Wenzhou è la città gemellata con Prato, quella da cui provengono gran parte dei cinesi presenti in Italia, e quella la cui immigrazione cinese nel nostro Paese è la più controllata della Cina. A detta dei non-wenzhounesi è una città brutta e i cui abitanti pensano solo a far soldi. In realtà, dopo un volo di 45 minuti, ho capito che, come per tutte le cose, vanno fatte delle distinzioni.
La prima è che bisogna distinguere fra abitanti del centro e quelli della periferia, e fra città nuova e vecchia. La seconda è che, sebbene i wenzhounesi siano particolarmenti attaccati al denaro, non manca loro la proverbiale ospitalità cinese. Wenzhou è una città ricca, con uno dei più alti tassi di ricchezza pro-capite della Cina, e dove ho visto il più gran numero di Porsche e altre auto a cinque stelle in giro.
Allo stesso tempo, però, è anche la città con la via più carina adocchiata sin'ora, costellata di tea house, e dove si può comodamente leggere in poltroncine: ambienti ovattati fuori dallo spazio e dal tempo, che per un attimo di trasportano in un altro mondo, ancora più "altro" della stessa Cina. Wenzhou è la città dove ho gustato del cibo locale mai assaggiato (tra cui lo zucchero di canna appena estratto); dove non ho visto nemmeno uno straniero, il che, per un processo di immedesimazione nella culltura locale, non mi è affatto dispiaciuto; dove c'è un'isola famosa per i poeti e gli scrittori cinesi in cerca d'ispirazione.
Dove lo stesso Maradona si è lasciato fotografare in groppa ad uno dei "Cinque Cavalli" che formano il monumento in bronzo dell'omonima via, Wu Ma ("5 cavalli", appunto), anche in onore del suo nome: il "Ma" di Maradona si scrive, infatti, con lo stesso carattere di "cavallo" (马).
Ho scoperto anche come parcheggiano i cinesi quando non trovano posto: dietro alle altre auto, senza il freno a mano, di modo che il proprietario dell'auto di fronte possa spostarla "a braccia". Una cosa è certa: se la città èin pianura va bene, ma a Perugia "la veggo buja"…
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