Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze, Norberto Bobbio

La Teoria dei Colori, Johann Wolfgang von Goethe

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- Goethe non parla della percezione del colore, ma del colore astratto, in quanto essenza ed individua 4 espressioni principali (giallo, azzurro, rosso, verde) e 4 secondarie (nero, bianco, grigio, marrone), che sono strutturalmente "sudicie", cioè tendono al chiaroscuro; e questo al di là della manifestazione fisica;

- il colore sorge dove c'è un confine: non è la luce che "contiene" il colore (Newton), ma è la dualità luce/oscurità che dà il colore (- la torbidezza di un vetro fa sì che scurisca un colore chiaro e ne schiarisca un scuro ad esempio).

La torbidezza è propria di ogni mezzo;

- l'azzurro in realtà non è un colore, ma deve la sua "impotenza" con la parentela col nero: esso è il colore più prossimo all'oscurità come il giallo è il colore più prossimo alla luce;

- il condizionamento dell'occhio in base alla luce e all'oscurità non cambia rispetto a superfici bianche o nere; e l'occhio reagisce anche con la vicinanza di colori diversi in maniera diversa;

- il chiaro richiama lo scuro e viceversa, secondo la regola dell'opposizione; un colore più complesso richiama uno più semplice e viceversa. Il fenomeno dell'intorbidamento mostra come il colore si mostri più frequentemente dal lato attivo, soprattutto verso il rosso, perchè il colore è un valore d'ombra, e possiede un proprio valore luminoso (che può essere, o meno, privato da qualcosa, ad es. dalla luce);

- nel cerchio dei colori, i colori scuri si trovano in alto; giallo e azzurro (luce e oscurità), in basso danno luogo al verde (colore neutralizzante), e in alto al porpora (colore nuovo), che è il colore più "degno";

- le immagini sono primarie (manifestate in base all'esistenza di un oggetto esterno) e secondarie (che permangono nel nostro occhio);

- parla di atteggiamento dinamico nel considerare i colori: non considerarli isolati, ma con qualità complesse e integrabili;

- le creature che occupano un gradino elementare della scala degli enti presentano un colore a sua volta elementare; le macchie di colore corrispondono agli organi interni; più una creatura è nobile più gli elementi che la compongono sono complessi, con una stretta connessione tra esterno ed interno;

- luce e oscurità non possono mischiarsi: il grigio è un non-colore ed esprime questa tensione; e aggiunge "anche le regioni intermedie tra bene e male rappresentano questa tensione originaria", "l'uomo abita la regione dove vita e morte entrano l'una in contatto con l'altra": non luce, non ombra, ma crepuscolo;

- azione morale del colore attraverso colori caldi e freddi, che si esplica attraverso poli + e -; con ciò spiega che l'incontro al confine di luce e oscurità non è solo la nascita del colore, ma è anche nascita cosmica, figlio di due forze cosmiche;

- l'armonia è il carattere che il colore deve possedere;

- il colore non è immediato oggetto di chiara e indiscutibile rivelazione, ma serve un metodo per comprenderne l'essenza.

Tutto ciò che si presenta come fenomeno naturale rinvierebbe a una scissione originaria, capace di comporsi. "dividere [solvere?] ciò che è unito e unire ciò che è diviso è la vita stessa della natura";

- infine, dice una cosa che mi è parsa strana: quando vi è errore esso non è compiuto dai sensi, ma dall'intelletto. I nostri sensi affermano la verità anche quando sembrano sbagliare. Il concetto di illusioni ottiche è quindi per Goethe un concetto nullo.

I sensi, pur contraddicendo la realtà ci informano di essa (ad es. un edificio lontano che appare più piccolo non è un'illusione ottica, ma un'informazione reale). Che Goethe volesse estendere questa affermazione per tutte le cose?

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