La sfida e il caso sono due motivi ricorrenti e costituenti il pensiero e la poetica di due Maestri dell’Astratto italiano, qui presentati in Cina per la prima volta e giustapposti in un gioco di rimandi e di riflessioni, molto appropriate in un contesto di osservazione artistica vecchio e giovane quale quello cinese. Vecchio perche’ plurimillenario, nella tradizione dello scrutare, dello spezzettare il reale per ricostruirlo a proprio arbitrio (molti capolavori dell’arte classica cinese sono esempi di elegante astratto, nelle maglie di un’ estetica raffinata, quasi esangue); giovane perche’ l’occhio all’astratto occidentale e’ uno sguardo recente, un portato degli ultimi anni di apertura al mondo esterno e quindi di progressiva perlustrazione.
Come evidenziato da R.E. Krauss in merito al pensiero di G.Bataille applicato all’arte della seconda metà del secolo scorso, un tema o un punto critico di partenza per confrontarsi con la materia e la sostanza del mondo è l’informe[1]. Categoria concettuale questa altamente produttiva per il lavoro artistico quanto per quello dell’indagine dei testi che cercano di liberarsi dal dominio della rappresentazione oggettiva, dal gioco della verosomiglianza per approdare, e meglio sarebbe dire navigare senza sosta, alla riva incerta della relazione fra il soggetto e l’oggetto entro il lavorio continuo dei linguaggi.
Le opere, stando alla convenzione (poichè “operazioni” sarebbe il termine più appropriato) del Maestro Ciccia costitutiscono una sfida al linguaggio verbale così come all’indagine critica, e forse anche solo ad un semplice sguardo attento e indagatore della produzione di senso contemporanea: una sfida lanciata ai processi di significazione. Il linguaggio del Maestro Ciccia utilizza l’occhio solo come medium ed è invece alla riflessione concettuale che si indirizza, parla al cervello del pubblico piuttosto che limitarsi ad accarezzane le pupille. La cornice delle opere si fa pretesto per le operazioni, essa limita il campo, seziona la materia per lasciare che il campo e la materia stessi eccedano ed esplodano, pezzi di un discorso che inscena una conflittualità impossibile e adialettica, per rimanere al sopracitato Bataille. Dunque è centrale, per addentrarsi nel mondo del Maestro, instaurare i due termini di un continuum quali il gesto e l’oggetto. Nel campo delle operazioni l’oggetto è aggredito e rappreso nella materia visiva e tattile del colore, non resta che il gesto, l’atto del pittore che si fa interprete e produttore di senso.
Nelle opere del Maestro Fedeli scrutiamo un mondo di significato che si è liberato dall’indicazione univoca verso la natura: potremmo dire che vi è un eccesso di cultura e di riflessione secolare del soggetto che pensa se stesso nel tentativo di restituire alla figura umana il proprio posto e il proprio ruolo attivo oltre i confini dati dall’hic et nunc storico, oltre i limiti posti dalle visioni sociocentriche, oltre anche le ormai banali e abusate metafore del linguaggio pubblicitario e mediatico. La sfida è accettata dal Maestro Fedeli nel modo più originale e rischioso possibile: tramite il caso affronta il medium dove riversa la sua creativita’ e i significati mobili del mondo e dell’esperienza per creare ex novo le nuove modalità, le nuove espressioni, i nuovi intrecci e colori che tessono la trama dell’esistente e del possibile. Il caso allora, al posto della figura e della rappresentazione, svolge quel ruolo critico che compete agli intellettuali come agli artisti, vale a dire ricercare attraverso l’innovazione linguistica nuove soluzioni alle domande del presente e nuovi punti di vista su un passato che non si dà mai come scontato e finito. E’ anche per questo che nelle opere di Fedeli l’inconscio riecheggia artisti e tematiche care ai movimenti artistici e intellettuali della seconda metà del ‘900 e riscontra una elaborazione raffinata e puntuale, utile per aprire nuovi percorsi e prospettive.
Il mondo di oggi non può fare a meno delle scelte artistiche così originali e al tempo stesso profonde di questi due Maestri: la sfida diviene allora collettiva e il caso trova il suo posto dirompente entro la fitta trama degli intrecci culturali; il “caso” diviene elemento liberatorio e di produzione nel mondo globale; tramite esso possiamo instaurare nuovi e prolifici rapporti, a cominciare dall’arte, nel campo della conoscenza reciproca e dell’amicizia sino-italiana.
(c) Paolo Sabbatini, Direttore Istituto Italiano di Cultura di Shanghai.
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