Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Dalla Cina: "Storia della letteratura di Roma"

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Wang Huansheng 王焕生, Gu Luoma Wenxueshi [Storia della letteratura di Roma], Pechino, 2009, pp. 576

È uscita nel 2009, per i tipi della casa editrice Zhongyang Bianyi di Pechino (denominazione inglese Central Compilation & Translation Press) la “Storia della letteratura di Roma” del prof. WANG Huansheng, dell’Accademia Sinica delle Scienze Sociali. Per la fama dell’autore e la mole (oltre cinquecento pagine, ben illustrate) l’opera si configura come una pietra miliare nella storia della latinistica e della romanistica cinesi. Ne traduciamo qui alcuni stralci, cominciando con l’Introduzione.


Introduzione

Con prima letteratura romana si intende la letteratura di Roma antica dagli esordi letterari dell’età arcaica fino agli inizi del III sec. a.C., precedente la comparsa della vera e propria letteratura artisticamente intesa.
In questo periodo, la società romana antica conobbe enormi cambiamenti e sviluppi. La fase storica della monarchia romana, iniziatasi secondo la tradizione con Romolo, durò poco più di duecento anni e conobbe i regni di sette re, ognuno con le proprie caratteristiche e apporti; le riforme del quinto, Servio Tullio [578-535 a.C. ca], vararono il principio dell’organizzazione del popolo in tribù su base territoriale e della sua stratificazione in base al censo, gettando così le basi su cui si sarebbe formata la città-stato romana. Nel 510 o 509 a.C., il popolo romano si levò e abbatté la crudele dominazione del settimo re, Tarquinio il Superbo, abolì la mo-narchia e fondò la repubblica, retta da consoli eletti dal popolo. Cominciò così la storia della repubblica romana.
Due sono gli aspetti sostanziali dela storia sociale della prima repubblica romana: da un lato, la contraddizione fra gli interesse del patriziato e della plebe all’interno della classe dominante schivista, insieme con il loro fronte comune contro i domi-nati; dall’altro, l’espansione armata all’esterno, l’ampliamento della sfera terri-toriale, l’acquisizione di ricchezza. Pur essendo una repubblica, a Roma furono pur sempre i patrizi a detenere il dominio e ad essere padroni dei poteri fondamentali dello Stato. I plebei derivarono forse dagli immigrati assoggettati o confluiti a Ro-ma dalle comunità circostanti, cittadini liberi, ma dai diritti politici limitati, che inevitabilmente entrarono in lotta con il patriziato per conquistare i propri diritti. Alla fine, nella prima metà del V sec. a.C., ottennero il diritto di eleggere tribuni che proteggessero i loro interessi, e dal 450 al 449 a.C. ottennero che le leggi iscrit-te sulle XII Tavole, desunte dalle antiche consuetudini patrizie, fossero integrate col loro diritto ad assurgere alle più alte cariche dello Stato, compreso il consolato.
L’economia romana si basava sull’agricoltura, ma anche la pastorizia vi occupa-va un posto di rilievo. Per avere terre e schiavi, dopo la fondazione Roma condusse una politica di espansione esterna, ugualmente condivisa tanto dai patrizi quanto dai plebei. Alla fine del V sec. a.C., respinto l’attacco degli Etruschi, Roma infran-se i progetti di restaurazione monarchica e, messa al sicuro la neonata repubblica, iniziò ad espandersi in armi fra le tribù circostanti. Dopo lunghe lotte, ottenne dap-prima il controllo dell’area latina e poi,a metà del IV sec. a.C., conquistò la vittoria, a nord, sugli Etruschi e, a sud, sui Volsci e alcune altre antiche tribù italiche, divenendo la città-Stato più potente d’Italia. In seguito, Roma continuò l’espansione a sud e, dalla metà del IV sec. all’inizio del III, ottenne la vittoria nelle guerre sannitiche, acquisendo il controllo dell’intera Italia centrale e di gran parte di quella meridionale, finché, nel 272 a.C., non occupò Taranto, la più importante colonia greca dell’Italia meridionale ancora indipendente. Da allora, Roma consentì alle altre città d’Italia di godere in varia misura di autonomia interna e, nello stesso tempo, mantenendo la forma dell’alleanza con Roma, di entrare in possesso di tutta la penisola italiana, con centro a Roma, e di esercitarvi il proprio dominio. In questo periodo, avendo acquisito una parte dei diritti politici, che annullavano sul piano giuridico la differenza con il patriziato, e avendo ricavato svariati vantaggi dall’espansione all’esterno, la plebe smorzò i suoi contrasti con il patriziato, conferendo una certa stabilità alla vita politica della repubblica romana e promuovendo lo sviluppo dell’economia agricola e dei commerci.
In tal modo, nel corso di uno sviluppo protrattosi per diversi secoli, l’antica Roma da società clanica passò a società schiavistica e da monarchia a repubblica, tramutandosi, da piccola alleanza tribale sulle sponde del Tevere, in una città-Stato dominatrice dell’intera penisola italiana. All’epoca, nel Mediterraneo occidentale, soltanto Cartagine, antico Stato di immigrati fenici (entro i confini dell’odierna Tunisia) in Africa settentrionale, poté reggere il confronto.
Insieme al ciclopico sviluppo politico, militare ed economico, a Roma si ebbe in una certa misura anche quello della cultura, che tuttavia fu alquanto meno splendido.
(c) Prof. Giorgio Casacchia, Addetto Culturale IIC Shanghai, 2009.

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