Sant'Agostino. L'avventura della grazia e della carità, guardate qui.
La carità di Sant'Agostino non ha basi diverse dall'Eros di Platone: entrambe hanno come denominatore comune l'Amore, tutte e due riconoscono la mancanza come propulsore del Desiderio del ricongiungimento a Dio, partendo dal fatto che non si possa prescindere dalla grazia divina, e dal fatto che Cristo è già dentro di noi.
La carità di Sant'Agostino non ha basi diverse dall'Eros di Platone: entrambe hanno come denominatore comune l'Amore, tutte e due riconoscono la mancanza come propulsore del Desiderio del ricongiungimento a Dio, partendo dal fatto che non si possa prescindere dalla grazia divina, e dal fatto che Cristo è già dentro di noi.
Solo attraverso questo Desiderio di Giustizia, spinto verso l'Alto con Amore-Eros si arrivano a conoscere i Misteri, ed in particolare quello della Trinità.
«Dio si è fatto uomo perché gli uomini diventino Dio»
Diventino Dio non in forza della loro natura, ma in forza di quell’avvenimento di grazia per cui Dio si è fatto uomo
Sant’Agostino sembra dunque che contempli questa possibilità, che l’uomo possa diventare Dio, ma senza prescindere dalla grazia, che deve accompagnare questa trasformazione.
«Caritas per Agostino è sinonimo di grazia e di Spirito Santo»
La caritas, l’amor, la dilectio è lo Spirito Santo.
Il dono increato è lo Spirito Santo, il dono creato è la grazia santificante che lo Spirito Santo, abbracciando la libertà dell’uomo, informando la volontà dell’uomo, crea.
Cos’è dunque lo Spirito Santo? Grazia santificante, che accompagna carità e amore, al fine di poter impiegare con Giustizia la ragione e permettere di indirizzare la natura dell’uomo, e la sua libertà e volontà, verso creazione di Bellezza?
Per Paolo la via del cristiano è la carità e nello stesso tempo, dice nella Lettera agli Ebrei, è la carne di Cristo risorto (cf. Eb 10, 20).
La carità e dunque presenza di Dio attraverso la grazia, ma anche presenza del Cristo all’interno di noi, dopo il suo sacrificio.
«... se conoscessi tutti i misteri
Sant’Agostino parla proprio di misteri, a prescindere dall’accezione della parola misteri/sacramenti, e a prescindere da ciò che i contemporanei considerino come sacramenti.
et omnem scientiam,
e tutta la scienza,
così per la Scienza del Filosofo
et habuero prophetiam
e se avessi la profezia
et omnem fidem, ita ut montes transferam,
e se avessi la pienezza della fede, così da trasportare le montagne,
e l’indispensabilità della Fede
caritatem autem non habeam, nihil sum:
ma non avessi la carità, non sono nulla:
et si distribuero omnia mea pauperibus,
e se distribuissi tutti i miei beni ai poveri,
et tradidero corpus meum ut ardeam,
e dessi anche il mio corpo per esser bruciato alle fiamme,
caritatem autem non habeam, nihil mihi prodest” [1Cor 13, 1-3].
ma non avessi la carità, niente mi giova”.
Ma che cos’è la carità che giova?
Così è il mistero della Chiesa: le altre cose non sono di poco conto, ma se manca la caritas, se manca l’amor, se manca la dilectio, se manca l’attrattiva Gesù, se manca la Sua presenza che attrae la libertà con immediatezza (prompte) e piacere (delectabiliter)
Carità sembra essere Amore, ciò che giova, attrattiva di Gesù.
Ma quanto distante è ciò da quello che Platone chiama Eros?
Eros come figlio della mancanza e carità come attrattiva di Gesù.
Se Gesù equivale al Cristo nella dimensione esoterica, ciò che abbiamo in noi e che dobbiamo liberare dalla corteccia, allora carità verso Gesù e Desiderio di liberazione, reintegrazione della nostra anima a quel Cristo che è Dio.
Continua Agostino: «si adsit, recte habentur omnia?
se invece è presente [la carità] tutte le altre cose sono veramente sé stesse? [recte habentur: potremmo tradurre anche: sono belle]!
Con la carità, cioè Desiderio e Amore, le cose corrispondono effettivamente a ciò che sono: la carità è la giusta via per raggiungere l’Idea delle cose e la loro Bellezza (sono sè stesse, sono belle).
Neque enim dubitavit dicere: “Deus caritas est” [1Gv 4, 16].
Giovanni non ha esitato a dire: “Dio è carità”.
Per questo si dice che Dio è carità, perchè carità è Dio, è il modo di trovare Dio, e allo stesso tempo è la sua grazia, che significa la sua presenza.
Scriptum est etiam:
Ed è anche scritto [in Paolo]:
“Quia caritas Dei
“La carità di Dio
diffusa est in cordibus nostris per Spiritum Sanctum qui datus est nobis” [Rm 5, 5].
è stata diffusa nei nostri cuori [non da noi12] per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”.
Una presenza diffusa attraverso lo Spirito Santo.
Quis ergo nominet Patrem et Filium, et non ibi intellegat caritatem Patris et Filii?
Chi può nominare il Padre e il Figlio e non riconoscervi la carità [cioè la corrispondenza] del Padre e del Figlio?». I termini dilectio, amor, caritas quando indicano lo Spirito Santo possono essere tradotti in italiano con il termine corrispondenza tra il Padre e il Figlio. La carità dello Spirito Santo non è solo amore che si dona, è anche corrispondenza di amicizia, ovvero, come dice sant’Ilario, «godimento del dono».
Si ha godimento del dono, cioè Piacere, soddisfazione dell’Eros, Felicità al raggiungimento della Bellezza, della sua Idea, del toccare con mano e capire la corrispondenza fra Padre, Figlio e Spirito Santo.
Nel mistero della Trinità c’è infinita corrispondenza di felicità.
«Sei stato battezzato fuori dall’utero della Chiesa
de semine viri sui
ma dal seme del Suo sposo». Anche il battesimo fuori della Chiesa è il battesimo di Cristo, è sempre Cristo che battezza];
«Non ognuno che sta nella Chiesa appartiene realmente a essa, cioè ha realmente la caritas».
Chi sta nella Chiesa ma non ha la caritas, dice, riprendendo le parole di Agostino, il Concilio ecumenico Vaticano II nella Lumen gentium (n. 14), con il corpo è dentro ma con il cuore è fuori della Chiesa.
«Certo colui che sta nella catholica appartiene apparentemente alla sposa e ha così apparentemente la caritas, tanto intimamente è connessa la Ecclesia strutturata giuridicamente con la caritas. Però questa partecipazione esterna, visibile, alla caritas non è sufficiente; le può mancare l’interiore realtà e con ciò tutto».
Non è il corpo che è dentro all’utero della Chiesa ad essere battezzato, ma l’anima che ha trovato nel Desiderio il suo sposo.
La partecipazione alla Ecclesia, si dice, è accessoria; e come nel Menone di Platone ciò che è esteriore e che indica la via è solo 1/3 poichè la realtà di sviluppo delle nostre possibilità è tutta interiore, ed è sempre accompagnata dalla grazia.
SE NON HO LA CARITÀ, POSSO AVERE GLI ALTRI DONI MA NONO MI POSSONO GIOVARE
Ascolta l’Apostolo [e qui riprende il brano sulla carità di san Paolo]: “Se io conoscessi tutti i misteri” [tutti i sacramenti].
Quid ait Apostolus? “Si sciero omnia sacramenta, si habeam omnem prophetiam”.
Ma che cosa dice l’Apostolo? “Se conoscessi tutti i misteri, se avessi ogni profezia”.
Adde adhuc, “et omnem scientiam”.
E aggiungi anche: “Se avessi ogni scienza”.
“Si habeam omnem fidem”.
“Se avessi la pienezza della fede”.
“Ita ut montes transferam;
“Così da trasportare le montagne [ricorda la parola di Gesù: «Se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati...» (Mt 17, 20)],
caritatem autem non habeam, nihil sum”
ma se non avessi la carità non sono niente”». Se avessi la fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono niente. Se non avessi la carità, cioè l’attrattiva Gesù, l’amorosa attrattiva della presenza del Signore che mi rende capace di amare il Signore e di amare il prossimo, non sono niente.
Caritas eos quaerit de cordibus nostris.
È la carità che li cerca dal nostro cuore [è bello quel de cordibus nostris: dal cuore abbracciato dall’attrattiva Gesù sorge questa possibilità di volere bene].
per quam mihi prosunt quae magna sunt.
perché è per la carità che quelle cose grandi mi possono giovare [quelle cose sono grandi, ma senza la carità non giovano. È attraverso la carità che il battesimo giova; è attraverso la carità che la fede giova; è attraverso la carità che la profezia giova].
La carità-eros-desiderio è dunque il germe principiale di tutto il resto.
Si enim non habeo caritatem, illa inesse possunt, prodesse non possunt
Se io non ho la carità, ci possono essere anche in me quelle cose, ma non possono giovare». Non possono giovare alla salvezza. Non ho quei doni salubriter quali fonte di salvezza. Non possono giovare per la felicità presente ed eterna.
L’autore parla di salvezza. Ma solo di salvezza si tratta?
non discernuntur filii Dei a filiis diaboli nisi caritate.
non si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo se non per la carità [ciò che distingue non è il cantare l’alleluia, non è il rispondere amen, non è di per sé essere nella comunità cristiana, non è il costruire le basiliche. Ciò che distingue i figli di Dio dai figli del diavolo è la carità].
La virtù non è naturalmente insita nell’uomo.
Non si possono distinguere per natura i figli di Dio, da quelli dell’uomo, ma li si distinguono per carità, per il loro Desiderio, che è frutto della ragione e della reminescenza.
Qui habent caritatem, nati sunt ex Deo
Coloro che hanno la carità sono nati da Dio». La carità è da Dio. Ciò che distingue è un fatto oggettivo. Li distingue la carità che «ex Deo est è da Dio» (1Gv 4, 7).
«Si vides caritatem, vides Trinitatem
Se vedi la carità, vedi la Trinità».
È dunque attraverso questo desiderio alto che si conosce la trinità, e la corrispondenza Padre-Figlio-Spirito Santo
alia si non habeas, hoc habe, et implesti Legem
se non avessi le altre cose, ma hai questo, hai compiuto la Legge».
Ed sembrerebbe che la carità, da sola, l’attrazione verso Gesù, il desiderio, basterebbe a compiere (e superare?) la Legge
Basti pensare a come san Pio X definisce il battesimo di desiderio: il battesimo di desiderio è quel desiderio che nasce dalla carità.
«Se il battesimo è necessario a tutti, può salvarsi nessuno senza battesimo? Senza battesimo nessuno può salvarsi, quando però non si possa ricevere il battesimo diacqua basta il battesimo di sangue, cioè il martirio sofferto per Gesù Cristo, oppure il battesimo didesiderio che è l’amor di carità, desideroso dei mezzi di salvezza istituiti da Dio».
Quindi uno può anche non essere battezzato, può anche non conoscere esplicitamente Gesù Cristo (perché, dice san Pio X nel Catechismo, il desiderio può essere anche solo implicito), eppure, se ha desiderio – diciamo così – di felicità, questo desiderio nasce dalla carità
E questo è bellissimo, il Desiderio può essere anche solo implicito.
Canone del Concilio di Cartagine del 418 che è bellissimo.
Papa Zosimo ebbe delle esitazioni. In seguito approvò, con una lettera inviata a tutti i vescovi, i canoni del Concilio di Cartagine, come espressione autentica della Tradizione della Chiesa.
Chi dice che la libertà può, da sola, ubbidire ai comandamenti di Dio e che la grazia è solo qualcosa che facilita una possibilità che l’uomo ha di per sé senza la grazia, sia scomunicato.
«De fructibus enim mandatorum Dominus loquebatur
Quando il Signore parlava dei frutti dei comandamenti
ubi non ait: “Sine me difficilius potestis facere”
non ha detto: “Senza di me potete fare queste cose più difficilmente”,
sed ait: “Sine me nihil potestis facere” [Gv 15, 5]
ma ha detto: “Senza di me non potete far niente”» (Denzinger 227).
«Valde autem “bona sunt praecepta” si legitime his utamur
“I comandamenti sono una cosa buona se li usiamo legittimamente”. È una frase di san Paolo dalla prima Lettera a Timoteo: 1Tm 1, 8.
L’indispensabilità della grazia è chiara. E ancor di più, se pensiamo ai comandamenti come ai poteri che per grazia ci vengono concessi, allora capiamo cosa san Paolo intendesse per “legittimamente”, senza andare contro la Legge, senza abusarne e rispettare ciò che Dio ci ha concesso.
Accenno a come san Tommaso d’Aquino legge questo legitime
legittimamente. Tommaso dice che i comandamenti di Dio (e questo vale analogicamente per ogni legge) sono usati legittimamente
«si non est in eis spes iustificationis
se non si pone in essi speranza che possano rendere giusti». Se noi poniamo nella legge questa speranza, la snaturiamo.
Ecco che appare in san Tommaso il “render giusti”, cioè agire secondo Virtù e Scienza con Giustizia, e non senza Speranza, speranza che va sempre a braccetto con la Fede, segno di riconoscimento e ringraziamento della grazia ricevuta.
Usiamo legittimamente la legge quando le attribuiamo solo il compito di indicare la strada. Indicando la strada, può anche destare il desiderio di camminare verso la meta.
E arriva il momento di capire la Legge, che da oggetto delle nostre ricerche diventa poi strumento, e quindi mezzo che ci consente di superarla e andare oltre, attraverso la strada da lei indicata, e con desiderio.
Continua Agostino: «Eo quippe ipso quo firmissime creditur: “Deum iustum et bonum impossibilia non potuisse praecipere”,
Da ciò che con fede certissima riconosciamo e cioè che “Dio è giusto e buono, e quindi non può comandare nulla di impossibile”,
Come Eraclito disse
[61] Il mare ha acqua pura e malefica: gradevole e salutare per i pesci, imbevibile e mortiferaper gli uomini.
allo stesso modo non si può domandare a Dio qualcosa che va oltre le proprie possibilità, e piuttosto fare con umiltà come il pubblicano e non come il fariseo.
Cosi’ Dio conosce i nostri limiti, e conosce anche il nostro Desiderio (individuale!) di attrattiva verso di Lui, e ad ognuno da’ e richiede secondo le proprie possibilità.
Quando un comandamento appare difficile, anzi può apparire come impossibile, occorre domandare quella attrattiva amorosa che lo rende facile. Non si tratta di fissarsi su un comandamento.
Anche perché, scrive Agostino (con un’osservazione psicologica che dopo il peccato originale riguarda tutti): «Io non so come mai le cose proibite si desiderano di più».
Dalla caduta si vede come le cose proibite si desiderano di più. Sono anch’esse figlie della mancanza? E come far convergere questo desiderio verso le cose proibite verso l’alto e non verso il basso?
«ut cui gravia sunt,
affinché colui per il quale [i comandamenti] sono faticosi
consideret non potuisse divinitus dici: “Gravia non sunt”,
consideri che [se fossero veramente faticosi] sarebbe stato impossibile che il Signore [attraverso l’apostolo Giovanni] dicesse: “[I miei comandamenti] non sono faticosi”
nisi quia potest esse
se non perché ci può essere
cordis affectus
un’attrattiva del cuore
cui gravia non sunt,
per cui non sono gravosi [possono apparire faticosi, ma ci può essere un cordis affectus per cui non sono faticosi],
et petat quo destituitur, ut impleat quod iubetur
e domandi ciò che gli manca [domandi questo affetto del cuore che rende tutto facile, domandi questa attrattiva che rende tutto facile] perché possa compiere quello che gli viene comandato».
E’ questo Desiderio che non deve mancare: senza di esso la mancanza resterà tale e convergerà verso il basso trainata dal cavallo nero (confronta il mito della biga alata, Fedro di Platone), senza possibilità di trasformazione.
ex difficultate faciendi praeceptum Dei.
perché ci sembra difficile ubbidire ai comandamenti di Dio.
Audi quid sequatur. Homo, quid laboras amando?
Ascolta quello che intendo dire. O uomo, perché ti affatichi nell’amare?
Amando avaritiam. Cum labore amatur quod amas:
Amando l’avarizia tu ami con fatica quello che ami;
sine labore amatur Deus
Dio invece si ama senza fatica». È bellissimo! Riassume tutto Agostino. «Dio si ama senza fatica». San Tommaso d’Aquino dice che nessuna virtù è così immediata e così piacevole come la carità, come l’attrattiva della carità.
«Avaritia iussura est labores, pericula, trituras, tribulationes;
L’avarizia ti comanderà fatiche, pericoli, rischi, tribolazioni
et obtemperaturus es.
e tu le ubbidirai.
Aurum diligis, quaesiturus es aurum, et forte non inventurus:
Ami l’oro, ti darai da fare per avere l’oro e magari non lo troverai:
[...] Me ama, dicit tibi Deus:
[...] Amami, ti dice Dio
[...] ipse amor praesentem me tibi facit.
[...] lo stesso amore mi rende a te presente
[...] Ipsa est consummatio omnium operum nostrorum dilectio.
[...] È proprio la carità il compimento di ogni nostra azione.
Ibi est finis:
Lì [in questa attrattiva amorosa] è il nostro fine,
cum venerimus ad eam requiescemus
e quando ad essa giungeremo [quando saremo completamente abbracciati dall’attrattiva Gesù], lì sarà il riposo.
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