Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Impresa e Cultura: prospettiva Italia/Cina

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Nel 2007, per la cultura mondiale, ricorre un anniversario molto importante: 2000 anni dalla morte di Mecenate, il Ministro dell’Imperatore romano Augusto, dal cui nome deriva la parola “Mecenatismo”, usata in tutte le culture occidentali per designare chi protegge e finanzia la cultura.
E’ molto significativo per l’Italia che un italiano abbia avuto questo primato, e cio’ comporta una responsabilizzazione degli impresari italiani della cultura, per spingerli ad uno sforzo, un coraggio ed un entusiasmo particolari nell’indirizzarsi al pubblico cinese.
Occorre premettere, da parte italiana, che in una fase economica come quella attuale, dove navigare a vista sembra la parola d’ordine, parlare di investimento in cultura da parte delle imprese può apparire un paradosso. E lo è senz’altro se per investimento in cultura si intende il gesto più o meno generoso di sostenere una mostra, un concerto, un evento nella logica una tantum. Tutte attività che rientrano in quella sfera di azioni spot finalizzate soprattutto a produrre ritorni d’immagine ad effetto istantaneo e spazi per coltivare le pubbliche relazioni, risultando quindi difficilmente difendibili in tempi di difficoltà economiche. Scelte utili in chiave tattica ma non strategica.

Occorre proporre un salto culturale, inedito nel nostro Paese ma sperimentato da anni con successo in altri contesti europei: superare la logica della sponsorizzazione occasionale a favore di una nuova prospettiva in cui la relazione impresa-cultura possa rappresentare un fattore di sviluppo in grado di mettere in moto le energie del territorio e contribuire alla crescita socio-culturale della collettività. E’ sempre più evidente quanto il circolo virtuoso imprese-cultura-territorio costituisca uno strumento per promuovere nuova socialità, presupposto per una società più matura e capace di scelte consapevoli anche sul fronte dei consumi. Inoltre, considerate le azioni che gli enti locali italiani intraprendono continuamente per promuovere i prodotti locali in Cina, investire nella cultura rappresenta una chiave d’accesso molto importante per il mercato cinese, molto ricettivo e attento allo stile di vita e alla tradizione italiani.

pI possibili ritorni di un investimento culturale ragionato e armonico rispetto a “mission”  e obiettivi aziendali sono:
-           costruzione di un’identità forte e riconoscibile;
-            differenziazione rispetto ai competitor;
-            qualificazione delle relazioni all’interno e all’esterno dell’impresa. Il tutto con ricadute positive in chiave di valorizzazione del territorio e benessere della comunità. 

In sintesi, fare della cultura un asset aziendale significa costruire competitività per la propria impresa. Significa investire su quei fattori immateriali decisivi per affermarsi in mercati caratterizzati da prodotti sempre più omologati e da una concorrenza globale difficile da intercettare.

Fattori quali: il capitale umano di informazioni e conoscenze, il capitale sociale di relazioni e credibilità, il capitale simbolico di identità e riconoscibilità. Investire in cultura non significa dunque, investire solo nel bello, un’area che, da parte dell’Impresa, puo’ essere percepita come esterna all’impresa, ma nell’utile, ovvero in strumenti di creazione di valore e di nuove competenze all’interno dell’impresa.
(c) Dott. Paolo Sabbatini, Direttore IIC Shanghai, 2009.

1 commento:

  1. Enterprise and culture: Italy/China perspectives

    Next year will be a very important anniversary for the culture of the entire world: 2000 years from the death of Maecenas, the Minister of the Roman Emperor August. From his name derives the word “Maecenatism”, used by all the western cultures to define the person who finances and “sponsors” cultural events.
    It’s pretty meaningful for Italy that an Italian holds this title and this fact involves a primary responsibility for those Italians who are culture entrepreneurs, pushing them to make an effort with courage and enthusiasm to further enhance their initiatives aimed at the Chinese audience.
    First of all, from the Italian side, during this peculiar economical phase, talking about “cultural investment” by enterprises can sound as a paradox. For sure this can be considered as a paradox if we refer to the mere organization of an exhibition, a concert or a cultural event in the logic of “once for all”. The activities included into the “spot-actions sphere” (with mainly the aim to gain direct feedbacks and spaces for public relations), always turn out to be scarcely defendable in these moments of economical difficulties: those would be tactical, not strategic choices.

    It’s necessary to suggest a cultural leap, a relatively new concept in Italy but already successful in the other European countries: to get over the “occasional sponsorship logic” in favor of a new perspective, in which the enterprise-culture relation can represent a growth factor capable of stimulating local resources and take part in the socio-cultural community. It’s more and more evident how the enterprise-culture-territory relation represents the way to promote a new kind of social relations. This is the first step towards a more mature society, capable of conducting choices with full awareness in the field of consumers’ goods. According to what the Italian local agencies do to continuously promote local products in China, investing in culture represents a very important key to enter into the Chinese market, a market that is extremely receptive and pays great attention to the Italian style and tradition.

    The possible rewards of a reasonable cultural investment, according to the “mission” and enterprise goals are as follows:

    1) the establishment of a strong and clear identity.
    2) the differentiation from the competitors.
    3) a qualification of relations inside and outside the enterprise, with the result of valorizing the territory and intervening in the welfare of the community.

    Making a business asset out of culture means to give competitiveness to one’s own enterprise. This means to invest in the so-called “immaterial factors” that are so important if an enterprise wants to be at the top of daily markets, which are qualified by more and more standardized products and by a shrewd global competition.

    Factors such as: well-managed human resources; knowledge; information; credibility; good relations; identity and easy-to-be-recognized image are the “common field” where culture and enterprise do meet and interact. To invest in culture doesn’t mean to invest just on “Beauty”, which can be considered as a sphere external to the enterprise, but also in “Profit”. In other words, these are tools of creation, value and new skills inside the enterprise.

    (c) Director IIC Shanghai, Mr. Paolo Sabbatini, 2007.

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