Il sistema delle sephirot studiato da Kircher. |
Serouya scrive il suo libro con l’intenzione di parlare
della filosofia della Cabala.
Egli non vede di buon’occhio la Cabala pratica, e in particolar modo quella della scuola tedesca di Eleazar, Abulafia, Luria, che ha influenzato anche lo chassidismo polacco.
Egli non vede di buon’occhio la Cabala pratica, e in particolar modo quella della scuola tedesca di Eleazar, Abulafia, Luria, che ha influenzato anche lo chassidismo polacco.
Pone anche delle riserve su Scholem,
che dà eguale importanza alla Cabala pratica e a quella “speculativa”.
L’intento di Serouya è invece quello di mettere in primo
piano il misticismo della cabala, non trascurando il fatto che anche nella
scuola tedesca sono ravvisabili tratti di misticismo: parla delle idee sulla
rivelazione divina e la riscoperta dell’anima di Abulafia; e dell’idea
dello Zimzum, della dottrina dei vasi e della cosmogonia di Luria (che è
paragonabile alla dottrina gnostica).
Per quanto riguarda il rapporto tra misticismo ed ebraismo,
ritiene che l’ebreo in generale possa essere la persona più vicina ad un
determinato tipo di misticismo perché tutto il suo essere, sin dall’anima dei
suoi antenati, è abituato ad immergersi in studi e in una filosofia che un
non-ebreo difficilmente assorbe.
La ricerca del mistico non è comunque immediata o
accompagnata da visioni immediate, ma è una macerazione lunga e continua
Il lampo improvviso che dopo lungo tempo il mistico può
percepire non gli fa conoscere Dio, che è inconoscibile, ma una parte della sua
opera.
Il genio mistico, quello vero, è un riflesso tangibile
della divinità e quindi non può suscitare il male, ma guarda all’amore e
alla felicità del genere umano, senza dimenticarsi della vita pratica del mondo
che non viene disprezzata, ma vissuta come prova necessaria.
“Più la sofferenza è pura, più l’intelligenza che dona e
provoca è pura”.
Il giudaismo è caratterizzato da una concezione altamente
metafisica, che ruota intorno ad una fede incrollabile secondo cui tutto emana
da Dio e tutto ritorna a Dio.
Ciò lo pone in diretto contatto con la gnosi e anche con lo
gnosticismo: sia il giudaismo che lo gnosticismo, infatti, portano in sé
elementi indiani, buddisti, persiani, caldei ed egiziani.
Le tendenze gnostiche, varie e composite, sono state
alimentate da Filone (che però non era gnostico), e da personaggi come Simon
Mago e Basilide.
Gli gnostici ponevano come creatore dell’Universo il
Demiurgo e una parte del Silenzio era rivelata al mondo tramite le
emanazioni eoniche; la gnosi ebraica, di contro, non ammette il Demiurgo e i
due poteri relativi al bene e al male, che erano prettamente riconducibili al
dualismo mazdeo.
Da chi e da che cosa è stata influenzata la Cabala?
Innanzitutto bisogna notare l’originalità della sua portata,
in particolare lo slancio mistico dei suoi profeti, anche se non bisogna
sottovalutare l’influenza di dottrine straniere, poiché gli autori ed
intellettuali della civiltà orientali e del bacino del Mediterraneo erano tutti
a stretto contatto fra di loro.
Nella sua analisi Serouya si basa principalmente sulle opere
di Franck, senza però dimenticarsi di far notare che le relazioni sono
sempre reciproche e mai unidirezionali: se infatti una influenza maggiore
può essere stata quella caldea e quella persiana, gli ebrei (es. Daniele in
Babilonia e Giuseppe in Egitto) hanno anch’essi influenzato caldei e persiani.
D’altro canto anche il culto di Zoroastro, quello che
per Franck ha influenzato per la maggiore la nascita della Cabala, sembra che
si rifaccia a tradizioni
dell’India.
Il dualismo dello Zend Avesta, simboleggiato da Ormuzd e
Arimane si ritroverà in maniera più astratta anche nella filosofia greca,
ma anche l’ebraismo non lo rigetta sebbene non sia il nucleo della dottrina.
E’ forse questa, la più grande differenza: se nello
zoroastrismo ruota tutto intorno alla concezione dualistica, nel monoteismo
ebraico tutto parte e ritorna da Dio, quindi anche la concezione dualistica è
in un certo qual modo secondaria.
L’influenza della religione di Zoroastro è data in termini
pratici dalla cattività cui sono stati costretti gli israeliti, che erano a
stretto contatto con i Caldei prima, e quando questi sono stati vinti
dai Persiani di Ciro, con questi poi.
Degli elementi comuni tra lo zoroastrismo e la Cabala
possono essere rintracciati nei seguenti elementi:
- l’En-Sof, Infinito cabalistico, al tempo eterno e allo
spazio senza limiti zoroastriano (Zervane Akerine)
- il Verbo della Cabala, che è spirito e parola, è
assimilabile alla parola eterna di Ormuzd (Honover) che ha creato il mondo,
anch’essa spirito (Ormuzd stesso) e corpo (spirito divenuto visibile)
- l’ineffabile Volto di Dio e trono di luce si ritrova sia
nello Zohar che nello Zend Avesta
- l’essenza divina di ogni essere dotato di intelligenza si
ritrova sia lo Zohar che lo Zend Avesta. Nei piani invisibili tale essere è
perfetto ma quando si mostra nella materia porta delle imperfezioni
- le tre potenze distinte dell’animo umano vi sono sia fra i
cabalisti che nei persiani: 1) spirito, emanazione dell’essenza divina e
non raggiungibile dalle impurità terrestri (per i Persiani, Akko) 2) principio
libero e responsabile, che è sede del bene e del male
3) principio del movimento e della sensazione, dato
dallo spirito vitale (per i Persiani, Djan, che conserva le forze del corpo e
mantiene l’armonia).
Tra l’altro anche lo Zend Avesta parla di due
principi d’azione opposti, come farà Platone, che trascinano verso
l’alto o verso il basso.
- la distinzione tra tenebre e luce, che nei persiani
è rappresentata da Sammaele.
Oltre a quella caldea e persiana vi sono altre influenze,
anche se è molto probabile che i cabalisti in questi casi seguenti abbiano più
dato che preso (visto che molti sono anche temporalmente posteriori), senza
dimenticare che molto influenti sono state anche le dottrine orientali non solo
per la Cabala ma anche per le altre tradizioni:
> Analogia
vi è fra Platone e lo Zohar, in particolare in merito all’essenza
divina del mondo intelligibile, in merito all’intermediazione dei numeri fra le
idee e gli enti manifestati, della preesistenza dell’anima, che va “ricordata”.
> Affinità si ritrovano anche coi neoplatonici:
- per Plotino, come per i
cabalisti, Dio è causa immanente e origine essenziale di tutti gli esseri e di
tutte le cose, tutto parte da Lui e torna in Lui;
- per i platonici di
Alessandria – e per la Cabala – Dio non può essere espresso che in forma
trinitaria: Bene + Intelligenza (nous) + anima del mondo o Demiurgo.
Il Bene è il principio di ogni amore e oggetto del
desiderio universale, plenitudine e potenza.
Con Plenitudine e Potenza Dio può manifestarsi fuori da
sé; con l’Amore invece egli attira a sé tutto ciò che è.
L’Intelligenza costituisce
l’essenza stessa dell’essere, e tutte le intelligenze di cui si compone
l’universo non sono che lo sviluppo del pensiero assoluto attraverso una
dialettica creatrice, che ha portato dunque alla generazione degli esseri e
alla manifestazione degli attributi di Dio (fino alla molteplicità tendente
all’inifinito del mondo della manifestazione).
> Filone, neoplatonico e fondatore della Scuola di
Alessandria: per molti è l’inventore del misticismo ebraico; invece, bisogna
considerare che nei suoi scritti vi sono opinioni disparate e non un vero e
proprio sistema.
Dio è per Filone fuori dalla creazione e al di sopra di
tutto, anche se la sua natura si manifesta in un’attività costante attraverso
il Demiurgo. Dio non conosce riposo e la sua attività è infinita, e filone fa
del Verbo divino una persona reale, un’ipostasi.
“Con la bontà Dio ha creato tutto, con la potenza governa
la creazione, e il Verbo, posto fra le due, le collega”.
“La grazia è quel volto celeste che serve da mediatore
fra Dio e l’anima”
> il cristianesimo e l’islamismo sono posteriori
alla nascita della Cabala, anche se vi sono molte somiglianze fra l’una (in
particolare la trinità) e l’altra (Dio sostanza unica di tutte le cose che crea
le essenze divine) religione.
Le opere fondamentali della cabala sono omogenee e
totalmente assenti di un carattere religioso, e le opere medievali si
ricollegano molto bene agli scritti più antichi, in special modo il Talmud.
Il Sefer Yetzirah, breve, corrisponde alla storia
della Genesi ed è collocabile fra il VI-VII secolo, o nel IX secolo, comunque
fra il Talmud (499) e prima dell’islam, scritto probabilmente in Palestina o in
Siria, e il suo sistema si avvicina a quello dei grammatici indiani.
Il Sefer-ha-Zohar, opera molto lunga e completa e
probabilmente redatta da più autori, è attribuita a ben Yochai (II secolo) o a
Mosè di Leon (XIII secolo).
Serouya opta per l’attribuazione più antica (II secolo o
ancora prima) poiché analizzandone la portata, essa sembra essere molto antica,
e per vari altri motivi:
- la dubbia genuinità del pensiero di Mosè di Leon
- Franck nota l’uso del dialetto aramaico e l’uso di allusioni
al cristianesimo o Aristotele
- sembra ispirarsi al dualismo sessuale tipico di Isaac
il Cieco e di Abulafia.
Quindi se Cabala significa “ricevere per Tradizione”, per
tradizione si deve intendere con tale parola quella metafisica, che ha origini
antichissime (caldee e persiane).
D’altronde di tutto il sistema che si svilupperà dal XIII
secolo, è una sorta di non-Cabala perché prescinde dalla metafisica e dal
misticismo, e va a sconfinare nel dogmatismo ebraico, in elementi culturali e
rituali, nell’antropomorfismo.
Elementi importanti, ma la Cabala vera, come
era chiaro anche in Scholem, contrasta con tutte le speculazioni
rabbiniche e la parte relativa alla legislazione e al formalismo talmudici.
I veri cabalisti si oppongono anche al razionalismo,
rappresentato da Aristotele, e gli contrapponevano il platonismo e
neoplatonismo.
Rigettando il razionalismo, i veri cabalisti ovviamente non
rigettano un autore a prescindere e ad esempio accolgono alcune speculazioni di
Maimonide. Infatti, ciò che si respinge non è la ragione, che ha una
componente essenziale nella cabala, ma il razionalismo inteso come formalismo
della stessa ragione.
Serouya fa notare come questa vicinanza al platonismo e al
neoplatonismo fa sì che nel misticismo ebraico si convoglino elementi del
misticismo cristiano.
E’ vero che una Cabala metafisica così intesa, non manca nemmeno
nel XII secolo (Francia, ma anche Spagna), e forse l’esponente più
importante è Isaac il Cieco, si contrappone a quella cabala pratica
che è considerata più grossolana, la cui nascita risale al IV e V secolo, che è
visto come un periodo di decadenza.
Il suo fine essenziale è quello di spiegare il problema
della creazione di un mondo imperfetto limitato e finito posto in essere da una
potenza perfetta e infinita.
Ritornando agli anni contemporanei a Cristo, il Talmud
è influenzato dalla civiltà greca (in particolare Pitagora) e portato ad un
certo razionalismo, senza sottovalutare la sua tendenza mistica, che
probabilmente proviene direttamente dagli Esseni.
Gli Esseni rispettavano in maniera rigorosa la Legge
e credevano nell’azione immediata di Dio su tutte le cose. Secondo loro la
Provvidenza divina limitava il libero arbitrio, ed è anche per questo che
avevano un certo disprezzo per il corpo. Non credevano nella resurrezione dei
corpi.
Per inciso, molti parlano di derivazione del cristianesimo
dagli Esseni per via dell’appartenza di Gesù ad essi, ma questo non sembra del
tutto corretto per via della sua non continua pratica essena.
Il desiderio ardente di penetrare ciò che ci sovrasta
traspare dunque anche nel Talmud.
Dio rimane comunque al di sopra di tutte le contigenze e
l’uomo non è né ricompensato né punito da lui. Dio rimane comunque
impenetrabile, e questo lo si capisce sia nella storia della Creazione che
nella Merkabah.
Per legare l’infinito al finito si dissemina la strada di
angeli che non sono semplici messaggeri ma hanno un carattere proprio; vi
sono angeli del bene e del male, pur tuttavia ricordando i fondamenti del
giudaismo secondo cui bene e male non esistono a priori, ma sono accessori, in
qualche modo secondari, all’Uno. Nonostante questo, i giusti hanno un’azione
potente sull’esito del combattimento fra bene e male: chi compie un atto
morale può divenire un collaboratore di Dio nel Bene, ad esempio con la
preghiera.
Per il periodo di decadenza, invece, c’è da
considerare il misticismo dei Gheonim, che si trascina fino all’XI secolo,
cioè praticamente fino ad Isaac il Cieco e la cabala metafisica.
La Cabala pratica ha origine in questo periodo ed è
segnata da astinenze e mortificazioni, e alla contemplazione si affiancava una
teurgia e una taumaturgia.
E’ caratterizzata da testi specifici, come lo Shiur Komà, il
Libro di Enoch (apocalittico, con una spiccata angelologia), gli Hekhalot (che
contengono gli inni e i canti per le varie fasi della contemplazione),
L’alfabeto di Rabbi Akiba (che si concentra sulle lettere ebraiche).
Della Pirkè di Rabbi Eliezer, invece, noto che dice che
l’universo non può reggersi senza il pentimento; invece nel Midrash Konen si
dice che i contrari si divorerrebbero senza la Grazia.
In ogni caso, il testo più importante proveniente dal
periodo gaonico è il Sefer Yetzirah (Libro della Creazione).
La sua ispirazione diretta sembra venire dalla Bibbia
(Genesi e Giobbe) e non dalla filosofia greca; non c’è né il demiurgo né altre
concezioni platoniche.
La concezione principale che veicola è che il mondo è
creato da Dio dal nulla.
Non è espressa specificamente una teoria della creazione
attraverso le sefiroth, cioè per emanazione, ma Dio discende a poco a poco nel
mondo materiale attraverso dei cambiamenti; l’elemento che si pone alla base di
tutti i cambiamenti è il soffio divino rappresentato dall’Aria, a partire dalla
muta alef.
Gli opposti vengono equilibrati dalla lingua, dal Verbo.
La Creazione, comunque, è un fatto di pura spiritualità e
non c’entra niente con l’antropomorfismo.
Nel Sefer Yetzirah non si tratta dell’anima, né dei doveri e
della remunerazione dell’uomo, e anche qui bene e male sono principi relativi.
Dopo il periodo gaonico, furono influenti elementi che si
ritrovano nei personaggi di Ibn Gabirol, Saadya, Jehuda Halevi e Ibn Ezra.
Il pensiero mistico di Ibn
Gabirol è influenzato da idee alessandrine e platoniche.
Ha contribuito a formare la concezione di En-Sof ha distinto
Dio in quanto essenza e in quanto creatore e motore agente.
La cosa che muove tutte le cose è la Volontà, che è la
vera intermediaria fra Dio e la materia fattasi forma. Tutti gli esseri
sono guidati e dipendono da essa; essa implica la parola e il movimento: la
parola è infusa nella sostanza spirituale e implica la vita, il movimento è
infuso nella sostanza corporea e dà l’azione e la passione.
La Volontà, comunque, è indefinibile e impenetrabile
dall’intelligenza. Non possiamo conoscerla se non a tratti quando si è in
collegamento con il divino. E’ come se fosse un attributo divino, un’unità che
implica tutte le forme riunite, si comunica a tutte le cose e nessuna ne è
priva.
Le sostanze superiori derivano dalla Volontà e non
diminuiscono facendo nascere le inferiori perché un’emanazione avviene per
forze derivate e non diminuendo l’essenza, come il calore del fuoco non
diminuisce pur trasmettendolo nell’aria.
Via via che la materia è più sottile ha più conoscenza ed
è più perfetta per via della luce che penetra in essa. Questo indica anche che
la lontananza dalla fonte primordiale non è una differenza qualitativa, cioè la
materia non è qualitativamente più scadente, ma è una differenza quantitativa
cioè di maggiore distanza delle cose in basso rispetto alle cose in alto.
L’anima è in grado di conoscere le cose ed è a metà strada
fra la sostanza dell’intelletto e l’essenza: si può dire che è spirito per il
corpo e materia per la Volontà. L’anima si unisce al corpo per prendere
conoscenza delle cose sensibili e grazie a queste risalire alle cose
intelligibili.
Saadya proclama la necessità della ragione, che però
trova un limite davanti alla rivelazione.
La ragione (neshamah, giudica e sa) è racchiusa
nell’anima, insieme a concupiscienza (nefesh, alimentazione e rapporto
sessuale) e collera (ruach, ira e punizione).
La resurrezione avverrà solo quando il numero delle anime
destinate alla vita sarà esaurito.
Halevi è importante per l’apporto che dà in
materia di fede, che considera superiore alla ragione (fino a criticare la
filosofia greca).
Di Ibn Ezra sarà influente lo spirito matematico che
proviene dagli insegnamenti di Pitagora, attraverso cui ha sviluppato il
misticismo dei numeri e delle lettere.
Lo sviluppo di quella che Serouya considera la vera
Cabala, quella metafisica, circolano intorno alle tre scuole di:
- Isaac il Cieco, la più importante e che comprende Azriel
e Nachmanide
- Eleazar di Worms, con il suo misticismo delle lettere e
dei numeri
- Abulafia che tende alla contemplazione pura
Abbiamo già detto che occorrerebbe propendere per la
prima scuola piuttosto che per le seconde due.
Isaac il Cieco opera in Provenza e può essere
considerato il continuatore della cabala gaonica; Egli sapeva distinguere le
anime nuove da quelle vecchie. Azriel opera a Gerona ed è allievo di Isaac il
Cieco; e sempre di Gerona è Nachmanide.
Azriel è un neoplatonico che considera Dio Niente del Niente
e spinge molto sulla dottrina dell’emanazione attraverso le Sephiroth. L’atto
della creazione attualizza l’esistenza potenziale il esistenza reale per gradi
successivi; le sephiroth fanno parte sia del perfetto sia dell’imperfetto e il
loro meccanismo di azione si basa sulla preghiera.
Il Sefer-ha Temunah le considera come forze inerenti a Dio
stesso, anche se in eterna connessione con la Volontà comune dell’En-Sof.
Il Libro della disposizione divina insiste particolarmente
su Malkuth, che è simbolo del principio sessuale e completamento di Kether, ha
un’azione su tutte le altre sephiroth e tutta la creazione è inerente ad essa;
tutti i desideri verso il bene e verso il male si ricollegano ad essa, di cui
ne custodisce il principio. I 4 Elementi sono di sua competenza.
Nachmanide segue questa via, e gli conferisce un tono più
legislativo basato sul distacco dai legami della natura anche attraverso le
cerimonie, le leggi, i rituali. Al contrario di Azriel, però, crede che la
creazione proviene dal nulla e che la materia è al servizio dell’anima, che è
in grado di traformare il corpo in Tempio. Importante mi sembra essere anche la
sua concezione mistica della sofferenza: la sofferenza è, per lui, sempre
una sofferenza d’amore poiché Dio vede l’anima affondare nelle miserie del
corpo e le invia i dolori. Soffrire è così una fortuna e significa felicità
futura basata sull’Amore di Dio.
La scuola tedesca di Eleazar di Worms scaccia
l’antropomorfismo e l’idolatria, ma non è molto coerente con se stessa per la
moltiplicazione di elementi aggiuntivi: una più numeroso angelologia
rispetto a quella gaonica e speculazioni aritmetiche, ignorando la metafisica e
i discorsi legati a En-Sof e Sephiroth, e dando luogo al Libro del Sefer Raziel
(sembra) dalle dubbie origini.
Abulafia, invece, riprende la cabala gaonica del periodo
di decandenza per forzarla nella via della contemplazione pura (arrivando anche
a credere di essere il Messia) indirizzandosi verso numeri, lettere e nomi
divini, che considera però il fine della speculazione cabalistica e non solo un
mezzo.
Per lui la Volontà non è un attributo divino come per Ibn
Gabirol, ma la mediatrice fra Dio e le Sephiroth.
Per quanto riguarda lo Zohar, il compito di questo testo è
di far vedere che la fonte di ogni verità è una.
Sebbene possa essere visto come un testo adattato al
Pentateuco o al Talmud tutto, il legame vero di questo commentario è quello con
la Cabala, nonostante sia frutto di testi eterogenei e talvolta non organici
fra di loro.
Le allegorie in esso contenute sono però di ordine
mistico, ed il suo obiettivo più profondo è di far afferrare all’iniziato
quello che lega la forma all’idea.
La materia è definita nello Zohar come il risultato di
un’estensione, dalla comparsa del primo punto luminoso fino allo sviluppo
finale. Nell’En-Sof tutto è ripiegato su se stesso, e man mano che le cose
si estendono diventano più corporee, meno luminose e più opache, arrivando
prima al pensiero poi alla materia, che sono la completa conclusione di Dio e
che pone pertanto un limite all’espansione stessa dell’Universo.
(Noto che Serouya cita molto spesso Spinoza, che vede di
buon occhio, anche se individua tra il suo pensiero e le speculazioni
cabalistiche sullo Zohar la differenza che per Spinoza l’estensione non è un
mezzo della creazione ma un fine e il mondo della materia è indipendente dal
resto. D’altro canto lo apprezza per aver capito che il ritorno alla sostanza
primordiale passa proprio per la materia e che l’uomo è l’agente e mediatore di questo
ritorno.)
Le gerarchie angeliche sono lette da Serouya in maniera
funzionale e cioè adatte all’uomo: lo spirito umano non può conoscere le cose
superiori nella sua interezza, ma solo una parte di essa e una determinato
aspetto, o attributo, o immagine può essere un mezzo per scoprire questa parte.
Questo ha fatto sì che nell’antichità l’aspetto politeistico
prevalesse, mentre le concezioni di panteismo e monoteismo sono successive a
questo.
Con lo studio delle sephirot, a partire dal XIII secolo, lo
studio delle gerarchie angeliche passa in secondo piano.
Ma le sephirot sono identiche a Dio o sono da esso
distinte? E se sono distinte contengono in esse l’essenza divina o sono solo
strumenti di azione? I vari cabalisti hanno opinioni diverse su questo, ma tutti
concordino sul fatto che Dio sia completamente separato dall’Universo ma
comunque in un rapporto costante con esso, poiché l’azione divina è sempre
presente.
La scuola di Isaac il Cieco insegna che le sephirot
costituiscono allo stesso tempo la potenza della perfezione e quella
dell’imperfezione, cioè sono una mediazione tra l’Infinito e il finito,
essendo il principio (a contenuto divino) di ciò che è limitato.
Il loro numero è di 10 perché coinvolgono una tripla
potenza superiore, mediana e inferiore e un’altra tripla potenza che si estende
in lunghezza, altezza e profondità e si estrinseca in 1 spazio.
Inizialmente le sephirot erano studiate nel numero di 3,
Kether, Chokmah e Yesod (Volontà, Forma e Materia universale, così come
l’unione sessuale è fondata sui tre termini maschio, femmina e tratto d’unione)
e il resto sono state aggiunte da speculazioni successive.
Le Sephirot hanno in se la potenza illimitata di Dio, ma
per essere percepite dallo spirito devono essere limitate. Inoltre,
l’azione di Dio non può essere immediata e diretta, ma deve essere mediata
altrimenti il perfetto sarebbe macchiato dal contatto con l’imperfetto.
L’anima umana subisce l’influenza di tutte le sephirot.
Serouya offre questo schema:
Kether
corona
|
forza
divina
|
Se
|
Chokmah
saggezza
|
forza
degli angeli
|
forza
vitale
|
Binah
intelligenza
|
forza
profetica
|
forza
razionale
|
Chesed
bontà
e misericodia
|
espansione
della grazia tra le forze superiori
|
forza
affettiva
|
Geburah
rigore
e forza
|
espanzione
del terrore e della forza
|
ANIMA
|
Tiferet
sole
|
riversamento
della pietà sulle cose inferiori
|
sangue
|
Netzach
trionfo,
equità
|
rafforzamento
dell’anima
|
struttura
|
Hod
gloria
|
produzione
della gradazione successiva
|
carne
|
Yesod
fondamento
|
emanazione
di tutte le sephirot ad essa
|
nervi
|
Malkuth
regno
|
espansione
di tutte le sephirot nel mondo inferiore
|
pelle
|
SEPHIRA
|
AZIONE
GRADUALE
|
INFLUENZA
SULL’ANIMA UMANA
|
Mi sembra anche che si spieghi in termini relativamente
chiari quello
che Platone indicava con la Necessità: sono le sephirot che
corrispondono a questa Necessità, ovvero il rapporto di Dio con l’Universo
mediato da “attori” che partecipino sia all’infinito sia al finito,
all’assoluto e al relativo.
E la mediatrice per eccellenza è Kether che rispetto
all’En Sof fa un passo verso il finito, e relativamente al Niente (Ayin) fa
un passo verso l’essere, come il soffio dello Iod.
Nell’ordine metafisico la Scienza, Saggezza e Intelligenza
sono unite ma un identiche: e l’intermediario di questa triade è Kether.
Nell’ordine morale, fra Grazia
e Giustizia la mediatrice è Tiferet perché il
mondo è un miscuglio dell’una e dell’altra: senza la grazia sarebbe
perito per mancanza d’indulgenza e senza il rigore per troppo rilassamento. Se
Geburah è la Legge, Chesed mette di suo la Grazia e il tutto si riequilibria
nell’Amore della Bellezza, giusto mezzo fra i due. Essa non implica la
proporzione, ma la misericordia.
Nel mondo naturale, Yesod è mediatrice fra Netzach e Hod,
ed è “matrice del mondo” perché ha in sé tutte le altre sephirot: è madre e
principio passivo che deve essere fecondata dal principio attivo di Malkuth.
“La forma sessuale è la forma primordiale della
creazione”: tale principio vale per ogni cosa (tenebra fecondata dalla
luce, Adamo ed Eva, emisferi del cervello,…) , così come per Chokmah e Binah, o
fra il Re e la Regina (Malkuth). Dal Re e dalla Bellezza cosmica discende
l’ordine dell’Universo e dalla Regina sale la Bellezza morale, cioè la Virtù. Il
frutto di questa unione è l’anima.
Abbiamo già detto molte volte della contrapposizione
apparente fra Spirito e Materia. Esse non sono due sostanze distinte ma due
modi della stessa sotanza definite in base al loro allontanamento dal Centro.
La Materia è lo Spirito nelle sue manifestazioni
visibili, ed anche suo limite, involucro e forma.
La combinazione del tetragramma (IHVH) con le 9 lettere
indicanti il piccolo volto formano il nome ineffabile. Il nome dell'antico dei
giorni, di 13 lettere, e invece nascosto a tutti.
Il nome Jehovah corrisponde al principio maschio e Adonai al
principio femmina.
Quresta dottrina, cioè quella delle shemhamephorash (studio
dei nomi divini di Dio) contiene delle considerazioni metafisiche che sono
parte importante nella cabala.
L’immagine originale più vicina all'Antico degli antichi è
l’immagine dell uomo.
L’Antico degli Antichi e il Piccolo Volto formano un tutto
uno e sono simboleggiati dai piatti di una bilancia, in equilibrio fra clemenza
e rigore. Nel nostro mondo sono le nostre opere a far equilibrare i due piatti,
o a farli pendere da una parte all altra.
L’uomo è la colonna mediana che unisce cielo e terra,
mondo superiore e inferiore, lo shin che completa il nome di Jehovah.
Anche nell’albero sephirotico la colonna mediana rappresenta
l’unione della luce attiva del lato destro e la luce passiva lunare del lato
sinistro, e questa unione forma un terzo essere.
L’instabilita delle cose è indispensabile al mondo così
come il rigore e necessario per il castigo dei colpevoli. Dio ha
separato la luce dalle tenebre per riunirle più tardi, ma senza di esse l’uomo
non avrebbe potuto meritare o demeritare ("il santo opprime in
questo mondo il giusto con sofferenze fisiche per renderlo degno del mondo
futuro").
Immediatamente dopo la giustizia viene la carità.
Il merito e il demerito dell’uomo non toccano la terna
superiore delle sephirot, che invece formano e costituiscono la necessità dell’uomo,
e dal punto di vista materiale concedono il favore di avere figli, della
longevità, di trovare i mezzi di sussistenza.
Ma l’amore perfetto si manifesta in ogni occasione e in
qualsiasi circostanza, e per questo si dice che bisogna amare dio anche quando
ci toglie la vita terrena.
"Nessun uomo ha il cuore umiliato come il povero. Gli
altri uomini appaiono, presentandosi a dio, con il loro corpo e la loro anima,
mentre il povero appare davanti a dio con la sola anima perché il corpo è
spezzato".
L’uomo é un oggetto sacro e il fondamento della
costituzione di tutti gli esseri, e considerato come totalità, personificando il
meccanismo intero dell universo.
Ogni parte del corpo ha un valore simbolico e mistico: dalle
7 membra del corpo (la donna rappresenta uno di questi), con testa e genitali
che sono i piu sacri; i polmoni sono l’immagine dell’acqua, i reni del fuoco
perchè riscaldano il seme che scende dal cervello, dal fegato provengono tutte
le malattie, il cuore è l’organo piu puro, la testa la volta celeste.
La semenza dovrà essere comunicata dal palazzo dell’alto
al palazzo del basso (“il desiderio che il maschio prova per la femmina attira
l’anima in basso, e il desiderio della femmina per il maschio crea il corpo”). Il
frutto e perfetto solo dopo tre anni.
L’uomo dunque, non è solo il riassunto piu elevato della
creazione, ma la sua quintessenza.
Dal punto di vista della creazione, dio colpisce l’Ayin,
il vuoto assoluto, con il suono del verbo, che andava a costiuire il principio
della materializzazione del vuoto fino a far scaturire il punto scintillante
origine della luce.
Nel creato si parte dal punto supremo fino al più infimo
grado della creazione, ed ogni grado inferiore riveste, come fosse una buccia,
il grado superiore smorzando via via la luce suprema.
Così le tenebre rivestono la luce, come il corpo riveste
l’anima.
Tutto quello che colpisce i sensi dell’uomo implica un
significato simbolico, lo spirito deve manifestarsi in qualche modo.
Dal punto di vista spirituale, la cabala vuole
contrastare le tendenze egoistiche e malsane dell uomo, e dirigerlo con
rettitudine. Dunque il misticismo trascendentale e inseparabile dai fini etici.
Ma si tratta anche di fervore penitente, perché solo con
il sacrificio e la volontà si può arrivare al pensiero supremo.
E’ importante nello studio della cabala il metodo della “kannavah”,
cioè concentrazione profonda dello spirito, e intenzione orientata verso la
suprema essenza, supportata da meditazione e preghiera.
Dal punto di vista del cabalismo moderno e delle sette
mistiche, si può distinuere un misticismo puro e reale, da uno molto meno
importante.
> Il pietismo di Safed, conseguenza delle persecuzioni
spagnole, è spiritualismo serio, e dà origine a una certa sistematizzazione
cabalistica, grazie a personalità come Caro, o come quelle che facevano parte
del chassidismo di Bethel, come Hayon o Sharaabi.
La redenzione non puo venire dall’alto se prima non è
avvenuta in basso.
> La cabala di Cordovero rimane invece legata alla
tradizione spagnola ed e di tipo filosofico, non manca di immaginazione, ma sa
frenarla e non sforare nella cabala prettamente pratica.
Alla cabala pratica tendeva molto di piu Luria, anch’esso
spirito eccezionale e mistico, che ha contribuito molto a sviluppare il
pensiero cabalistico. A parte la teoria dello zimzum, per lui nessuna anima e
in grado di essere perfetta, e per questo possono esistere associazioni di anime
omogenee che esercitano un’azione reciproca dell’una sull’altra.
> Di natura molto più bassa se non proprio erano Sabbatai
Zevi e i sabbatiani, tra cui Cardoso, Mordekhai, Eibeschutz (che
rigettavano anche il Talmud), e tutti quelli che si credevano dei messia come
lo stesso Zevi, Abulafia o Cohen, alla stessa stregua tutta la linea
polacca, compreso Frank e i frankisti.
> Di media levatura i chassidim come Eliezer, Besht, Zalman,
e altri, anche se a volte hanno dato dei contributi importanti, e in genere
sinceri.
La differenza di levatura tra i chassidim askenaziti dell’est
(soprattutto Polonia) e i sefarditi dell’ovest (soprattutto Spagna) è
riconducibile proprio al fatto che i primi si rifacevano principalmente alla
cabala pratica e mettevano al centro delle loro speculazioni l’uomo, mentre la vita
spirituale dei sefarditi era molto più pura e sincera, fondata sul senso di
responsabilità individuale e non sulla sola estasi e illuminazione.
Il
primo pensatore a introdurre la cabala nel pensiero cristiano é stato Pico
della Mirandola, anche se si è ispirato più che altro alla cabala
pratica, a sua volta spinto da Ficino, che cercò di coniugare tutte le scuole
dell’epoca.
Per Pico la cabala conteneva tutte le dottrine del
cristianesimo.
Reuchlin combina invece la filosofia cabalista con le
idee di Pitagora.
Agrippa è per certi versi un credulone e tenta di
fare della magia una scienza, ed essa si appoggia sulla natura e sulla
rivelazione riservata agli eletti. Per lui più lo spirito del mondo è
concentrato in un corpo, più questo e sottomesso all’anima e alla sua forza di
volontà.
Per il filosofo tedesco Boehme dio è realta concreta
e vivente, abisso senza principio e fine; la sofferenza e condizione di gioia;
lo spirito è un mistero eterno. Dio e indipendente dalla natura, che non è manifestazione
diretta di dio, ma della sua gloria.
Spinoza ha ricordato alcuni elementi cabalistici nelle sue
opere, così come Leibniz. Però la cabala studiata da quest ultimo è
molto corrotta.
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