Pompei, affresco 55-19 d.c., scena nilotica |
L’opera di Saint Martin nella sua interezza è ricca
di simboli; la seconda parte è molto più interessante della prima, specie i
discorsi che Saint-Martin fa su desiderio, idee e segni e l’importante
riferimento all’inutilità di “strumenti” se non se ne capisce la portata e il significato,
il quale va sempre accostato alla comprensione e consapevolezza individuale e
al dirigere la propria energia verso la giusta meta con volontà.
Non è che questa Pietra Filosofale crea qualcosa che
porta alla reintegrazione, ma anzi è l’uomo che, quanto più sviluppato spiritualmente,
tanto più è in grado di creare una Pietra perfetta.
Per quanto riguarda il significato generale
dell’opera e dei suoi personaggi, rappresenta l’eterna lotta del Bene e del
Male, rappresentata dalla lotta fra Eleazar e il Coccodrillo, e i relativi
aiutanti.
Per quanto riguarda Eleazar, in particolare, c’è da
notare la differenza del personaggio con la polvere magica e senza di essa,
quasi che fosse una critica di Saint-Martin ai complessi
rituali di Martinez che erano inutili o quantomeno accessori, considerato
che “il Coccodrillo” può essere battuto senza particolari aiuti esterni, ma solo
con la propria energia, consapevolezza e volontà.
Anche l’ammissione alla Società degli Indipendenti
della Signora Jof, Società che ricorda alla lontana quella di “Maestri
invisibili” stile R+C, non è vincolata da alcuna iniziazione o rituali
particolari, ma, come si dice alla fine, vi si appartiene non per istruzioni
particolari ma per il semplice possesso, già sviluppato all’interno di sé,
della saggezza che si dimostra attraverso le proprie opere.
Se non R+C, essa rappresenta almeno una Società
idealizzata da Saint-Martin (che può vagamente ricordare quella descritta
dal ricorda altresì lo scritto del Grande
Inquisitore di Dostoevskij).
Allo stesso modo, vi è ammesso il volontario Ourdeck,
fedele aiutante di Eleazar, che non è che abbia fatto niente di speciale se non
dimostrare – e rappresentare – proprio la Volontà, quella volontà che ha
permesso a Eleazar di vincere il Coccodrillo.
Egli viene ammesso nella Società dopo aver sposato Rachel:
il loro matrimonio è il simbolo dell’unione dei principi maschile-volontà e
femminile dello stesso Eleazar.
Il Coccodrillo e le parti in lotta (i Geni malvagi,
la Mujer de Gran Peso, l’Hombre Grande y Seco; Rosón) non rappresentano
generalmente solo la lotta del Male, ma anche tutti i disordini e i contrasti
che Eleazar affronta dentro di sé per arrivare ad una Conoscenza
superiore, vincendo quindi tutti i suoi vizi e completando l’Opera al Nero (da
non dimenticare che Eleazar vince anche il malvagio genio di Mercurio, si può
dire “trasformandolo”
in Mercurio Filosofale).
Eleazar abbandona anche tutta la sua erudizione e
falsa conoscenza (i libri dell’Hombre Grande y Seco e le scienze particolari).
Dalla sua parte non sta solo la Volontà e parte
maschile (Ourdeck) e la sua parte femminile (la figlia Rachel), ma anche la
Speranza e la Fede che risiedono nella propria anima che gli parla (Società
degli Indipendenti e Signora Jof), il sacrificio o i sacrifici che deve
compiere ma che lo portano a conoscere cose che prima non conosceva (la Mujer
Tartara), e attraverso la Giustizia ed equilibrio del Tenente di Polizia
Sedir, le forze sovrannaturali che segnalano il cammino ma non aiutano
direttamente Eleazar, ed anzi quasi sembrano abbandonarlo (i Geni del Bene).
Il Coccodrillo ha dei poteri che devono essere
limitati, e come
Platone parla di limite nella Diade indefinita, il limite rappresentato
nell’opera di Saint-Martin è la pesante Piramide posta sulla sua coda, che ne
limita i movimenti e i poteri.
Il Coccodrillo e i suoi Geni rappresentano il Male
assoluto, ma come tale egli non affronta direttamente il Bene Assoluto, che può
essere chiamato Dio, ma vanno ad affrontare l’Uomo: questo fa capire quanto
egli, l’uomo, sia più potente di tutte le forze del male,e tramite la loro
vittoria possa elevarsi alla gloria del Cielo.
Solo con il furto della Polvere, Eleazar riacquista
le sue vere facoltà di Volere, Pensare e Sentire, e quello che dice
durante la descrizione di Atlantide (peraltro assonante alla descrizione di
Platone, e caduta per un empio uso della magia nera) è lampante.
La parte più interessante dell’opera è senz’altro
quella che parla di desiderio, idee e segni.
Le proprietà esterne e visibili delle forme degli
esseri mettono in condizione del saggio che conosce, di poter cogliere i segni
ad esse collegate. Il segno, dice Saint-Martin, è la rappresentazione su una
manifestazione visibile di una cosa occulta, che è quindi legata e unita a
quella cosa visibile.
Tutto quello che è in grado di farci provare una
sensazione o una idea è un segno, e nulla può esserci comunicato senza
l’intermediazione delle proprietà “esterne” delle cose visibili.
Il saggio deve sapere cogliere i segni convenzionali
e non tenere in considerazione quelli accidentali, poichè solo i primi sono da
rapportarsi alla cose fisse ed immutabili dell’Universo.
Nell’arte delle idee sono necessari un germe e una
base analoga a quelle stesse idee per fecondarle.
È importante però che la idea prenda corpo e per
questo alla parte metafisica si deve affiancare una parte fisica per la
generazione materiale (che avviene
attraverso un germe generatore e un ricettacolo). Per questo le idee
devono essere le più pure e perfette possibile: se il germe contiene in sè la
superbia si creerà una cosa superba.
Nella cosa generata v’è sempre un parte di fuoco del
germe generatore, e per questo quando un segno si manifesta penetra in noi
anche l’idea che questo porta. Il segno penetra con le sensazioni e il
sentimento, mentre l’idea penetra nell’intelletto che, se conosce, sa
giudicarla, sino a portarla fino alla volontà
La comprensione dei segni combina in progressione
ascendente (anche con violenza, irritazione e dolore) e con un atto di unione i
frutti della concentrazione (dalla circonferenza al centro), per poi inviarne
il risultato alla volontà tramite l’idea e di conseguenza anche al sensibile in
progressione discendente (dal centro alla circonferenza, con calma e pace).
Il desiderio è alla base di tutti i segni: ci
dà un segno mentale (idea) che a volta si esprime in un segno manifesto e
sensibile, ed è per questo che il sensibile esige molta attenzione, infatti
anche la ricettività passiva dei segni (con infinite combinazioni) provoca una
reazione attiva.
La cosa più difficile di tutte è avere dei Desideri
perfetti, che condurranno ad avere dei “segni” che sono
delle idee perfette, che e a loro volta produrranno dei segni nel manifestato.
Importantissimo è lo stato di concentrazione, e non
bisogna fare l’errore di credere di ricevere dei segni o addirittura di crearne
di fasulli.
I segni sono comunque indispensabili per lo sviluppo
delle idee poiché ce le fanno riscoprire: l’obiettivo di una idea è
manifestarsi e quello del segno è di svilupparla, provocare una reazione e
trasmettere la causa occulta e il complemento che la idea voleva fornire. Esso,
è da precisare, non influenza l’idea in sè, ma la sviluppa soltanto. Se però il
segno termina nella idea, la idea continua sino al raggiungimento della sede
naturale che gli è propria.
Se il segno non proviene da un’idea non svilupperà
niente e non creerà niente, o al massimo solo un’impressione vaga.
Saint Martin dice anche che nessuna idea può nascere
in noi senza l’aiuto dei segni, e nemmeno si può avere un’idea senza
un’idea-madre di tutte le idee. Inoltre, se i pensieri sui principi primi
sono fissi, sono fissi anche i segni che provengono da tali pensieri; più
perfetti sono questi segni, più l’idea che ci stimolano è perfetta.
Questo processo di unione causa un movimento
ascendente e discendente potenzialmente illimitato, ma ciò che poni ostacoli a
tale illimitatezza è il limite della materia.
Una delle cose che dobbiamo fare è distogliere
l’attenzione dall’ordine misto materiale e iniziare a guardare e verso e
credere ai segni perfetti, tendendo verso l’ordine metafisico e avendo una
disposizione anche al sacrificio del fuoco.
In questo modo possiamo correggere i segni e i
pensieri imperfetti, tanto che possiamo arrivare ad avere una comprensione
Giusta e dare delle definizioni Giuste, che prescindono dal linguaggio
ordinario ma guardano verso il linguaggio dello spirito, e – se mai – a
linguaggi più antichi di quelli moderni.
Il giudizio umano è infatti al di sopra e si
differenzia da tutte le altre facoltà: è in grado di associare attraverso la
ragione il mondo visibile con quello invisibile. Esso pertanto può essere
considerato il segno diretto della divinità. Esso, come tutte le altre facoltà,
può rettificarsi e perfezionarsi.
Quale è il fine della idea? Se la idea è
inizialmente un piccolo caos in sé, essa ci deve condurre ad una regione nuova
fino a quella idea-madre che la produce e anche alla consumazione di tutto
quello che stava concentrato nel desiderio primordiale.
Tutto
questo con un dito poggiato sulle labbra, nel silenzio della Tradizione (canto
71).
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