Critica della ragion pura, e la nascita dell'intelletto e del pensiero umani.
Kant (1724-1804) Res publica contro dispotismo, importanza costituzione civile (constitutio ciceronea), importanza diritto pubblico stato, repubblica c’è con separazione dei poteri: forma regiminis (regime repubblicano contro dispotico), forma imperii all’interno della forma regiminis repubblicana: monarchia, aristocrazia, democrazia.
· MONTESQUIEU voleva intendere la libertà in tre modi: 1) civile (fare tutto ciò che le leggi permettono) 2) politico (protezione assicurata ai cittadini da una costituzione che stabilisca divisione e distribuzione dei poteri) 3) filosofico: formulazione vaga secondo cui la libertà filosofica consiste nell’esercizio della propria volontà o per lo meno nella convinzione di esercitarla; è quella che più sembra avvicinarsi al concetto di indipendenza, non solo nel senso di non impedimento, ma come archetipo alto e generale, come forza morale che mette sotto esame la politica e l’operato degli uomini politici
· Kant crea un sistema filosofico con cui ripensa la libertà attraverso una critica della ragione: nessuno – e quindi nemmeno lo Stato paternalistico – ha il diritto di stabilire come e che cosa sia per un individuo la felicità
· la felicità è accomunata agli altri sue grandi temi dell’esistenza umana – Dio e l’immortalità – poiché essa ha una dignità superiore a quanto l’intelletto possa apprendere; quella di poter essere trattata solo dal punto di vista psicologico è solo un’illusione, perché la giusta via da seguire è quella razionale
· continuum dalla libertà interna – dell’uomo in quanto essere morale dotato di ragione e volontà – alla libertà esterna – mondo sociale e istituzioni non da intendere metafisicamente ma con parametri scientifici e della ragione (giudizio sintetico a priori); anche se c’è un pericolo della frattura delle due sfere libertà individuale-interna-dovere verso sé stessi-moralità/razionalità esterna-dovere verso le legge-esperienza possibile, queste vanno tenute unite
· il Segretario della Cancelleria segreta del Regno di Hannover REHBERG replica all’articolo Sopra il detto comune 1793, osservando che il razionalismo trascendentale del filosofo di Konisberg non avrebbe mai trovato applicazione nel mondo pratico
· agganciare libertà interna con quella esterna era per Kant il supporto dell’ambizione di fare della filosofia una scienza che determini a) possibilità b) principi c) ambito di tutte le conoscenze a priori, cioè costruire una scienza filosofica della politica, una forma unitaria di sapere, che risultasse in linea con lo standard scientifico della cultura del tempo; non si poteva far finta che Newton e Locke non fossero mai esistiti, tanto che bisognava trovare un metodo filosofico che unisse intelletto ed esperienza
· nella Critica alla ragion pura 1781 (II ed. 1787) mise in chiaro che l’esperienza sensibile è importante e decisiva, con l’aiuto di idee-intuizioni a priori, evidenti di per sé ed indipendenti da ogni esperienza: come Voltaire con Cartesio, spiega che la deduzione non porta da nessuna parte senza l’esperienza (conoscenze empiriche e/o a posteriori; con una reciproca integrazione e sensibilità bisogna cogliere la presenza di elementi che vengono dall’esterno, che comunque contengono rappresentazioni a priori (Estetica trascendentale)
· la stessa cosa accade alla politica: diventando scientifica, si connetterebbe alla filosofia in vista di un suo inevitabile rapporto con i grandi problemi della natura e dell’esistenza; necessità – non facile da individuare – di un fondamento della politica dove moralità-dovere verso sé stessi e razionalità-dovere verso la legge convergano
· però l’auspicata saldatura della libertà interna di ogni membro della società con la libertà esterna dell’esperienza possibile potrebbe non verificarsi, infatti non è detto che una scienza filosofica della politica riesca a creare automaticamente un governo libero: la proposta circolante del governo libero prevede un dibattito sulle forme di governo, come aveva detto anche THOMAS ABBT nel saggio dedicato alla questione Del merito 1765: la libertà di un uomo non può esistere se non è sorretta dalla libertà civile, cioè dalla libertà in quanto cittadino intesa in senso generale
· assicurare la libertà di un uomo in quanto cittadino (Abbt) non è detto che si verifichi in Kant perché lungo la via potrebbero insorgere idee – cioè illusioni – derivanti da un uso illegittimo delle categorie kantiane che provocherebbero false rappresentazioni; inoltre, la politica riguarda una pluralità di ambiti culturali, che rendono complicata l’individuazione di un concetto unitario da un punto di vista pratico
· esistono vincoli filosofici generali senza i quali la costruzione sociale diverrebbe incomprensibile; infatti, il punto di partenza non era la mera scienza empirica liberale, ma una scienza che – come la società – oltre a procedere caso per caso con l’applicazione di principi intermedi (Constant), costruisca qualcosa di più ambizioso con validità generale, ed una filosofia in quanto pensiero universale [e proprio per questo suscettibile di fallimento pratico, proprio perché l’unico uso valido delle categorie resta l’esperienza, non il pensiero universale]
· da qui la controversia con lo svizzero CONSTANT, che pubblica in Germania Des réactions politiques (giugno 1797), che critica le dottrine morali che elevavano a dovere assoluto il fatto di dire la verità ad ogni costo, anche a rischio di compromettere la propria vita; ciò porterebbe a sconvolgere l’ordine esistente che invece ragione caso per caso e con principi intermedi
· Kant sapeva bene che dopo Montesquieu-Rousseau-Voltaire-l’Encyclopédie il pensiero europeo voleva dare fondamento scientifico alla politica: siccome per MONTESQUIEU la politica era “la scienza che consente di adeguare le istituzioni alla costituzione materiale della società, al carattere e allo sviluppo delle nazioni” secondo una tradizione storica che vede il governo come garante della libertà, e per ROUSSEAU “il modo di scegliere a chi affidare in concreto il governo per potere eseguire la legge del popolo sovrano”, parlare di politica significava parlare del modo di assicurare la libertà, che sia individuale e governativa (bassa ed alta)
· ma per tale filosofia si profilava un duplice rischio: di farla diventare cronaca diretta degli avvenimenti – poiché le deduzioni andavano aggiornate a seconda dei fatti (solo le categorie rimanevano immutabili – e quello di pretendere da esso più di quello che fosse in grado di offrire, impedendo di fare da guida (e rischiarare) la società
· gli interessi di Kant erano vasti: logica, filosofia, antropologia, psicologia, geografia, cosmologia; negli scritti di storia leggiamo che se la realtà del mondo è un fatto dinamico e progressivo, in tale luce va impostata anche la libertà
· in Che cos’è l’Illuminismo? 1784 (pubblicato tra le due Critiche) vi è l’idea di una libertà che matura poco a poco, in una maturazione degli individui da una condizione di minorità per entrare nella società civile, con l’aiuto di studiosi; bisogna andar oltre la nozioni di società civile proposta da Abbt, poiché con lui l’impegno del cittadino appariva vincolato dall’attesa, del momento giusto dell’azione; con Kant invece la proposta politica riformatrice è evidente, seppur mediata dagli intellettuali
· la libera manifestazione del pensiero era un valore imprescindibile: nessun contratto, nemmeno di tipo democratico, nessun giuramento potrebbero vincolare qualcuno a subire una tutela da parte di un altro; “i cittadini coll’unione dei loro voti (anche se non di tutti) sono in grado di presentare al sovrano la proposta la difesa di quelle comunità che vogliono un mutamento in meglio della costituzione religiosa secondo le loro idee”
· il lettore è lasciato in bilico fra quattro soluzioni, due intere e due abbozzate:
1 intera) alla Rousseau
2 intera) alla idea negativa di libertà, con i miglioramenti di un monarca che non devono contrastare con la società civile che può decidere da sola che cosa fare con la salvezza della sua anima, e di fatto deve solo preoccuparsi che uno non ostacoli l’altro nel lavorare
3 abbozzata) ai margini del dispotismo illuminato
4 abbozzata) prefigurazione di un costituzionalismo moderato
· il nucleo essenziale del discorso sta nel problema della forma di governo (Staat) – in cui la libertà matura poco a poco; si è parlato anche di un Kant conservatore più preoccupato della libertà degli intellettuali che di quella del popolo (che deve obbedire solo al sovrano) per far sì che la macchina governativa non si interrompa, con la contrarietà ad ogni progetto di estensione del suffragio che non basato sul possesso della proprietà (che determina il costituirsi della libertà esterna)
· ma non si deve dimenticare l’elemento riformatore del testo, tanto che non mostra preoccupazione per l’estensione della libertà raggiunta dai Francesi attraverso l’Assemblea Nazionale
· Kant non vede mai le cose in termini assoluti secondo una metafisica dogmatica, ma in termini relativi, con riferimenti costanti all’esperienza possibile – ovvero a ciò che come fenomeno, una volta entrato nelle nostre categorie, diventa poi oggetto di scienza in senso stretto
· per la libertà si forma una specie di circolo virtuoso grazie al quale tornerebbe ad essere un valore, sebbene tale valore non sia direttamente ricollegabile alla scienza in senso stretto
· l’impasse c’è però quando la libertà non è ben definita né come categoria logica fondante (perché ha bisogno dell’esperienza sensibile) né come fatto empirico (perché deve assurgere anche a categoria morale); e poi non vede come possa effettivamente darsi una morale
· nei Prolegomeni ad ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza 1783. scritto anche per rispondere alle critiche della ragion pura (accusata di essere prolissa e oscura), rovescia il discorso attraverso il metodo analitico: muovendo dalle antinomie derivanti da due proposizioni filosofiche (tesi e antitesi), si arriva alla relazione tra sfera teoretica e sfera pratica: il metodo sintetico della Critica alla ragion pura esclude o problematizza tale relazione, mentre il carattere dialettico assume una natura dinamica e progressiva
· la tesi è che la libertà vorrebbe essere legittimamente rappresentata alla testa di serie casuali: concetto puro dell’intelletto che in base alla ragione amplia l’esperienza possibile
· ripropone l’aspetto dialettico nella Critica della ragion pratica 1788 dove
1) eleva la libertà a categoria cosmopolita, conoscenza sintetica a priori, cioè a concetto fondamentale della moralità
2) prende in considerazione i principi pratici anche in senso oggettivo
secondo un procedimento che va dai principi (massime empiriche valevoli per l’individuo) ai concetti (legge universalmente valide), attraverso il quale la moralità ci fa conoscere la libertà altrimenti – proprio perché un a priori – imperscrutabile
· la razionalità umana non è altro che un insieme di disposizioni originarie pre-disposte per la possibilità della razionalità stessa; nulla però dovrebbe essere trascurato di ciò che potrebbe servire a realizzare l’obiettivo, proprio della ragione, di avanzare in modo costante verso un miglioramento della condizione umana
· per questo è richiesto il contributo del metodo analitico che serve a dimostrare i concetti della ragion pura speculativa, e ciò anche attraverso misure ideologiche o a espedienti come l’estensione (che incrementa per deduzione la connessione della sfera della “conoscibilità” (che cosa posso sapere) e quella della possibilità di fare e sperare (che cosa posso fare e/o sperare) [limiti della conoscenza, del poter fare e dello sperare]
· la questione di conciliare l’uso pratico e l’uso speculativo della ragione restava questione di non facile soluzione: in questo senso il tema antropologico della libertà – rigettato lo scetticismo e la metafisica dogmatica – assumeva una posizione centrale, al fine di fondare una perfetta filosofia trascendentale (che appare più nella 2a critica che nella 1a) – con un uomo che può stabilire che cosa può e deve fare; la libertà è quasi un valore assoluto, un progetto fondamentale
· per questo va conservata una costituzione legale che garantisce a ciascuno la sua libertà mediante la legge: come per Montesquieu e Rousseau la nostra volontà particolare a legge generale, anche se emerge un limite razionale che fa sì che non possa essere spostata del tutto in una sfera ideale, ma ci deve essere una legge morale
· ma in Kant c’è un corto circuito argomentativo – di cui anche lui si rende conto – del fatto che condizione della libertà è la legge morale e condizione della legge morale è la libertà: è una difficoltà che Kant non riesce a superare
· sappiamo che la libertà ci può essere, ma è la ragione il fondamento che ci dice che c’è, che esiste e che è materiale: a) la morale è la volontà di un essere razionale che agsce secondo principi e la rappresentazione delle leggi b) la ragione, in quanto pratica, è perciò il fondamento di un qualcosa che conosciamo a priori senza averne la percezione
· infatti, sia nella Fondazione della metafisica dei costumi 1785, sia nella seconda Critica 1788, c’è una concatenazione concettuale volontà-moralità-libertà: la libertà è la chiave per spiegare l’autonomia della volontà, anche se non si comprende a fondo l’essenza di questa condizione; poiché la volontà ubbidisce ai comandi della ragione (imperativi), quando questo non avviene si ha costrizione: per definizione, perciò, la volontà è libera ed autonoma
· il principio dell’obbligazione deve essere cercato a priori, nei concetti della ragion pura, poiché ogni essere razionale vuole la propria auto-determinazione, perseguibile solo da una volontà autenticamente libera
· “la ragione violerebbe tutti i suoi limiti se avanzasse la pretesa di spiegare il modo in cui la ragion pura può essere pratica”, cioè di spiegare in che modo la libertà sia possibile, anche se questa è presupposti sia della ragione che della volontà; costante preoccupazione per Kant del limite e del fondamento (anche se con difficoltà di unire il concetto speculativo con quello pratico di libertà, presentato come scienza)
· il referente della volontà è la legge pratica, il puro rispetto della legge, che per Kant non è un sentimento subìto, ma un sentimento che la ragione produce da sé, che dipana tre diverse concezioni della libertà:
1) la libertà come autonomia (Rousseau)
2) la libertà come non impedimento (liberalismo classico)
3) la libertà come rispetto della legge, che s’impone per autorità della ragione, tale da informare in senso morale l’agire degli uomini
· è necessario richiamarsi ad un archetipo contenuto a priori nell’intelletto, secondo cui ogni cosa che razionalmente è possibile può diventare il fine della volontà, e poiché i principi dell’azione anche gli effetti sono infiniti
· lo spazio tipico della politica è uno spazio residuale rispetto alla sfera dei concetti puri: la politica è prudenza, e nonostante abbia a che fare con concetti a priori come felicità e moralità, è un mondo prevalentemente caratterizzato in senso strumentale; per questo la libertà, a causa del suo stretto rapporto con la morale, crea rapporti problematici: la prudenza è un insieme di regole e consigli e Kant sembra conferirgli, nel complesso, un aspetto negativo
· tali affermazioni spostano la politica nel campo della tecnica o dell’arte, allontanandola dalla prammatica, cioè dal campo del benessere:
costituzione politica: ambisce ad ottenere l’obbedienza attraverso i mezzi della prudenza
vs.
costituzione morale: imperano i principi di equità e giustizia
· sviluppando, allo stesso tempo, un dibattito sui modelli socio-costituzionali inglesi e francesi: nonostante la forte suggestione repubblicana della Convenzione (anche se col ripudio del Terrore da parte dei liberali), Kant difende l’assetto esistente, non volendo una resistenza contro lo Stato,e continuando a vedere il diritto in termini di ragione
· il rispetto dell’uomo deve diventare un compito anche dello Stato, promuovendo la congiunzione volontà individuali-principi di una volontà universale legislatrice? Qual è il compito dello Stato? Su forma di Stato e di governo Kant risponde complessamente ma deludentemente con diversi tentativi di elaborazione (tra cui in Sopra il detto comune 1785, e in “Principi metafisici della dottrina del diritto” del gennaio 1795, primo libro di una progettata Metafisica dei costumi)
- non distinzione Stato-governo (Staat) [solo una volta parla di governo in senso negativo riferendosi ai ministri]
- le indicazioni sono generali e vaghe,pur esprimendo una volontà auto-legislatrice, con la consapevolezza che il potere di fare le leggi deve essere assegnato alla volontà collettiva del popolo
- chi governa non deve mai mettere a repentaglio la libertà dei sudditi nella loro ricerca del vero bene
· da Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico 1784, passando per Che cos’è l’Illuminismo 1784, La pace perpetua 1795, Antologia dal punto di vista pragmatico 1798, sino ai Principi metafisici della dottrina del diritto gennaio 1797, c’è l’impressione di un rigetto della materia politica, anche se con un Kant attratto dagli eventi francesi e l’idea di uno Stato come garanzia
· critica esplicita di Hobbes: una società politica non deve solo garantire sicurezza, ma anche la massima libertà individuale compatibilmente con quella degli altri in un contesto costituzionale, attraverso i principi a priori (che compaiono per la prima volta nel Sopra il detto comune, anche se non parla mai di stato civile direttamente anche se cita spesso la parola governo)
· alla costituzione civile di una società si può arrivare indirettamente parlando a) della libertà , di ogni membro della società in quanto uomo b) della uguaglianza, dei sudditi c) della indipendenza, di ogni membro del corpo comune in quanto cittadino
· l’idea è quella di uno Stato che:
- emana le leggi in base al principio della volontà generale, leggi che poi difenderanno i diritti dei cittadini
- il regime è di eguaglianza e di coazione alla libertà
- l’esecuzione della legge è affidata a soggetti e organi stabiliti dalla stessa legge, affinché l’opposizione di ognuno nei confronti dell’altro venga legittimata
- crea una legislazione positiva ed un libero sviluppo di tutti che abbatte privilegi ereditari di casta
· ma è proprio sul diritto di ogni cittadino di partecipare al potere che Kant parla di un legislatore non proprio in carne ed ossa, ma di un elemento principalmente concettuale, effettivamente possibile solo da un cittadino indipendente, cioè solo il proprietario o comunque il padrone di sé (“non essere comandati o protetti individui”); anche perché c’è una estrema difficoltà a definire un individuo indipendente che sia in grado di esprimere il voto
· in un sistema necessariamente rappresentativo sono tutti i possessori a dover dare il loro assenso alle deliberazioni tramite delegati che decidono a maggioranza, secondo il principio generale del consenso
· con tutto questo Kant mostra di non voler scendere più di tanto sul terreno empirico dello Stato, sebbene affermi che anche lo Stato è sottoposto alla ragion pura a priori legislatrice, ed è quindi relativo non a leggi positive di un’entità già costituita
· una volta che il legislatore è stato scelto e da questi è stata fatta una legge, il popolo non deve ribellarsi né giudicare le sue decisioni, bensì solo obbedire, per non distruggere la possibilità di una convivenza pacifica: generale difficoltà filosofica a spostare il discorso sul terreno della politica, rimanendo sul piano astratto
· sfiducia della possibilità di trovare – monarchia o repubblica che sia – un legislatore giusto, capace di trasformare sul serio la natura umana; l’uomo è un animale che ha bisogno di un padrone, perché abusa della libertà in rapporto ai suoi simili, ma questo padrone avrà bisogno anche lui di un padrone: il capo supremo deve essere giusto per sé stesso e tuttavia essere un uomo, tanto che una soluzione perfetta è impossibile visto che “da un legno storto come quello di cui è fatto l’uomo, non può uscire nulla di interamente dritto”
· a) c’è l’eco rousseauviana dell’impossibilità di realizzare una vera democrazia, forma di governo più adatta agli dei che agli uomini
b) idea di un superorgano costituzionale di controllo delle leggi - in Sopra il detto comune, contropotere contro la violazione del contratto da parte del sovrano e insieme terzo potere che decide da quale parte sta il diritto
c) necessità di riformismo
· Kant si richiama sempre al diritto e mai alla politica: deve essere cosmopolitico, una grande federazione di popoli che potrebbe determinare una costituzione civile perfetta – che, appunto, al momento non è possibile; critica anche fortemente il governo paternalistico per la sua radicalità
· in Sopra il detto comune 1793 si desume che:
- uno Stato patriottico riguarda uomini capaci di diritti
- il diritto assicura ad ognuno la libertà individuale, compresa l’autodeterminazione
- tutti sono assoggettati egualmente alla legge
- si riconosce l’indipendenza necessaria dell’individuo per farlo partecipare al potere legislativo
- si distribuiscono i tre poteri fra tre soggetti diversi [solo nel governo “del popolo” e “dell’universo” vi è unità del potere in un unico essere]
· il senso di Kant (Dottrina del diritto 1796) è quello di svalutare lo Stato inteso in senso politico, di governo operante in un contesto materiale, perseguendo un’idea formalistica di libertà esterna che lo Stato rappresenta: a) si deve obbedienza allo Stato b) l’intreccio legalità-moralità è continuo c) l’unica salvezza possibile per l’uomo nella eterna lotta bene/male non sta nel vivere in una certa società materiale piuttosto che in un’altra, ma nell’attuazione del comando morale della ragion pratica pura
· si delinea un nuovo ordine, una repubblica universale, priva di funzionari e nel quale gli uomini interpretano i comandi della ragione come se fossero comandi divini; un luogo in cui a trionfare siano le pure leggi della virtù, che gli uomini si impegnano a sostenere mediante la ragione morale legislatrice, formando così una società etica
· si arriverà all’avvento di uno stato di pace perpetua, con un mutamento senza rivoluzioni esterne, impetuosa e violenta secondo circostanze fortuite, poiché tale rivoluzione porterebbe con sé manchevolezze conservate per secoli
· inoltre, c’è preoccupazione fra società etica e comunità politica: se venissero a combaciare, la comunità politica sarebbe il fondamento e perciò ci sarebbe una congiunzione società giuridico-civile/Stato etico [sviluppo storico della società etica]: però mentre abbiamo una società etica che potrebbe trasformarsi in uno Stato etico, ancora non si ha un corrispondente Stato politico, privo di specificazioni (al limite c’è solo uno Stato giuridico-civile)
· lo Stato giuridico-civile è fatto di leggi pubbliche giuridiche, che sono tutte costrittive; uno Stato etico-civile, è, invece, quello in cui gli uomini non sono retti da leggi costrittive, ma da leggi della virtù
· l’unica definizione di Kant sullo Stato libero si ha non nelle sedi del problema dello Stato giuridico, ma in un punto de “La religione nei limiti della semplice ragione”, in cui mette in opposizione i termini liberale-dispotico, prefigurando una situazione politica di transizione dove il diritto è cosmopolitico; una comunità di fedeli che accetti le condizioni di
1) universalità (unità e rigetto di ogni divisione settaria)
2) qualità (purezza, rifiuto di ogni forma di superstizione e di fatalismo)
3) modalità (immutabilità secondo la sua costituzione e le sue leggi originarie)
4) relazione (libertà nelle relazioni interne fra i membri ed esterne col potere politico)
· in uno Stato libero non ci sarebbero né gerarchie né illuminatismo [una specie di democrazia poggiante su ispirazioni personali] perché si tratterebbe di uno Stato di Dio, per costituire il “regno morale di Dio sulla terra”, e che perciò non avrebbe nulla a che fare con un ordinamento politico
· la sua costituzione non sarebbe né monarchica né aristocratica né democratica, ma simile ad una società familiare, tenuta insieme da vincoli di sangue e di cuore; perciò l’argomento dello Stato libero non verrà più ripreso
· ad ogni modo, le norme dovrebbero essere emanate da una autorità pubblica fornita di forza: Kant si accorge del pericolo e lancia al legislatore il monito di guardarsi dall’imporre con la forza una costituzione diretta a fini morali
· se in Per la pace perpetua 1795 al centro c’è il tema della Repubblica mondiale, le anticipazioni sono ne La religione nei limiti della semplice ragione, in cui vede tale repubblica come alternativa al rozzo stato di natura delle nazioni civili (a livello internazionale) e contro Stati politici imperfetti perché non uniti in associazione mediante un diritto pubblico internazionale
· anche se nel contesto storico di questo cosmopolitismo non c’è una definizione precisa dello Stato politico funzionante anche se deve essere “a costituzione civile repubblicana” che garantisca:
a) la libertà di tutti in quanto uomini
b) la dipendenza ad un’unica legislazione in quanto sudditi
c) l’uguaglianza di tutti in quanto cittadini
è un punto più avanzato del Sopra il detto comune 1793 dove il secondo principio era quello dell’indipendenza
· la dipendenza giuridica messa al posto dell’indipendenza economica rappresenta un cambiamento radicale in favore della democrazia – libertà come autonomia nel senso rousseauviano – ma anche in direzione del suffragio universale, con un imperio delle leggi che è consenso dal basso
· la dipendenza in senso giuridico significa fornire la forma a priori di uno Stato libero repubblicano, non certo la sua connotazione storica concreta o la sua valenza pragmatica (sebbene il fine desiderato sia sempre la pace perpetua: i cittadini difficilmente darebbero approvazione alle guerre)
· una volta creata una federazione di popoli – non uno Stato di popoli!, magari sotto un unico sovrano, che porterebbe al dispotismo – non è del tutto chiaro come funzionerebbero i singoli Stati politici, ed in particolare:
- quali vincoli tra legislativo ed esecutivo (reggitore): non dovrebbe comunque contenere il vincolo classico tra legislatore superiore ed esecutivo inferiore
- quale potere costituente darebbe vita ai poteri costituiti
- quali forme di controllo per l’organizzazione (che è fondamentale) per esercitare il potere
· il processo evolutivo è dall’alto verso il basso, in quanto attivato in principio da un monarca illuminato, fino ad arrivare al popolo
· con riferimento a Montesquieu, parla della democrazia di quanti sono in uno Stato a detenere il potere, a differenza della costituzione repubblicana, che enuclea il modo in cui chi detiene il potere sovrano governi il popolo:
1) per la sovranità si hanno tre forme quantitative di Stato: autocratica, aristocratica, democratica
2) per il governo si hanno due modi qualitativi: repubblicano e dispotico
con combinazioni possibili secondo una casistica formulata da Bodin e ripresa da Rousseau, ma dove solo il parte il modo di governo è quello di “esercizio pratico del potere” bodiniano o “potere esecutivo” rousseauviano
· il modo di governo implica infatti un dispotismo con arbitraria esecuzione delle leggi dove la volontà pubblica è maneggiata dal sovrano come sua propria volontà privata;
o una repubblica come un sistema caratterizzato dalla divisione dei poteri, e non dall’attribuzione del potere legislativo al popolo e dalla partecipazione di tutti alla cosa pubblica: essa implica un principio formale e non un fatto sociale
· Kant non vuole far proprio il problema dell’effettivo governo dello Stato, ma di fornire le coordinate filosofiche generali di un repubblicanesimo come aspirazione dell’umanità; per questo lui si immette nel solco di un repubblicanesimo europeo, anzi, nel particolare raccordo col costituzionalismo liberale – connubio che in Francia non aveva avuto fortuna in Francia, prima col Terrore, poi col dispotismo militare
· “ogni forma di governo che non sia rappresentativa è informe”, priva di connotati di identificazione dal punto di vista dello Stato; e le forme repubblicane storiche – monarchica e aristocratica – sono sempre difettose
· e nella Dottrina del Diritto (nella Metafisica dei costumi, pensata nel 1785 come da lui detto da una lettera a Schutz del 13 settembre, ma che fino al 1796 non esce per via della salute di Kant e per le censure) vede la divisione dei poteri come una gerarchia logica interna invece che come equilibrio socio-politico delle forze; come tre proposizioni di un sillogismo pratico: con la proposizione maggiore che corrisponde al potere che contiene la legge, e quella minore il comando di comportarsi secondo legge, con la conclusione della sentenza
· la libertà legale è quella libertà che permette di non obbedire ad legge diverse da quelle cui si è dato il consenso poiché il potere di fare le leggi spetta alla volontà collettiva del popolo, anche se è solo parzialmente svolta la tesi su come questa volontà dovrebbe manifestarsi attraverso la rappresentanza – affinché il reggitore non sia tentato di comportarsi in modo dispotico e violento
· ma Kant riduce comunque la portata della rappresentanza:
a) subordina il diritto di voto alla capacità di esercitarlo (anche se le leggi non possono essere contrarie alle leggi naturali della libertà): come in Sieyes la distinzione elettori/non elettori sarebbe semplice espediente funzionale , in attesa di un graduale progresso dei lumi [piano concettuale]
b) dove la rappresentanza politica funziona costituisce un vero tradimento alla volontà collettiva del popolo – come mostrato nel Conflitto delle Facoltà – perché, condividendo le riserve di Rousseau sull’Uk, c’è una sorta di occultamento provocato dalle ideologie e dalle deformazioni di una pubblicità menzognera [piano storico-politico]
· già nel Per la pace perpetua, il potere esecutivo appare come apparto secondario, attinente alla prudenza dello Stato, e quindi relativamente poco utile a favorire la comprensione delle grandi questioni filosofico-politiche: il mondo empirico dell’amministrare la cosa pubblica è ininfluente rispetto alla bontà di una “costituzione politica”; il declassamento del governo a strumento tecnico continua anche nella Dottrina del diritto, dove l’applicazione del diritto sta ben al di sotto dell’idea pura di diritto
· nella Dottrina del diritto eleva il popolo a sovrano universale, cosa che non fa con il potere esecutivo, anche a causa dell’influenza di Rousseau; i tre poteri dello Stato vengono presentati nel senso si una articolazione interna: - “tre persone morali” fra loro coordinate e reciprocamente subordinate, in modo che l’azione di ognuna non entri in collisione con quella delle altre
- il potere esecutivo del comandante supremo è irresistibile,come è necessario che lo sia quello del reggitore supremo, che può essere anche un direttorio
- il reggitore è comunque sottoposto al sovrano, cioè obbligato alla legge (non legibus solutus)
- se nella riunione dei tre poteri consiste la salute dello Stato, con questa non si deve intendere il benessere e la felicità dei cittadini perché – com’anche in Rousseau – è possibile che con un governo dispotico si arrivi più facilmente a questo scopo; piuttosto la saluto è quello stato di cose in cui la costituzione si accorda i più possibile coi principi del diritto
· in questo senso il governo patriottico – governo nazionale dove i sudditi sono i cittadini dello Stato – è l’opposto del governo dispotico, dove chi esegue la legge è anche legislatore
· Kant non tiene qui in considerazione l’esempio del governo di gabinetto Uk, rappresentativo ma avviato a trasformarsi in parlamentare, e perciò con solidi agganci nella società civile e nella lotta dei partiti; ma per lui il governo dispotico è il Direttorio francese: la Costituzione repubblicana dell’anno III-1795, dopo il trauma del giacobinismo:
a) mette un Parlamento rappresentativo bicamerale al posto della Convenzione, con voto censitario di 30.000 elettori di secondo grado, con 250 deputati al Consiglio degli Anziani e un Consiglio dei Cinquecento (entrambi rinnovati di un terzo all’anno)
b) il governo del Direttorio al posto del Comitato di Salute Pubblica, simil-rappresentativo per via dei suoi 5 membri che nominavano a loro volta i ministri, a scrutinio segreto, su una lista compilata dal Consiglio dei 500 tra già deputati o ministri [poi presentata al Consiglio degli Anziani secondo l’art.133]
[modello di riferimento alternativo sia al repubbliche e aristocrazie presenti e passate, sia alla monarchia costituzionale]
· la politica è come sempre confinata ad una dimensione secondaria, di un Kant in difficoltà ad aprire ad un discorso approfondito sul governo rappresentativo, che avrebbe implicato la traduzione in termini filosofico-giuridici di tutto un impianto: difficoltà della ragion pura a concepire un esito pratico; anche se la politica è vista anche come riforme, che però solo il sovrano è autorizzato ad adottare
· se ne Per la pace perpetua vi era ottimismo su tre fronti
1) ottimismo possibilista degli uomini di arrivare ad uno Stato che garantisca la pace perpetua con leggi coattive, poi ad una federazione di Stati, anche grazie allo spirito commerciale, dove il fine è il diritto cosmopolitico; il tutto coadiuvato dalla spinta della natura
2) l’efficacia delle massime dei filosofi nel distogliere gli Stati dalle loro intenzioni di guerra
3) elevare il diritto a condizione limitatrice della politica: che resta sullo sfondo di un modello regolativo generale, un sistema tracciato a priori che non potrebbe mai coincidere con un sistema perfetto nel mondo reale, anche perché l’uomo è sviato da contingenti obiettivi di felicità
nella Dottrina del diritto tutto questo sembra scemare
· lo Stato stesso, formato da uomini usciti da uno stato di natura per sottoporsi ad una costrizione legale e pubblica, non è riconducibile ad un fatto politico, ma ad un concetto generale del diritto pubblico
· il potere esecutivo ha di fronte ha sé solo due esiti, entrambi riduttivi a) venire assorbito dallo Stato tout court b) rivendicare la propria specificità politica attraverso la prudenza, che però finirebbe per allontanarlo dal diritto e dalla morale, facendolo diventare strumento di interessi sociali finalizzati da una contingente e fuggevole felicità
· in Sopra il detto comune, il potere legislativo
1) produce tutti i diritti
2) si muove secondo giustizia
3) si avvale di cittadini liberi, uguali e indipendenti
laddove l’esecutivo può degenerare, servirsi di ideologie come strumenti di soggezione, far uso indebito della forza;tanto che – al contrario di Rousseau che aveva fatto del governo un argomento di scienza politica applicandovi le tre categorie aristoteliche – Kant lo proietta in due dimensioni una ideale e verso il cosmopolitismo (assorbimento dallo Stato), l’altra angosciante del governo rivoluzionario e contro.rivoluzionario rispetto allo Stato (uso della specifica prudenza)
· forse anche per reazione all’inasprimento della censura decretato con l’editto di religione 1788 dal Wollner, ministro del nuovo re di Prussia, e che colpiva il filosofo in maniera diretta, costringendo a muoversi con circospezione in quanto a termini linguistici e contenuti, libertà continuava ad essere libertà “senza governo”: a differenza della costituzione morale che poggia sul principio dell’equità e della purezza [anche per la legge], la costituzione politica di un governo, che si avvalga di strumenti esteriori per ottenere l’obbedienza, è dominata dall’ideologia, cioè dalle illusioni e dalle apparenze
· l’ultima opera di Kant, pubblicata qualche anno prima della morte, l’Antropologia dal punto di vista pragmatico 1798, è ancora così avara di indicazioni circa il sistema politico; anziché proseguire sulla scia rousseauviana di una nuova scienza politica, che avrebbe voluto dire cedere la mondo sensibile, con valori che mai dovrebbero sostituirsi alla legge morale che è dentro di noi
· vediamo pertanto nel Conflitto delle Facoltà 1798, ultimo lavoro pubblicato direttamente dall’autore – dopo che la morte dell’imperatore fece venir meno le restrizioni precedentemente imposte alla libertà di stampa – che i governo sta ancora ad indicare una incertezza-oscillazione di pensiero: nei paragrafi 6 e 7, nell’importantissima nota a piè di pagina, si fa l’elogio della Rivoluzione Francese quale evento storico capace di testimoniare la tendenza morale della specie umana al progresso universale verso il meglio
· Kant non riesce a superare un’ambiguità del discorso che prefigura una fase intermedia di dispotismo illuminato prima di arrivare al governo libero del popolo, tanto che anche sotto un monarca autocratico la costituzione può essere repubblicana se la cosa pubblica è da lui amministrata in base a quelle stesse leggi che il popolo darebbe a sé stesso, secondo i principi del diritto universale
· rispetto a dicotomia drastiche e semplificate (uomo buono/cattivo, passione/ragione), Kant pensa ad una antropologia più ricca e sfumata, che insistesse sull’importanza della persona: la libertà dell’uomo deriva non tanto alla sua tendenza ad associarsi – sulla quale può manifestarsi qualsiasi vizio di sorta -, ma dalla sua capacità di elevarsi al di sopra delle condizioni materiali grazie alla legge morale
· anche per reazione alla Rivoluzione Francese, il pensiero politico europeo e prussiano si muoveva nella direzione di un rafforzamento della tematica del governo, e con Kant si ha il merito di ribadire l’obbedienza alla legge, che non comporta sottomissione ad un comando paterno
· è cresciuta nella letteratura politica l’immagine di Kant teorico dello Stato che non entra nella sfera privata dei cittadini, in accordo con un’idea di libertà negativa o di Stato minimo (che l’intera tradizione liberale avrebbe fatto propria); in contrasto con tutta la tradizione di pensiero post-machiavelliana, non riuscendo filosoficamente a giustificare l’ambizione della politica di presentarsi come autonoma sfera dello spirito, dotata di propri strumenti
· c’è una costante disposizione degli uomini a contaminare la sfera pura dell’intelletto con ideologie provenienti dal mondo sensibile: del tutto inutile e pericoloso sarebbe affidarsi alla politica, che risponde agli “imperativi della prudenza”
· la rivendicazione kantiana della libertà di pensiero per gli intellettuali, anziché aristocratico atteggiamento di classe, era il segnale di una generale difficoltà della filosofia di risolvere il nesso mondo speculativo-pratico, in un contesto storico-politico che muta velocemente
· un orientamento anarchico – nel senso di libertà senza governo – è perciò diffidente ad ogni operazione della politica l’ultima opera, lasciata incompiuta, Sul passaggio dai principi metafisici della scienza della natura alla fisica, con cui avrebbe voluto revisionare la filosofia trascendentale, la colloca in categorie della ragione che possono diventare massime universali di comportamento
· Kant crea un sistema filosofico con cui ripensa la libertà attraverso una critica della ragione: nessuno – e quindi nemmeno lo Stato paternalistico – ha il diritto di stabilire come e che cosa sia per un individuo la felicità
· la felicità è accomunata agli altri sue grandi temi dell’esistenza umana – Dio e l’immortalità – poiché essa ha una dignità superiore a quanto l’intelletto possa apprendere; quella di poter essere trattata solo dal punto di vista psicologico è solo un’illusione, perché la giusta via da seguire è quella razionale
· continuum dalla libertà interna – dell’uomo in quanto essere morale dotato di ragione e volontà – alla libertà esterna – mondo sociale e istituzioni non da intendere metafisicamente ma con parametri scientifici e della ragione (giudizio sintetico a priori); anche se c’è un pericolo della frattura delle due sfere libertà individuale-interna-dovere verso sé stessi-moralità/razionalità esterna-dovere verso le legge-esperienza possibile, queste vanno tenute unite
· il Segretario della Cancelleria segreta del Regno di Hannover REHBERG replica all’articolo Sopra il detto comune 1793, osservando che il razionalismo trascendentale del filosofo di Konisberg non avrebbe mai trovato applicazione nel mondo pratico
· agganciare libertà interna con quella esterna era per Kant il supporto dell’ambizione di fare della filosofia una scienza che determini a) possibilità b) principi c) ambito di tutte le conoscenze a priori, cioè costruire una scienza filosofica della politica, una forma unitaria di sapere, che risultasse in linea con lo standard scientifico della cultura del tempo; non si poteva far finta che Newton e Locke non fossero mai esistiti, tanto che bisognava trovare un metodo filosofico che unisse intelletto ed esperienza
· nella Critica alla ragion pura 1781 (II ed. 1787) mise in chiaro che l’esperienza sensibile è importante e decisiva, con l’aiuto di idee-intuizioni a priori, evidenti di per sé ed indipendenti da ogni esperienza: come Voltaire con Cartesio, spiega che la deduzione non porta da nessuna parte senza l’esperienza (conoscenze empiriche e/o a posteriori; con una reciproca integrazione e sensibilità bisogna cogliere la presenza di elementi che vengono dall’esterno, che comunque contengono rappresentazioni a priori (Estetica trascendentale)
· la stessa cosa accade alla politica: diventando scientifica, si connetterebbe alla filosofia in vista di un suo inevitabile rapporto con i grandi problemi della natura e dell’esistenza; necessità – non facile da individuare – di un fondamento della politica dove moralità-dovere verso sé stessi e razionalità-dovere verso la legge convergano
· però l’auspicata saldatura della libertà interna di ogni membro della società con la libertà esterna dell’esperienza possibile potrebbe non verificarsi, infatti non è detto che una scienza filosofica della politica riesca a creare automaticamente un governo libero: la proposta circolante del governo libero prevede un dibattito sulle forme di governo, come aveva detto anche THOMAS ABBT nel saggio dedicato alla questione Del merito 1765: la libertà di un uomo non può esistere se non è sorretta dalla libertà civile, cioè dalla libertà in quanto cittadino intesa in senso generale
· assicurare la libertà di un uomo in quanto cittadino (Abbt) non è detto che si verifichi in Kant perché lungo la via potrebbero insorgere idee – cioè illusioni – derivanti da un uso illegittimo delle categorie kantiane che provocherebbero false rappresentazioni; inoltre, la politica riguarda una pluralità di ambiti culturali, che rendono complicata l’individuazione di un concetto unitario da un punto di vista pratico
· esistono vincoli filosofici generali senza i quali la costruzione sociale diverrebbe incomprensibile; infatti, il punto di partenza non era la mera scienza empirica liberale, ma una scienza che – come la società – oltre a procedere caso per caso con l’applicazione di principi intermedi (Constant), costruisca qualcosa di più ambizioso con validità generale, ed una filosofia in quanto pensiero universale [e proprio per questo suscettibile di fallimento pratico, proprio perché l’unico uso valido delle categorie resta l’esperienza, non il pensiero universale]
· da qui la controversia con lo svizzero CONSTANT, che pubblica in Germania Des réactions politiques (giugno 1797), che critica le dottrine morali che elevavano a dovere assoluto il fatto di dire la verità ad ogni costo, anche a rischio di compromettere la propria vita; ciò porterebbe a sconvolgere l’ordine esistente che invece ragione caso per caso e con principi intermedi
· Kant sapeva bene che dopo Montesquieu-Rousseau-Voltaire-l’Encyclopédie il pensiero europeo voleva dare fondamento scientifico alla politica: siccome per MONTESQUIEU la politica era “la scienza che consente di adeguare le istituzioni alla costituzione materiale della società, al carattere e allo sviluppo delle nazioni” secondo una tradizione storica che vede il governo come garante della libertà, e per ROUSSEAU “il modo di scegliere a chi affidare in concreto il governo per potere eseguire la legge del popolo sovrano”, parlare di politica significava parlare del modo di assicurare la libertà, che sia individuale e governativa (bassa ed alta)
· ma per tale filosofia si profilava un duplice rischio: di farla diventare cronaca diretta degli avvenimenti – poiché le deduzioni andavano aggiornate a seconda dei fatti (solo le categorie rimanevano immutabili – e quello di pretendere da esso più di quello che fosse in grado di offrire, impedendo di fare da guida (e rischiarare) la società
· gli interessi di Kant erano vasti: logica, filosofia, antropologia, psicologia, geografia, cosmologia; negli scritti di storia leggiamo che se la realtà del mondo è un fatto dinamico e progressivo, in tale luce va impostata anche la libertà
· in Che cos’è l’Illuminismo? 1784 (pubblicato tra le due Critiche) vi è l’idea di una libertà che matura poco a poco, in una maturazione degli individui da una condizione di minorità per entrare nella società civile, con l’aiuto di studiosi; bisogna andar oltre la nozioni di società civile proposta da Abbt, poiché con lui l’impegno del cittadino appariva vincolato dall’attesa, del momento giusto dell’azione; con Kant invece la proposta politica riformatrice è evidente, seppur mediata dagli intellettuali
· la libera manifestazione del pensiero era un valore imprescindibile: nessun contratto, nemmeno di tipo democratico, nessun giuramento potrebbero vincolare qualcuno a subire una tutela da parte di un altro; “i cittadini coll’unione dei loro voti (anche se non di tutti) sono in grado di presentare al sovrano la proposta la difesa di quelle comunità che vogliono un mutamento in meglio della costituzione religiosa secondo le loro idee”
· il lettore è lasciato in bilico fra quattro soluzioni, due intere e due abbozzate:
1 intera) alla Rousseau
2 intera) alla idea negativa di libertà, con i miglioramenti di un monarca che non devono contrastare con la società civile che può decidere da sola che cosa fare con la salvezza della sua anima, e di fatto deve solo preoccuparsi che uno non ostacoli l’altro nel lavorare
3 abbozzata) ai margini del dispotismo illuminato
4 abbozzata) prefigurazione di un costituzionalismo moderato
· il nucleo essenziale del discorso sta nel problema della forma di governo (Staat) – in cui la libertà matura poco a poco; si è parlato anche di un Kant conservatore più preoccupato della libertà degli intellettuali che di quella del popolo (che deve obbedire solo al sovrano) per far sì che la macchina governativa non si interrompa, con la contrarietà ad ogni progetto di estensione del suffragio che non basato sul possesso della proprietà (che determina il costituirsi della libertà esterna)
· ma non si deve dimenticare l’elemento riformatore del testo, tanto che non mostra preoccupazione per l’estensione della libertà raggiunta dai Francesi attraverso l’Assemblea Nazionale
· Kant non vede mai le cose in termini assoluti secondo una metafisica dogmatica, ma in termini relativi, con riferimenti costanti all’esperienza possibile – ovvero a ciò che come fenomeno, una volta entrato nelle nostre categorie, diventa poi oggetto di scienza in senso stretto
· per la libertà si forma una specie di circolo virtuoso grazie al quale tornerebbe ad essere un valore, sebbene tale valore non sia direttamente ricollegabile alla scienza in senso stretto
· l’impasse c’è però quando la libertà non è ben definita né come categoria logica fondante (perché ha bisogno dell’esperienza sensibile) né come fatto empirico (perché deve assurgere anche a categoria morale); e poi non vede come possa effettivamente darsi una morale
· nei Prolegomeni ad ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza 1783. scritto anche per rispondere alle critiche della ragion pura (accusata di essere prolissa e oscura), rovescia il discorso attraverso il metodo analitico: muovendo dalle antinomie derivanti da due proposizioni filosofiche (tesi e antitesi), si arriva alla relazione tra sfera teoretica e sfera pratica: il metodo sintetico della Critica alla ragion pura esclude o problematizza tale relazione, mentre il carattere dialettico assume una natura dinamica e progressiva
· la tesi è che la libertà vorrebbe essere legittimamente rappresentata alla testa di serie casuali: concetto puro dell’intelletto che in base alla ragione amplia l’esperienza possibile
· ripropone l’aspetto dialettico nella Critica della ragion pratica 1788 dove
1) eleva la libertà a categoria cosmopolita, conoscenza sintetica a priori, cioè a concetto fondamentale della moralità
2) prende in considerazione i principi pratici anche in senso oggettivo
secondo un procedimento che va dai principi (massime empiriche valevoli per l’individuo) ai concetti (legge universalmente valide), attraverso il quale la moralità ci fa conoscere la libertà altrimenti – proprio perché un a priori – imperscrutabile
· la razionalità umana non è altro che un insieme di disposizioni originarie pre-disposte per la possibilità della razionalità stessa; nulla però dovrebbe essere trascurato di ciò che potrebbe servire a realizzare l’obiettivo, proprio della ragione, di avanzare in modo costante verso un miglioramento della condizione umana
· per questo è richiesto il contributo del metodo analitico che serve a dimostrare i concetti della ragion pura speculativa, e ciò anche attraverso misure ideologiche o a espedienti come l’estensione (che incrementa per deduzione la connessione della sfera della “conoscibilità” (che cosa posso sapere) e quella della possibilità di fare e sperare (che cosa posso fare e/o sperare) [limiti della conoscenza, del poter fare e dello sperare]
· la questione di conciliare l’uso pratico e l’uso speculativo della ragione restava questione di non facile soluzione: in questo senso il tema antropologico della libertà – rigettato lo scetticismo e la metafisica dogmatica – assumeva una posizione centrale, al fine di fondare una perfetta filosofia trascendentale (che appare più nella 2a critica che nella 1a) – con un uomo che può stabilire che cosa può e deve fare; la libertà è quasi un valore assoluto, un progetto fondamentale
· per questo va conservata una costituzione legale che garantisce a ciascuno la sua libertà mediante la legge: come per Montesquieu e Rousseau la nostra volontà particolare a legge generale, anche se emerge un limite razionale che fa sì che non possa essere spostata del tutto in una sfera ideale, ma ci deve essere una legge morale
· ma in Kant c’è un corto circuito argomentativo – di cui anche lui si rende conto – del fatto che condizione della libertà è la legge morale e condizione della legge morale è la libertà: è una difficoltà che Kant non riesce a superare
· sappiamo che la libertà ci può essere, ma è la ragione il fondamento che ci dice che c’è, che esiste e che è materiale: a) la morale è la volontà di un essere razionale che agsce secondo principi e la rappresentazione delle leggi b) la ragione, in quanto pratica, è perciò il fondamento di un qualcosa che conosciamo a priori senza averne la percezione
· infatti, sia nella Fondazione della metafisica dei costumi 1785, sia nella seconda Critica 1788, c’è una concatenazione concettuale volontà-moralità-libertà: la libertà è la chiave per spiegare l’autonomia della volontà, anche se non si comprende a fondo l’essenza di questa condizione; poiché la volontà ubbidisce ai comandi della ragione (imperativi), quando questo non avviene si ha costrizione: per definizione, perciò, la volontà è libera ed autonoma
· il principio dell’obbligazione deve essere cercato a priori, nei concetti della ragion pura, poiché ogni essere razionale vuole la propria auto-determinazione, perseguibile solo da una volontà autenticamente libera
· “la ragione violerebbe tutti i suoi limiti se avanzasse la pretesa di spiegare il modo in cui la ragion pura può essere pratica”, cioè di spiegare in che modo la libertà sia possibile, anche se questa è presupposti sia della ragione che della volontà; costante preoccupazione per Kant del limite e del fondamento (anche se con difficoltà di unire il concetto speculativo con quello pratico di libertà, presentato come scienza)
· il referente della volontà è la legge pratica, il puro rispetto della legge, che per Kant non è un sentimento subìto, ma un sentimento che la ragione produce da sé, che dipana tre diverse concezioni della libertà:
1) la libertà come autonomia (Rousseau)
2) la libertà come non impedimento (liberalismo classico)
3) la libertà come rispetto della legge, che s’impone per autorità della ragione, tale da informare in senso morale l’agire degli uomini
· è necessario richiamarsi ad un archetipo contenuto a priori nell’intelletto, secondo cui ogni cosa che razionalmente è possibile può diventare il fine della volontà, e poiché i principi dell’azione anche gli effetti sono infiniti
· lo spazio tipico della politica è uno spazio residuale rispetto alla sfera dei concetti puri: la politica è prudenza, e nonostante abbia a che fare con concetti a priori come felicità e moralità, è un mondo prevalentemente caratterizzato in senso strumentale; per questo la libertà, a causa del suo stretto rapporto con la morale, crea rapporti problematici: la prudenza è un insieme di regole e consigli e Kant sembra conferirgli, nel complesso, un aspetto negativo
· tali affermazioni spostano la politica nel campo della tecnica o dell’arte, allontanandola dalla prammatica, cioè dal campo del benessere:
costituzione politica: ambisce ad ottenere l’obbedienza attraverso i mezzi della prudenza
vs.
costituzione morale: imperano i principi di equità e giustizia
· sviluppando, allo stesso tempo, un dibattito sui modelli socio-costituzionali inglesi e francesi: nonostante la forte suggestione repubblicana della Convenzione (anche se col ripudio del Terrore da parte dei liberali), Kant difende l’assetto esistente, non volendo una resistenza contro lo Stato,e continuando a vedere il diritto in termini di ragione
· il rispetto dell’uomo deve diventare un compito anche dello Stato, promuovendo la congiunzione volontà individuali-principi di una volontà universale legislatrice? Qual è il compito dello Stato? Su forma di Stato e di governo Kant risponde complessamente ma deludentemente con diversi tentativi di elaborazione (tra cui in Sopra il detto comune 1785, e in “Principi metafisici della dottrina del diritto” del gennaio 1795, primo libro di una progettata Metafisica dei costumi)
- non distinzione Stato-governo (Staat) [solo una volta parla di governo in senso negativo riferendosi ai ministri]
- le indicazioni sono generali e vaghe,pur esprimendo una volontà auto-legislatrice, con la consapevolezza che il potere di fare le leggi deve essere assegnato alla volontà collettiva del popolo
- chi governa non deve mai mettere a repentaglio la libertà dei sudditi nella loro ricerca del vero bene
· da Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico 1784, passando per Che cos’è l’Illuminismo 1784, La pace perpetua 1795, Antologia dal punto di vista pragmatico 1798, sino ai Principi metafisici della dottrina del diritto gennaio 1797, c’è l’impressione di un rigetto della materia politica, anche se con un Kant attratto dagli eventi francesi e l’idea di uno Stato come garanzia
· critica esplicita di Hobbes: una società politica non deve solo garantire sicurezza, ma anche la massima libertà individuale compatibilmente con quella degli altri in un contesto costituzionale, attraverso i principi a priori (che compaiono per la prima volta nel Sopra il detto comune, anche se non parla mai di stato civile direttamente anche se cita spesso la parola governo)
· alla costituzione civile di una società si può arrivare indirettamente parlando a) della libertà , di ogni membro della società in quanto uomo b) della uguaglianza, dei sudditi c) della indipendenza, di ogni membro del corpo comune in quanto cittadino
· l’idea è quella di uno Stato che:
- emana le leggi in base al principio della volontà generale, leggi che poi difenderanno i diritti dei cittadini
- il regime è di eguaglianza e di coazione alla libertà
- l’esecuzione della legge è affidata a soggetti e organi stabiliti dalla stessa legge, affinché l’opposizione di ognuno nei confronti dell’altro venga legittimata
- crea una legislazione positiva ed un libero sviluppo di tutti che abbatte privilegi ereditari di casta
· ma è proprio sul diritto di ogni cittadino di partecipare al potere che Kant parla di un legislatore non proprio in carne ed ossa, ma di un elemento principalmente concettuale, effettivamente possibile solo da un cittadino indipendente, cioè solo il proprietario o comunque il padrone di sé (“non essere comandati o protetti individui”); anche perché c’è una estrema difficoltà a definire un individuo indipendente che sia in grado di esprimere il voto
· in un sistema necessariamente rappresentativo sono tutti i possessori a dover dare il loro assenso alle deliberazioni tramite delegati che decidono a maggioranza, secondo il principio generale del consenso
· con tutto questo Kant mostra di non voler scendere più di tanto sul terreno empirico dello Stato, sebbene affermi che anche lo Stato è sottoposto alla ragion pura a priori legislatrice, ed è quindi relativo non a leggi positive di un’entità già costituita
· una volta che il legislatore è stato scelto e da questi è stata fatta una legge, il popolo non deve ribellarsi né giudicare le sue decisioni, bensì solo obbedire, per non distruggere la possibilità di una convivenza pacifica: generale difficoltà filosofica a spostare il discorso sul terreno della politica, rimanendo sul piano astratto
· sfiducia della possibilità di trovare – monarchia o repubblica che sia – un legislatore giusto, capace di trasformare sul serio la natura umana; l’uomo è un animale che ha bisogno di un padrone, perché abusa della libertà in rapporto ai suoi simili, ma questo padrone avrà bisogno anche lui di un padrone: il capo supremo deve essere giusto per sé stesso e tuttavia essere un uomo, tanto che una soluzione perfetta è impossibile visto che “da un legno storto come quello di cui è fatto l’uomo, non può uscire nulla di interamente dritto”
· a) c’è l’eco rousseauviana dell’impossibilità di realizzare una vera democrazia, forma di governo più adatta agli dei che agli uomini
b) idea di un superorgano costituzionale di controllo delle leggi - in Sopra il detto comune, contropotere contro la violazione del contratto da parte del sovrano e insieme terzo potere che decide da quale parte sta il diritto
c) necessità di riformismo
· Kant si richiama sempre al diritto e mai alla politica: deve essere cosmopolitico, una grande federazione di popoli che potrebbe determinare una costituzione civile perfetta – che, appunto, al momento non è possibile; critica anche fortemente il governo paternalistico per la sua radicalità
· in Sopra il detto comune 1793 si desume che:
- uno Stato patriottico riguarda uomini capaci di diritti
- il diritto assicura ad ognuno la libertà individuale, compresa l’autodeterminazione
- tutti sono assoggettati egualmente alla legge
- si riconosce l’indipendenza necessaria dell’individuo per farlo partecipare al potere legislativo
- si distribuiscono i tre poteri fra tre soggetti diversi [solo nel governo “del popolo” e “dell’universo” vi è unità del potere in un unico essere]
· il senso di Kant (Dottrina del diritto 1796) è quello di svalutare lo Stato inteso in senso politico, di governo operante in un contesto materiale, perseguendo un’idea formalistica di libertà esterna che lo Stato rappresenta: a) si deve obbedienza allo Stato b) l’intreccio legalità-moralità è continuo c) l’unica salvezza possibile per l’uomo nella eterna lotta bene/male non sta nel vivere in una certa società materiale piuttosto che in un’altra, ma nell’attuazione del comando morale della ragion pratica pura
· si delinea un nuovo ordine, una repubblica universale, priva di funzionari e nel quale gli uomini interpretano i comandi della ragione come se fossero comandi divini; un luogo in cui a trionfare siano le pure leggi della virtù, che gli uomini si impegnano a sostenere mediante la ragione morale legislatrice, formando così una società etica
· si arriverà all’avvento di uno stato di pace perpetua, con un mutamento senza rivoluzioni esterne, impetuosa e violenta secondo circostanze fortuite, poiché tale rivoluzione porterebbe con sé manchevolezze conservate per secoli
· inoltre, c’è preoccupazione fra società etica e comunità politica: se venissero a combaciare, la comunità politica sarebbe il fondamento e perciò ci sarebbe una congiunzione società giuridico-civile/Stato etico [sviluppo storico della società etica]: però mentre abbiamo una società etica che potrebbe trasformarsi in uno Stato etico, ancora non si ha un corrispondente Stato politico, privo di specificazioni (al limite c’è solo uno Stato giuridico-civile)
· lo Stato giuridico-civile è fatto di leggi pubbliche giuridiche, che sono tutte costrittive; uno Stato etico-civile, è, invece, quello in cui gli uomini non sono retti da leggi costrittive, ma da leggi della virtù
· l’unica definizione di Kant sullo Stato libero si ha non nelle sedi del problema dello Stato giuridico, ma in un punto de “La religione nei limiti della semplice ragione”, in cui mette in opposizione i termini liberale-dispotico, prefigurando una situazione politica di transizione dove il diritto è cosmopolitico; una comunità di fedeli che accetti le condizioni di
1) universalità (unità e rigetto di ogni divisione settaria)
2) qualità (purezza, rifiuto di ogni forma di superstizione e di fatalismo)
3) modalità (immutabilità secondo la sua costituzione e le sue leggi originarie)
4) relazione (libertà nelle relazioni interne fra i membri ed esterne col potere politico)
· in uno Stato libero non ci sarebbero né gerarchie né illuminatismo [una specie di democrazia poggiante su ispirazioni personali] perché si tratterebbe di uno Stato di Dio, per costituire il “regno morale di Dio sulla terra”, e che perciò non avrebbe nulla a che fare con un ordinamento politico
· la sua costituzione non sarebbe né monarchica né aristocratica né democratica, ma simile ad una società familiare, tenuta insieme da vincoli di sangue e di cuore; perciò l’argomento dello Stato libero non verrà più ripreso
· ad ogni modo, le norme dovrebbero essere emanate da una autorità pubblica fornita di forza: Kant si accorge del pericolo e lancia al legislatore il monito di guardarsi dall’imporre con la forza una costituzione diretta a fini morali
· se in Per la pace perpetua 1795 al centro c’è il tema della Repubblica mondiale, le anticipazioni sono ne La religione nei limiti della semplice ragione, in cui vede tale repubblica come alternativa al rozzo stato di natura delle nazioni civili (a livello internazionale) e contro Stati politici imperfetti perché non uniti in associazione mediante un diritto pubblico internazionale
· anche se nel contesto storico di questo cosmopolitismo non c’è una definizione precisa dello Stato politico funzionante anche se deve essere “a costituzione civile repubblicana” che garantisca:
a) la libertà di tutti in quanto uomini
b) la dipendenza ad un’unica legislazione in quanto sudditi
c) l’uguaglianza di tutti in quanto cittadini
è un punto più avanzato del Sopra il detto comune 1793 dove il secondo principio era quello dell’indipendenza
· la dipendenza giuridica messa al posto dell’indipendenza economica rappresenta un cambiamento radicale in favore della democrazia – libertà come autonomia nel senso rousseauviano – ma anche in direzione del suffragio universale, con un imperio delle leggi che è consenso dal basso
· la dipendenza in senso giuridico significa fornire la forma a priori di uno Stato libero repubblicano, non certo la sua connotazione storica concreta o la sua valenza pragmatica (sebbene il fine desiderato sia sempre la pace perpetua: i cittadini difficilmente darebbero approvazione alle guerre)
· una volta creata una federazione di popoli – non uno Stato di popoli!, magari sotto un unico sovrano, che porterebbe al dispotismo – non è del tutto chiaro come funzionerebbero i singoli Stati politici, ed in particolare:
- quali vincoli tra legislativo ed esecutivo (reggitore): non dovrebbe comunque contenere il vincolo classico tra legislatore superiore ed esecutivo inferiore
- quale potere costituente darebbe vita ai poteri costituiti
- quali forme di controllo per l’organizzazione (che è fondamentale) per esercitare il potere
· il processo evolutivo è dall’alto verso il basso, in quanto attivato in principio da un monarca illuminato, fino ad arrivare al popolo
· con riferimento a Montesquieu, parla della democrazia di quanti sono in uno Stato a detenere il potere, a differenza della costituzione repubblicana, che enuclea il modo in cui chi detiene il potere sovrano governi il popolo:
1) per la sovranità si hanno tre forme quantitative di Stato: autocratica, aristocratica, democratica
2) per il governo si hanno due modi qualitativi: repubblicano e dispotico
con combinazioni possibili secondo una casistica formulata da Bodin e ripresa da Rousseau, ma dove solo il parte il modo di governo è quello di “esercizio pratico del potere” bodiniano o “potere esecutivo” rousseauviano
· il modo di governo implica infatti un dispotismo con arbitraria esecuzione delle leggi dove la volontà pubblica è maneggiata dal sovrano come sua propria volontà privata;
o una repubblica come un sistema caratterizzato dalla divisione dei poteri, e non dall’attribuzione del potere legislativo al popolo e dalla partecipazione di tutti alla cosa pubblica: essa implica un principio formale e non un fatto sociale
· Kant non vuole far proprio il problema dell’effettivo governo dello Stato, ma di fornire le coordinate filosofiche generali di un repubblicanesimo come aspirazione dell’umanità; per questo lui si immette nel solco di un repubblicanesimo europeo, anzi, nel particolare raccordo col costituzionalismo liberale – connubio che in Francia non aveva avuto fortuna in Francia, prima col Terrore, poi col dispotismo militare
· “ogni forma di governo che non sia rappresentativa è informe”, priva di connotati di identificazione dal punto di vista dello Stato; e le forme repubblicane storiche – monarchica e aristocratica – sono sempre difettose
· e nella Dottrina del Diritto (nella Metafisica dei costumi, pensata nel 1785 come da lui detto da una lettera a Schutz del 13 settembre, ma che fino al 1796 non esce per via della salute di Kant e per le censure) vede la divisione dei poteri come una gerarchia logica interna invece che come equilibrio socio-politico delle forze; come tre proposizioni di un sillogismo pratico: con la proposizione maggiore che corrisponde al potere che contiene la legge, e quella minore il comando di comportarsi secondo legge, con la conclusione della sentenza
· la libertà legale è quella libertà che permette di non obbedire ad legge diverse da quelle cui si è dato il consenso poiché il potere di fare le leggi spetta alla volontà collettiva del popolo, anche se è solo parzialmente svolta la tesi su come questa volontà dovrebbe manifestarsi attraverso la rappresentanza – affinché il reggitore non sia tentato di comportarsi in modo dispotico e violento
· ma Kant riduce comunque la portata della rappresentanza:
a) subordina il diritto di voto alla capacità di esercitarlo (anche se le leggi non possono essere contrarie alle leggi naturali della libertà): come in Sieyes la distinzione elettori/non elettori sarebbe semplice espediente funzionale , in attesa di un graduale progresso dei lumi [piano concettuale]
b) dove la rappresentanza politica funziona costituisce un vero tradimento alla volontà collettiva del popolo – come mostrato nel Conflitto delle Facoltà – perché, condividendo le riserve di Rousseau sull’Uk, c’è una sorta di occultamento provocato dalle ideologie e dalle deformazioni di una pubblicità menzognera [piano storico-politico]
· già nel Per la pace perpetua, il potere esecutivo appare come apparto secondario, attinente alla prudenza dello Stato, e quindi relativamente poco utile a favorire la comprensione delle grandi questioni filosofico-politiche: il mondo empirico dell’amministrare la cosa pubblica è ininfluente rispetto alla bontà di una “costituzione politica”; il declassamento del governo a strumento tecnico continua anche nella Dottrina del diritto, dove l’applicazione del diritto sta ben al di sotto dell’idea pura di diritto
· nella Dottrina del diritto eleva il popolo a sovrano universale, cosa che non fa con il potere esecutivo, anche a causa dell’influenza di Rousseau; i tre poteri dello Stato vengono presentati nel senso si una articolazione interna: - “tre persone morali” fra loro coordinate e reciprocamente subordinate, in modo che l’azione di ognuna non entri in collisione con quella delle altre
- il potere esecutivo del comandante supremo è irresistibile,come è necessario che lo sia quello del reggitore supremo, che può essere anche un direttorio
- il reggitore è comunque sottoposto al sovrano, cioè obbligato alla legge (non legibus solutus)
- se nella riunione dei tre poteri consiste la salute dello Stato, con questa non si deve intendere il benessere e la felicità dei cittadini perché – com’anche in Rousseau – è possibile che con un governo dispotico si arrivi più facilmente a questo scopo; piuttosto la saluto è quello stato di cose in cui la costituzione si accorda i più possibile coi principi del diritto
· in questo senso il governo patriottico – governo nazionale dove i sudditi sono i cittadini dello Stato – è l’opposto del governo dispotico, dove chi esegue la legge è anche legislatore
· Kant non tiene qui in considerazione l’esempio del governo di gabinetto Uk, rappresentativo ma avviato a trasformarsi in parlamentare, e perciò con solidi agganci nella società civile e nella lotta dei partiti; ma per lui il governo dispotico è il Direttorio francese: la Costituzione repubblicana dell’anno III-1795, dopo il trauma del giacobinismo:
a) mette un Parlamento rappresentativo bicamerale al posto della Convenzione, con voto censitario di 30.000 elettori di secondo grado, con 250 deputati al Consiglio degli Anziani e un Consiglio dei Cinquecento (entrambi rinnovati di un terzo all’anno)
b) il governo del Direttorio al posto del Comitato di Salute Pubblica, simil-rappresentativo per via dei suoi 5 membri che nominavano a loro volta i ministri, a scrutinio segreto, su una lista compilata dal Consiglio dei 500 tra già deputati o ministri [poi presentata al Consiglio degli Anziani secondo l’art.133]
[modello di riferimento alternativo sia al repubbliche e aristocrazie presenti e passate, sia alla monarchia costituzionale]
· la politica è come sempre confinata ad una dimensione secondaria, di un Kant in difficoltà ad aprire ad un discorso approfondito sul governo rappresentativo, che avrebbe implicato la traduzione in termini filosofico-giuridici di tutto un impianto: difficoltà della ragion pura a concepire un esito pratico; anche se la politica è vista anche come riforme, che però solo il sovrano è autorizzato ad adottare
· se ne Per la pace perpetua vi era ottimismo su tre fronti
1) ottimismo possibilista degli uomini di arrivare ad uno Stato che garantisca la pace perpetua con leggi coattive, poi ad una federazione di Stati, anche grazie allo spirito commerciale, dove il fine è il diritto cosmopolitico; il tutto coadiuvato dalla spinta della natura
2) l’efficacia delle massime dei filosofi nel distogliere gli Stati dalle loro intenzioni di guerra
3) elevare il diritto a condizione limitatrice della politica: che resta sullo sfondo di un modello regolativo generale, un sistema tracciato a priori che non potrebbe mai coincidere con un sistema perfetto nel mondo reale, anche perché l’uomo è sviato da contingenti obiettivi di felicità
nella Dottrina del diritto tutto questo sembra scemare
· lo Stato stesso, formato da uomini usciti da uno stato di natura per sottoporsi ad una costrizione legale e pubblica, non è riconducibile ad un fatto politico, ma ad un concetto generale del diritto pubblico
· il potere esecutivo ha di fronte ha sé solo due esiti, entrambi riduttivi a) venire assorbito dallo Stato tout court b) rivendicare la propria specificità politica attraverso la prudenza, che però finirebbe per allontanarlo dal diritto e dalla morale, facendolo diventare strumento di interessi sociali finalizzati da una contingente e fuggevole felicità
· in Sopra il detto comune, il potere legislativo
1) produce tutti i diritti
2) si muove secondo giustizia
3) si avvale di cittadini liberi, uguali e indipendenti
laddove l’esecutivo può degenerare, servirsi di ideologie come strumenti di soggezione, far uso indebito della forza;tanto che – al contrario di Rousseau che aveva fatto del governo un argomento di scienza politica applicandovi le tre categorie aristoteliche – Kant lo proietta in due dimensioni una ideale e verso il cosmopolitismo (assorbimento dallo Stato), l’altra angosciante del governo rivoluzionario e contro.rivoluzionario rispetto allo Stato (uso della specifica prudenza)
· forse anche per reazione all’inasprimento della censura decretato con l’editto di religione 1788 dal Wollner, ministro del nuovo re di Prussia, e che colpiva il filosofo in maniera diretta, costringendo a muoversi con circospezione in quanto a termini linguistici e contenuti, libertà continuava ad essere libertà “senza governo”: a differenza della costituzione morale che poggia sul principio dell’equità e della purezza [anche per la legge], la costituzione politica di un governo, che si avvalga di strumenti esteriori per ottenere l’obbedienza, è dominata dall’ideologia, cioè dalle illusioni e dalle apparenze
· l’ultima opera di Kant, pubblicata qualche anno prima della morte, l’Antropologia dal punto di vista pragmatico 1798, è ancora così avara di indicazioni circa il sistema politico; anziché proseguire sulla scia rousseauviana di una nuova scienza politica, che avrebbe voluto dire cedere la mondo sensibile, con valori che mai dovrebbero sostituirsi alla legge morale che è dentro di noi
· vediamo pertanto nel Conflitto delle Facoltà 1798, ultimo lavoro pubblicato direttamente dall’autore – dopo che la morte dell’imperatore fece venir meno le restrizioni precedentemente imposte alla libertà di stampa – che i governo sta ancora ad indicare una incertezza-oscillazione di pensiero: nei paragrafi 6 e 7, nell’importantissima nota a piè di pagina, si fa l’elogio della Rivoluzione Francese quale evento storico capace di testimoniare la tendenza morale della specie umana al progresso universale verso il meglio
· Kant non riesce a superare un’ambiguità del discorso che prefigura una fase intermedia di dispotismo illuminato prima di arrivare al governo libero del popolo, tanto che anche sotto un monarca autocratico la costituzione può essere repubblicana se la cosa pubblica è da lui amministrata in base a quelle stesse leggi che il popolo darebbe a sé stesso, secondo i principi del diritto universale
· rispetto a dicotomia drastiche e semplificate (uomo buono/cattivo, passione/ragione), Kant pensa ad una antropologia più ricca e sfumata, che insistesse sull’importanza della persona: la libertà dell’uomo deriva non tanto alla sua tendenza ad associarsi – sulla quale può manifestarsi qualsiasi vizio di sorta -, ma dalla sua capacità di elevarsi al di sopra delle condizioni materiali grazie alla legge morale
· anche per reazione alla Rivoluzione Francese, il pensiero politico europeo e prussiano si muoveva nella direzione di un rafforzamento della tematica del governo, e con Kant si ha il merito di ribadire l’obbedienza alla legge, che non comporta sottomissione ad un comando paterno
· è cresciuta nella letteratura politica l’immagine di Kant teorico dello Stato che non entra nella sfera privata dei cittadini, in accordo con un’idea di libertà negativa o di Stato minimo (che l’intera tradizione liberale avrebbe fatto propria); in contrasto con tutta la tradizione di pensiero post-machiavelliana, non riuscendo filosoficamente a giustificare l’ambizione della politica di presentarsi come autonoma sfera dello spirito, dotata di propri strumenti
· c’è una costante disposizione degli uomini a contaminare la sfera pura dell’intelletto con ideologie provenienti dal mondo sensibile: del tutto inutile e pericoloso sarebbe affidarsi alla politica, che risponde agli “imperativi della prudenza”
· la rivendicazione kantiana della libertà di pensiero per gli intellettuali, anziché aristocratico atteggiamento di classe, era il segnale di una generale difficoltà della filosofia di risolvere il nesso mondo speculativo-pratico, in un contesto storico-politico che muta velocemente
· un orientamento anarchico – nel senso di libertà senza governo – è perciò diffidente ad ogni operazione della politica l’ultima opera, lasciata incompiuta, Sul passaggio dai principi metafisici della scienza della natura alla fisica, con cui avrebbe voluto revisionare la filosofia trascendentale, la colloca in categorie della ragione che possono diventare massime universali di comportamento
Fonti:
Le forme di governo, Nicola Matteucci
Alla ricerca del governo libero, Carlo Carini
Alla ricerca del governo libero, Carlo Carini
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