Tra gli scritti
di Teresa d'Avila, sicuramente "Il castello interiore" è
l'opera più matura e sistematica (il
testo integrale lo trovate qui, se lo acquistate da questo link contribuirete alla crescita del blog!). Con la metafora
del viaggio attraverso le sette dimore del castello, Teresa descrive il
percorso verso la preghiera, percorso fatto di fatiche, di rischi e possibili
illusioni, ma anche segnato dalla gioia e dalla consolazione.
I passi
importanti sono molti, e per certi versi quanto dice Santa Teresa ricalca, in
parte quanto dice Saint-Martin
in merito all’importanza della meditazione, della preghiera e dell’iniziazione
del Cuore.
- Le prime
Mansioni (2 capitoli) sono le anime che hanno desideri di perfezione,
ma sono ancora immerse nelle preoccupazioni del mondo, da cui devono fuggire
cercando la solitudine.
- Le seconde
Mansioni (1 capitolo) sono per le anime che possiedono una grande
determinazione di vivere in grazia e che si danno, pertanto, all’orazione e a
qualche mortificazione, tuttavia tra molte tentazioni perché non vogliono
lasciare del tutto il mondo.
- Le terze
Mansioni (2 capitoli) sono per le anime che esercitano le virtù e l’orazione,
ma con un dissimulato amore per se stessi. Hanno bisogno di umiltà ed
obbedienza.
- Le quarte
Mansioni (3 capitoli) sono per le anime che sono già all’inizio delle realtà
"soprannaturali": l’orazione di quiete ed un principio di unione.
I frutti non sono ancora stabili; le anime devono per ciò fuggire dal mondo e
dalle occasioni.
- Le quinte
Mansioni (4 capitoli) sono già in piena vita mistica, con l’orazione di
unione che è soprannaturale e che viene concessa da Dio come quando vuole, benché
l'anima debba disporvisi. I veri segni di questa unione è che deve essere
totale, che non manchi la certezza della presenza di Dio e che siano presenti
tribolazioni e dolori in cui l'amore verso Dio sia messo alla prova. Qui è
necessaria un’autentica fedeltà.
- Con le seste Mansioni (11 capitoli) si giunge ad
un’alta purificazione interiore dell'anima, e tra le grazie che le vengono
concesse, del tutto soprannaturali, ci sono le locuzioni, estasi, e altre. È
presente un forte zelo per la salvezza delle anime, che porta ad abbandonare la
propria solitudine. È necessaria la contemplazione dell'umanità di Cristo
per arrivare agli ultimi gradi della vita mistica.
- Le settime
Mansioni (4 capitoli) sono la vetta della vita spirituale, in cui si riceve la
grazia del matrimonio spirituale ed un’intima comunicazione con la Trinità,
da cui sgorga spontaneamente per l’anima una grande pace, rimanendone
contemporaneamente attiva e contemplativa. Una contemplazione che non è
solo soggettiva, ma che trascende l’uomo stesso.
Si
potrebbero notare questi passi importanti:
- Mentre l’anima è fuori di sé, le
vengono mostrate grandi cose, e quando ritorna in sé si ritrova con grandissimi
vantaggi. Le cose della terra le appaiono così spregevoli che, di fronte
a quelle vedute, le sembrano immondezze. D’allora in poi non vive quaggiù che
con pena, non essendovi nulla che la possa ancora interessare di ciò che prima
le soleva essere attraente.
- Tuttavia, quando il fuoco interno è
violento, il cuore, benché duro, distilla come un lambicco. Se le lacrime
vengono da questa fonte, non potrete non accorgervene, perché in luogo di
turbare, confortano, lasciano nella pace, e rare volte fan male.
-
Il dolore dei peccati cresce in proporzione dei favori che Dio elargisce;
e ritengo che non cessi se non in quel luogo dove nessuna cosa può dar pena.
Però,
il dolore è più o mene pungente, e non si fa sempre sentire nel medesimo modo.
E’
un po’ il fatto che ognuno porta la croce che è in grado di portare.
- Con queste
grazie così elevate l’anima desidera sì al vivo di godere in pieno Chi gliele
fa, che vivere per lei diviene un grande, benché delizioso tormento.
Sospira ardentemente di morire, e con
lacrime incessanti supplica il Signore di toglierla da questo esilio, dove
tutto l’annoia. Ha un po’ di sollievo nel ritirarsi in solitudine, ma la
pena non tarda molto a tornare.
- Spesso per accendere la volontà si
ha bisogno dell’intelletto.
- Mi chiedevo una volta perché Dio ami
tanto l’umiltà, e mi venne in mente, d’improvviso, senza alcuna mia riflessione
che ciò dev’essere perché Egli è somma Verità, e che l’umiltà è verità.
Allora quella persona comprende quanto
più grandi delle pene del corpo siano quelle dell’anima, e pensa che di questa
natura debbano pur essere quelle del purgatorio, dove l’assenza del corpo non
impedisce all’anima di soffrire assai di più che non qui sulla terra in
compagnia del corpo.
Del resto è
giusto che il molto costi molto, massimamente quando serve a purificare l’anima per poi introdurla nella settima mansione,
come il purgatorio purifica quelle che devono entrare nel cielo, tanto più che
innanzi alla grandezza dello scopo, quel tormento si fa piccolo, come goccia di
acqua di fronte al mare, nonostante che in sé sia di un’afflizione così
angosciosa da superare, a mio parere, tutte le pene della terra.
- Benché nelle altre mansioni vi sian
bestie velenose, grande confusione e se ne oda il tumulto, l’anima rimane al
suo posto e non vi è nulla che la smuova. Il rumore che sente le può dare un
po’ di noia, ma non l’inquieta, né le fa perdere la pace, perché le passioni
sono vinte e temono di entrare da lei, per non doverne uscire più umiliate.
Ecco che
abbiamo il corpo indolenzito ma la testa sana.
-
Ella non si preoccupa più di nulla. Non vuol essere nulla in nessuna cosa, eccetto
quando vede di poter alquanto contribuire nell’accrescere, anche solo di un
punto, l’onore e la gloria di Dio: per questo sacrificherebbe volentieri la
vita.
Non
dovete però credere, figliuole, che trascuri di mangiare e dormire, benché le
sia di gran tormento, e nemmeno che lasci di compiere i doveri a cui per il suo
stato è obbligata: qui non parliamo che delle disposizioni interiori.
Altri passi da
notare potrebbero essere i seguenti:
- Vengano anche lacrime quando Iddio ce
ne favorisca; ma non si faccia nulla per procurarle. Anzi, meno ce ne cureremo,
meglio inaffieremo la nostra arida terra, aiutandola più efficacemente a dar
frutti con l’acqua che viene dal cielo, paragonata alla quale non ha proprio a
che fare quella che troviamo noi a forza di scavare.
- Siccome il lavoro della meditazione è
tutto nel cercare il Signore, una volta trovatolo, e abituatisi a cercarlo con
le operazioni della volontà, l’anima non vuol più stancarsi nel mettere in moto
l’intelletto. Può
essere inoltre che la volontà, sentendosi infiammata, non voglia più servirsi
dell’intelletto. Potendolo non sarebbe male; ma non si può, specialmente quando
non si è ancora arrivati a queste sublimi mansioni, e così non si fa che
perdere tempo.
- Quest’anima che Egli spiritualmente ha
già accettato in sua sposa, la introduce, prima che il matrimonio spirituale
si consumi, nella sua stessa mansione, che è questa settima di cui parliamo.
- In quelle anime ben disposte
dovevano operare in tal modo da spogliarle di ogni cosa corporea, lasciandole
nello stato di puri spiriti, acciocché potessero congiungersi, mediante questa
unione celeste, con lo Spirito increato, essendo ormai fuor di dubbio che tanto più Egli ci riempie di sé, quanto più ci vuotiamo
di ogni cosa creata,
distaccandocene per amor suo.
- Il modo con cui Dio arricchisce ed
istruisce l’anima in questa orazione è così calmo e silenzioso da fare pensare
alla costruzione del tempio di Salomone, durante la quale non si sentiva il
minimo rumore.
L’intelletto non ha movimenti né ricerche
da fare.
- Come deve trascurare il proprio riposo l’anima che
vive così unita al Signore! Come non si deve curare dell’onore! Come dev’essere
lontana dal desiderare d’essere stimata in qualche cosa! Sì, se ella
s’intrattiene spesso con Lui, come sarebbe doveroso, finisce col dimenticare se
stessa per esaurire ogni sua preoccupazione nel cercare di maggiormente
contentarlo e nel conoscere in quali cose e per quali vie possa mostrargli
l’amore che gli porta.
Questo è il fine dell’orazione, figliuole mie. A
questo tende il matrimonio spirituale: a produrre opere ed opere,
essendo queste, come ho detto, il vero segno per conoscere se si tratta di
favori e di grazie divine.
Se mi sfuggirà
qualche cosa di non conforme a quanto insegna la S. Chiesa Cattolica Romana,
ciò non sarà per malizia, ma per pura ignoranza, poiché, grazie a Dio, sono
stata, sono e sarò sempre ad essa soggetta.
Possiamo
considerare la nostra anima come un castello fatto di un sol diamante o di un
tersissimo cristallo, nel quale vi siano molte mansioni, come molte ve ne sono
in cielo
Il
nostro intelletto, per acuto che sia, non arriverà mai a comprenderla, come non
potrà mai comprendere Iddio, alla cui immagine e somiglianza noi siamo stati
creati.
benché tra il castello e Dio vi sia sempre la
differenza di Creatore e creatura, essendo anche l’anima una creatura.
Sembra
che dica uno sproposito, perché se il castello è la stessa anima, non si ha
certo bisogno di entrarvi, perché si è già dentro. Non è forse una sciocchezza
dire a uno di entrare in una stanza quando già vi sia? Però dovete sapere che
vi è una grande differenza tra un modo di essere e un altro, perché molte anime
stanno soltanto nei dintorni, là dove sostano le guardie
la
porta per entrare in questo castello è l’orazione e la meditazione.
Non
chiamo infatti orazione quella di colui che non considera con chi parla, chi è
che parla, cosa domanda e a chi domanda, benché muova molto le labbra.
Alle
volte sarà buona orazione anche questa, quantunque non accompagnata da tali
riflessioni, purché queste si siano fatte altre volte.
Non
parliamo dunque di queste anime paralitiche, alle quali, se il Signore non
comanderà di alzarsi come al paralitico che stava da trent’anni alla piscina,
toccherà serio pericolo e sventura assai grave.
Parliamo,
invece di quelle che poi finiscono con entrare nel castello. Benché ingolfate
nel mondo, non mancano di buoni desideri: di tanto in tanto si raccomandano a
Dio, e, sia pure in fretta, rientrano in se stesse con qualche considerazione.
Pregano qualche volta al mese, benché distrattamente, dato che il loro pensiero
è quasi sempre tra gli affari
Si
deve intanto considerare che la fonte, o, a meglio dire, il Sole splendente che
sta nel centro dell’anima, non perde per questo il suo splendore né la sua
bellezza. Continua a star nell’anima, e non vi è nulla che lo possa scolorire.
Supponete un cristallo esposto ai raggi del sole, ravvolto in un panno molto
nero: il sole dardeggerà sulla stoffa, ma il cristallo non ne verrà illuminato.
Anime
redente dal sangue di Gesù Cristo, aprite gli occhi e abbiate pietà di voi
stesse! Com’è possibile che, persuase di questa verità, non procuriate di
togliere la pece che copre il vostro cristallo? Se la morte vi sorprende in
questo stato, quella luce non la godrete mai più!...
Quella
persona inoltre diceva di aver ricavato due vantaggi dalla grazia di cui Dio
l’aveva favorita: anzitutto, un timore grandissimo di offenderlo, per cui alla
vista di così gravi danni continuava a pregarlo di non lasciarla cadere; e, in
secondo luogo, uno specchio di umiltà
Egli
vi abita come in una palmista [palma tipica dell’Andalusia, ndr] di cui
non si può prendere il buono se non togliendo le molte foglie che lo coprono.
Importa
molto che un’anima di orazione, a qualunque grado sia giunta, sia lasciata
libera di circolare come vuole, in alto, in basso, e ai lati, senza
incantucciarla e restringerla in una sola stanza.
Torno
dunque a ripetere che è assai utile, – anzi, utile in modo assoluto – che prima
di volare alle altre mansioni, si entri in quelle del proprio conoscimento, che
sono le vie per andare a quelle.
Ma
credo che non arriveremo mai a conoscerci, se insieme non procureremo di
conoscere Dio. Contemplando la sua grandezza, scopriremo la nostra miseria
Mantenendoci
di continuo nella ignominia della nostra terra, le nostre correnti possono
intorbidirsi a contatto con il fango del timore, della pusillanimità, della
codardia
Questa
mansione, benché sia la prima, è così eccellente e preziosa che se l’anima sa
sottrarsi agli animali che l’ingombrano, non lascerà di andare innanzi.
terribili
ed astute sono le insidie del demonio per impedire che le anime conoscano se
stesse e la strada per cui camminano.
Le
anime vi entrano in molti modi, e tutte con buona intenzione. Ma siccome il
demonio è maligno, deve aver appostato in ogni stanza legioni di suoi pari
Ciò
nonostante desiderano di non offendere il Signore, e fanno qualche opera buona.
Coloro
che si trovano in questo stato devono far di tutto per ricorrere spesso al
Signore, e non avendo vassalli capaci di difenderli, prendere per intercessori
la benedetta Madre di Dio e i suoi santi, perché combattano per loro.
Quanto
alla luce che si diffonde dal palazzo reale, dovete avvertire che le prime
mansioni ne ricevono assai poca.
Non
per difetto dell’appartamento, ma per ragione delle molte cose nocive,
serpenti, vipere e animali velenosi
Eppure
per entrare nelle seconde mansioni bisogna che si disbrighi da tutte le cure ed
affari che non siano indispensabili, sia pure in conformità al suo stato.
Ciò
è di tanta importanza che se non comincia subito a farlo, non solo non arriverà
alla mansione principale, ma sarà pure impossibile che, senza grande pericolo,
rimanga nella mansione che occupa, benché già nel castello
È
per i nostri peccati se molte anime, dopo aver ricevuto tante grazie, le
lasciano miseramente perire per loro colpa. Esteriormente noi siamo libere.
Piaccia a Dio che lo siamo pure interiormente!
Ispira
egli a una sorella desideri così violenti di penitenza, da farle credere di non
aver riposo se non allora che si sta martoriando. Fin qui nulla di male.
Ma
ecco che la Priora le ordina di non fare penitenza senza suo permesso. Il
demonio allora le fa credere che in cosa tanto buona può prendersi qualche
libertà! Ed ella si macera in segreto fino a rovinarsi la salute e a non poter
più seguire la Regola.
Ma
ne può venire che costei scorga gravi mancanze in ogni minimo difetto delle
consorelle, e si ponga ad osservare se ne commettono per poi avvisarne la
Priora.
Può
intanto avvenire che per meglio zelare l’osservanza religiosa, non si accorga
delle sue trasgressioni, per cui le altre, che non sanno nulla delle sue
intenzioni, vedendo la cura che si prende per ciò che non la riguarda, possono
aversela a male.
Ciò
che qui il demonio pretende non è certo da poco. Suo scopo è di raffreddare la
carità e l’amore vicendevole, il che è assai grave. Persuadiamoci, figliuole
mie, che la vera perfezione consiste nell’amore di Dio e del prossimo.
Sua
Maestà sa aspettare anche per molti giorni ed anni, specialmente quando vede
perseveranza e buoni desideri. Questa disposizione è assolutamente necessaria
Ma
qui l’intelligenza è più viva, le potenze più abili, i colpi delle artiglierie
nemiche più violenti, ed è impossibile non sentirli.
I
demoni mettono innanzi tutti i beni e i piaceri del mondo, che sono le serpi di
cui parlo; li fanno apparire quasi eterni
E
chi è che preferisca imitare il figliuol prodigo, pascendosi con il cibo dei
porci, quando in casa sua ha tutto quello che gli occorre, quando soprattutto
ha un Ospite così grande che lo mette in possesso di ogni sorta di beni, solo
che lo voglia?
Non
è in queste mansioni che la manna viene dal cielo, ma più innanzi, là dove
l’anima ha tutto quello che vuole, perché non vuole se non quello che Iddio
vuole.
In
fatto di sofferenze esterne, vi parrà d’essere pronte a sopportarle, purché Dio
vi consoli interiormente.
Ma
il Signore sa meglio di noi quello che ci conviene, e non ha certo bisogno che
lo consigliamo noi. Alle nostre richieste potrebbe rispondere, e a ragione: Non
sapete quello che domandate!
L’unica
brama di chi vuol darsi all’orazione – non dimenticatelo mai, perché è
importantissimo – dev’essere di fare di tutto per risolversi e meglio disporsi
a conformare la sua volontà a quella di Dio.
Perciò,
se qualche volta cadete, non dovete così avvilirvi da lasciare d’andare
innanzi. Da quella caduta il Signore saprà cavare del bene
Il
Signore dice: Nessuno va al Padre se non per me
E
ancora: Chi vede me, vede il Padre mio.
Che
gioia si può mai avere in mezzo a tanti timori, quando non si vuol altra gioia
che di contentare il Signore?
(Salomone
era figlio di David, ma nella sua tarda età rinnegò il vero Dio per darsi al
culto degli dei stranieri.) Non fidatevi né della stretta clausura, né della
penitenza che fate. Nemmeno vi assicuri la vostra costante occupazione nelle
cose di Dio, nel, continuo esercizio dell’orazione e nel ritiro assoluto dal
mondo, che vi pare anzi di odiare. Tutto questo è buono; ma non deve bastare a
farvi smettere di temere.
Siccome
queste anime sentono che per nulla al mondo commetterebbero un sol peccato – e
molte di esse neppure un peccato veniale avvertito – e vedono che impiegano
bene la loro vita e le loro ricchezze, non sanno sopportare con pazienza di
trovar chiusa la porta dell’appartamento del Re, di cui si tengono e sono
vassalle. Non riflettono però che molti sono i vassalli anche intorno ai re
della terra, ma che non tutti possono entrare nella loro stanza.
Figliuole
mie, rientrate in voi stesse e non curatevi dei vostri piccoli atti di virtù,
giacché, come cristiane, siete obbligate a farne di ben altri.
Se
si persevera in questo spogliamento ed abbandono di ogni cosa, si otterrà
quanto si brama, a condizione però – e lo raccomando moltissimo – che ci si
tenga per servi inutili né mai si creda che Dio sia obbligato a darci
quei favori quasi a premio di quello che si fa.
Chi
più riceve, più è obbligato a dare
Le
consolazioni Egli le comparte ai più deboli: spesso è così, e l’avrete letto
anche voi.
purtroppo,
siamo più amici delle consolazioni che delle croci.
Iddio,
volendo che i suoi eletti tocchino con mano la loro miseria, sottrae un poco il
suo favore: e questo basta per dar loro a conoscere chi sono.
Un’occasione
di fare acquisto di maggiori ricchezze. Riceverle, se vengono date, passi; ma
procurarle, e, dopo averle ottenute, affaticarsi per acquistarne di più, abbia
pure le migliori intenzioni del mondo – e veramente ottime dovrà averle,
trattandosi di persona virtuosa e di orazione – stia pur sicura che non
arriverà mai alle mansioni superiori, più vicine al Re.
L’importante
– credetemi – non è nel portare o nel non portar l’abito religioso, ma nel
praticare 1a virtù, nel sottometterci in tutto allo volontà di Dio, affinché la
nostra vita scorra in conformità delle sue disposizioni, e nel non volere che
si faccia la nostra, ma la sua volontà.
Quello
che importa è di non fermarci colpevolmente.
Se
ciò non avviene, il Signore è giusto e ci darà per altre vie quello che ci nega
per questa!
Rinnegare
in tutto la propria volontà, causa ordinaria di ogni nostra rovina: perciò, non
una guida che abbia le stesse nostre vedute e agisca con troppi riguardi, ma
che sia staccata da tutto
L’amore
di Dio non sta nei gusti spirituali, ma nell’essere fermamente risolute a
contentarlo in ogni cosa, nel fare ogni sforzo per non offenderlo, nel pregare
per l’accrescimento dell’onore e della gloria di suo Figlio
Come
non possiamo fermare il movimento del cielo che continua sempre nella sua corsa
vertiginosa, così non possiamo fermare il pensiero.
E
noi intanto, immaginandoci che dietro al pensiero vadano anche le altre
potenze, crediamo di smarrirci e di impiegare malamente il tempo che passiamo
innanzi a Dio, quando invece può darsi che mentre l’anima è assorta in Lui
nelle mansioni più elevate, il pensiero si aggiri nelle vicinanze del castello
soffrendo e lottando fra una quantità di bestie feroci e velenose, con grande
suo merito.
Perciò
non dobbiamo turbarci, né abbandonare l’orazione, che è appunto lo scopo del
demonio, ma persuaderci che la maggior parte di queste inquietudini e
sofferenze derivano dal non conoscere noi stessi.
Maciniamo
la nostra farina senza curarci di questa battola di molino, facendo agire la
nostra volontà e il nostro intelletto.
Questo
disturbo si sente più o meno. a seconda della salute e dei tempi. La povera
anima si rassegni a soffrire, anche se non ne ha alcuna colpa. Del resto,
commettiamo tanti altri difetti che è doveroso aver pazienza!
Questi
due bacini si riempiono di acqua, ma in modo diverso. In uno l’acqua viene da
lontano per via di acquedotti e di artificio, mentre l’altro, essendo costruito
nella sorgente, si riempie senza rumore.
L’acqua
che viene per i condotti rappresenta, secondo me, i contenti che sgorgano dalla
meditazione e che noi ci procuriamo con le nostre riflessioni, meditando sulle
creature e stancandoci l’intelletto. Siccome sono frutto di nostra industria,
quando devono apportare all’anima qualche vantaggio, lo fanno con rumore.
Nell’altro
bacino, invece, l’acqua deriva dalla stessa sorgente che è Dio; e quando Sua
Maestà si compiace di accordare qualche grazia soprannaturale, l’acqua fluisce
nel più profondo dell’anima con pace, dolcezza e tranquillità inesprimibile, senza
che si sappia donde e in che modo scaturisca.
L’acqua
si riversa per ogni mansione e in tutte le potenze, sino a raggiungere il
corpo: perciò ho detto che comincia in Dio e finisce in noi. In questo gusto e
soavità l’uomo esteriore va tutto immerso, come sa bene chi l’ha provato.
Scrivendo
queste righe, ricordo il versetto accennato: Dilatasti cor meum, nel
quale si dice che il cuore si è dilatato. Tuttavia, mi pare che questi effetti,
invece di nascere dal cuore, provengano da un punto più interno, come da una
cosa molto profonda.
Appena
l’acqua celeste comincia a sgorgare dalla sua sorgente, vale a dire dal
profondo di noi stessi, sembra che il nostro interno si vada dilatando ed
ampliando, empiendosi di beni eccellenti ed ineffabili, tanto che la stessa
anima non sa comprendere ciò che allora riceve.
Il
fuoco non si vede, né si sa dove sia, ma il calore e il fumo odoroso penetrano
tutta l’anima, arrivando spesso, come ho detto, ad investire anche il corpo.
Non
è questa una cosa che si possa immaginare di sentire, perché non vi riusciremmo
neppure impiegandovi tutte le nostre diligenze.
E
da ciò si vede che non è opera del nostro metallo, ma dell’oro purissimo della
Sapienza divina.
Dopo
aver fatto ciò che si esige per le mansioni precedenti, si richiede umiltà e
ancora umiltà. Questa virtù inclina il Signore ad accondiscendere alle nostre
brame.
E
il primo segno per vedere se ne siete in possesso è credere fermamente che di
queste grazie e gusti divini siete indegne, e che mai vi saranno accordati in
tutta la vostra vita.
La
prima, che per ricevere queste grazie è necessario amare il Signore senza alcun
interesse. La seconda, che è mancanza di umiltà credere che i nostri meschini
servizi possano meritare un tal bene.
La
terza, che la vera disposizione per noi, che abbiamo tanto offeso il Signore,
non è già di aspirare ai gusti spirituali, ma di bramare sinceramente di
soffrire e di renderci simili a Lui.
La
quinta ragione è che faticheremo inutilmente. Siccome quest’acqua non è
condotta per via di canali come la precedente, se la fonte si rifiuta di
produrla, ci stancheremo senza alcun risultato.
Voglio
dire che nonostante le nostre frequenti meditazioni e gli sforzi che facessimo
per versar lacrime, l’acqua non verrebbe ugualmente, perché non scaturisce da
qui. Dio la concede a chi vuole, e spesso nel momento in cui meno si pensa.
Si
tratta di un raccoglimento che mi sembra anch’esso soprannaturale.
Benché
non consista nello starsene al buio, nel chiudere gli occhi e in altre cose
esteriori, tuttavia gli occhi si chiudono e si desidera la solitudine.
E
con ciò pare che senza alcuna fatica si vada costruendo l’edificio
dell’orazione precedente. I sensi e le altre cose esteriori sembrano rinunciare
a ogni loro diritto, per dar modo all’anima di ricuperare i suoi che aveva
perduti.
A
guisa di buon pastore, emette un fischio tanto soave da non esser quasi
percepito, ma con il quale fa loro conoscere la sua voce, acciocché lasciata la
via della perdizione, rientrino nel castello.
E
ciò fanno immediatamente, perché quel fischio è di così grande efficacia da
districarli da tutte le cose esteriori fra le quali vivevano.
Ma
non crediate che si possa ottenere il raccoglimento procurando di applicare
l’intelligenza a considerare che Dio è in noi, o cercando di rappresentarcelo
nell’anima mediante l’immaginazione.
Questo
sarà un ottimo ed eccellente metodo di meditazione, perché fondato sulla verità
dell’inabitazione di Dio, ma non è quello che io intendo dire
Ciò
non fu certamente per le orecchie, con le quali non si percepisce nulla, ma per
aver sentito un certo vivo desiderio di ritirarsi soavemente nell’interno.
In
queste cose di spirito fa più chi meno pensa e meno vuol fare. Dobbiamo essere
come un povero bisognoso che sta innanzi a un grande e ricco imperatore:
chiedere, abbassare gli occhi e aspettare con umiltà.
Quando
Dio ci farà capire per certe sue vie segrete che ci sta ascoltando, allora,
giacché ci ha permesso di stargli innanzi, sarà bene che ci mettiamo in
silenzio, procurando – ciò che potendo non sarà male – di non porre in moto
l’intelletto.
La
seconda ragione è che queste operazioni interiori sono soavi e pacifiche,
mentre ciò che vien fatto con pena è più di danno che di vantaggio. (Chiamo
fatte con pena quelle azioni che esigono uno sforzo, come i1 trattenere il
respiro).
L’anima
deve abbandonarsi nelle mani di Dio, affinché Egli ne faccia quel che
vuole; deve dimenticarsi di ogni suo interesse e fare il possibile per
rassegnarsi alla sua divina volontà.
Quanto
più progredisce nella conoscenza di Dio, tanto più bassa è l’opinione che si fa
di sé.
E
avendo assaporato le dolcezze del Signore, ritiene per immondizie quelle della
terra, da cui si allontana a poco a poco, rendendosi, a ciò fare, sempre più
padrona di sé.
Tuttavia
questo stato non dura che pochissimo, benché si ripeta di frequente e l’anima
torni a sospendersi. Tuttavia, se non è per debolezza naturale, questa orazione
non solo non abbatte il corpo, ma nemmeno è causa di affezioni esteriori.
Tuttavia,
arrivare anche solo alle porte è sempre una grande grazia di Dio, perché molti
sono i chiamati e pochi gli eletti
Ma
è una morte deliziosa: morte, perché l’anima si sottrae a tutte le operazioni
che può avere dall’unione col corpo; deliziosa, perché sembra che si separi dal
corpo per meglio vivere in Dio.
I
piaceri, le ebbrezze e le consolazioni della terra, nonché non essere
paragonabili con i sentimenti che Dio produce, non hanno con essi alcuna
relazione di origine, e ben diversa è l’impressione che ne risulta, come voi
stesse avrete forse provato. Ho detto in altro luogo che è come se gli uni si
sentano alla superficie del corpo e gli altri nel midollo delle ossa.
Ma
che certezza si può mai avere di una cosa che non si vede?
Io
non lo so. Sono opere di Dio. Ma so di dire la verità. Se non vi fosse questa
certezza, si avrebbe, secondo me, non già un’unione di tutta l’anima con Dio,
ma soltanto di una sua potenza, oppure di un altro genere di grazie fra le
molte che il Signore usa fare.
Dopo
tutto, non è il caso d’indagare come questi fenomeni avvengano. A che tanto
affaticarci quando la nostra intelligenza non li può comprendere?
Da
noi, con i nostri sforzi, non vi possiamo entrare: bisogna che ci introduca
Lui. Ed Egli lo fa quando entra nel centro dell’anima nostra. Qui, per meglio
mostrare le sue meraviglie, vuole che altro non facciamo che assoggettargli la
volontà, guardandoci bene dall’aprir le porte delle potenze e dei sensi che
giacciono addormentati, perché intende entrare nel centro dell’anima senza
passare per alcuna porta,
Tuttavia
per ottenere che il Signore ce ne favorisca, possiamo far molto col disporci.
Osservate
qui, figliuole mie, quello che con l’aiuto di Dio possiamo fare: che Sua Maestà
diventi nostra dimora fabbricata da noi stessi, come lo è in questa orazione di
unione.
E
lo possiamo benissimo, ma non già aggiungendo o togliendo a Dio, bensì
aggiungendo o togliendo a noi, come quei piccoli vermi, perché non avremo
ancora ultimato quanto sarà in nostro potere che Egli verrà, e unendo alla sua
grandezza la nostra lieve fatica, che è un nulla, le conferirà un valore così
eccelso da meritare che Egli si costituisca in nostra stessa ricompensa.
Non
contento di aver sostenute le spese maggiori, vorrà pure unire le nostre
piccole pene alle molto grandi che Egli un giorno ha sofferto per non farne che
una cosa sola.
E
poi muoia, muoia pure questo verme, come il baco da seta dopo aver fatto il suo
lavoro!
Allora
ci accorgeremo di vedere Iddio e ci sentiremo sepolte nella sua grandezza, come
il piccolo verme nel suo bozzolo.
Dico
che quando il verme entra in questa orazione e vi rimane morto a tutte le cose
del mondo, esce mutato in piccola farfalla bianca.
Non
è dunque da meravigliarsi se questa piccola farfalla, sentendosi straniera fra
le cose della terra, cerchi di riposarsi in qualche altra parte. Ma dove andrà
la poverina?
Tornare
donde è uscita non può, giacché, come ho detto, non è cosa in suo potere,
nonostante ogni suo possibile sforzo, finché Dio non si compiaccia di favorirla
nuovamente. Che nuovi tormenti cominciano allora per lei! O Signore!...
E
chi lo può credere dopo grazie così sublimi?
Sì,
finché si vive, in un modo o in un altro si ha sempre da soffrire. Se qualcuno
afferma di essere giunto a questo stato, sempre fra consolazioni e delizie, gli
rispondo che non vi è giunto affatto o, per lo meno, che essendo entrato nella
mansione precedente, vi ha goduto qualche rara consolazione, aiutata anche
quella dalla sua naturale debolezza, per non dire forse dal demonio che gli
abbia dato un po’ di pace per muovergli in seguito una guerra più accanita.
Non
voglio dire con ciò che gli abitanti di questa mansione non abbiano la pace:
l’hanno e molto grande, perché le stesse sofferenze sono qui tanto preziose e
di così eccellente radice che, nonostante la loro alta intensità, generano pace
e contento.
Dal
disgusto che ispirano le cose del mondo nasce nell’anima il desiderio di
abbandonarlo; ed è un desiderio così penoso che la poverina, per aver un po’ di
sollievo, deve pensare essere volontà di Dio che viva in esilio.
Oh,
grandezza di Dio! Pochi anni, forse pochi giorni prima, quest’anima non pensava
che a se stessa. Chi ora l’ha posta in sollecitudini così penose?
L’abbandono
con cui quest’anima si è rimessa nelle mani di Dio, unito al grande amore che
ella gli porta, la rende così soggetta da non sapere né volere che una cosa:
che Egli faccia di lei tutto quello che vuole.
Credo
infatti che Dio non conceda mai questa grazia se non all’anima che già ritiene
tutta sua. E così, senza che ella se ne accorga, fa in modo che esca da questo
stato segnata con il suo sigillo.
La
cera non s’imprime il sigillo da sé: essa non fa che tenersi pronta a riceverlo
con la sua mollezza. Ma anche in questo non è essa che si modifica: ciò che
essa fa è soltanto di stare immobile senza opporre resistenza.
Se
così insopportabile è il tormento di un’anima la cui carità, dopo tutto, non è
neppure paragonabile a quella di Cristo, che cosa avrà mai provato il Signore,
e quale sarà mai stata la sua vita, avendo sempre innanzi ogni cosa e vedendo
continuamente le gravi offese che si facevano al Padre suo?
Dovete
avvertire che non tutte le pene sono del medesimo genere. Alcune – come pure
alcune gioie
Queste
non solo non impediscono che l’anima stia unita alla volontà di Dio, e non la turbano
con moti violenti afflittivi e di lunga durata, ma passano anche presto, e,
come ho detto parlando delle delizie dell’orazione, lungi dal penetrare sino al
fondo dell’anima, non toccano che i sensi e le potenze.
Il
loro campo principale è nelle mansioni precedenti, mentre in quelle che dirò
per ultimo non entrano neppure.
Persuadetevi
intanto, figliuole mie, che il verme deve assolutamente morire, e morire a
nostre spese.
Nell’altra
unione l’aiuta molto a morire la nuova vita che l’attende; ma qui bisogna che
l’uccidiamo noi, pur continuando a vivere di questa vita. Ciò non si può fare
se non a prezzo di grandi lotte
Per
noi la volontà di Dio non consiste che in due cose: nell’amore di Dio e
nell’amore del prossimo. Qui devono convergere tutti i nostri sforzi.
Il
segno più sicuro per conoscere se pratichiamo questi due precetti è vedere con
quale perfezione osserviamo quello che riguarda il prossimo.
Benché
vi siano molti indizi per conoscere se amiamo Dio, tuttavia non possiamo
esserne sicuri, mentre lo possiamo essere quanto all’amore del prossimo.
Anzi,
più vi vedrete innanzi nell’amore del prossimo, più lo sarete anche nell’amore
di Dio
No,
sorella mia! Il Signore vuole opere. Vuole, ad esempio che non ti curi di
perdere quella devozione per consolare un’ammalata a cui vedi di poter essere
di sollievo, facendo tua la sua sofferenza, digiunando tu, se occorre, per dare
a lei da mangiare; e ciò non tanto per lei, quanto perché sai che questa è la
volontà di Dio.
Mi pare che
bramiate conoscere cosa faccia la colombina e dove vada a riposarsi, perché,
sapendo ormai volare molto alto, non si ferma più né fra le dolcezze
spirituali, né fra le soddisfazioni della terra.
Supponiamo
nel caso nostro che il contratto sia già stipulato, che l’anima sia ben
informata di quanto quell’unione le convenga, e sia decisa a sottomettersi in
tutto alla volontà dello Sposo, non tralasciando nulla di quanto vedrà di suo
gradimento.
Intanto
il Signore, vedendo che l’anima è proprio in queste disposizioni, si dichiara contento
di lei e, volendo farsi meglio conoscere, le concede la grazia di venire, come
suol dirsi, a un incontro, per poi unirla a sé.
E
tutto questo in brevissimo spazio di tempo, non essendovi di mezzo più alcun
contratto, ma soltanto uno sguardo, mediante il quale l’anima vede – e in
maniera molto misteriosa – chi sia lo Sposo che deve prendere, riportandone una
tale conoscenza, quale non potrebbe acquistare neppure in mille anni con
l’esercizio dei sensi e delle potenze.
Con
quel semplice sguardo lo Sposo, essendo Quegli che è, fa l’anima più degna di
andare a dargli la mano, mentre l’anima ne rimane talmente rapita da far poi
tutto il possibile per realizzare il fidanzamento.
Eppure
ho conosciuto alcune persone molto avanzate che dopo esser giunte sin qui, il
demonio è riuscito a far sue, mediante insidie ed astuzie sottili. Credo che,
pur di riuscirvi, debba mobilitare tutto l’inferno, essendo persuaso che
rovinare un’anima sola di queste è rovinarne una moltitudine.
V’è
da ringraziare il Signore nel considerare il gran numero di anime che Dio
attira a sé mediante il concorso di una sola. Quante migliaia ne han convertite
i martiri!
Quest’anima
non si perderebbe se si tenesse continuamente unita alla volontà di Dio. Ma
viene il demonio con le sue grandi astuzie, e sotto colore di bene la distacca
a poco a poco da quella divina volontà in certe piccole cosette, ingannandola
in varie altre col farle credere che non siano cattive.
Però
vi faccio osservare quest’altra cosa: il Signore potrebbe permettere tutto
questo per vedere come si diporti quell’anima di cui vorrebbe servirsi per
illuminare le altre, perché se ella ha da essere infedele, è meglio che lo sia
subito, piuttosto di divenirlo quando può far danno a molte altre.
Presupposto
di non mai commettere la pazzia di confidare in noi stesse, dobbiamo esaminare
con particolare cura ed attenzione come ci esercitiamo nella virtù, se
progrediamo o torniamo indietro, specialmente in ciò che riguarda l’amore
vicendevole, il desiderio di essere tenute le ultime di tutte, e così pure come
disimpegniamo le cose ordinarie.
Esaminandoci
seriamente e pregando il Signore a illuminarci vedremo subito dove guadagniamo
e dove invece perdiamo.
Non
dovete credere che Dio, dopo avere elevato una anima tanto in alto, l’abbandoni
poi sì facilmente che il demonio, per ciò ottenere, non debba molto faticare.
Con
l’aiuto dello Spirito Santo, veniamo ora a parlare delle seste mansioni, nelle
quali l’anima, già ferita dall’’amore dello Sposo, cerca con maggior cura di
starsene in solitudine, sfuggendo, per quanto il suo stato glielo permette,
tutto ciò che la potrebbe distrarre.
Ma
lo sposo, invece di guardare all’ardore con cui ella desidera che si celebri il
fidanzamento, vuole che i suoi desideri si rendano più intensi, e che quel
bene, superiore a ogni bene, le costi almeno qualche cosa.
Quando
un’anima arriva a non curarsene, molto meno si curerà delle critiche: queste
anzi la ricreeranno come una musica soave. E ciò è verissimo, perché i frutti
di quel cammino fanno l’anima più forte: lei stessa lo riconosce e vede che chi
la perseguita non lo fa con offesa di Dio, ma solo perché così Egli permette
allo scopo di farle ricavare maggiori beni.
Bisogna
però dire che il dolore non dura sempre nella sua più alta intensità, perché
Dio non dà più di quello che si può sopportare, e prima di tutto infonde
pazienza. Ma in via ordinaria manda sofferenze molto gravi e malattie di ogni
specie.
Forse
chi non ha tanto offeso il Signore sarà condotto per altre vie, ma io
preferisco sempre quella della croce, se non altro per imitare nostro Signore
Gesù Cristo. Lo farei anche se non vi fosse alcun altro vantaggio
Per
questa tempesta non vi è rimedio di sorta: bisogna aspettare la misericordia di
Dio, il quale, con una sola parola o con qualunque fortuito avvenimento, toglie
immediatamente ogni angoscia quando meno si pensa.
Allora
l’anima si sente inondata di gioia, e così piena di sole da sembrarle di non
essere mai stata fra le tenebre. È come un soldato uscito vittorioso da una
tremenda battaglia, e ringrazia il Signore che ha combattuto per lei,
ottenendole di vincere.
Da
parte sua è persuasissima di non aver affatto combattuto, perché le armi con
cui poteva difendersi le sembravano tutte fra le mani dei nemici. E così
conosce la sua grande miseria
Oh,
Gesù! ... Che spettacolo veder un’anima così abbandonata, a cui giovano a nulla
tutte le consolazioni della terra! Sorelle, se vi succede di trovarvi in questo
stato, non crediate che i ricchi e quelli che godono libertà siano in grado di
aver rimedio più di voi. No, no.
A
quel modo che tutti i piaceri del mondo, posti innanzi ai condannati a morte,
non solo non li confortano, ma accrescono il loro tormento, così qui, perché si
tratta di una pena che vien dall’alto e non può esser guarita da alcuna cosa al
mondo. Dio vuole che conosciamo la sua sovranità e la nostra miseria, essendo
ciò importantissimo per quello che ha da venire.
Che
deve fare la povera anima se quel suo stato si prolunga per vari giorni? Se
prega, è come se non pregasse (in riguardo, dico, ad averne consolazione)
perché non solo non penetra il senso della preghiera, ma non sa neppure cosa
dice, nonostante preghi vocalmente.
Per
l’orazione mentale, meno che meno: le sue potenze non vi sono disposte. Di
maggiore pregiudizio le è pure la solitudine: e, ciò nonostante, non può
soffrire la compagnia, né sentire alcuno che le parli senza sperimentarne un
nuovo e particolare tormento.
Si
tratta di cose indicibili, di pene ed angustie spirituali che non si sanno
nominare. Il miglior rimedio, non già per farle scomparire – che non ve n’è –
ma solo per poterle alquanto sopportare, è di occuparsi in opere di carità o in
altre cose esteriori, fiduciosi nella misericordia di Dio che non manca mai a
chi in Lui confida.
Quanto
alle sofferenze esteriori causate dal demonio, non credo utile parlarne, perché
devono essere molto rare e non tanto penose. Per quanto facciano, credo che i
demoni non arrivino mai a inabilitare le potenze e a turbare l’anima nel modo
che ho detto
Eppure,
pare che lo Sposo, dalla settima mansione ove risiede, faccia sentire la sua
voce senza dire parola, e che gli abitanti delle altre mansioni – sensi,
immaginazione e potenze – non osino muoversi.
L’effetto
che ne risulta è che l’anima si va struggendo in desideri, pur senza sapere
cosa brami, perché vede d’avere Iddio con sé.
Voi
mi direte: Ma se l’anima ha questa conoscenza, che altro desidera? Di che si
affligge? Che cosa vuole di più?
Non
lo so. Ma so che questa pena sembra compenetrarla intimamente, e che quando le
vien tolta la saetta da cui è stata ferita, le pare, per il grande amore di cui
arde, che con la saetta le strappino pure le viscere.
Primo,
perché credo che il demonio non produca mai una pena così deliziosa come
questa. Se può dar delizie e soavità che sembrano spirituali, non è però in suo
potere unire alla sofferenza – e a tale sofferenza – tanta gioia e tranquillità
di spirito.
Per
i grandi vantaggi che ne derivano all’anima, i più comuni dei quali sono, fra
gli altri, la risoluzione di patire per Iddio, il desiderio di avere molte
croci e una determinazione fermissima di fuggire le soddisfazioni e le
conversazioni del mondo, e altre cose consimili.
E’
per far intendere che lo Sposo è presente e che muove l’anima a un dolcissimo
desiderio di goderlo, per cui essa rimane disposta a grandi atti e a impiegarsi
tutta nel lodarlo.
Per
giudicare se tali parole vengano da Dio, non è buon criterio badare al modo con
cui si sentono, se dall’esterno, dall’interno dell’anima o dalla sua parte
superiore. Secondo me, i segni più sicuri sono i seguenti.
Il
primo e più rassicurante è la sovrana potenza che quelle parole hanno in sé,
perché sono insieme parole ed opere.
Mi
spiego meglio. Un’anima si trova immersa in quelle pene ed inquietudini
interiori di cui ho parlato, arida e con l’intelletto fra le tenebre; ma con
una sola di quelle parole, come: Non affliggerti! ella si ritrova nella
pace e nella tranquillità, immersa nella luce e affatto libera da quella
afflizione
Il
secondo segno è che l’anima rimane in una grande quiete, in un devoto e
pacifico raccoglimento e in una disposizione che la porta a lodare Iddio.
Il
terzo segno è che queste parole non escono di mente neppure dopo moltissimo
tempo. Alcune poi non si dimenticano mai, ciò che non avviene di quelle che si
odono quaggiù; dico di quelle che udiamo dagli uomini, le quali, benché dette
da persone gravi e sapienti, tuttavia non s’imprimono come queste, né come
queste si credono nel caso che si riportino ad avvenimenti futuri.
Il
fatto si svolge nel più intimo dell’anima: con l’udito dell’anima s’intende il
Signore che pronuncia delle parole, ma in un modo così chiaro e segreto da non
dovervi temere alcuna ingerenza diabolica, sia per la maniera con cui
s’intende, come per gli effetti che ne vengono e che ci permettono di crederlo.
Terzo,
perché nelle locuzioni di Dio l’anima è come una persona che ode, mentre in
quelle dell’immaginazione è come una che compone a poco a poco quel che
desidera di udire.
Quarto,
perché le parole sono molto differenti: con una sola di Dio si comprendono più
cose che non sappia comporne l’intelletto in così breve spazio di tempo.
Quinto,
perché spesso, mentre si percepiscono, si comprende assai di più di quello che
esse significano
Se
è il demonio che parla, lo si conosce più presto.
Tuttavia
non potrà simularne gli effetti: non solo non lascerà nella tranquillità e
nella luce, ma riempirà di confusione e d’inquietudine. Aggiungo però che se
l’anima è umile e nonostante le parole che ode, non agirà che dopo aver preso consiglio,
il demonio non le potrà fare gran danno: anzi, non gliene farà affatto.
E
da ciò l’anima comprende che un Signore assai grande governa il castello: cosa
che la compenetra di devozione ed umiltà. No, non vi è alcun mezzo per evitare
di ascoltarlo.
Si
degni Sua Maestà di dirigere i nostri pensieri a non contentare che Lui,
dimenticandoci di noi stessi!
Osservate
ora in che modo il Signore viene a conchiudere questo fidanzamento: favorendo
l’anima con dei rapimenti che la fanno uscire dai sensi.
Se
l’anima conservasse l’uso dei sensi, credo che nel vedersi vicina a così grande
Maestà non le sarebbe possibile rimanere in vita.
Sempre
che si tratti di veri rapimenti, e non di certe debolezze a cui noi donne
andiamo soggette, ritenendole per estasi e rapimenti.
Così
purificata, il Signore la unisce a sé, senza che alcuno ne sappia il modo,
eccetto loro due. Anzi, neppur l’anima lo sa.
In
quella visione egli dovette intendere molti altri segreti che poi non seppe
manifestare, perché se avesse visto soltanto una scala sulla quale scendevano e
salivano gli Angeli, e non avesse avuto una maggiore luce interiore, non
avrebbe certo inteso così grandi misteri.
Neppur
Mosé seppe dire tutto quello che vide nel roveto: disse soltanto quello che Dio
gli permise. Certo che se il Signore non gli avesse mostrato dei segreti, e con
tale certezza da fargli credere e vedere che Egli era Dio, mai Mosè si sarebbe
gettato in tanti e così gravi travagli.
Appena
entrata, rimasi molto sorpresa, e domandandomi a che fosse utile quell’ammasso
di cose, vidi che tanta diversità di oggetti poteva servire per lodare il
Signore.
Ma
ora sono molto contenta di potermene giovare nella presente circostanza. Mi
sono trattenuta là dentro per un bel pezzo, ma vi era tanto da vedere che dimenticai
subito ogni cosa: non mi rimase memoria di alcun oggetto, come se non li avessi
visti, per cui non saprei dire come fossero. Mi ricordo soltanto di averli
veduti.
Ho
detto vedere: dunque, è visione immaginaria? No, io non parlo che di visioni
intellettuali
Se
in questi rapimenti l’anima non intende alcun segreto, ritengo che non si
tratti di veri rapimenti, ma di certe debolezze naturali che sogliono venire
alle persone di gracile complessione
È
un nulla quello che facciamo o possiamo fare per un Dio che così si comunica
con un verme!
Ritornando
ora a quello che dicevo, lo Sposo comanda di chiudere le porte delle mansioni,
nonché quelle del castello e del muro di cinta. Infatti, quando il rapimento
comincia, cessa il respiro e manca la forza di parlare, nonostante che gli
altri sensi si conservino alle volte un po’ di più.
Talvolta
invece si perde subito ogni senso: il corpo e le mani si raffreddano sino a
sembrare di non avere più anima, tanto che alle volte non si sa nemmeno se si
respiri.
Ma
ciò non dura molto – intendo dire nel medesimo grado – perché, scemando un poco
questa grande sospensione, il corpo ritorna alquanto in se stesso e si rianima,
ma per tornare a morire e a dar maggior vita all’anima. Però questa estasi così
grande non dura molto.
Sembra
che il Signore voglia far intendere che quell’anima è sua, e che nessuno la
deve toccare. Che si attenti al suo corpo, al suo onore, ai suoi beni, ciò sia
alla buon’ora, ne verrà gloria al Signore; ma all’anima no.
Perciò
avviene che in un solo istante le siano spiegati un’infinità di segreti, dei
quali ella non giungerebbe a conoscere la millesima parte, neppure se per
ordinarli vi si affaticasse molti anni con l’immaginazione e l’intelletto.
Tre cose che si
sentono in grado molto alto: la prima, il conoscimento e la grandezza di Dio,
perché, più son le cose che di Lui si vedono, più Egli ci appare magnifico; la
seconda, l’umiltà e il conoscimento di noi stessi, nel pensare che un essere
così vile abbia osato offendere il Creatore di tante meraviglie e osi ancora
guardarlo; la terza, il disprezzo di tutte le cose della terra, eccetto di
quelle che siano di aiuto nel servizio di così grande Signore.
Le
chiacchiere della gente non la preoccupano che di poco, a meno che non sia
sgridata dal confessore come se ella possa in ciò qualche cosa.
Il
Signore ispira a quest’anima un così vivo desiderio di non offenderlo, neppure
nelle più piccole cose, e di evitare, potendolo, qualunque minima imperfezione,
che per questo solo motivo, se altri non ve ne fossero, vorrebbe fuggire gli
uomini, e invidia grandemente coloro che vivono e son vissuti nei deserti.
Nel
contempo vorrebbe anche cacciarsi in mezzo al mondo, per fare che anche
un’anima sola lodasse Iddio di più.
In
questi grandi desideri di vedere Iddio, occorre che avvertiate una cosa: cioè,
che essi alle volte si fanno molto violenti, e allora invece d’aiutarli bisogna
reprimerli.
Il
pensiero che Dio ha perdonato e dimenticato le nostre colpe, lungi d’alleviarne
la pena, l’aumenta di più, mettendo innanzi quell’eccelsa Bontà che non lascia
di favorire con le sue grazie chi non ha meritato che l’inferno. Questo
pensiero doveva essere il martirio di S. Pietro e della Maddalena, perché,
accesi di amore e favoriti di tante grazie come erano, comprendevano meglio la
grandezza e la maestà di Dio: grande doveva essere la loro pena, accompagnata
da tenerissimi sentimenti.
Separarsi
da ciò che è corporeo per bruciare continuamente di amore è proprio degli
spiriti angelici, non di noi che viviamo in corpo mortale. Se abbiamo bisogno
di trattare, pensare e accompagnarci con coloro che, pur essendo come noi,
compiono per Iddio delle magnifiche imprese, a maggior ragione non dobbiamo
separarci dalla sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo
Ecco
un’anima che vuol tutta impiegarsi in amare: non vorrebbe far altro.
Eppure,
nonostante lo voglia, non può, perché se non è morta la volontà, è morto il
fuoco di cui suole avvampare, e per farlo ardere è necessario che qualcuno vi
soffi sopra.
Dunque,
quando la volontà non arde di quel fuoco di cui ho parlato, né si sente in noi
la presenza del Signore, è volere di Dio che ce ne andiamo in cerca, come la
sposa dei Cantici.
Domandiamo
alle creature, come insegna S. Agostino – credo nelle Meditazioni o
nelle Confessioni – da Chi siano fatte, e guardiamoci dallo star là come
sciocchi, perdendo il tempo nell’attendere quello che ci è stato dato una
volta. Può essere che da principio il Signore non ritorni a favorircene, non
solo in un anno, ma neppure in molti. Egli ne conosce il perché, e noi non
dobbiamo cercare di saperlo
Appena
cominciano a toccare l’orazione di quiete e ad assaporare le delizie e i gusti
che il Signore concede, pensano di non dover far altro che continuare a
goderne.
Ma,
come ho detto in altro luogo, si guardino bene dal lasciarsi troppo assorbire,
perché la vita è lunga, ed è così piena di travagli che per sopportarli con
perfezione, si ha sempre bisogno di considerare come li han sopportati Cristo,
nostro modello, i suoi apostoli e i santi.
È
un fatto che, pur sapendo di esser sempre alla presenza di Dio, molte volte
trascuriamo di pensarci. Ma qui la cosa è impossibile, perché l’anima è tenuta
sveglia da Dio stesso che le sta vicino. Perciò, più frequenti sono pure le
grazie di cui abbiamo parlato, perché l’anima è quasi sempre in continui atti
d’amore verso Colui che vede o sente vicino.
Ne
viene intanto che l’anima, lungi dal credersi più degli altri, si persuade
d’esser quella fra tutti che meno serve il Signore. Le pare di esservi obbligata
più degli altri, e la minima mancanza che commette le trapassa le viscere, non
senza grande ragione.
Dio
poi è fedele, e non permetterà mai al demonio di aver tanta forza sopra
un’anima, la cui unica brama è di piacergli e di sacrificare anche la vita per
il suo onore e la sua gloria: anzi, farà in modo che ne esca presto
disingannata.
Non
devono esse pensare che una sorella sia migliore delle altre perché è favorita
di tali grazie. Il Signore guida ognuna secondo che crede meglio. Se è vero che
quei favori, quando sono corrisposti, aiutano a divenire delle grandi serve di
Dio, è pur vero che alle volte il Signore non li comparte che alle più deboli.
Perciò
non bisogna né approvare né condannare, ma considerare la virtù. Sarà più santa
colei che servirà il Signore con maggiore mortificazione, umiltà e purità di
coscienza.
Lo
splendore di quell’immagine è come una luce infusa, simile a quella che
avrebbe il sole se lo si coprisse di una cosa trasparente, come il diamante; e
le sue vesti sembrano di tela d’Olanda. Ma quando il Signore accorda questa
grazia l’anima entra quasi sempre nel rapimento, perché uno spettacolo così
tremendo dall’umana debolezza non può essere sopportato.
Costoro,
in seguito alla debolezza della loro fantasia o all’attività del loro
intelletto o non so per quale altro motivo, s’immergono in tal modo nelle loro
immaginazioni da essere sicurissime di vedere tutto quello che pensano.
Ma
esse comprenderebbero tosto il loro errore, se avessero avuto una qualche vera
visione
Vi
succede come una gran commozione, ma poi subito si fa tutto tranquillo, e
l’anima si ritrova in possesso di così grandi verità da non aver più bisogno di
alcun maestro, perché la vera Sapienza l’ha liberata dalla sua ignoranza, senza
che ella si affaticasse.
Siccome
è una cosa che i confessori non possono vedere, e la persona che ne è favorita
non sa alle volte spiegarsi, essi han tutti i motivi di temere. Perciò si deve
procedere con circospezione e attendere che il tempo ne mostri i frutti,
osservando se l’anima ne esca più umile e più fortificata in virtù. Il demonio,
se è lui, darà presto dei segni e si lascerà sorprendere in mille falsità.
È
vero che devono essere di grande aiuto per avere virtù più perfette; ma le
virtù acquistate con le proprie fatiche sono degne di maggior premio. Io
conosco una persona, anzi due – una delle quali è uomo – a cui il Signore aveva
concesso queste grazie. Eppure esse desideravano così ardentemente di servire
Iddio a proprie spese, senza tanti favori, ed avevano una brama così viva di
patire per amor suo, che si lamentavano con Lui perché così le favoriva,
disposte pure a resistere se avessero potuto.
Se
si sforzano di servirlo con maggiore attenzione, non è per la gloria che ne
avranno in ricompensa, a cui non pensano neppure, ma soltanto per soddisfare
all’amore, la cui natura è di sempre operare, in tutte le maniere. L’anima, se
lo potesse, escogiterebbe nuovi mezzi per consumarsi in amore.
Il
demonio guadagna molto e prende molto piacere nel vedere un’anima afflitta ed
inquieta, perché sa che tale stato le impedisce d’impiegarsi nell’amare e nel
dar lodi al Signore.
Sua
Maestà si comunica ancora in altri modi; molto più sublimi e meno pericolosi,
nei quali le contraffazioni del demonio non credo siano possibili. Ma siccome
si tratta di cose molto occulte, non è troppo facile parlarne
Anzitutto
ci copre di confusione, facendoci meglio vedere la malizia dei nostri peccati,
in quanto li commettiamo mentre siamo in Dio: si, dentro di Lui.
Supponiamo
che Dio sia come una stanza o un palazzo molto grande e bello. Il palazzo,
ripeto, è lo stesso Dio. Ora, il peccatore per commettere le sue iniquità può
forse uscire dal palazzo?
No.
Tutte le abominazioni, le scellerataggini, le disonestà che noi peccatori
commettiamo, si consumano tutte in quel palazzo, vale a dire nello stesso Dio.
Oh, verità spaventevole e degna di somma riflessione!
È
verità indiscutibile che da parte nostra non abbiamo nulla di buono, ma solo
miseria e niente.
Accenno,
dunque, a quelle ansie, lacrime, sospiri e grandi impeti, di cui ho parlato:
cose che sembrano derivare dal nostro amore quando sia molto sentito. Tuttavia,
sono come un fuoco che dà fumo, si possono sempre sopportare, sia pure con
pena, e non sono neppure da paragonarsi con quello che ora voglio dire.
Mentre
l’anima va così ardendo in se stessa, ecco che in seguito a un minimo pensiero
o a una parola che senta sulla lentezza della morte, le viene – non si sa da
che parte, né in che modo – come un colpo o una saetta di fuoco.
Tanto
da esserci impossibile, finché esso continua, di ricordarci ancora di noi.
Immediatamente
le potenze si sentono così impacciate da non essere più capaci di nulla,
eccetto di quelle cose che possono aumentare il tormento.
Vi
concorre pure il Signore col dare una così viva cognizione di sé da portare la
pena a un alta grado d’intensità, per cui la persona che ne soffre finisce col
prorompere in alte grida, senza potersi contenere, neppure se molto paziente e
abituata a grandi sofferenze, perché i tormenti di cui parlo non si sentono nel
corpo ma nel profondo dell’anima.
In
quel grado d’intensità non dura molto: tutt’al più, tre o quattro ore. Più a
lungo non lo credo possibile, tranne che per un miracolo, perché la nostra
naturale debolezza non la potrebbe sopportare.
A
quella persona accadde una volta che non durasse più di un quarto d’ora, ma ne
uscì come fatta a pezzi.
Possiamo
considerare ognuna di queste anime non già come una cosa stretta e limitata, ma
come un mondo interiore, suddiviso in tante e meravigliose mansioni. Ed è
giusto che sia così, perché in esse ha sua stanza il Signore.
Una
volta introdotta in questa mansione, le si scoprono, in visione intellettuale,
le tre Persone della santissima Trinità, come in una rappresentazione della
verità, in mezzo a un incendio, simile a una nube risplendentissima che viene
al suo spirito.
Ciò
che crediamo per fede, ella lo conosce quasi per vista, benché non con gli
occhi del corpo né con quelli dell’anima, non essendo visione immaginaria.
Quella
che passa tra il fidanzamento e il matrimonio spirituale è come quella tra due
fidanzati e coloro che più non possono separarsi.
Ho
già detto che si ricorre a questi paragoni perché non ve ne sono altri di più
adatti. Però si tenga presente che qui al corpo non si pensa, non altrimenti
che se l’anima ne fosse separata, e nient’altro che puro spirito.
Il
Signore appare nel centro dell’anima – non per visione immaginaria ma
intellettuale
Non
è così nel fidanzamento spirituale nel quale spesso i due soggetti si separano,
come nemmeno nell’unione, nella quale, pure avendosi congiunzione di due cose
in una, tuttavia queste si possono dividere, e sussistere ognuna da sé.
Ordinariamente infatti si tratta di una grazia che passa rapidamente, lasciando
l’anima priva della compagnia che aveva: priva nel senso che non la sente più.
Non
così invece nel matrimonio spirituale, perché l’anima rimane sempre in quel
centro con il suo Dio.
Sì,
è Dio che dà vita all’anima.
Ma
a quel modo che non si può avere alcun getto d’acqua senza un principio che la
muova, così nel nostro interno quanto alle operazioni che ho detto: vi
dev’essere qualcuno che scagli quelle saette e che dia vita a quella vita, un
sole fortemente luminoso che dall’interiore dell’anima diffonda luce per tutte
le potenze.
Ciò
nonostante l’anima non si muove dal suo centro, né perde la sua pace.
Dio
introduce l’anima nella sua stessa mansione che è il centro della medesima
anima.
così
questa mansione, per cui l’anima che vi fu introdotta non va più soggetta ai
movimenti che suole avere nelle potenze e nella immaginazione, o per lo meno
esse non le sono di danno, né le tolgono la pace.
Sembro
voler dire che una volta arrivata a questa grazia, l’anima sia sicura della sua
eterna salute, e non tornerà più a cadere.
Quanto
alle penitenze, più ne fa, più ne sperimenta diletto. Ma la sua vera penitenza
è quando il Signore le toglie la salute e le forze necessarie per farla.
Tornando
a quello che dicevo, non bisogna credere che le potenze, i sensi e le passioni
si mantengano sempre in questa pace. Invece l’anima sì, benché nelle sue
mansioni inferiori non manchino di tanto in tanto guerre, fatiche e sofferenze,
le quali, però, non sono mai tali da toglierla dal suo luogo, né da farle
perdere la pace, almeno in via ordinaria.
Anzitutto
un grande oblio di sé, così profondo da farle credere di non esistere più. Si
sente trasformata in tal maniera da non riconoscersi più. Non pensa né al cielo
che l’attende, né alla vita, né all’onore, ma solo a impiegarsi alla maggior
gloria di Dio.
Quanto
alle opere esterne, vi è ben poco da dire. E questo costituisce la sua pena,
per esser costretta a vedere che le sue forze non valgono a nulla. Ma se può
qualche cosa, e vede che è di gloria al Signore, nulla al mondo la trattiene.
Dico
vera pace, non perché questa di cui parlo non sia vera, ma perché
allontanandoci da Dio, possiamo ricadere nella guerra di prima.
Non dovete
credere, sorelle, che gli effetti di cui ho parlato si mantengano sempre nel
medesimo grado.
No,
non è uno stato che duri molto: al massimo un giorno o poco più. Il mutamento
avviene di solito per qualche grande occasione, e allora nello scompiglio che
ne sente, l’anima apprezza meglio la santa compagnia in cui si trova, grazie
alla quale il Signore le infonde fermezza per non deviare in nulla dal suo
servizio e dalle buone risoluzioni
Se
questo stato non dura molto è perché il Signore vuole che l’anima non perda il
ricordo della sua miseria, si conservi umile, intenda meglio il molto che gli
deve, e lo ringrazi per la grandezza del favore che le fa.
Quella
fra voi che si sente più sicura, tema più di tutte, perché dice David: Beato
l’uomo che teme il Signore!
Benché la vostra orazione sia giovevole a tutto
il mondo, tuttavia non dovete pensarlo, ma contentarvi che sia tale per quelle
che sono con voi, verso le quali siete più obbligate.
In tal modo la vostra opera
diverrà molto più grande, non essendo certo da poco ottenere che con la vostra
umiltà e mortificazione, con i vostri servizi in favore delle sorelle, con la
vostra carità verso di esse e con il vostro amore per Iddio, diveniate un fuoco
che tutte le bruci, e che le stimoliate continuamente con le vostre virtù.
Se in questo che ho scritto troverete qualche cosa
di buono, credetemi: l’avrà dettato il Signore a vostra consolazione. Io non vi
ho aggiunto che il difettoso.
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