Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Stralci delle Lettere di Matteo Ricci

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Per leggere tutte le Lettere di Matteo Ricci (1580-1609), il testo qui.

“Abiamo scritto nella loro lingua il Pater Noster e l’Ave Maria e i comandamenti che a tutti sembrano una buona cosa e li accolgono con allegria. Non sappiamo ancora ciò che nostro Signore vorrà fare e ciò che verrà fuori d questo piccolo lavoro: piaccia al cielo che in tutto si riesca a fare la sua santissima e divina volontà, come tutti noi desideriamo.” (Matteo Ricci, A Giambattista Roman – Macao, Zhaozhou, 13 settembre 1584)

“Gli infedeli stupivano e maggiormente li fattocchiari; insomma né all’hora, né doppo, che si sappia, ha dato il demonio inditio alcuno d’habitare più in quella casa” (Matteo Ricci, Al P. Claudio Acquaviva s.j. Preposito Generale a Roma, Nancian, 13 ottobre 1596)

 “vi sono molti tra loro che hanno le unghie più di un palmo e mezzo lunghe, et acciocchè non se le spezzino, le mettono dentro cannelli di canna assai lunghi, come detali, che pare ai nostri cosa assai sconcia, ma a loro cosa di molta gravità, e sono più facili che vetro da spazzarsi” (Matteo Ricci, A P. Claudio Acquaviva s.j. Preposito Generale – Roma, Pechino, 26 luglio 1605)

“I già fatti cristiani sono più siduo milia; e non è maggiore il numero, perché in questi principi più utile intendiamo essere pochi e buoni, anziché molti, meno rispondenti al nome cristiano” (Matteo Ricci, a P. Girolamo Costa s.j. - Roma, Pechino, 6 marzo 1608)

 “Sessanta milioni di contribuenti risultano dai libri contabili del re, esclusa la gente umile che non paga il tributo, i ministri di giustizia, di potere e di guerra. Tutti i regni confinanti pagano il tributo, eccetto il Giappone che tutt’ora non lo paga.” (Matteo Ricci, A Giambattista Roman - Macao, Zhaoqing, 13 settembre 1584)

“ma per onor del vero, potre scrivere a V.M. qualsiasi altra cosa sui cinesi, ma mai direi che sono uomini di guerra, poiché esteriormente ed interiormente sono delle femminucce” (Matteo Ricci, A Giambattista Roman - Macao, Zhaoqing, 13 settembre 1584)
“In testa e nel cappellosi nota la diversità dello stato sociale; perché in un determinato modo porta il cappello il magistrato, in un altro il laureato; differentemente il letterato, e così lo scrivano, e il plebeo, come in modo diverso lo porta il figlio del nobile e il figlio del villico” (Matteo Ricci, A Giambattista Roman - Macao, Zhaoqing, 13 settembre 1584)

 “è cosa di riso quello che dicono, e di maraviglia di puoco che sanno, perché tutti si diedero alla moralità e elegantia del parlare, o per meglio dire, dello scrivere.” (Matteo Ricci, A P. Claudio Acquaviva s.j. Preposito Generale – Roma, Nanchang, 4 novembre 1595)

“Et io nel vero confesserò che sia la miglior di tutti questi regni orientali, et oserei dire che a poche città del mondo sia inferiore” 

dalle Lettere di Matteo Ricci, A N. N., Nanchang, 28 ottobre 1595

Dal che intendono la perfezione della nostra legge, che è il far bene a quelli che ci 
fanno del male” (Matteo Ricci, A Giovanni Battista Ricci, Shaozhou, 12 novembre 1592)

“piglio grande fiducia nella divina bontà, che vorrà he questa sia una delle sue opere, poiché la fa passare per l’istesso cammino” (Matteo Ricci, Al P. Claudio Acquaviva s.j. Preposito Generale – Roma, Shaozhou, 15 novembre 1592)


“Mi duole di non produrre questa terra nove che dieno maggior contento ai nostri amatissimi padri e fratelli; pure bisogna che habbiano patientia mentre si semina.” (Matteo Ricci, Al p. Claudio Acquaviva s.j. Preposito Generale – Roma, Shaozhou, 10 dicembre 1593)

mi disse che non fu in sogno, ma stando desto, e la miglioranza che si seguitte nella sua persona e nella vita dà testimonio di questo essere vero” (Matteo Ricci, Al P. Ludovico Maselli s.j. – Roma, Pechino, febbraio 1605)

“E questi giorni addietro, avendogli io detto che alle volte Iddio dichiarava li suoi misterij per sogni, mi contò questo che vidde, e pare che iddio lo scelse per essere una colonna firmissima della fè christiana in queste parti e lo volse insegnare con particolare agiuto” (Matteo Ricci, Al P. Girolamo Costa s.j. a Roma, Pechino, 10 maggio 1605)

“noi trattiamo di pace e virtude e obbedientia ai principi, e non di guerra e ribellioni” (Matteo Ricci, Al P. Claudio Acquaviva s.j. Preposito Generale – Roma, Pechino, 15 agosto 1606)


“ma per lo più se ne restano nella loro legge, per essere più liberi; ma Iddio a poco a poco con la pratica dè nostri ammolirà i loro cuori” (Matteo Ricci, Al canonico Antonio Maria Ricci, Pechino, 24 agosto 1608)

“Convinto dell’importanza che nella cultura cinese hanno l’amabilità e l’affabilità del tratto e della conversazione, come espressione di gentilezza dell’animo, metteva tutto il suo impegno nel coltivare tali virtù esercitandole[…] Egli riuscì a stabilire tra la Chiesa e la cultura cinese un ponte […] Padre Matteo Ricci è rimasto in Cina anche dopo la sua morte. Il terreno per la costruzione della sua tomba fu donato dallo stesso Imperatore, e a chi si meravigliava di una decisione non ancora mai avvenuta nella storia della Cina, il Cancelliere dell’Impero rispose: «E neppure è mai capitato nella storia della Cina che sia venuto uno straniero così eminente di scienza e di virtù come il Dottor Ricci».  […] La tomba di Matteo Ricci a Pechino ci rammenta il chicco di grano nascosto nel seno della terra per portare frutto abbondante.” (Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II al Convegno di studi sulla figura di Padre Ricci, 26 ottobre 1982)

 “Le intuizioni di P. Matteo Ricci non furono sempre valutate, in seguito, nel loro giusto significato. Di esse dobbiamo dire, con l’immagine del Vangelo, che sono state un seme soggetto sì alla morte sotto terra, ma solo per svilupparsi in albero rigoglioso carico di frutti” (Lettera in preparazione al Congresso di Studi Ricciani dell’ottobre del 1982 per commemorare il IV centenario dell’ingresso di P. Matteo Ricci in Cina, inviata dal Santo Padre Giovanni Paolo II al Vescovo Mons. Tarcisio Carboni)

“non può non essere felicissima una terra tanto abbondante e tanto ricca di oro, di argento, di pietre di ogni sorta e talmente piena di fiumi e fonti, di alberi e fiori profumati, tanto che il cinese né crede né spera in un altro paradiso se non quello che loro stessi trovano in questa vita” (Matteo Ricci, A Giambattista Roman - Macao, Zhaoqing, 13 settembre 1584)

“la Cina è tanto bella e temprata che sembra tutta un giardino e non si può imitare cosa tanto dolce” (Matteo Ricci, A Giambattista Roman - Macao, Zhaoqing, 13 settembre 1584)

“Questo concurso non è senza molta fatica, ma con tutto ciò procuriamo di ricevere tutti con le loro cortesie, nelle quali andiamo alcuna cosa esercitati, e con la grazia del Signore, vanno edificati e soddisfatti” (Matteo Ricci, Al P. Ludovico Maselli S.J. – Napoli, Zhaoqing, 10 novembre 1585)


“e non volessimo perdere sì buona occasione per fargli vedere la perfettione della nostra santa legge, che ci insegnava a rendere bene per il male” (Matteo Ricci, Al p. Girolamo Costa S.J. – Siena, Zhaoqing, 12 ottobre 1594)

“Piaccia al signore aver mmisericordia di tanti milioni di anime che in questo 
regno si perdono e, o per una o per altra via, aprire l’entrata libera a predicare la sancta fè” (Matteo Ricci, Al P. Claudio Acquaviva Preposito Generale s.j. – Roma, Nanchang, 13 ottobre 1590)

“Dio, in primo luogo agli uomini buoni e virtuosi, permetteva che accadessero disgrazie, per rpovare la loro virtù e tenerli appartati dalle cose di questo mondo” (Matteo Ricci, Al p. Duarte De Sante s.j., Nanchang, 29 agosto 1595)

“mi son fatto pecora in mezzo ai lupi, ma senza la semplicità della colomba, senza la prudenza del serpente” (Matteo Ricci, Al P. Girolamo Benci s.j. – Roma, Nanchang, 7 ottobre 1595)

“E questo rumore è come tra noi gli alchimisti della quinta essentia, et molti venivano per imparare questa scienza, che è tenuta tra loro per cosa de huomini santi” (Matteo Ricci, A N.N., Nanchang, 28 ottobre 1595)

“e solennizzò tanto questo mio detto che lo sparse per la città e va dicendo per miracolo che io non dico bugia; e se sarà ben creduto, sarà di grande agiuto per le cose di nostra santa fede” (Matteo Ricci, Al P. Claudio Acquaviva j.s. Preposito Generale – Roma, Nanchang, 4 novembre 1595)

“Alfine mi pregò che gli facessi un horiulo di sole, qual gli ho fatto molto bello in pietra negra con i segni celesti in piano, cosa mai vista nella Cina” (Matteo Ricci, Al P. Claudio Acquaviva s.j. Preposito Generale – Roma, Nanchang, 4 novembre 1595)

“e ci contentiamo porre i fondamenti per un’opera grande, quando Sua Divina Maestà ci apra il cammino” (Matteo Ricci, Al p. Giulio Fuligatti s.j. – Roma, Nanchang, 12 ottobre 1596)

“saprà come questo ampissimo regno sta tutto dato a lettere, cioè composizioni eleganti, che, se fossero scientie, sarebbe manco male” (Matteo Ricci, Al P. Giulio Fuligatti s.j. – Roma, Nanchang, 12 ottobre 1596)

“per adesso non vogliamo forzarli a far christiani e ci contentiamo porre i fondamenti per un’opera grande, quando Sua divina Maestà ci apra il cammino” (Matteo Ricci, Al P. Giulio Fuligatti s.j. – Roma, Nanchang, 12 ottobre 1596)

“e odono con tanto contento e con tante lacrime tutti che molte volte prorompono in molte lodi vere, come se tutti quei discorsi fussero ritrovati solo da noi, e ci pare in questo principio cominciare da cose, che anco con ragioni possiamo confirmare” (Matteo Ricci, Al P. Claudio Acquaviva Preposito Generale s.j. – Roma, Nanchang, 13 ottobre 1596)


“gli angeli, cittadini della nostra vera patria, che è il cielo, stanno sempre con noi e ci accompagnano in ogni loco; e già in questo mondo abbiamo una caparra certa del bene, che goderemo nell’altra” (Matteo Ricci, Al Canonico Antonio Maria Ricci, Nanchang, 13 ottobre 1596)

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