Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

La voce "Matteo Ricci" nelle Enciclopedie cinesi

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Nel più importante dizionario enciclopedico cinese, lo Cihai (“Il mare di parole”), pubblicato per la prima volta nel 1936 e poi ampliato, modificato e ripubblicato molte volte, può essere interessante confrontare la voce “Matteo Ricci” nelle tre edizioni più recenti, quelle del 1989, del 1999 e del 2009, appena uscita.
   L’edizione del 1989 reca la voce seguente:

   Missionario gesuita cattolico, giunto in Cina alla fine della dinastia Ming. Nome onorifico Xitai. Italiano. Nominato dirigente dei gesuiti in Cina. Inviato in Cina nel X anno di regno dell’imperatore Wanli [1582], predicò dapprima a Zhaoqing, nel Guangdong. Nel XXIX anno giunse a Pechino, dove presentò in dono un orologio a pendolo e altri oggetti e intrattenne rapporti con gli alti dignitari. Propose di fondere il confucianesimo e il culto degli antenati con il cattolicesimo. Studiò a fondo i Quattro Libri e i Cinque Classici e li commentò e annotò in latino. Introdusse inoltre in Cina alcune nozioni di scienze naturali occidentali. Fra le opere ci sono gli Elementi [di Euclide] (tradotti insieme con Xu Guangqi), il Vero significato della dottrina celeste, il De Christiana expeditione apud Sinas ecc. 

   Dieci anni piu tardi, nel 1999, la voce viene leggermente modificata. Viene soppresso il termine, dal sapore fortemente politico, di “dirigente”, ma soprattutto si aggiunge la menzione del mappamondo:

   Missionario gesuita cattolico. Nome onorifico Xitai. Italiano. Inviato in Cina nel X anno di regno dell’imperatore Wanli [1582], predicò dapprima a Zhaoqing, nel Guangdong. Piu tardi fu messo a capo dei gesuiti in Cina. Nel XXIX anno giunse a Pechino, dove presentò in dono un orologio a pendolo, il “Mappamondo” e altro e intrattenne rapporti con gli alti dignitari. Propose di fondere il confucianesimo e il culto degli antenati con il cattolicesimo. Studiò a fondo i Quattro Libri e i Cinque Classici e li commentò e annotò in latino. Introdusse inoltre in Cina alcune nozioni di scienze naturali occidentali. Fra le opere ci sono gli Elementi [di Euclide] (tradotti insieme con Xu Guangqi), il Vero significato della dottrina celeste, il De Christiana expeditione apud Sinas ecc. 

   Infine, quest’anno, alla voce del 1999 viene aggiunta, ex novo, un’altra voce, con traduzione inglese: le “Annotazioni cinesi di Matteo Ricci (China in Sixteenth Century: the journal of Matthew Ricci, 1583-1610)”:

   Titolo di libro. Scritto da Matteo Ricci e Nicolas Trigault, missionari gesuiti della fine della dinastia Ming, ultimato in tarda età dal Ricci in base all’esperienza dell’evangelizzazione cinese. La p.te I tratta sommariamente dei nomi, i confini, la popolazione, i prodotti, le arti, le tecniche, la cultura letteraria, il sistema concorsuale, gli organi di governo, i costumi, l’etichetta, le religioni cinesi ecc.. Le p.ti II-V narrano dell’evangelizzazione e delle cose viste e udite a Zhaoqing, Nanchang, Nanchino, Pechino e altre località. La narrazione dei fatti è precisa ed è di grande valore documentario per la storia delle relazioni Oriente-Occidente, la storia della predicazione gesuitica in Cina e le ricerche di storia dei Ming. Il testo originale è in italiano; alla morte del Ricci, il missionario gesuita N. Trigault da Macao lo portò a Roma, traducendolo in latino lungo il tragitto e aggiungendovi altre notizie sulla storia dell’evangelizzazione e sul Ricci, sotto il titolo di “Storia del lungo viaggio del cristianesimo fino in Cina, del padre Matteo Ricci della Compagnia di Gesù’”. Pubblicato nel 1615 ad Augusta, in Germania, fu poi tradotto anche in francese, tedesco, spagnolo e italiano. In Cina l’edizione piu diffusa è quella del 1983 a cura di He Gaoji e altri, pubblicata in cinese dalla Zhonghua shuju (basata sull’edizione inglese del 1953 della Random House). 

   La nuova voce, assai apprezzabile per lo spazio che concede finalmente a un testo di tanta importanza, si presenta tuttavia qua e là alquanto contraddittoria. Innanzitutto, attribuisce il testo a Ricci e Trigault, ma poi afferma che fu “ultimato” dal solo Ricci. In realtà, com’è ben noto, il testo fu scritto in italiano dal Ricci; il Trigault, poco dopo la morte del Ricci, lo risistemò, aggiungendovi alcuni inserti in portoghese e in latino; infine lo tradusse per intero in latino e in questa lingua si diffuse in Europa (per questo l’opera fu attribuita per circa tre secoli al Trigault, fino a che nel 1909 non fu ritrovato e dato alle stampe a Macerata il manoscritto originario).
   Inoltre, quella “poi tradotta in ... italiano” fu la versione latina del Trigault, ma la formulazione della voce può lasciare perplessi.
   Dispiace infine vedere totalmente ignorata la magnifica edizione italiana del testo del 1941, a cura di Pasquale D’Elia.

(C) Prof. Giorgio Casacchia, Addetto Culturale IIC Shanghai, 2009.

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