Lo yoga è una via che permette di
congiungere tutte le dimensioni dell’uomo, attraverso i vari piani, sino alla
pura consapevolezza dell’essere, attraverso una rottura
egoica. L’articolo insiste sulla rottura egoica.
“Nella sua
interpretazione più spirituale,
lo yoga
delle origini può essere
considerato
come un’interiorizzazione del rito sacro di ascesa dal molteplice
all’Uno”: non solo è un’affermazione parallela e che ricorda la via
cardiaca di Saint-Martin, ma esclude/sottomette tutti quegli effetti
secondari che un’ascesa pura può creare e che distolgono dall’obiettivo
fondamentale di chi ascende.
Il
Bakhti Yoga (amore
incodizionato e preghera) ricorda la via mistica; il Jhana Yoga è la
via intellettuale; il Karma Yoga la via dell’azione; l’Hatha Yoga si
focalizza sul respiro; il Raja Yoga sulla coscienza e sulla mente. Ma al
di là delle distinzioni, credo che tutti confluiscano ed abbiano ad oggetto il
Raja Yoga, la conoscenza di sè.
Se si
deve guardare all’arresto ordinario della mente (e delle personalità
egoica), ciò significa seguire il proprio dharma.
Con gli
esercizi si può passare progressivamente da una meditazione sull’oggetto, a
una meditazione sul soggetto, che è la riscoperta del Sè, dell’Essere che
non è più appropriativo e che mette in contatto con gli altri Esseri puri senza
la mediazione del soggetto e dei suoi pensieri.
Tutto
ciò che si tratta di “esercizio fisico” è un mero palliativo al vero
rilassamento e meditazione. Sembra una frase ovvia, ma la difficoltà sta nel controllare gli
asana, cioè le “posizioni” yoga, affinchè si mantengano e si controllino
al di sotto del livello di coscienza, in maniera stabile, ma al tempo stesso
contemplare attivamente, con una mente sveglia ma vuota, di pensieri sull’“infinito”.
La dualità
(contrazione/rilassamento) deve essere armonizzata all’unità, e non avviene in
maniera superficiale, muscolare, ma profonda, viscerale e nervosa (tanto che
anche l’attività della corteccia motoria viene ridotta al minimo).
Per
questo i movimenti per conquistare e lasciare l’asana devono essere naturali,
dolci e leggeri, senza tensioni, senza affaticamento in un arresto passivo, che
provocherebbe una tensione cardiocircolatoria e respiratoria.
Gli
asana influiscono quindi soprattutto sulla parte del tronco, sugli organi
interni, e sul sistema nervoso autonomo: vi è una variazione di pressione, di
flessibilità della colonna vertebrale, di rilassamento totale anche mentale.
E anche le tossine vengono
eliminate più velocemente.
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