Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Non-attaccamento

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Kitano Gempo, abate del tempio Eihei, aveva novantadue anni quando morì nel 1933.

Per tutta la vita si era sforzato di non attaccarsi a nulla.

A vent'anni, quand'era mendicante girovago, incontrò per caso un viandante che fumava tabacco. Mentre scendevano insieme lungo una strada di montagna, si fermarono a riposare sotto un albero. Il viandante gli offrì da fumare e Kitano, che in quel momento aveva una gran fame, accettò volentieri.
«Com'è piacevole fumare!» osservò. E l'altro, prima di separarsi da lui, gli diede un'altra pipa
e del tabacco.
Kitano pensò tra sé: «Queste cose piacevoli rischiano di disturbare la meditazione. Voglio
smettere subito prima che sia troppo tardi». E gettò via l'occorrente per fumare.

Quando aveva ventitré anni studiò l'"I-King", la più profonda dottrina dell'universo. Era
d'inverno, e lui aveva bisogno di vestiti pesanti. Scrisse al suo insegnante, che viveva a cento
miglia di distanza, spiegandogli la sua necessità, e affidò la lettera a un viaggiatore perché la
recapitasse. Passò quasi tutto l'inverno e non arrivarono né la risposta né i vestiti. Allora
Kitano ricorse alla prescienza dell'"I-King", che insegna anche l'arte della divinazione, per
accertare se la sua lettera fosse o no andata smarrita. Appurò che era proprio così. Una
successiva lettera del suo insegnante non faceva alcun accenno ai vestiti.
«Se con l'"I-King" io faccio un lavoro così esatto e determinante, potrei trascurare la mia
meditazione» pensò Kitano. Così abbandonò quell'insegnamento meraviglioso e non ricorse
mai più ai suoi poteri.

Quando aveva ventotto anni studiò calligrafia e poesia cinese. Divenne così bravo in queste
arti che ebbe gli elogi del suo insegnante. Kitano pensò: «Se non smetto adesso, sarò un
poeta, e non un insegnante di Zen». Così non scrisse mai più una sola poesia.

Mai l'occhio dell'avido dirà, così come non lo dicono il mare e l'inferno: mi basta. (Mateo Alemàn)

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