sotto del livello di coscienza, in maniera stabile, ma al tempo stesso contemplare attivamente, con una mente sveglia ma vuota, di pensieri sull’“infinito”.


La dualità (contrazione/rilassamento) deve essere armonizzata all’unità, e non avviene in maniera superficiale, muscolare, ma profonda, viscerale e nervosa (tanto che anche l’attività della corteccia motoria viene ridotta al minimo).
Per questo i movimenti per conquistare e lasciare l’asana devono essere naturali, dolci e leggeri, senza tensioni, senza affaticamento in un arresto passivo, che provocherebbe una tensione cardiocircolatoria e respiratoria.
Gli asana influiscono quindi soprattutto sulla parte del tronco, sugli organi interni, e sul sistema nervoso autonomo: vi è una variazione di pressione, di flessibilità della colonna vertebrale, di rilassamento totale anche mentale.
E anche le tossine vengono eliminate più velocemente.

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