Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

Accenni di Angelologia

Condividi
L’universo, dice il Talmud, è abitato da due categorie di esseri: gli Elyonim (“quelli di sopra”) e i Tachtonim (“quelli di sotto, gli uomini”). 

Della prima categoria fanno certamente parte quelle creature spirituali intermediarie tra Dio e gli uomini che nella Bibbia sono comunemente denominate angeli o messaggeri (greco aggelos, ebraico malkhim) o spiriti (greco pneu - mata, ebraico ruhoth).


Trattato di angelologia. Rappresentazione, denominazione, storia e tradizione degli angeli.
Questi intermediari tra Dio e l’uomo, questi esseri superiori, frequentemente ricordati nelle narrazioni bibliche, si ritrovano in tutte le religioni e mitologie e spesso nell’ambito di esse acquistano le sembianze di spiriti antropomorfi, benevolmente consapevoli delle vicende terrene, talora messaggeri di vendetta o infernali apportatori di calamità. Divisi in differenti categorie, ciascuna delle quali con compiti particolari, come ad esempio gli utukku babilonesi delegati a tormentare una parte speciale del corpo umano, oppure occupati a combattersi l’un l’altro nel perdurante antagonismo del bene e del male, come nello Zoroastrismo, angeli e demoni che siano, hanno, sotto la loro molteplice diversità, la comune caratteristica di essere creature spirituali.

1 – Nella Bibbia in modo frammentario

La Bibbia reca una testimonianza primaria e autorevole sulla storia degli angeli, sulla loro vita e sulla loro natura, anche se, in essa, l’argomento non è oggetto di una esposizione sistematica: la loro spiritualità, che, per quanto non espressamente affermata, sembra presupposta dal fatto che il loro corpo è soltanto una parvenza (Tob. 12,19). Inoltre dalla Scrittura apprendiamo che gli angeli non appartengono alla sfera terrestre, tanto da essere indicati come “santi” (Deut. 33,2) e da venire chiamati “figli di Dio” (Giob. 1,6; 2,1) che però non perdono la loro natura finita e imperfetta, la quale li distanzia incommensurabilmente da Dio (Es. 15,11) e fa sì che l’uomo sia poco meno di loro (Sal. 6,6).

Dio pose ad Oriente del giardino dell’Eden i Cherubini, che roteavano da ogni parte una spada fiammeggiante (Gen. 3,24).
Fin qui, dunque, niente di nuovo nell’angelologia biblica, anzi appare di non facile soluzione il problema dell’influsso esercitato sull’angelologia giudaica dalla dottrina degli spiriti (e più precisamente della demonologia) degli Assiro-Babilonesi e dei Persiani.
Nei vari Libri della Bibbia, c’è una notevole uniformità di presentazione della figura degli angeli. Infatti, il tipo angelico, almeno in apparenza, non muta mai: costituiscono l’innumerevole coorte che circonda il trono di Dio (Dan. 7,10), è loro compito rendere gloria a Dio e cantare le sue lodi (Is. 6,3), sono pronti a combattere per lui (Gios. 5,14) e trasmettono agli uomini quanto Egli comanda (Gen. 22,11).
Le Scritture non ne parlano però mai allo scopo di fare qualche “rivelazione” sulla loro misteriosa esistenza, ma li menzionano ogni qual volta entrano nella storia umana o nella storia del popolo di Dio. Nulla è più casuale o imprevisto dell’intervento degli angeli in questa o in quella parte della storia sacra. Non è mai una cosa che si possa prevedere. Nella Bibbia il mondo angelico appare come una potenza completa, autosufficiente, inaccessibile, che il corso degli eventi umani non può in nessun modo intaccare, mentre questo corso può da essi essere influenzato. Una particolare situazione, alla quale vale la pena di prestare attenzione e riflessione, riguarda il fatto che la Scrittura non sempre distingue con chiarezza tra intervento angelico e intervento divino (così ad esempio il messaggero celeste che parlò ad Agar, la moglie schiava di Abramo, è nello stesso tempo angelo e signore di vita, Gen., 7-10). Viceversa, sempre nel Genesi, troviamo manifestazioni angeliche nettamente distinte dal divino (così, forse nella maniera più chiara e netta, è nel sogno di Giacobbe, Gen. 28, 12-13)

Non si fa cenno agli angeli nel lungo periodo che precede il diluvio, né essi si presentano come soccorritori di Noè. Il mistero angelico come tale comincia con la storia dell’uomo, con la storia del popolo di Dio. Gli spiriti, dunque, non sono il tema della Bibbia, la quale, pur rivelando molte cose del mondo angelico, lo fa solo incidentalmente e nella misura in cui interessa il bene eterno dell’uomo: sono perciò frammenti di storia angelica.

Si possono dividere i riferimenti della Scrittura agli angeli in quattro classi: quelli “storici” (compiere un’opera, proteggere gli uomini e le nazioni, offrire al Signore le preghiere degli uomini, portare un messaggio,prestare il loro aiuto), quelli “liturgici” (come adoratori di Dio), quelli “teologici” (relazione a una realtà del mondo soprannaturale) e quelli “profetici” (all’angelo si aff idano misteriose future attività). Della loro opera si vale pure la giustizia divina per colpire i peccatori (Gen. 19,11; 2 Sam. 24, 16-17; Prov. 17,11).

2 – Gerarchie angeliche

Gli angeli formano la corte dell’Altissimo (Is. 6, 1-4; Ez. 1; Tob. 12) sono numerosissimi e costituiscono le armate poste al suo servizio (Gen. 32, 2-3; Dan. 7,10).

“Cherubini” che sono quelli che fanno la guardia al Paradiso terrestre (Gen. 3,24).
“Serafini” che sono quegli esseri alati che Isaia (6,2) contempla nella celebre visione analoga all’apparizione di Ezechiele (15) che vede quattro esseri vivi in forma umana.

Nonostante i diversi appellativi, prima del Libro di Daniele, non si trovano nella Bibbia nomi di angeli. Si conoscono soltanto i nomi di tre angeli: Michael (Dan. 10,13-21; 12,1), Gabriel (Dan. 8,16; 9,21), Rafael (Tob. 12,15). L’allusione a Michael come “uno dei primi principi” (Dan. 10,13) e a Rafael come “uno dei sette che stanno innanzi al Signore” (Tob. 10,13) ha fatto pensare a una gerarchia angelica, ma, al riguardo, a differenza di quanto avverrà nel Cristianesimo, nella Bibbia non si riscontra alcuna chiara indicazione, anche se poi nel Talmud e nei Midrashim, – la tradizione orale – senza pervenire alle classificazioni degli angeli in gruppi differenti, alcuni di essi come Michael e Gabriel sono indicati come “i più eminenti fra tutti gli angeli”.

Tuttavia il Talmud non arriverà mai a costituire ben nove categorie angeliche divise in tre differenti sfere:

1) consiglieri divini: Serafini, Cherubini e Troni
2) governatori celesti: Dominazioni, Virtù e Potestà
3) messaggeri celesti: Principati, Arcangeli e Angeli

Tutte queste categorie, fra l’altro, avranno anche uno stretto rapporto di parentela con le energie planetarie. Infatti, si dirà che se l’Astrologia permette di comprendere l’esistenza e il ruolo di certe energie, l’Angelologia insegna che gli angeli sono entità spirituali che permettono di ricevere queste forze planetarie.

Ma a prescindere da queste considerazioni, purtroppo dall’ampliamento della scena celeste fino a renderla piena e affollata è stata originata tanta letteratura occultistica che spesso ha sminuito gli angeli da “esseri degni di stare presso il Trono di Gloria”, a creature più o meno particolari, un po’ “tuttofare”, ora come “geni planetari” dominatori e controllori di ogni frazione dello spazio e del tempo, ora come protagonisti più o meno apocalittici di vicende che maghi e maghetti di ogni tipo sono – a loro dire – in grado di controllare e di dirigere.

3 – Nel Talmud e nel Mitrashim (tradizione orale)

Ricomprendono la letteratura post-biblica, Apocrifi e Pseudoepigrafici compresi.
Pur non discostandosi dall’angelologia biblica, e riafferamndo la glorificazione di Dio, il Talmid tace la gerarchia anche se nel Midrash Rabbah (Grande Midrash, una specie di commento sul Pentateuco e sui cinque Rotoli che si leggono durante il servizio sinagogale nel ciclo liturgico annuale), si trova una mini gerarchia angelica, in cima alla quale si trovano i quattro arcangeli che corrispondono alle quattro divisioni dell’esercito di Israele: “Come il Santo che benedetto sia, creò quattro venti [cioè i quattro punti cardinali] e quattro vessilli [per l’esercito di Israele] così pure creò quattro angeli per circondare il suo Trono: Michael, Gabriel, Uriel e Rafael.
Michael sta alla destra di esso e corrisponde alla tribù di Reuben; Uriel sta alla sinistra e corrisponde alla tribù di Dan, che era stanziata al nord; Gabriel è davanti e corrisponde alla tribù di Jeudah, come pure a Mosè ed Aaron che si trovano ad est; Rafael è dietro e corrisponde alla tribù di Efraim che era ad ovest. Michael e Gabriel sono i più eminenti, i grandi principi, ma vi sono anche altri principi senza nomi particolari.

4- Metatron e il Libro di Enoch

Questa qualifica finirà poi con il diventare singolare e si parlerà del cosiddetto “principe del mondo” che si identificò con una figura di particolare interesse, l’angelo Metatron, del quale non è superfluo occuparsi perché ebbe una speciale posizione nella dottrina esoterica, dal periodo tannaitico in poi, e che arrivò a identificarsi addirittura con la figura divina.

Gli scavi di Qumran, infatti, hanno portato alla luce, fra l’altro, anche il Libro di Enoch, sia in ebraico che in aramaico, e di cui era sopravvissuta, nella sua interezza, solo una traduzione etiopica. Com’è noto si tratta di un testo eminentemente apocalittico e di grande importanza per la Cabalà e in esso compare Metatron, il Principe dell’Universo, che possiede le chiavi di tutto ciò che esiste.
Proprio in questo Libro si parla di un gruppo di angeli che vedono il volto del loro re e sono appunto chiamati “Principi del Volto”, e tra essi spicca Metatron che finirà con l’assumere, lui solo, l’appellativo di “Principe del Volto”. Nel Talmud si parla di questo angelo in tre punti (Chaghigah – Offerta festiva -15a; Sanhedrin – Tribunali - 38b; A.Z. Abodah Zarah – Idolatria - 3b)

Metatron deriva probabilmente dal latino Metator, precursore, e l’angelo di questo nome sarebbe quello che “precedeva” gli Israeliti nel deserto (Es. 23,20).
Nell’ultimo episodio del Talmud (A.Z, 3b) Metatron compare come colui che coopera con Dio nell’insegnare ai giovani, cioè Metatron diventa un depositario di tradizioni, ma mentre Dio dedica le ultime tre ore del giorno a questo lavoro, Metatron vi si dedica tutto il resto del giorno.

Metratron non solo è la figura centrale dell’angelologia talmudica, ma dopo Metatron si può parlare degli angeli caduti, cioè gli angeli del male, non presenti nella Bibbia, nel Talmud e nel Midrash.

La figura del Satan, pur appartenendo alla sfera del male, non è proprio la figura diabolica della tradizione occidentale, ma ha dei compiti ben precisi. Infatti, innanzitutto è l’accusatore e cioè colui che presenta a Dio le colpe degli uomini, è cioè il pubblico ministero del Tribunale celeste. Ha poi il compito di tentatore e infine a lui è demandato il compito di comminare la pena di morte.

Esistono anche vere e proprie figure demoniache e malefiche nelle quali non si fa molta fatica a riconoscere la sopravvivenza di antiche divinità cananee:
a) il deserto è considerato la sede elettiva delle forze demoniache
b) i seirim, i “demoni-capri”, il cui nome significa “pelosi” che ricevevano sacrifici dagli ebrei
c) i seadim che sono i demoni “neri” dei quali ai quali gli ebrei sacrificavano i figli
d) Lilith che compare solo in Is. 34, 14, “spettro notturno” che abita nel deserto; corrisponde al demone babilonese Lilitu, originariamente demone della tempesta e poi della lussuria
e) nel rituale di espiazione (Lev. 16) appare il demone Azazel il cui nome suggerisce qualche rapporto con il capro (azaz = “essere forte e orgoglioso”). A tale demonio viene inviato il famoso capro espiatorio.

5 – I Cherubini

I Cherubini chiaramente dimostrano il ruolo “servente” degli angeli, la funzione di assolvimento di compiti particolari, l’aspetto semplice ed esterno.
I Serafini sono per loro natura un po’ più partecipi di sfere e di attività più articolate e complesse, interne o addirittura “misteriose”.

«Chi afferra un pezzo, una parte dell’essenza, ha afferrato l’essenza intera.»
Ecco perché la Cabalà sovente si sofferma, per pagine e pagine, anche su una sola singola lettera. È questo, oggi, un principio di grande attualità nel cosiddetto approccio olistico al mondo.

Dei primi, i Cherubini, parla la stessa Bibbia, nel verso conclusivo del capitolo 3 del Genesi: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, in quanto conosce il bene e il male; è da evitare ora che stenda la mano, prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva in perpetuo.»
In un solo caso si parla di due volti maturi: uno dei due cherubini era nientemeno che Metatron a cui si accoppia un altro angelo detto Sandalphon, dal greco synadelphos che significa “confratello” e che è uno degli angeli più alti. Entrambi sono nomi che il credente non osa pronunciare, al pari del Nome divino, sostituendoli con “Mem- Teth-Teth” e “Sandal”. Con questi due angeli siamo a livelli elevatissimi, tanto che vengono anche chiamati il “Ministro del Volto” e il “Ministro della Nuca”, ed essi rappresentano proprio il confine tra il mondo angelico e quello divino.

Nell’importantissimo testo della visione di Ezechiele (cap.1) dove i cherubini sono quattro creature viventi, come quelle dell’Apocalisse (4, 6-8), i simboli dell’uomo, del leone, del toro e dell’aquila sono di origine babilonese e rappresentano le quattro divinità principali che presiedono ai quattro “canti della terra” (reinterpretati dalla teologia cristiano-cattolica come i quattro evangelisti).
«Il Signore Dio allora lo mandò via dal giardino di Eden, affinché coltivasse la terra da cui era stato tratto. Scacciato l’uomo, collocò a oriente del giardino di Eden i Cherubini che roteavano la spada fiammeggiante per custodire la via che portava all’albero della vita.»

Anche sul coperchio d’oro dell’Arca dell’Alleanza, quella “cassa” (m.1,25 x 0,75 x 0,75) di legno d’acacia ricoperta d’oro, costruita per contenere le Tavole della testimonianza, si trovavano due statue di cherubini con le ali incrociate. Anche qui i cherubini appaiono nel loro aspetto benefico di “guardiani della soglia” cui è demandato il compito di “custodire” cioè non solo di conservare, come è nel significato letterale, ma anche di evitare che questa via di accesso possa essere perduta o guastata.

Qrubim (il loro nome in ebraico è quasi lo stesso che in italiano) deriva dalla radice qaruv (chet-resh-vav-vet) molto difficile da capire; infatti, non si trova in nessuna parola ebraica, ma soltanto nella parola “cherubini”. I Maestri fanno risalire questa parola all’aramaico dove indicherebbe giovane o bambino. Infatti – anche se le opinioni non sono univoche – i cherubini che erano sull’Arca avevano il volto di bambini, talvolta si parla addirittura di un volto maschile e uno femminile, sempre infantili.

Il canto di lode dei Cherubini è: «Benedetta la gloria del Signore dal luogo della sua dimora» (3,12)

6 – I Serafini

I Serafini, dalla radice saraf = “bruciare”, bruciano coloro che si avvicinano troppo, là dove non è loro consentito). Al contrario dei Cherubini, i Serafini sono molto misteriosi e vengono menzionati soltanto una volta in tutta la Bibbia, nella visione del profeta Isaia (6,1)
«Nell’anno della morte del re Uzzja [re di Giuda] vidi il Signore seduto su un seggio alto ed elevato, e i lembi del suo abito ricoprivano il Santuario. Al di sopra a lui stavano in piedi i Serafini, ognuno dei quali aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva le gambe e con due volava. E l’uno rivolto all’altro proclamava: Santo, santo, santo è il Signore Tsevaoth Tutta la terra è piena della sua gloria.»

I Cherubini, ripetiamolo, si trovano sotto il Trono di Dio e dicono: «Benedetta la gloria del Signore dal luogo della sua dimora.»
I Serafini invece sono incredibilmente “al di sopra del trono” e dicono: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria.»

I Cherubini dalla loro posizione non possono che cogliere l’aspetto “superiore”: il Creatore, il divino, i piani e i livelli diversi, la separazione, in una il trascendente di cui, benedicendo, cantano la gloria nella sua inaccessibile dimora. I Cherubini sono, cioè, gli angeli che portano il messaggio tradizionale della religione: Dio ha creato il mondo e l’essere umano, e ha posto delle regole specifiche, sia naturali che etiche. L’essenza di Dio rimane remota, superiore, e qui in terra gli esseri umani devono confrontarsi con la scelta continua fra “bene - male”, “permesso - proibito”, “puro - impuro”, “lecito - illecito”, “benedizione - maledizione”, “premio - punizione”. Se la scelta è sbagliata scatta il castigo.

I Serafini, misteriosi già nella loro natura, con un presentatore d’eccezionale importanza qual è Isaia, che non a caso né a torto, dopo Mosè, è considerato il più grande di tutti i profeti, collocati in un punto di osservazione assolutamente particolare, dopo aver santificato il Signore degli eserciti, riempiono la Terra, tutta la Terra, della gloria del Signore.

Nel canto di lode si dichiara una “triplice santità” («santo santo santo») che non può essere solo rafforzativa e riferita unicamente al “Signore degli eserciti”
Sull’importanza della “triplicità” in Cabalà non possiamo dubitare. Tre i pilastri dell’Albero della Vita, tre le dimensioni del Libro della Formazione, il più antico testo cabalistico, Mondo, cioè Spazio, Anno, cioè tempo e Anima, cioè umana consapevolezza.
Nell’Eden c’è la triplcità Serpente-Uomo (nel suo aspetto bipolare)-Dio.

Ognuno dei tre poli di questa triplicità è Santo. Dunque, è santo il pilastro sinistro dell’Albero della Vita, solitamente legato agli aspetti negativi dell’esistenza; è santo il mondo, anzi i mondi, che pure hanno distrutto l’Unità con la loro molteplicità; e infine, come e perché escludere il Serpente dalla radice della santità?

Nella lingua ebraica non vi sono vocali, ma solo consonanti e non vi è nemmeno punteggiatura tanto che la Scrittura potrebbe essere considerata un’unica espressione, quasi una sola parola. Ora Santo, santo santo — Qadosh qadosh qadosh.
Se il primo “Santo” è Dio stesso, dobbiamo separare gli altri livelli di santità; Dato che l’etimologia del lemma per “santo” in ebraico corrisponde alla parola “separato”, ne deriva che la prima santità lo è ancora di più della seconda e della terza.
La seconda e la terza santità, essendo diverse dalla prima, formano quasi un “gruppo” a sé: dal Dio-Creatore-Separato (1) che non viene influenzato dagli avvenimenti del mondo, si passa all’Uomo (2) poi al Serpente (3)
Nell’antico Oriente si attribuivano al serpente poteri misteriosi e soprannaturali e lo si adorava sotto forma di una immagine di rame. Anche gli Ebrei nei periodi di superstizione e di idolatria adorarono questa immagine (nechàsh nechosheth – “immagine di rame”, I Re 18:4), forse ritenendola capace di guarire i malati. Il serpente di rame (nechàsh nechosheth, Num 21:8 s) che Mosè innalzò nel deserto, secondo l’esegesi rabbinica è appunto un segno che invita a levare lo sguardo all’Eterno.

Nel nostro tema il Serpente è un “messaggero”, cioè un angelo che porta con sé un messaggio di Dio. D’altra parte si esprime nel Giardino dell’Eden in termini che la moderna psicologia interpreterebbe come positivi («Non morirete […], vi si apriranno gli occhi […], diventerete come Dio»).
Dio invece si esprime in termini che la moderna psicologia leggerebbe come negativi, legati a paure, proibizioni, repressioni («Non mangiare […] nel giorno in cui ne mangerai certamente morirai»)

La frase dei Serafini ritorna a essere chiarificatrice se non rivelativa: il fatto che il secondo e il terzo “santo” si trovano insieme dall’altra parte, separati dal primo, ma uniti nello stesso gruppo, corrisponde perfettamente a quanto avviene nel giardino.
Ed esiste una corrispondenza Serafini-Serpente: al singolare Serafini diventa “Saraf” (Sin Resh Pe) che potremmo scrivere con l’iniziale maiuscola, per distinguerlo dal termine “saraf” con l’iniziale minuscola, che significa “serpente velenoso”, “serpente il cui morso brucia”.
Nei Serafini possiamo distinguere un duplice aspetto. Da prima attestano la presenza divina e la santità in ogni cosa. È possibile conoscere e sperimentare Dio anche nelle cose terrene, perfino in quelle proibite.
In seconda e più profonda istanza i Serafini sono i maestri dell’esoterismo, delle scienze occulte, degli aspetti più riposti della spiritualità, spesso anche in contraddizione con gli insegnamenti rivelati dei Cherubini.

I Serafini sono dinamici e, nel vivere e ricercare l’immanenza, scendono anche al di sotto dei Cherubini, perfino al di sotto dell’essere umano. Scendono o cadono fino ai livelli più bassi della creazione, fino al regno del male al punto di assomigliare a dei serpenti velenosi. Qui il loro consiglio può diventare ambiguo. Arrivano perfino a suggerire la trasgressione pur di individuare una via per giungere al Bene Assoluto, un mezzo per percepirlo e contattarlo in ogni situazione.

Ma d’altra parte se Prometeo non trasgredisce e non ruba il fuoco agli dei, la realizzazione e la conquista non saranno facilmente raggiungibili. Non a torto Qualcuno ha detto a chiare lettere che il regno dei cieli è dei violenti. Quindi, anche se sfioreranno momenti negativi e pericolosi, in virtù della loro origine elevata, i Serafini scesi (o “caduti”) diventati sarafim (“serpenti velenosi”) metteranno le ali e torneranno a volare per ritornare ai loro luoghi superni, al di sopra a Lui.


Bibliografia essenziale:
Abramo Giuseppe (2007), Essoterismo ed esoterismo dell’angelologia biblica, in Hiram, n. 03/2007, Goi
Bertoleth, A. (1964) Dizionario delle Religioni, Editori Riuniti, Roma.
Busi, G. e Loewenthal, E. (1995) Mistica Ebraica, Einaudi, Torino.
Cohen, A. (2000) Il Talmud, Editori Laterza, Roma-Bari.
Garofalo, S. (1964) [a cura di] La Bibbia. Pentateuco ed Haftarot, Profeti anteriori e Posteriori, Agio -
grafi. Con traduzione italiana e note, Marietti, Torino.
Haziel (1998) Angeli e Arcangeli, Mondatori, Milano.
Idel, M. (1992) L’Esperienza mistica in Abraham Abulafia, Jaca Book, Milano.
Mathers, S.L. Mac G. (1981) Magia e Cabalà, Edizioni Mediterranee, Roma.
Matt, D.C. (1999) L’essenza della Cabala, Newton e Compton Editori, Roma.
Olivier, P. (2000) Gli angeli, gli Arcangeli, i Serafini e i Cherubini, DVE Italia, Milano.
Parma, A. (1996) Gli Angeli, De Vecchi Editore, Milano.
Rashi di Troyes (1985) Commento alla Genesi, Marietti, Casale Monferrato.
Scholem, G. (1973) Le origini della Kabbalà, il Mulino, Bologna.
Scholem, G. (1989) La Cabalà, Edizioni Mediterranee, Roma.
Smith, G. (1966) [a cura di] Enciclopedia della dottrina Cattolica, Ed. Paoline, Alba.
Spiazzi, R. (1960) [a cura di] Somma del Cristianesimo, Ed. Paoline, Roma.Stainer, R. (1987) Gerarchie spirituali, Editrice Antroposofica, Milano.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...