Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Il Coccodrillo di Saint Martin e la guerra tra il Bene e il Male

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Pompei, affresco 55-19 d.c., scena nilotica
Il libro, da leggere assolutamente, lo trovate qui.

L’opera di Saint Martin nella sua interezza è ricca di simboli; la seconda parte è molto più interessante della prima, specie i discorsi che Saint-Martin fa su desiderio, idee e segni e l’importante riferimento all’inutilità di “strumenti” se non se ne capisce la portata e il significato, il quale va sempre accostato alla comprensione e consapevolezza individuale e al dirigere la propria energia verso la giusta meta con volontà.

Non è che questa Pietra Filosofale crea qualcosa che porta alla reintegrazione, ma anzi è l’uomo che, quanto più sviluppato spiritualmente, tanto più è in grado di creare una Pietra perfetta.

Per quanto riguarda il significato generale dell’opera e dei suoi personaggi, rappresenta l’eterna lotta del Bene e del Male, rappresentata dalla lotta fra Eleazar e il Coccodrillo, e i relativi aiutanti.
Per quanto riguarda Eleazar, in particolare, c’è da notare la differenza del personaggio con la polvere magica e senza di essa, quasi che fosse una critica di Saint-Martin ai complessi rituali di Martinez che erano inutili o quantomeno accessori, considerato che “il Coccodrillo” può essere battuto senza particolari aiuti esterni, ma solo con la propria energia, consapevolezza e volontà.
Anche l’ammissione alla Società degli Indipendenti della Signora Jof, Società che ricorda alla lontana quella di “Maestri invisibili” stile R+C, non è vincolata da alcuna iniziazione o rituali particolari, ma, come si dice alla fine, vi si appartiene non per istruzioni particolari ma per il semplice possesso, già sviluppato all’interno di sé, della saggezza che si dimostra attraverso le proprie opere.
Se non R+C, essa rappresenta almeno una Società idealizzata da Saint-Martin (che può vagamente ricordare quella descritta dal  ricorda altresì lo scritto del Grande Inquisitore di Dostoevskij).

Allo stesso modo, vi è ammesso il volontario Ourdeck, fedele aiutante di Eleazar, che non è che abbia fatto niente di speciale se non dimostrare – e rappresentare – proprio la Volontà, quella volontà che ha permesso a Eleazar di vincere il Coccodrillo.
Egli viene ammesso nella Società dopo aver sposato Rachel: il loro matrimonio è il simbolo dell’unione dei principi maschile-volontà e femminile dello stesso Eleazar.

Il Coccodrillo e le parti in lotta (i Geni malvagi, la Mujer de Gran Peso, l’Hombre Grande y Seco; Rosón) non rappresentano generalmente solo la lotta del Male, ma anche tutti i disordini e i contrasti che Eleazar affronta dentro di sé per arrivare ad una Conoscenza superiore, vincendo quindi tutti i suoi vizi e completando l’Opera al Nero (da non dimenticare che Eleazar vince anche il malvagio genio di Mercurio, si può dire “trasformandolo” in Mercurio Filosofale).
Eleazar abbandona anche tutta la sua erudizione e falsa conoscenza (i libri dell’Hombre Grande y Seco e le scienze particolari).
Dalla sua parte non sta solo la Volontà e parte maschile (Ourdeck) e la sua parte femminile (la figlia Rachel), ma anche la Speranza e la Fede che risiedono nella propria anima che gli parla (Società degli Indipendenti e Signora Jof), il sacrificio o i sacrifici che deve compiere ma che lo portano a conoscere cose che prima non conosceva (la Mujer Tartara), e attraverso la Giustizia ed equilibrio del Tenente di Polizia Sedir, le forze sovrannaturali che segnalano il cammino ma non aiutano direttamente Eleazar, ed anzi quasi sembrano abbandonarlo (i Geni del Bene).

Il Coccodrillo ha dei poteri che devono essere limitati, e come Platone parla di limite nella Diade indefinita, il limite rappresentato nell’opera di Saint-Martin è la pesante Piramide posta sulla sua coda, che ne limita i movimenti e i poteri.
Il Coccodrillo e i suoi Geni rappresentano il Male assoluto, ma come tale egli non affronta direttamente il Bene Assoluto, che può essere chiamato Dio, ma vanno ad affrontare l’Uomo: questo fa capire quanto egli, l’uomo, sia più potente di tutte le forze del male,e tramite la loro vittoria possa elevarsi alla gloria del Cielo.

Solo con il furto della Polvere, Eleazar riacquista le sue vere facoltà di Volere, Pensare e Sentire, e quello che dice durante la descrizione di Atlantide (peraltro assonante alla descrizione di Platone, e caduta per un empio uso della magia nera) è lampante.

La parte più interessante dell’opera è senz’altro quella che parla di desiderio, idee e segni.
Le proprietà esterne e visibili delle forme degli esseri mettono in condizione del saggio che conosce, di poter cogliere i segni ad esse collegate. Il segno, dice Saint-Martin, è la rappresentazione su una manifestazione visibile di una cosa occulta, che è quindi legata e unita a quella cosa visibile.
Tutto quello che è in grado di farci provare una sensazione o una idea è un segno, e nulla può esserci comunicato senza l’intermediazione delle proprietà “esterne” delle cose visibili.

Il saggio deve sapere cogliere i segni convenzionali e non tenere in considerazione quelli accidentali, poichè solo i primi sono da rapportarsi alla cose fisse ed immutabili dell’Universo.

Nell’arte delle idee sono necessari un germe e una base analoga a quelle stesse idee per fecondarle.
È importante però che la idea prenda corpo e per questo alla parte metafisica si deve affiancare una parte fisica per la generazione materiale (che avviene attraverso un germe generatore e un ricettacolo). Per questo le idee devono essere le più pure e perfette possibile: se il germe contiene in sè la superbia si creerà una cosa superba.
Nella cosa generata v’è sempre un parte di fuoco del germe generatore, e per questo quando un segno si manifesta penetra in noi anche l’idea che questo porta. Il segno penetra con le sensazioni e il sentimento, mentre l’idea penetra nell’intelletto che, se conosce, sa giudicarla, sino a portarla fino alla volontà
La comprensione dei segni combina in progressione ascendente (anche con violenza, irritazione e dolore) e con un atto di unione i frutti della concentrazione (dalla circonferenza al centro), per poi inviarne il risultato alla volontà tramite l’idea e di conseguenza anche al sensibile in progressione discendente (dal centro alla circonferenza, con calma e pace).

Il desiderio è alla base di tutti i segni: ci dà un segno mentale (idea) che a volta si esprime in un segno manifesto e sensibile, ed è per questo che il sensibile esige molta attenzione, infatti anche la ricettività passiva dei segni (con infinite combinazioni) provoca una reazione attiva.

La cosa più difficile di tutte è avere dei Desideri perfetti, che condurranno ad avere dei “segni” che sono delle idee perfette, che e a loro volta produrranno dei segni nel manifestato.
Importantissimo è lo stato di concentrazione, e non bisogna fare l’errore di credere di ricevere dei segni o addirittura di crearne di fasulli.

I segni sono comunque indispensabili per lo sviluppo delle idee poiché ce le fanno riscoprire: l’obiettivo di una idea è manifestarsi e quello del segno è di svilupparla, provocare una reazione e trasmettere la causa occulta e il complemento che la idea voleva fornire. Esso, è da precisare, non influenza l’idea in sè, ma la sviluppa soltanto. Se però il segno termina nella idea, la idea continua sino al raggiungimento della sede naturale che gli è propria.

Se il segno non proviene da un’idea non svilupperà niente e non creerà niente, o al massimo solo un’impressione vaga.

Saint Martin dice anche che nessuna idea può nascere in noi senza l’aiuto dei segni, e nemmeno si può avere un’idea senza un’idea-madre di tutte le idee. Inoltre, se i pensieri sui principi primi sono fissi, sono fissi anche i segni che provengono da tali pensieri; più perfetti sono questi segni, più l’idea che ci stimolano è perfetta.
Questo processo di unione causa un movimento ascendente e discendente potenzialmente illimitato, ma ciò che poni ostacoli a tale illimitatezza è il limite della materia.

Una delle cose che dobbiamo fare è distogliere l’attenzione dall’ordine misto materiale e iniziare a guardare e verso e credere ai segni perfetti, tendendo verso l’ordine metafisico e avendo una disposizione anche al sacrificio del fuoco.
In questo modo possiamo correggere i segni e i pensieri imperfetti, tanto che possiamo arrivare ad avere una comprensione Giusta e dare delle definizioni Giuste, che prescindono dal linguaggio ordinario ma guardano verso il linguaggio dello spirito, e – se mai – a linguaggi più antichi di quelli moderni.
Il giudizio umano è infatti al di sopra e si differenzia da tutte le altre facoltà: è in grado di associare attraverso la ragione il mondo visibile con quello invisibile. Esso pertanto può essere considerato il segno diretto della divinità. Esso, come tutte le altre facoltà, può rettificarsi e perfezionarsi.

Quale è il fine della idea? Se la idea è inizialmente un piccolo caos in sé, essa ci deve condurre ad una regione nuova fino a quella idea-madre che la produce e anche alla consumazione di tutto quello che stava concentrato nel desiderio primordiale.

Tutto questo con un dito poggiato sulle labbra, nel silenzio della Tradizione (canto 71).

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