Ø Dimensione sistemica di un universalismo dei diritti su base cooperativa ed interdipendente, con tensione omologativa/differenziativa
Ø Cultura secolarizzata dispersa nelle cleavages di una società pluralistica dove emerge l’idea di cittadinanza attiva e di società del rischio (individualizzata)
Ø Networking multilivello all’interno di una società pluriclasse, con democrazie difficili da mantenere in equilibrio in un sistema complesso
Ø Moltiplicazione dei canali associativi, tra cui lobbistici, all’interno di un espace organizé di II tipo, a reciproche influenze
Ø Élan vital di un ethos che porta ad un ethnos multiculturale
Ø Teoria dei poteri impliciti secondo cui la tutela dei diritti dell’uomo è un obiettivo insito nel diritto comunitario (caso Bosman, Preambolo Atto Unico, art. F.2 TUE non consolidato)
Ø Le virtù del terzo settore attivano la partecipazione dei cittadini all’interno di una matrice cosmopolita kantiana
Ø Ricomposizione da parte della CGCE e della CorteEDU verso uno standard europeo, attraverso una politica cultural-costituzionale
Ø Natura di una vera e propria Costituzione dei Trattati (parere 1/1991 CGCE)
Ø “Dovere di solidarietà” del gruppo sociale nei confronti degli altri, nel loro rispetto, con la scelta di una organizzazione e degli scopi/interessi non confliggenti
Ø una corretta interpretazione del principio di sussidiarietà può sopperire al deficit democratico europeo, tramite una non-concentrazione del potere, decentramento e armonizzazione (artt. 1 TUE e 5 TCE)
Ø ad ogni modo, si deve sostituire alla sussidiarietà verticale quella orizzontale, in un’ottica bidirezionale ed estensiva della libertà di associazione (grazie ad una società aperta e forme di cooperazione)
Ø il demoi deve essere a geometria variabile, lasciando aperta la categoria di “popolo” in un’ottica globalizzante (es. Trasversalità dei Comitati Etici)
Ø per una governance coerente non è necessaria uno Stato federale, ma un principio di omogeneità che raccordi i valori comuni, e valorizzi le differenze in un’ottica associativa (caso Maastricht)
Ø sebbene l’art. 11 CEDU si rifaccia agli artt. 9-10, stenta a non dividersi dalla matrice economica, specialmente dalla tutela sindacale (art. 11 Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, le due Convenzioni di Ginevra sui lavoratori agricoli e sui rappresentanti dei lavoratori, di S. Francisco sulla libertà sindacale
Ø la CEDU va interpretata come strumento vivente (caso Soering vs. UK 1989), come ha dimostrato l’evoluzione del diritto negativo di non associarsi (dal caso Young-James-Webster 1981 al caso Sigurjonsson 1993)
Ø anche la Sent. 10 luglio 1998, caso Sidiropoulos (tutela delle minoranze) ci fa capire il continuum espansivo della libertà d’associazione in un’Europa multilivello
Ø ruolo preminente delle ONG anche secondo l’art. 71 della Carta ONU
Ø visti gli art. 6, 7 e 10 TUE e l’art. 151 TCE inerenti a sussidiarietà e leale collaborazione fra i vari livelli di governo, in favore di una molteplicità nazionale, sembrerebbe che il principio espansivo della libertà di associazione si instauri in tutto il «mondo-di-vita» (Luhmann), anche grazie al concetto dinamico di coerenza (art. 1) (non solo verticale, ma anche implicitamente orizzontale)
Ø le associazioni vanno a coprire, in parte, il vuoto che c’è fra dimensione statale e dimensione regionale, e quello che c’è fra dimensione sovranazionale e dimensione statale
Ø il richiamo costante dei diritti fondamentali nei Trattati e nella giurisprudenza rispetto all’ordinamento comunitario (caso Stauder, caso Nold, caso Hauer), si arriva direttamente alla Carta di Nizza
Ø la Carta di Nizza è allo stesso tempo universale-indivisibile-antropocentrica (perché divide i diritti in civili/politici ad azionabilità diretta e in sociali/economici/culturali a non azionabilità diretta; e perché sostanzialmente avvia il processo di costituzionalizzazione UE), e più modesta (perché non riconosce un valore educativo ai gruppi sociali)
Ø il discorso sulla multi-governance europea della Carta di Nizza si estrinseca, più che nell’art. 12, nel Preambolo, in cui riconosce non solo livelli nazionali e regionali, ma anche locali
Ø la debolezza della Carta è anche un punto di forza perché lascia aperte delle chances possibiliste, come quella dicitura “a tutti i livelli” dell’art. 12 (nonostante sembri che permanga una soggezione alla CEDU)
Ø Häberle parla di multi-costitutionalism, intendendo un pluralismo costituzionale con cui l’uomo sa farsi cittadino attraverso forme sottili e intermedie
Ø Anche l’art. I.9 del Progetto di Costituzione europea e la Dichiarazione A della Costituzione europea del 13 dicembre 2007, fanno riferimento ai diritti CEDU ma senza nessuna innovazione
Ø La democrazia non si identifica col parlamentarismo (come tenta di affermare la CC tedesca nella sent. 1993), ma si dipana anche tramite l’associazionismo e l’aspetto mass-mediatico (strutture intermediarie)
Ø Importanti in questo senso, oltre agli onnipresenti partiti, sono i gruppi parlamentari a libera aderenza (art. 29 Regolamento del Parlamento europeo e caso Martines 2001)
Ø Invece i partiti veri e propri si vedono riconosciuti non solo un fine espressivo della volontà sovrana, ma anche un fine educativo (“formazione di una coscienza europea” come da art. 191 TCE)
Ø Anche se le CE sono nate prettamente come Comunità economiche, non si può prescindere dalle diversità linguistiche, sociali e culturali che non devono frenare l’integrazione: serve il cemento associazionistico che colmi le differenze di una Europa a “due velocità”
Ø La gestione deve avvenire per reti e per mezzo del metodo aperto di coordinamento (Lisbona, 2000), anche attraverso un decentramento sostanziale (Libro bianco sulla governance, 2001)
Ø Non c’è una prospettiva gestaltica: le associazioni, pur aumentando a livello nazionale, non aumentano a livello europeo, perché l’UE sottrae forza al singolo (anche per via dell’Europa a due velocità)
Ø Siccome l’interpretazione della partecipazione è restrittiva da parte dell’UE, nella maniera tipica tedesca (art. 21), è necessario che si formi un’opinione pubblica europea consolidata (Habermas) e che i processi da top-down diventino bottom-up
Ø Per sopperire, le tre soluzioni che l’Europa ha previsto sono:
1) il consenso e l’attivismo dei Paesi più virtuosi
2) la transnazionalizzazione della libertà d’associazione, che deve passare – e gli Stati vogliono che passi – per la transnazionalizzazione delle società economiche (si veda il progetto del codice civile europeo, e la nascita dalla CECA della nostra UE)
3) il forte intervento trasversale delle Corti (CGCE di Lussemburgo, ma soprattutto CorteEDU di Strasburgo)
Ø più si dilata il modello associativo, più si espande la democrazia, e meno la libertà d’associazione diventa funzione della forma di Stato
Ø per questo bisogna coniugare principio della maggioranza e pluralismo a tutti i livelli, in un ambito di network governance in grado di rompere l’assetto monolitico-statalista, l’assetto top-down europeista e l’assetto corporativo-consociativo lijparthiano
Ø in effetti, Hériter individua tre principi cardine a) volontarietà con obiettivi non vincolanti b) la sussidiarietà c) il principio di inclusione
Ø il tutto per arrivare ad un upgrading che porti ad una new governance attraverso processi di soft law, esplicitati nella forma dell’associazionismo reale
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