Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

SHANGHAI EXPO 2010: Progetto “Luce Architettura Musica (LAM)”.

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"L'urbanistica della cultura", intervento del Prof. Nicolini, Facolta' di Architettura, Tongji University

Buongiorno, io sono Renato Nicolini.
Un architetto dev’esser pronto a tutto. Io sono stato responsabile per nove anni della cultura della città di Roma, dal 1976 al 1985. Chissà, potrà capitare anche a voi, di diventare assessori alla cultura a Shanghai, a Pechino a Nanchino, in qualche città della Cina.

Vorrei mostrarvi qualche immagine, ma prima volevo spiegarvi che cos’era Roma nel 1976. Roma nel 1976 era una città in preda al terrorismo. A New York ho visto alla Biennale d’Arte Americana al Whitney Museum un quadro intitolato “Roma e il terrore delle Brigate Rosse”. Roma era rappresentata come Manhattan, stesso reticolo ma di isolati bassi, e a ogni angolo c’era una berlina nera, con le porte aperte e il cadavere di un uomo politico ucciso. Sullo sfondo c’era San Pietro, e il papa, l’unica persona viva. Ora, il rischio sarebbe stato di rispondere al terrorismo con la paura: invitare tutti a stare chiusi in casa. Bisogna aggiungere che Roma nel ’76 era anche una città molto noiosa: soprattutto d’estate non succedeva nulla, le strade la sera diventavano deserte.


Ora, il terrorismo si combatte con la vita, con l’incontro, con la democrazia che nasce dalla città. Abbiamo messo degli schermi cinematografici nella zona archeologica di Roma, davanti alla Basilica di Massenzio, al Colosseo, al Circo Massimo. La popolazione romana ha risposto in un modo straordinario. Nel 1981 abbiamo proiettato il Napoléon di Abel Gance, un classico del cinema muto, con l’accompagnamento dal vivo dell’orchestra del Teatro dell’Opera. Sono venuti a vederlo Jack Lang, che era stato appena nominato ministro della cultura nella Francia di Mitterrand; Francis Ford Coppola, l’autore del “Padrino”, il cui padre Carmine aveva composto le musiche per accompagnare del vivo (furono eseguite dall’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma) questa riedizione del Napoléon.

Quindi iniziative popolari, ma anche di grande qualità culturale. Abbiamo poi organizzato un grande incontro dei poeti di tutto il mondo, sulla spiaggia di Castel Porziano, a Roma. Sono venuti Ginsberg, Evtušenko, LeRoy Jones, alias Amini Baraka, i più grandi poeti degli Stati Uniti, dell’Unione Sovietica, forse qualcuno dalla Cina, adesso non ricordo. Trentamila giovani hanno dormito per tre notti sulla spiaggia. Si ballava nelle ville di Roma, nelle ville storiche di Roma, c’era il circo a piazza Navona, il circo a Piazza Farnese, i giocolieri, i clown, gli acrobati, per nove anni Roma è stata come un film di Fellini girato dal vero. Adesso vi mostro qualche immagine, nel frattempo continuo a parlare... vediamo se partono le immagini... le immagini non rendono la realtà, è solo un’ombra.

Io ve le volevo mostrare anche perché in quest’ultimo anno alla Biennale di Venezia la responsabile, la curatrice della Biennale, l’architetto giapponese Kazuyo Sejima, ha come invitato tutti gli architetti a fare come un passo indietro rispetto alla moda delle archistar. Non bastano le grandi firme, realizzare le opere più straordinarie e colossali, bisogna ragionare sul rapporto che c’è fra architettura e vita quotidiana. Kazuyo Sejima ha citato nell’introduzione alla Biennale Henri Lefebvre, uno studioso francese che già negli anni trenta ragionava sul rapporto tra architettura e vita quotidiana.

È importante la conchiglia, ma è ancora più importante l’animale che la abita. Tutto nasce dalla città. Dalla cittàè nato il futurismo, sono nate le altre avanguardie del XX secolo, il cubismo, il dadaismo, il costruttivismo. Oggi l’architettura deve imparare di nuovo dalla città... Diciamo che è importante studiare all’UniversitàTongji, ma per lo studente è importante anche qualche sera passeggiare per Xintiandi, per le ex concessioni, per il Bund o per gli altri luoghi di Shanghai.

L’architetto impara dalle lezioni dei suoi professori, ma impara anche ascoltando del buon jazz o ballando la salsa. L’architettura non è soltanto una questione di disegno e di progetto, è anche una questione di sensi. Non solo la vista, ma anche l’udito, il tatto, gli odori, fanno parte dell’esperienza dell’architettura.

Il mondo del 2010 mi sembra molto simile alla Roma del 1976: si sente che ci sono tensioni, che c’è rischio, che c’è pericolo, che siamo di fronte alla possibilità di crescere molto ma anche di trovarci di fronte a crisi drammatiche. L’Italia degli anni Sessanta cresceva come la Cina degli anni Duemila. Come prevenire la crisi? Una possibilità può essere quella di ragionare sull’urbanistica della cultura. Come rispettare nella crescita le differenze e le autonomie culturali? Come sviluppare il gusto della contaminazione? Metà Italia metà Cina, metà Cina metà Giappone, metà Giappone metà Stati Uniti… La contaminazione culturale è forse ancora più importante dell’integrazione culturale. Sono due facce della stessa medaglia, come competizione e armonia. Voi state vedendo le immagini della Città del Teatro, che abbiamo costruito a Roma ed è rimasta in piedi per un anno: padiglioni in tubi Innocenti e architetture di compensato, che favorivano l’integrazione fra attori e spettatori.

Oggi sembrano immagini di un passato un po’ lontano, ma si possono pensare alla scala della città di oggi. Ritrovare il gusto della sorpresa urbana, del meraviglioso urbano. La cultura è anche minacciata dall’industria culturale, dal fatto che i comportamenti culturali diventano stereotipi ripetibili. In questo filmato ci sono molti bambini che guardano gli spettacoli della Commedia dell’Arte: noi dovremmo recuperare la capacità di guardare il mondo con occhi infantili, con gli occhi del bambino, che si meraviglia, che si stupisce.

Non basta costruire, bisogna sapere animare le città. Voi conoscete la storia di Pigmalione, dello scultore greco che scolpì una bellissima donna in marmo: ma a questa donna mancava la vita, e Pigmalione se ne dispiace. Anche Michelangelo, il grande artista rinascimentale, scolpisce Mosè e si arrabbia con la statua e la colpisce col martello gridando: “Perché non parli?”

Le città debbono parlare, debbono vivere, e questa è una questione su cui gli architetti debbono riflettere. Oggi urbanistica della cultura è anche, come dire, rispondere al mondo globale. Oggi quello che accade a Shanghai è importante per New York, quello che accade a Roma è importante per Tokyo, quello che accade in qualsiasi parte del mondo interessa tutto il resto del mondo. Queste sullo schermo sono immaginiche rievocano la Rivoluzione Francese: sembrano molto lontane nel tempo, eppure sono passati poco più di duecento anni. Queste immagini si riferiscono al 1989, duecento anni esatti dalla Rivoluzione Francese.

Il rischio è che i grandi princìpi della Rivoluzione Francese, libertà, uguaglianza e fratellanza, si trasformino in una pappa indifferenziata, come quella che si dà ai bambini. Invece bisogna mantenere il sapore delle cose. In questo senso io credo che l’urbanistica della cultura, un ragionamento comune tra le facoltà di architettura italiane e la Università Tongji qui a Shanghai, un impegno delle due culture, dell’Italia e della Cina, potrebbe essere molto importante. Capire che cosa rende viva una città, perché passeggiare in certe zone di Shanghai è bellissimo e in altre zone è triste… Architettura e spettacolo, architettura e luce, architettura e musica, possono fare parte di un unico spettacolo, di un unico progetto? Nella disciplina dell’architettura oggi è importante, ripeto, non soltanto imparare a progettare, ma anche a gestire la vita delle città.

Gestire la vita della città non significa imporre alla città un unico comportamento, vuol dire al contrario saper far crescere all’interno della città le differenti possibilità di sviluppo culturale che la città già contiene. Come si possono mantenere le culture, le sapienze, la coscienza del passato, le tradizioni artigiane, le tradizioni culturali, e integrarle nella grande crescita della propria città?
Indubbiamente lo spettacolo è molto importante, ma la cosa importante non è forse lo spettacolo ma il rapporto che c’è tra il pubblico dello spettacolo, quando il pubblico è un pubblico urbano, e lo spettacolo stesso. La città è un teatro molto particolare, in cui non si recita, si vive. La città è il sogno di Pirandello realizzato: i personaggi diventano reali.
Bene, adesso non vorrei abusare del vostro tempo, vorrei lasciare anche qualche minuto al mio collega Francesco Moschini, che vi parlerà di una cosa assolutamente complementare: non c’è soltanto l’immaginazione dello spettacolo, l’immaginazione precede ogni cosa, e il disegno è il modo in cui l’immaginazione si esprime.

Grazie dunque e speriamo di poter un lavoro comune per l’urbanistica della cultura.
12 ottobre 2010, ore 10:15

In occasione dell’Expo 2010, l’IIC Shanghai e’ lieto di annunciare il Progetto “Luce Architettura Musica (LAM)”, coordinato da Giulio Lamanda, e organizzato in collaborazione con il Commissariato Generale per l’Expo Shanghai 2010.
Si annuncia il seguente programma per il giorno 8 ottobre:
- ore 15.00: inaugurazione e presentazione del Progetto;
- ore 15.00-17.30: Conferenza “Cities as Theatres of Cultures”, con interventi del Dott. Piero Scavoni, del Dott. Renato Nicolini, del Prof. Francesco Moschini; a seguire mostra fotografica;
- ore 17.30: performance “Contemporary Music for the Cities” del gruppo “Metadiapason”.

Data e Orario: venerdi' 8 ottobre 2010, ore 15.00.
Luogo: Auditorium, Italy Pavilion, Expo Park, Shanghai - 上海,世博园,意大利馆,多功能厅.
Ingresso Libero. 

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